MOTOSCAFO

Enciclopedia Italiana (1934)

MOTOSCAFO (fr. canot automobile; sp. motolancha; ted. Motorboot; ingl. motorboat, motorlaunch)

Filiberto Dondona

Si dà genericamente il nome di motoscafo alle imbarcazioni predisposte esclusivamente per la propulsione a motore, a scoppio o a combustione interna, distinguendole dalle altre (motobarca, motolancia) nelle quali il motore è solo mezzo ausiliario di propulsione, mentre conservano per tutto il resto la forma e le sistemazioni delle imbarcazioni a vela o a remi. Nei motoscafi il motore occupa spesso un posto considerevole, specialmente in quelli da corsa.

I motoscafi possono essere divisi in due grandi categorie secondo che sono destinati alla marina da guerra come mezzo di combattimento o di trasporto, o alla marina da diporto. La marina mercantile non usa i motoscafi propriamente detti.

I motoscafi adoperati dalle marine militari come unità da combattimento si sono specialmente sviluppati durante la guerra mondiale, dopo qualche tentativo fatto nella guerra russo-giapponese: tentativi allora prematuri, perché ancora non si prevedeva quali possibilità di alta velocità e di aumentato raggio d'azione fossero date dai motori a scoppio in confronto con le macchine a vapore. Gli studi ripresi durante la guerra mondiale hanno condotto alla creazione di diversi tipi di motoscafi, fra i quali più carztteristici i M. A. S. (motoscafi antisommergibili) italiani e i C. M. B. (coastal motorboats) inglesi.

I Mas hanno avuto un sviluppo notevole e hanno permesso in mano di arditi comandanti di svolgere nell'Adriatico un tipo particolare di guerriglia audacissima e fortunata, che ha condotto alle imprese di Premuda e di Cortellazzo. Ne vennero costruite oltre 400 unità, delle quali solo poche ancora in servizio, perché per natura loro facilmente deperibili: il dislocamento ha variato dalle 11 alle 40 tonn. e la velocità massima dai 18 ai 43 nodi. Alcuni sono stati armati con due siluri portati da lanciasiluri a tenaglia che li depositavano in acqua fuori bordo lateralmente, altri furono muniti di bombe di profondità e cannoni di piccolo calibro o mitragliatrici per l'attacco dei sommergibili, altri infine di alcune torpedini da blocco. In generale sono costruiti in legno a doppio o triplo fasciame in diagonale e sono muniti di motori a benzina, disposti su due o anche su tre assi, di potenza complessiva fino a 1500 cavalli. Anche dopo la guerra mondiale i Mas hanno continuato a perfezionarsi specie nell'apparato motore. I C. M. B. britannici avevano caratteristiche analoghe a quelle dei Mas con un sistema originale per il lancio dei siluri, che erano spinti in mare verso poppa. Numerosi C. M. B. sono stati costruiti in Inghilterra per la Francia (vedettes) e per altre marine.

I motoscafi da diporto per passeggeri non rispondono a particolari norme costruttive. Se ne hanno pertanto di forme e qualità diversissime; per quanto essi soddisfino sul mare alle esigenze che sulla terraferma sono soddisfatte dalle automobili da città e da turismo, non vengono di massima costruiti in serie, perché la loro richiesta è limitata e sono di volta in volta, specialmente in Italia, studiati dai varî costruttori per soddisfare alle richieste molto variabili dei diversi clienti.

Qualche più precisa classificazione si può fare per i motoscafi da corsa, i quali hanno fatto notevoli progressi. I più antichi, con velocità relativamente limitate, avevano forme di prora affinate, sezione maestra larga e forme di poppa sfuggenti in alto; più tardi le forme di poppa si sono appiattite e allargate in confronto con la sezione maestra e si sono ingrossate anche le forme di prora. A ogni modo queste unità sempre si muovevano nell'acqua spostando il mezzo liquido, ma non sollevandosi sopra di esso (carena a dislocamento, displacement hull). Avevano il vantaggio costruttivo di possedere una grande robustezza di scafo, specialmente per la continuità di sviluppo delle sezioni trasversali, e quello, nautico, di tener bene il mare.

Un altro tipo di carena più veloce del precedente è quello a V; questa però presentava l'inconveniente della creazione di forti "baffi" di prora, per effetto della forma stessa della carena e dell'angolo acuto fra le murate e il fondo, così che l'acqua sollevata dalla prua poteva ricadere a bordo con molestia e con disturbo. Fu tentata altresì un'altra forma di scafo a V rovesciato, intesa specialmente a raccogliere sotto la chiglia a partire da prora una certa quantità d'aria che permettesse allo scafo di correre come sopra un cuscino d'aria e riducesse a ogni modo la resistenza d'attrito nel moto: questo particolare tipo di carena è stato chiamato anche a slitta" (sea-sled).

