NAZIONALSOCIALISMO

Enciclopedia Italiana (1934)

NAZIONALSOCIALISMO

Carlo Antoni

. Le origini. - Nella primavera del 1919, all'indomani della caduta della repubblica dei consigli a Monaco, il caporale Adolf Hitler (v.), suddito austriaco, ma reduce di guerra germanico, ebbe l'ordine di partecipare a un corso d'educazione politica per la truppa a Monaco.

L'antitesi tra esercito e paese, viva in tutti gli stati durante la guerra, si pepetuava in Germania; e Hitler trovò fra la truppa che frequentava il corso la vaga aspirazione a un nuovo ordine di cose, a uno stato nazionale ma popolare, che escludesse i privilegi di casta ma restituisse alla nazione la sua libertà e il suo splendore. E si pensò a un nuovo partito: il partito socialrivoluzionario. Un programma non esisteva. Però fece grande impressione sull'uditorio uno degl'insegnanti del corso, l'ing. G. Feder, che aveva fondato una lega per l'abolizione della schiavitù dell'interesse. Costui distingueva il capitale produttivo dallo speculativo, l'economia nazionale dalla finanza internazionale. A quei soldati, sfiorati dalla propaganda socialista, egli insegnò che la lotta contro il marxismo internazionalista e la lotta contro il capitalismo borsistico erano due aspetti d'una medesima difesa dell'integrità nazionale. Questi concetti erano però troppo astratti: la massa aveva bisogno d'individuare l'avversario in qualcosa di più tangibile. Poiché alla testa del marxismo e del capitalismo si scorgevano degli Ebrei, si ebbe la persuasione che i due fenomeni fossero entrambi creazioni dello spirito ebraico, mirante all'asservimento dell'Europa. La lotta assumeva così subito la forma d'una lotta di razza.

La prima volta in cui Hitler prese la parola in pubblico, fu per attaccare gli Ebrei. Fu a quel corso d'istruzione per la truppa: ottenne un grande successo, che gli valse anche la nomina a ufficiale di propaganda in un reggimento di Monaco. L'autorità militare lo incaricò fra l'altro di riferire sul partito operaio tedesco (Deutsche Arbeiterpartei), fondato a Monaco, il 5 gennaio 1919, da Anton Drexler. Esso era un partito che in pratica si riduceva al comitato direttivo; ma a Hitler offriva la possibilità di riprendere su scala più ampia quell'azione di riconquista delle masse all'idea nazionale, che fino a quel momento aveva svolto entro le mura della caserma. Nel luglio del 1919 entrò nel partito e vi dominò subito, come propagandista, facendovi trionfare l'indirizzo antisemita.

Il 24 febbraio 1920, dinnanzi a duemila aderenti Hitler diede lettura a Monaco dei 25 punti del programma, che furono approvati con entusiasmo. Il programma era presentato come provvisorio. Anzitutto esso chiede la riunione di tutti i Tedeschi in una sola Germania, l'abolizione dei trattati di Versailles e di Saint-Germain, la concessione di colonie; la creazione di una comumtà nazionale (Volksgemeinschaft) della quale può esser membro (Volksgenosse) solamente chi è di sangue tedesco; agli Ebrei nega i diritti politici, considerandoli stranieri, ed esige l'espulsione degl'immigrati dal 1914; proclama scopo del movimento la formazione di una classe media sana con eguaglianza di diritti e di doveri e considera primo dovere dello stato l'assicurare lavoro e sussistenza ai cittadini; esige l'emancipazione dall'interesse, l'abolizione di redditi non provenienti dal lavoro, la confisca dei profitti di guerra, la statizzazione dei trusts, la municipalizzazione dei grandi magazzini a vantaggio dei piccoli negozianti, l'appoggio alle piccole imprese; combatte la speculazione fondiaria e chiede una riforma agraria con espropriazione del suolo a fini d'interesse generale; vuole l'eliminazione del diritto romano "materialista", una riforma dell'istruzione, la diffusione dello sport, l'assistenza alla vecchiaia, alla maternità, all'infanzia, la lotta contro la letteratura e l'arte dissolventi, la creazione d'una stampa tedesca con esclusione degli Ebrei; accetta un cristianesimo positivo senza vincoli con confessioni particolari, delle quali però ammette la libertà in quanto non minaccino lo stato e i costumi germanici, e soprattutto chiede la formazione d'un forte potere centrale del Reich, la subordinazione dell'individuo agl'interessi della comunità, la lotta contro il parlamentarismo corruttore.

