Naftalene

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Idrocarburo aromatico, comunemente chiamato naftalina.

Caratteri generali

La struttura del n. risulta da due anelli aromatici condensati,

formula

Si presenta in forma di lamelle bianche lucenti di odore forte caratteristico (fonde a 80 °C; bolle a 218 °C; densità 1,16 g/cm3). Insolubile in acqua; solubile in quasi tutti i solventi organici: a temperatura ordinaria sublima lentamente, a temperature più alte molto rapidamente; è volatile in corrente di vapor d’acqua, di alcol ecc. Dà luogo alle caratteristiche reazioni di sostituzione aromatica (nitrazione, solfonazione, alogenazione ecc.); tuttavia si ossida e si riduce più facilmente del benzene formando normalmente prodotti in cui uno solo dei due anelli si è modificato: per es., con ossigeno e pentossido di vanadio come catalizzatore forma anidride ftalica; in presenza di sodio dà luogo a tetralina. In condizioni più drastiche, simili a quelle utilizzate per il benzene, si ha la trasformazione di entrambi gli anelli: così, per idrogenazione catalitica il n. si trasforma in decalina.

Dal n. si ottengono due isomeri monosostituiti, detti α e β, differenti per la posizione del sostituente sull’anello: il primo si ha quando il sostituente è legato a uno dei 4 atomi di carbonio legati alla coppia di atomi in comune tra i due anelli, il secondo quando il sostituente è legato a uno degli altri 4 atomi di carbonio. Oltre che dal catrame di carbon fossile, il n. può essere ottenuto tramite idrodealchilazione, termica o catalitica, di residui ricchi in alchilnaftalina provenienti dal cracking catalitico di frazioni petrolifere.

Derivati

Gli acidi naftalincarbossilici sono derivati carbossilici del n.: se ne conoscono mono-, di- e policarbossilici; l’acido naftalico è il più noto tra i dicarbossilici. L’acido naftalinsolfonico è prodotto per solfonazione del n., C10H8–n(SO3H)n; secondo la temperatura e la concentrazione dell’acido solforico o dell’oleum usato si hanno prodotti mono- e polisolfonati e un diverso rapporto dei vari isomeri.

Il naftochinone, di formula C10H6O2, contiene due gruppi chinonici che si possono trovare in posizione 1,4 (α-naftochinone), 1,2 (β-naftochinone) o 2,6 (anfinaftochinone). I naftochinoni si presentano in cristalli aghiformi gialli o giallo-rossi; si ottengono ossidando le corrispondenti diidrossinaftaline e hanno le tipiche proprietà chinoniche (si riducono a idrochinoni, con potere ossidante più o meno spiccato); danno numerosi derivati di sostituzione (con gli alogeni, coi gruppi −OH, −SO3H ecc.). Come tali o sotto forma di derivati trovano impiego nella preparazione di coloranti. L’anello dell’α-naftochinone è quello a cui è legato il potere antiemorragico delle varie vitamine K (naturali e sintetiche); infatti il 2-metil-1,4-naftochinone (vitamina K3) e il 2-metil-3-fitil-1,4-naftochinone (vitamina K1), privi delle catene laterali delle vitamine K1 e K2, risultano più attivi di queste e parimenti azione antiemorragica esplica lo ftiocolo (2-metil-3-ossi-1,4-naftochinone) dei bacilli tubercolari.

La naftazarina, 5,8-diossi-1,4-naftochinone, C10H4(OH)2O2., si ottiene riscaldando a 30-45 °C la dinitronaftalina con acido solforico fumante e zolfo. È costituita da cristalli aghiformi a riflessi di cantaride, solubili in acido acetico e poco solubili in acqua, negli alcali, negli acidi. Si usa come colorante (sotto il nome di nero di alizarina) per lana, seta ecc. Il derivato bisolfitico della naftazarina si presenta sotto forma di pasta nero-verde solubile in acqua ed è usato pure in tintoria, col nome di naftazarina S o nero di alizarina S.

Il naftoflavone, C19H12O2, è usato come reattivo per la ricerca del cloro libero.

