COLONNA, Muzio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 27 (1982)

COLONNA, Muzio

Franca Petrucci

Nacque in data imprecisabile dal protonotario Lorenzo (figlio di Odoardo duca dei Marsi), che morì decapitato in Castel Sant'Angelo il 30 giugno 1484, vittima della lotta che vedeva in quel momento gli Orsini, sostenuti da Sisto IV, prevalere sui Colonna. Partecipò ancora giovanissimo e cadde prigioniero nella battaglia del gennaio 1497, che vide l'esercito pontificio battuto a Soriano dalle forze degli Orsini.

Successivamente il C. pare condividere le decisioni e la sorte di Fabrizio e Prospero Colonna, i quali erano al servizio di Federico d'Aragona, mentre su questo incombeva il pericolo dell'invasione francese.

Nell'estate del 1501 si dirigeva verso Capua, quando dovette rinunciare a raggiungerla, per la repentina caduta di questa città (6 luglio) in potere dell'esercito francese. Andò allora all'Aquila per soccorrere i conti di Montorio, che capeggiavano la fazione ghibellina. Conclusasi rapidamente la resistenza aragonese, il C. fu compreso nella bolla di condanna del 17 settembre, che Alessandro VI ormai del tutto filofrancese, lanciò contro i Colonna.

L'anno successivo il C. era al servizio di Giovanni Maria da Varano che, dopo la congiura dei condottieri contro Cesare Borgia, rioccupò Camerino. Nel febbraio del 1503 offrì il suo braccio ai Savelli, che tentavano a Palombara di organizzarsi contro il Valentino. Nel 1504 era al servizio degli Spagnoli, sotto il comando di Consalvo di Cordova; ma, nello stesso anno, militò anche contro Pisa al soldo dei Fiorentini. Rimase ai servizi di questi ultimi fino al 1509, quando fu assoldato da Giulio II, che aveva stretto con Luigi XII e con Massimiliano la lega di Cambrai. Nel 1511, il C., il quale fu compreso nell'atto di concordia che sotto gli auspici di Giulio II fu stipulato fra i Colonna e gli Orsini il 28 agosto, tornò per un breve periodo al servizio dei Fiorentini.

Incaricato, alla morte di Giulio II, di presidiare Bologna contro eventuali ritorni dei Bentivoglio, dal giugno 1513 il C. partecipò alla campagna dei Pontifici contro Venezia.

Al comando, con Troilo Savelli e Orsino da Magnano, di trecento uomini d'arme, ebbe l'incarico di spingersi fino a Mestre e a Marghera. Conquistata e saccheggiata la rocca di Mestre, mise a fuoco Marghera, sparando qualche decina di colpi di artiglieria alla volta di Venezia; il 7 ottobre partecipò alla vittoriosa battaglia di Creazzo, durante la quale conquistò una bandiera donata a Bartolomeo d'Alviano dal re di Francia.

Ritiratosi con l'esercito a Verona, il C. nell'ottobre partì con Prospero Colonna per mettersi a disposizione del duca di Milano, Massimiliano Sforza. Con il congiunto rimase quindi quasi un anno all'assedio di Crema. Si trovava ancora in Lombardia quando il nuovo sovrano francese, Francesco I, si accinse di nuovo alla conquista del Milanese. Era sicuramente nella città pochi giorni prima della battaglia di Melegnano (13-14 sett. 1515), e forse vi partecipò. Nell'ottobre seguente con le altre milizie pontificie si accampò nel Bolognese.

Dopo la pace di Noyon (agosto 1516) il C. fu inviato a Modena, dove si era ridotto Prospero Colonna, appena liberato dalla prigionia francese, e dov'era anche Girolamo Morone, ambedue con l'intenzione di occupare "qualche luogo importante del ducato di Milano" (Guicciardini, Storia d'Italia, III, p. 395). Dopo un soggiorno a Bologna nello stesso agosto, nel novembre il C. si recò a Fermo. La città, rioccupata da Ludovico Uffreducci due anni prima, era lacerata dalle contese interne. In quel momento Ludovico era assente e i fuorusciti tentavano di penetrarvi. Respinti, furono soccorsi dal C., che, entrato nella città, la mise a sacco con i suoi soldati. Durante il saccheggio egli fu ferito in modo grave e rapidamente venne a morte (novembre o dicembre 1516).

Aveva avuto due mogli, Laura Frangipane e Ginevra da Varano, due figli, Camillo e Alfonso, e due figlie femmine.

Dopo la sua morte il papa avrebbe voluto impossessarsi di tre castelli, che erano stati concessi "a godere" al C. dallo zio Fabrizio Colonna, maquesti li rivendicò con successo.

Fonti e Bibl.: G. A. Prato, Storia di Milano, in Arch. stor. ital., III (1842), pp. 340 s.; D. Barbaro, Storia venez., ibid., VII, 2 (1844), pp. 995 s., 1013, 1057; M. Sanuto, Diarii, I-XXIII, Venezia 1879-1888, ad Indices; F. Guicciardini, Storia d'Italia, a cura di C. Panigada, Bari 1929, II, pp. 62, 153; III, pp. 285, 358, 395 s.; Id., Istorie fiorentine…, a cura di R. Palmarocchi, Bari 1931, pp. 277, 339; B. Dovizi da Bibbiena, Epistolario, a cura di G. L. Moncallero, I, Firenze 1955, pp. 466 ss.; G Fracassetti, Notizie stor. della città di Fermo, Fermo 1841, p. 51; A. Coppi, Memorie colonnesi, Roma 1855, pp. 245, 258, 267 s.; P. Colonna, I Colonna…, Roma 1927, pp. 104, 107, 124, 137 ss.; C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, I, Milano 1936, pp. 187 s.; G. Presutti, I Colonna di Riofreddo, in Arch. d. R. Soc. rom. di storia patria, n. s., IV (1938), pp. 261-64; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s. v. Colonna, tav. VII.

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