Nell'aprile 1920 il movimento assunse il nome di partito nazionalsocialista operaio tedesco (Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei, abbreviato in N. S. D. A. P. o semplicemente partito "Nazi"). Proprio allora Hitler aveva abbandonato la Reichswehr. Il partito infatti non era avversato soltanto dai socialisti, ma era ormai combattuto dai partiti borghesi, dagli antisemiti conservatori, dalla lega razzista (völkisch), dalle autorità militari. La reazione era in corso. A Berlino il putsch di Kapp falliva, ma a Monaco il 13 marzo il governo socialista-borghese era stato rovesciato dai generali monarchici che avevano affidato il potere a von Kahr. Il movimento di Hitler, che la Reichswehr e la polizia avevano fino allora considerato utile strumento nella lotta contro i sovversivi, appariva un alleato ingombrante o addirittura pericoloso a motivo delle sue rivendicazioni sociali. Ma questa ostilità non nocque al partito, che poté così assumere una sua propria fisionomia.

Il periodo bavarese. - Il 1921 vide la vittoria di Hitler nell'interno del partito. Egli aveva inaugurato metodi di propaganda fino allora ignoti nel campo dei partiti di destra: un'azione tenace, continuata, attraverso riunioni a ripetizione, cui aggiungeva le spedizioni della Ordnertruppe, corpo di volontarî creato nel 1920, che aveva il compito di proteggere le riunioni del partito, ma anche d'intimidire gli avversarî e d'impedire le loro riunioni. Ormai intorno a lui non sono più i modesti operai della vigilia, ma studenti come R. Hess, ex-ufficiali, come Göring e Röhm, giornalisti, come Eckart, Esser, Rosenberg. ll 29 luglio 1921 egli era eletto presidente; il Völkischer Beobachter, ebdomadario di Monaco, era diventato l'organo del partito.

La vittoria di Hitler non era soltanto quella del pathos della sua parola e dell'audacia: trionfava in lui un sentimento profondo del popolo tedesco, il bisogno dell'autorità. Decisivo fu inoltre l'esempio di Mussolini e del fascismo. Il 3 agosto 1921 Hitler fondava le squadre d'assalto (Sturmabteilungen: S. A.), in cui entrarono gli uomini della Ordnertruppe e dei disciolti corpi franchi, da uno dei quali, la brigata del capitano Ehrhardt, furono tratti gli ufficiali e il distintivo, la svastica (Hakenkreutz "croce uncinata"), già usata in Germania quale simbolo antisemita.

Nell'autunno del 1921 si fecero più frequenti e gravi gli scontri a Monaco con i socialdemocratici, che furono ridotti all'inattività. Però il vero avversario era il governo conservatore bavarese ormai deciso a eliminare il nazismo. Un riavvicinamento si ebbe soltanto all'indomani dell'assassinio di Rathenau, quando il governo di Berlino promulgò le leggi per la protezione della repubblica, che i Bavaresi interpretarono come una minaccia al federalismo. Hitler partecipò a una grandiosa manifestazione di protesta delle destre.