L’acido naftoico è l’acido monocarbossilico del n., C10H7COOH; a seconda della posizione del gruppo −COOH si hanno gli isomeri α e β, che si presentano in cristalli poco solubili in acqua. Si possono ottenere per ossidazione delle corrispondenti metilnaftaline (che si estraggono dal catrame di carbon fossile); l’acido α-naftoico può essere preparato anche dal corrispondente bromuro mediante sintesi di Grignard, mentre l’isomero β viene spesso preparato per trattamento del β-acetilnaftalene con ipoclorito di sodio. Gli acidi naftoici sono usati nell’industria dei coloranti al tino. Sono noti anche i derivati di questi acidi: cloruri acilici (per es., il cloruro di naftoile, C10H7COCl), anidridi, ammidi ed esteri.

Naftolo

Nome dato ai derivati dal n. ottenuti per sostituzione di uno o più atomi d’idrogeno con altrettanti ossidrili (−OH). Nel caso di monosostituzione si potranno avere due isomeri, α e β, che si preparano fondendo i corrispondenti acidi solfonici con NaOH. I naftoli assomigliano, come comportamento e proprietà, ai fenoli. Danno cristalli lucenti incolori (punto di fusione: per l’α- naftolo 96 °C; per il β- naftolo 123 °C), molto solubili nelle soluzioni alcaline. Entrambi gli isomeri hanno grande importanza sia per i derivati di sostituzione a cui possono dare origine (acidi naftolsolfonici, nitroamminonaftoli ecc., usati, come i naftoli stessi, nella preparazione di coloranti, specie azoici) sia perché l’ossidrile presente si lascia facilmente eterificare; si ottengono allora altri composti, alcuni dei quali dotati di proprietà antisettiche, altri di odore caratteristico e gradevole: gli eteri metilico ed etilico del β-naftolo, C10H7OCH3 e C10H7OC2H5, sono noti sotto il nome di nerolina e di neo-nerolina e hanno il profumo rispettivamente del fiore d’arancio e del fiore d’acacia. Tanto l’ α- quanto il β- naftolo hanno azione antisettica e antiputrida; il derivato β è usato in medicina in pomate, polveri aspersorie (naftolo canforato, carbone naftolato ecc.). Dei naftoli plurisostituiti si conoscono quelli di-, tri-, e tetra-sostituiti (di-, tri- e tetraidrossinaftaline). Quelli con due gruppi ossidrilici nelle posizioni 1,5 e 1,8 sono utilizzati nella preparazione di coloranti azoici.

Gli acidi naftolsolfonici, prodotti per solfonazione dei naftoli, contengono contemporaneamente uno o più gruppi −OH e uno o più gruppi −SO3H; appartengono a questa classe numerosi composti, molti dei quali hanno nomi convenzionali derivati da nomi propri (acido di Neville-Winter, di Armstrong), da lettere dell’alfabeto (acido G, acido R) ecc.

Naftilderivati

Sono i derivati del naftile, radicale monovalente, −C10H7, corrispondente al n. mancante di un atomo di idrogeno; a seconda che la posizione libera sia quella α o quella β si hanno i radicali α - o β -naftile.

L’acido α-naftilacetico, di formula C10H7CH2COOH, si ottiene per azione dell’acido cloroacetico sul n.; si presenta in forma di cristalli incolori, poco solubili in acqua, irritanti la pelle e le mucose.

La naftilammina è un derivato del n. contenente uno o più gruppi amminici (−NH2). Del monoderivato, C10H7NH2, esistono due isomeri, α e β, il primo dei quali è il più importante e si prepara in maniera simile all’anilina (riduzione del α-nitronaftalene con ferro e acido cloridrico diluito a circa 50 °C). Per il derivato β si parte dal β-naftolo e lo si fa agire con solfito d’ammonio e ammoniaca, sotto pressione. I due isomeri cristallizzano in aghi (α) o in scaglie (β) e si differenziano perché il cloruro ferrico nella soluzione del sale α produce un precipitato azzurro che passa al color porpora. Il derivato α serve per produrre α-naftolo, acidi α-naftilamminosolfonici e numerosi azocoloranti; quello β è soprattutto un importante prodotto intermedio per la fabbricazione degli acidi naftilamminosolfonici. Esistono anche composti contenenti due gruppi amminici (diamminonaftaline o naftilendiammine), che possono essere situati in posizione 1,2 o 1,5 o 1,8 o 2,7.

Il naftilbenzoato, estere aromatico di formula C10H7OOCC6H5, si presenta in cristalli incolori, che imbruniscono all’aria.

L’acido naftilftalammico è l’ammide dell’acido ftalico C10H7NHCOC6H4COOH; i suoi cristalli incolori, poco solubili in acqua, sono ottenuti per reazione fra naftalammina e anidride ftalica.

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