Un notevole passo per il raggiungimento di più alte velocità nei motoscafi fu fatto con la proposta di M. Fauber (1909) della carena idroplana a più scalini, la quale presenta una serie di piani inclinati rispetto alla superficie del mare, tali da produrre un effetto di sollevamento dinamico e da ridurre la superficie bagnata, diminuendo così la resistenza di attrito dell'acqua sulla carena. L'angolo di attacco di questi piani dev'essere accuratamente studiato essendo della maggiore importanza per la resistenza dello scafo al moto (di solito varia fra i 3° e i 5°; v. idroscivolante).

Il tipo di carena che ha ottenuto i migliori risultati in fatto di velocità è tuttavia la carena idroplana a un solo scalino, i primi brevetti della quale risalgono al 1877, senza però che venissero efficacemente sviluppati fino a questi ultimi tempi (v. anche idroplano). Per la stabilità di corsa e per l'efficienza generale del motoscafo è necessario che i due piani in cui è distribuito l'appoggio dello scafo sull'acqua lavorino ugualmente.

La carena idroplana ha indubbiamente il vantaggio di raggiungere le più alte velocità, ma le carene a forme tondeggianti sono per contro più robuste a parità di peso. Inoltre la carena idroplana ha il vantaggio di poter efficacemente sfruttare con un notevole aumento di velocità qualunque aumento di potenza che si possa ottenere con la sistemazione di motori più efficienti o più leggieri, mentre la carena di forme normali non dà nessun miglior rendimento per rapporti

superiori a 6,9.

La stabilità trasversale di questi scafi alle alte velocità dipende in massima parte dall'effetto dinamico dell'acqua sopra il fondo planante, ma prima che raggiungano la velocità critica il movimento dell'acqua intorno alla carena causa una notevole perdita di stabilità e poiché l'imbarcazione deve passare attraverso questa fase prima che possa planare, così la sua larghezza dev'essere notevole.

I dati sperimentali per questo tipo di battelli non sono facili a raccogliersi per norme di carattere generale, data la grande varietà delle forme e dei dislocamenti in uso.

La potenza effettiva richiesta per la propulsione di una carena idroplana aumenta fino a una certa velocità quando l'idroplano si solleva sopra la superficie dell'acqua; con l'aumentare della velocità la potenza può cadere e poi aumenta di nuovo molto lentamente con legge proporzionale circa alla velocità.

Si può ritenere che il rapporto del dislocamento alla resistenza alla velocità critica, quando l'idroplano comincia a sollevarsi sulla superficie, sia di 3,8 a 4,5; lo stesso rapporto aumenta fino a 7 quando l'idroplano plana alla superficie alla massima velocità. Questi valori dipendono fino a un certo punto dall'angolo d'inclinazione del fondo; ma possono ritenersi corretti per angoli variabili fra i 4° e i 6°.

G. S. Baker dà le seguenti formule per determinare la velocità critica v, cioè quella alla quale una carena idroplana del tipo normale si solleva sostenendosi dinamicamente sull'acqua:

dove P è = dislocamento in kg., A = superficie di appoggio in mq., v = velocità in m. al secondo. La superficie di appoggio è misurata fino allo specchio di poppa per le carene senza scalini e solo fino allo scalino per le altre.

È difficile, sia per la piccolezza dei modelli che ne deriverebbero sia per l'elevatezza delle velocità da sperimentare, eseguire alle vasche sperimentali prove di modelli di carene di motoscafi intese a determinare la potenza necessaria per raggiungere determinate velocità. Nel 1915 è stata presentata dal Linton Hope in una sua memoria alla Institution of Naval Architects la seguente formula intesa a calcolare la potenza in cavalli effettivi necessaria alla propulsione di un motoscafo:

dove PCE è = forza in cavalli effettivi (al rimorchio), P = dislocamento in kg., V = velocità in nodi, L = lunghezza in m. e C una costante che vale 144.700 l/L per carene a uno scalino, 135.500 l/L per carene a più scalini e 120.600 l/L per carene senza scalini (l = larghezza in m.). Il rendimento propulsivo totale può raggiungere il 47%.

I motori usati per i motoscafi da corsa sono stati negli ultimi tempi particolarmente studiati per ottenere tutti gli alleggerimenti possibili sulle direttive seguite per i motori d'aviazione e sono giunti fino ai 450 grammi per cavallo del motore Fiat da 1000 cavalli. Per gli altri motoscafi hanno tenuto lungamente il campo i motori a benzina che permettevano di sviluppare buona potenza con peso non eccessivo; ma sono assai avanzati ora gli esperimenti con motori leggieri a nafta, i quali consentono assai maggiore economia di esercizio, pure raggiungendo l'elevato numero di giri occorrente per le eliche di queste imbarcazioni.

Le velocità raggiunte da questi tipi di navi sono le più alte raggiungibili da mezzi a sostentamento idraulico o idrodinamico e vanno aumentando per lo sforzo concorde dei costruttori e dei fabbricanti di motori: il Miss America X (disl. kg. 7620; lungh. m. 11,58) ha superato i 200 km. orarî in una corsa sul miglio misurato, con 4 motori di 6400 cav. complessivi su due eliche. (Gar Wood, 1932). (V. tavv. CXXV e CXXVI).

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