Nell'autunno del 1922 la Marcia su Roma, che offriva al nazionalsocialismo un esempio e un modello di rivoluzione nazionale, giunse a ridare vigore al movimento. Per di più l'inflazione, colpendo i risparmiatori, gl'impiegati, gli operai e favorendo la speculazione, diede nuova esca al rancore del popolo verso gli Ebrei. In quei mesi Hitler ottenne successi inauditi. Ma la ripresa fu di breve durata. Una seria minaccia all'azione di Hitler derivò dall'occupazione francese della Ruhr. La proclamazione della resistenza, la formazione d'un'unione sacra intorno al governo conservatore di Cuno, sembrarono significare un rafforzamento del potere centrale e un assorbimento del partito. E sebbene nella primavera del 1923 il partito si fosse diffuso in tutta la Baviera; sebbene nel marzo Hitler avesse concluso un accordo con alcuni deputati tedesco-nazionali, staccatisi dal partito conservatore di Helfferich e avesse iniziato così la penetrazione ne"a Germania settentrionale, tuttavia il partito andava perdendo il suo slancio. Le stesse S.A., nonostante che il loro comando fosse assunto da Göring, andavano assumendo la forma di un'organizzazione paramilitare, cosicché si sentì la necessità di costituire un corpo speciale, la Hitler-Stosstruppe (tmppa d'assalto di Hitler), da cui derivarono in seguito le Schutzstaffeln (squadre di protezione). Sempre più tesi divenivano i rapporti con la Reichswehr di Monaco, che si era ormai rimessa agli ordini di Berlino.

Il gabinetto Cuno, che si era gettato nell'avventura della Ruhr, aveva però i giorni contati: la resistenza passiva falliva e l'inflazione sconvolgeva in una spaventosa anarchia monetaria la vita della nazione. Era da prevedersi una riscossa violenta delle forze sovversive. In ogni caso era prevedibile il ritorno al potere delle sinistre. In questa situazione i gruppi di destra si strinsero in una lega delle associazioni patriottiche di combattimento cui aderì anche Hitler. Capo di tutte le destre era il generale Ludendorff. Il nazionalsocialismo appariva trascinato da rivali più forti di lui.

Il 12 agosto del 1923 cadeva il gabinetto e il nuovo cancelliere Stresemann si affrettava a liquidare la lotta per la Ruhr. Alle destre pangermaniste sembrò giunto il momento d'un colpo di mano: il 26 settembre il governo bavarese proclamava lo stato d'eccezione e conferiva a von Kahr pieni poteri. Questi si ribellava a Berlino, s'impadroniva dell'oro della Reichsbank, abrogava la legge per la protezione della repubblica. A sua volta la Reichswehr bavarese rifiutava l'obbedienza al potere centrale. È difficile stabilire, oggi, come le cose siano andate. Sta di fatto che una guerra di secessione fu risparmiata alla Germania dall'abilità di Stresemann, che, pur trattando con i ribelli, seppe consolidare la repubblica, sostenuto in questo dal comandante della Reichswehr, generale von Seeckt.

Difficile è pure stabilire gli scopi dell'azione di Hitler: voleva prevenire i suoi rivali e togliere loro l'iniziativa? Voleva impedire che sotto il governo borghese, a tinte conservatrici, di Stresemann il paese si avviasse alla normalità? Oppure è vero quanto asserì più tardi, e cioè che intendesse stroncare le mene separatiste? Certo si è che l'8 novembre, mentre von Kahr stava parlando davanti ai suoi aderenti in una birreria di Monaco, comparve Hitler alla testa di qualche centinaio di armati e annunziò che la rivoluzione nazionale era scoppiata e proclamò la destituzione del presidente del Reich e del governo. Ma l'indomani la sommossa era soffocata, dopo che la polizia ebbe disperso, dinnanzi alla Feldherrnhalle, un corteo guidato da Hitler e Ludendorff, uccidendo 16 partecipanti.

