NAFTALINA

Enciclopedia Italiana (1934)

NAFTALINA

Gaetano CHARRIER
Alberico BENEDICENTI

. Questo idrocarburo aromatico biciclico, che ha la formula C10H8, si forma sempre quando sostanze organiche di varia natura (acetilene, etilene, acido acetico, ecc.) vengono portate al calore rosso: in tale modo si spiega la sua presenza nel catrame di carbon fossile e negli altri prodotti pirogenici. Scoperto nel catrame nel 1819 da A. Garden e W. Eh. Brande, indipendentemente l'uno dall'altro, la sua composizione centesimale venne determinata da Faraday nel 1826, mentre la formula di struttura, che la considera come risultante dalla ortocondensazione di due nuclei benzenici, proposta da E. Erlenmeyer nel 1866, venne brillantemente confermata da C. Graebe nel 1868 e 1869. Lo studio chimico accurato della naftalina venne dapprima eseguito da A. Laurent, mentre il metodo tecnico di preparazione, ancora in uso oggi con qualche modificazione, è dovuto a H. Vohl (1867).

Per la naftalina, oltre la formula I, più usata correntemente, di E. Erlenmeyer, derivante da quella dei benzolo di Kekulè, sono state proposte da E. Bamberger (1890) le formule II e III, che dovrebbero spiegare il diverso comportamento dei due nuclei benzenici ortocondensati di questo idrocarburo all'idrogenazione e nella reazione con l'ozono; ma più tardi R. M. Willstätter (1912, 1913, 1923) dimostrò l'insostenibilità della formula dissimmetrica per la naftalina. Si possono ancora ricordare le formule di F. K. J. Thiele (1899) con le valenze parziali (IV e V) e la formula elettronica (VI) di J. Stark (1910) e di Kermack e Robinson (1922), nella quale ogni atomo di carbonio si trova circondato da 8 elettroni. Anche quest'ultima formula sembra ormai sorpassata dalle concezioni della meccanica ondulatoria.

Per la nomenclatura dei derivati naftalinici si trovano nella letteratura chimica i due schemi seguenti; si usa ora quasi soltanto il secondo (2), mentre il primo (1) appartiene alla vecchia letteratura.

Gli 1,8 derivati, rispettivamente 5,4 (a1 a4 oppure a2 a4), si chiamano periderivati e presentano un comportamento molto simile ai derivati orto, ad es., ai derivati 1,2 (α1 β1); 2,3; 3,4, ecc. La posizione 2,6 (β1 β3), che è identica alla 3,7 (β2 β4)3, è chiamata anche posizione anfi.

La naftalina si separa allo stato solido nella distillazione del catrame di carbon fossile dalla frazione che bolle fra 170° e 230°; viene pressata a caldo e poi purificata per trattamento successivo con soda caustica e con acido solforico, quindi dopo il lavaggio con alcali diluiti, distillata con vapore o sublimata. La quantità di naftalina prodotta nella distillazione varia con la qualità del fossile adoperato, aumentando anche con la temperatura e rimanendo generalmente tra il 5 e il 10% (massimo) del catrame distillato. Si trova in tutti gli olî minerali, ma è rara nel regno vegetale, dove si può riscontrare in piccola quantità nell'olio essenziale degli steli del Caryophyllus aromaticus e nelle essenze della corteccia di storace e della radice di iris. Oltreché nel catrame di carbon fossile, si trova pure nel catrame di lignite, in quello di legno e nell'olio animale. Teoricamente è importante la sintesi della naftalina dall'acido fenilisocrotonico (β-benzilidenpropionico) eseguita dal Fittig attraverso all'a-naftolo, che distillato su polvere di zinco si trasforma in naftalina.

La naftalina forma masse cristalline bianche o sottili fogliette lucenti di odore caratteristico e di sapore bruciante. Fonde a 80°, bolle, a 760 mm., a 217°,96; ha densità di 1, 168, a 22°/4°, calore molecolare di combustione a pressione costante di 1233,6 cal., a volume costante di 1237,5 cal. Sublima facilmente ed è volatile col vapore d'acqua e anche col vapore di alcool e degl'idrocarburi leggieri del catrame. Si volatilizza lentamente anche a temperatura ordinaria. Brucia con fiamma luminosa, molto fuligginosa. Si scioglie abbondantemente nell'alcool e nei solventi organici, specialmente a caldo, mescolandosi con molti di essi all'ebollizione in ogni rapporto: è invece praticamente insolubile nell'acqua fredda, mentre raffreddandone la soluzione in acqua bollente si ha intorbidamento lattiginoso. Reagisce con gli alogeni formando a seconda delle condizioni composti di addizione o di sostituzione, con l'acido nitrico e con l'acido solforico dando i derivati mono-, bi- o poli- sostituiti corrispondenti. Ossidata, può fornire anidride ftalica o acido ftalonico o anche α-naftoichinone. Idrogenata, può dare la diidro-, la tetraidro- sino alla decaidronaftalina. Forma con numerosi nitrocomposti aromatici prodotti di addizione caratteristici, tra i quali si può citare il picrato C10H8•C6H2(NO2)3OH, che cristallizza in aghi di colore giallo-oro, fusibili a 149°. La naftalina esercita una considerevole azione antisettica, impedendo lo sviluppo delle muffe e uccidendo in breve tempo i saccaromiceti e gli schizomiceti. Scaccia e uccide anche le tarme e altri insetti nocivi.

La naftalina è principalmente usata per la preparazione dei suoi derivati, importanti specie nella fabbricazione dei coloranti azoici. Essa inoltre, mediante idrogenazione catalitica, serve per la preparazione della tetralina e della decalina; serve anche per la preparazione dell'anidride ftalica (ftaleine, antrachinoni sintetici) e della trinitronaftalina (esplosivo). Condensando naftalina con formaldeide si hanno anche resine sintetiche.

Farmacologia. - La naftalina, praticamente insolubile in acqua, fu proposta come antelmintico contro l'ossiuro, come disinfettante intestinale e per uso esterno in diverse malattie della pelle. Scarsamente assorbita, passa in gran parte inalterata nelle feci. Se si assorbe, p. es., in presenza di olio, si possono avere intossicazioni anche mortali (un caso letale si ebbe in un bambino di sei anni per 2 gr. somministrati nello spazio di due giorni). Più usato è uno dei due fenoli della naftalina, il β-naftolo che s'adopera internamente sia come disinfettante intestinale, in forma anche di carbone naftolato, sia come vermicida, ed esternamente in unguenti contro la psoriasi, l'acne, il prurito, l'ozena, ecc. Assorbito attraverso alla pelle, ha provocato, non raramente, nefriti, opacità del cristallino, alterazioni retiniche. Sono pure stati proposti il benzonaitolo (benzoato di naftolo), il betolo (salicilato di naftolo) e altri analoghi derivati quali l'epicarpina, la microcidina, l'asaprolo, ecc.

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