MU‛TAZILITI

Enciclopedia Italiana (1934)

MU‛TAZILITI (in arabo al-Mu‛tazilah)

Carlo Alfonso Nallino

Sono i seguaci d'un indirizzo o sistema di teologia musulmana, considerato poi come eterodosso, ma dal quale ripete le sue origini il kalām o dogmatica speculativa anche dei sunniti od ortodossi malgrado le differenze dottrinali su parecchi punti. In origine, sul finire del sec. I ègira e agl'inizî del II (718 d. C.), i mu‛taziliti furono gruppi d'uomini pii dell'‛Irāq meridionale che volevano essere neutrali (e appunto neutrali o astensionisti sembra essere il significato della loro denominazione) nelle lotte sanguinose fra il governo e i partigiani degli Omayyadi da un lato e i khārigiti dall'altro; lotte durante le quali ognuna delle due fazioni accusava gli avversarî di essere colpevoli di peccato grave, ma con la differenza che la maggioranza governativa ammetteva la qualità di credente nei peccatori, secondo essa, gravi, mentre i khārigiti affemiavano che il peccato grave trasforma il musulmano in kāfir (miscredente, infedele), ossia in uomo fuori legge, la cui vita e i cui beni sono alla mercé di chiunque. I mu‛taziliti tenevano una via di mezzo, dichiarando che la posizione giuridico-teologica del reo di peccato grave era quella del fāsiq, cioè di avente cattiva condotta. Col declinare di quelle lotte e guerre civili, il partito mu‛tazilita perdette il suo originario contenuto politico all'incirca nell'ultimo ventennio del secolo II eg., e si trasformò in scuola teologica, la quale si schierò dalla parte dei qadariyyah o fautori del pieno libero arbitrio umano e pose come principio metodico la legittimità del raziocinio filosofico nella spiegazione dei dogmi religiosi rivelati. Negarono, contro l'opinione prevalente e poi divenuta sola ortodossa, l'esistenza degli attributi eterni dì Dio, considerando che l'ammetterli implicava negazione dell'unicità (tawḥīd) di Dio e quindi politeismo; onde la conseguenza che il Corano, parola di Dio e quindi per gli ortodossi suo attributo eterno, era invece creato nel tempo. Stabilito, contro gli ortodossi, che il bene e il male morali sono tali anche razionalmente, e non soltanto, come è la tesi ortodossa, perché Dio così ha voluto nel suo arbitrio insindacabile, affermarono anche che Dio è somma giustizia (‛adl), nel senso che questo vocabolo ha nel nostro intelletto (cosa pure non ammessa dagli ortodossi); onde la conseguenza che Dio non può non fare il bene delle sue creature (il che invece è limitazione dell'onnipotenza divina per gli ortodossi) e che i premî e le pene nella vita futura sarebbero un assurdo se non presupponessero il completo libero arbitrio dell'uomo (limitazione alla sconfinata libertà di volere in Dio, secondo gli ortodossi). Perciò essi chiamavano se stessi ahl al-‛adl wa 't-tawḥīd (i partigiani della giustizia e dell'unità divine). A differenza degli ortodossi sostenevano inoltre l'eternità delle pene infernali per i musulmani rei di gravi peccati e morti impenitenti, e negavano la visione di Dio anche nella vita futura.

Come scuola teologica a sé stante, del resto suddivisa in molte frazioni per diversità di idee filosofiche fuori del campo strettamente teologico, il mu‛tazilismo cessò completamente nel sec. VII eg., XIII d. C., ma non senza aver dapprima agito come attivo fermento nella teologia ortodossa e non senza aver trasfuso gran parte delle sue dottrine dogmatiche agli sciiti imāmiti (o duodecimani) e zaiditi e agl'ibāḍiti.

I neomu‛taziliti o nēčeriyyah (dall'inglese nature), sorti nell'India ad opera di sir sayyid Aḥmad Khān dopo la metà del sec. XIX, non hanno nulla a che fare con i veri mu‛taziliti, dei quali assunsero il nome per un curioso equivoco derivato dall'errata credenza degli orientalisti del secolo scorso, che cioè i mu‛taziliti fossero liberi pensatori sciolti da vincoli dogmatici.

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