La ricostituzione del partito. - Il putsch di Monaco fallì per la sua impreparazione, per la resistenza della Reichswehr, e per il senso di disciplina civica che impedì ai ribelli di far fuoco contro le forze dell'ordine. Hitler dovette accorgersi che l'anima tedesca non era fatta per l'insurrezione contro i poteri costituiti e non dimenticò mai questa lezione. Tutti i principali responsabili, compreso Ludendorff, furono deferiti al tribunale; Ludendorff veniva assolto, mentre Hitler era condannato a cinque anni di fortezza; Göring e qualche altro si erano rifugiati all'estero. Hitler avrebbe dovuto godere del condono dopo scontati sei mesi di detenzione.

Mentre Hitler trascorreva i suoi giorni nella fortezza di Landsberg compilando un volume di memorie e di considerazioni, Mein Kampf, che doveva costituire il vero statuto ideologico del movimento, il suo luogotenente Rosenberg fondava la Grossdeutsche Volksgemeinschaft (Comunità popolare grande-tedesca), che avrebbe dovuto sostituire il partito disciolto. La direzione del nuovo movimento fu assunta da Ludendorff, che di propria iniziativa lo fuse nel blocco razzista bavarese e lo alleò alla Deutschvölkische Freiheitspartei, partito razzista del nord. Contro la volontà di Hitler la nuova formazione partecipò alle elezioni del 4 maggio 1924, ottenendo 32 mandati al Reichstag. Quando infine, a sua insaputa, si deliberò la fusione di tutte le forze razziste tedesche in un'unica frazione parlamentare, Hitler sconfessò i suoi luogotenenti e ruppe ogni relazione con Ludendorff. Questi si pose alla testa di un Partito nazionalsocialista indipendente, cui aderì Gregor Strasser, deputato e capo dei nazisti della Bassa Baviera. Le elezioni del 7 dicembre 1924 segnarono la sconfitta dei razzisti, che perdettero metà dei voti. La stabilizzazione del marco, l'afflusso di capitali esteri, la riorganizzazione dell'industria, gli accordi con la Francia stavano calmando gli spiriti: la ripresa economica significava il tramonto di Hitler e di Ludendorff e il loro putsch era presto relegato tra i rimedi d'un'ora di smarrimento. Hitler fu rimesso in libertà il 17 dicembre 1924. Il partito era sciolto e screditato, gli aderenti dispersi, i luogotenenti discordi. Ludendorff, attaccando la Chiesa cattolica e il principe Ruprecht di Wittelsbach, responsabili, secondo lui, del fallimento del putsch, si era alienato gli animi in Baviera. Hitler profittò subito dell'errore: sconfessò la lotta razzista contro il Vaticano, riconobbe che il putsch era stato un errore e s'impegnò a mantenersi nella legalità. Il governo populista (cattolico) di Baviera tolse il divieto alla ricostituzione del partito.

Il 27 febbraio 1925 Hitler, in camicia bruna, tenne un primo discorso alla Bürgerbräu, salutato con entusiasmo da qualche migliaio di partigiani. Ma il ministro degl'Interni bavarese gl'interdì di prendere la parola in pubblico; in Prussia il partito era vietato; le S.A. si disgregavano; Röhm abbandonava la scena politica; Göring restava all'estero. Verso la fine del 1925 sembrava che il partito avesse i giorni contati. Si fece avanti allora Gregor Strasser, oratore e propagandista infaticabile, che portò la propaganda nel nord, mentre nella Renania si affermava un altro eloquente tribuno, il dott. Josef Goebbels. Questi uomini nuovi, costretti a disputare il terreno ai comunisti in regioni industriali, recarono al nazionalsocialismo idee sociali avanzate: una comunità di Gaue del nord e dell'ovest approvò un programma nettamente anticapitalista. Nel 1926 il partito aveva messo radici in Franconia, Turingia, Sassonia, Baden, Württemberg, Hannover, ma i nuovi gruppi erano opera di Strasser: la stella di Hitler, costretto al silenzio in una Baviera ormai indifferente, sembrava impallidire. L'occasione di riafferrare la direzione del movimento gli fu offerta dalla campagna dei partiti democratici contro le indennità ai principi spodestati, alla quale Strasser aveva aderito. Hitler invece, in un congresso dei capi (Bamberga, febbraio 1926) dichiarò che l'agitazione era una menzogna, si scagliò contro ogni forma di bolscevismo, respinse l'idea d'un'alleanza con la Russia sovietica, affermò la necessità di un'intesa con l'Italia fascista. Goebbels e la maggioranza furono con lui. Hitler non indugiava a trarre profitto del successo per riorganizzare il partito in senso rigidamente unitario. Il partito, a chiara imitazione di quello fascista, escludeva il principio democratico dell'elezione dei capi, si dava una solida struttura gerarchica col sistema della scelta dall'alto, concentrava tutti i poteri nella persona del Führer.

