Mutualismo

Dizionario di Storia (2010)

mutualismo


Nel linguaggio giuridico e sociologico, complesso di istituzioni a base associativa regolate dal principio dell’aiuto scambievole e delle prestazioni reciproche, per il quale ciò che oggi si dà all’associazione o alla società potrà domani essere restituito, senza che vi sia necessaria corrispondenza tra prestazioni date e prestazioni ricevute. Ciò che caratterizza il fenomeno è la volontarietà e l’assenza del fine di lucro: nelle associazioni o società aventi scopo mutualistico nessuno degli associati si propone di conseguire un proprio arricchimento a spese o a danno degli altri. Manifestazioni di m. possono riscontrarsi fin dalla più remota antichità. Nell’antichità classica esse assunsero quasi sempre carattere religioso ed erano, particolarmente o totalmente, dovute ai sodalizi costituiti tra fedeli delle varie divinità pagane. Nell’antica Roma erano chiamati infatti sodalicia e sodalitates e tra essi si distinguevano i collegia funeraticia, il cui scopo era quello di garantire le onoranze funebri e i soccorsi alle famiglie dei soci defunti. Scopi analoghi si proposero nel Medioevo le confraternite chiamate della «buona morte» o «fratelli della misericordia» e simili. Ma a queste finalità se ne aggiunsero ben presto altre di natura più spiccatamente economica, cioè quelle di sostenere gli associati nelle circostanze avverse, come pure di assicurare un vitalizio per la vecchiaia, di facilitare l’acquisto di attrezzi del mestiere e così via. Tali finalità assunsero col tempo maggiore importanza e nel primo Ottocento, all’epoca della Rivoluzione industriale, diedero luogo al fiorire di numerose associazioni specie nell’ambiente operaio. Queste associazioni, che si costituirono dapprima nei Paesi dell’Europa occidentale, furono variamente denominate: in Gran Bretagna friendly societies, in Francia associations ouvrières o compagnonnages, in Italia mutue o società di mutuo soccorso, denominazione usata nella legge (15 apr. 1886) che stabiliva le modalità e le condizioni affinché tali associazioni potessero conseguire la personalità giuridica. La legge intese accogliere le proposte di quanti, sulle orme della predicazione mazziniana, vedevano nell’associazionismo operaio la migliore soluzione della questione sociale mediante l’incoraggiamento dello spirito di previdenza e solidarietà nella classe lavoratrice. Nella stessa epoca e in quella successiva si delinearono due tendenze evolutive che dovevano imprimere all’associazionismo mutualistico una svolta decisiva. Da un lato, accanto e oltre alle forme puramente associazionistiche, prive quasi sempre di solida base finanziaria e perciò non in grado di assicurare ai consociati garanzie e sicurezza di prestazioni in caso di bisogno, andarono sviluppandosi vere e proprie imprese le quali, pur essendo anch’esse basate sull’assenza di finalità lucrative, assunsero come scopo caratteristico il «servizio» degli associati in quanto portatori di analoghi bisogni e interessi. Più precisamente si proposero, mediante la formula associativo-imprenditoriale, di sottrarre i consumatori al profitto dei commercianti; di permettere ai lavoratori manuali associati l’esercizio in proprio di imprese di appalti e forniture; di eliminare, a vantaggio dei piccoli produttori dell’artigianato, dell’agricoltura e del commercio, il profitto dell’intermediario e del grossista; di erogare, infine, alle migliori condizioni possibili, il credito alle categorie meno abbienti. Queste imprese assunsero il nome di cooperative, usato dapprima in Gran Bretagna, dove se ne ebbero le prime manifestazioni, e poi diffusosi ben presto negli altri Paesi europei.

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