La conquista del potere. - La riorganizzazione non fu facile, anche per le lotte personali tra i capi, specialmente nel nord. Hitler sentì inoltre l'urgenza di definire l'atteggiamento del partito nella questione sociale: egli sostenne il principio della collaborazione fra capitale e lavoro, entrambi servitori della comunità nazionale, adottando cioè anche sul terreno economico le idee del fascismo. Ma soprattutto apparve indispensabile la ricostituzione delle S.A., che si svilupparono rapidamente.

Così ricostituito, il partito poté presentarsi alle elezioni del 20 maggio 1928. Ottenne 800.000 voti in tutto il Reich, 12 mandati al Reichstag, 6 alla dieta prussiana, 9 alla dieta bavarese. Tra i nuovi deputati era Göring, fiduciario di Hitler a Berlino. Si andava diffondendo la sensazione che ormai il partito si orientasse decisamente verso la normalità della vita costituzionale. I governi tedeschi vollero facilitare questo avviamento: nel marzo 1927 Hitler aveva avuto il permesso di parlare in pubblico in Baviera ed ora lo ebbe anche in Prussia.

Dal 1926 al 1928 il partito ascese lentamente ma costantemente: da 17.000 membri salì a 60.000. Accanto ad esso sorgevano associazioni nazionalsocialiste dei maestri, degli uomini di legge, dei medici. L'associazione femminile della Croce uncinata rossa, riservando alla donna funzioni di assistenza, attuava uno dei principî sociali del movimento, che voleva sottratta la donna alla lotta politica e restituita ai compiti di sposa e di madre. Più decisiva l'opera di conquista della gioventù. La Lega nazionalsocialista degli studenti, fondata da Baldur von Schirach nel 1928, fece delle università altrettanti centri di propaganda nazionalsocialista. Interprete di questa nuova generazione era però il dott. Goebbels. Dietro a lui entrarono nel movimento i giovani formatisi nel dopoguerra, con le loro idee e aspirazioni, persino col loro linguaggio. Nel 1927 Goebbels aveva fondato l'Angriff, giornale d' avanguardia. Con le schiere dei giovani e giovanissimi egli riuscì a capovolgere la situazione della capitale, fino allora roccaforte delle sinistre. Raramente una nuova generazione si presentò con mentalità e stile di vita tanto diversi da quelli della precedente, come questa gioventù tedesca venuta su durante la guerra, la disfatta e l'inflazione.

Verso il 1930 tre gravi fenomeni si delinearono. Anzitutto la diffusione d'una letteratura disfattista, permeata di cinismo, che esasperava gl'istinti erotici e corrodeva, in una frenetica volontà di negazione, le antiche idealità della famiglia e della patria. La borghesia tedesca, divoratrice di libri, si sentì minacciata nella sua stessa anima. Nel 1927 il partito, creando una lega di combattimento per la cultura tedesca, si mise alla testa di una reazione conservatrice. Il secondo fenomeno fu l'aumento dei disoccupati, che nel 1929 raggiunsero la cifra di tre milioni. Hitler s'impegnò di dare a tutti costoro lavoro e pane, fece anzi della lotta contro la disoccupazione una delle parole d'ordine del partito. Il terzo fenomeno fu la crisi agraria.

Il nazionalsocialismo, moto d'origine cittadina, fino a questo momento aveva praticamente ignorato i contadini soffocati dal peso delle imposte e degl'interessi. Il 6 marzo 1930 il partito pubblicò un programma agrario ispirato da Walter Darré, consigliere di Hitler per l'agricoltura. La classe paesana era definita l'elemento più sano della nazione, perenne sorgente di gioventù del popolo; si prometteva la lotta contro la speculazione sui terreni, la concessione di crediti all'agricoltura, la difesa dei prezzi, la riduzione del tasso dell'interesse, la tutela della proprietà con diritto di priorità dello stato nelle vendite; si riconosceva infine che l'esistenza di un gran numero di piccole e medie aziende agrarie era una necessità nazionale, anche se si continuava ad ammettere la grande proprietà. Il "ritorno alla terra" s'inseriva tra le altre idealità del movimento nella formula "sangue e suolo".

Il regime parlamentare tramontava rapidamente e senza gloria. Un primo attacco alla solidità del regime fu portato dai tedesco-nazionali: nell'ottobre 1928 Hugenberg, eletto capo del partito, passava dalla collaborazione all'opposizione accanita. La crisi aveva fatto riaccendere la lotta tra industriali e sindacati. La vecchia Germania monarchica si ridestava e i risultati di un decennio di compromessi erano cancellati.

In queste contingenze la repubblica poteva essere salvata soltanto da un governo forte, mentre la situazione dei troppi partiti era tale da impedire qualsiasi attività di governo continuata e coerente. Nel giugno 1929 il piano Young provocò le proteste dell'industria e una violenta agitazione nel paese. Il plebiscito contro di esso non diede che un terzo dei voti necessarî, ma Hitler seppe profittare dell'esasperazione degli animi: con una campagna febbrile faceva salire in pochi mesi il numero degli aderenti a oltre 200.000 e otteneva successi nelle elezioni delle diete di Sassonia e Turingia. Sfruttò come mezzo di propaganda anche la partecipazione al potere: nel gennaio 1930 il suo luogotenente Frick divenne ministro degl'Interni in Turingia e diede subito filo da torcere al governo del Reich.

Nell'aprile 1930, caduto il gabinetto del socialdemocratico H. Müller, il regime parlamentare aveva virtualmente cessato d'esistere. Il gabinetto di autorità di Brüning, uomo di fiducia del presidente Hindenburg, si accinse a reggere il paese con le ordinanze presidenziali. Il malessere si aggravava nel popolo, stanco di partiti, di programmi, di formule. Si voleva che il governo facesse qualcosa contro la disoccupazione. Con spietata energia Brüning impose sacrifici gravissimi per salvare il bilancio, decurtò stipendî e sussidî, riuscì a strappare la moratoria Hoover. Ma la crisi della economia mondiale era più forte di lui. Hitler si rese interprete di questo disagio, si diede a una propaganda spettacolosa che raggiunse i più sperduti villaggi. Nelle elezioni del 14 settembre 1930, otteneva sei milioni e mezzo di voti. Era la folla dei malcontenti e dei disgustati, dei patrioti delusi, dei giovani esasperati, che insorgeva contro la repubblica.

Il gruppo dei 107 deputati nazionalsocialisti costituiva nel parlamento una forza che, se non poteva assumere il governo, poteva però impedire la formazione di qualsiasi maggioranza e un ritorno alla normalità. Da questo istante la storia del nazionalsocialismo si identifica con la storia della Germania (v. germania, XVI, p. 759, e App.). Gli avvenimenti salienti di quest'ultimo periodo della storia del movimento sono: il tentativo di Hugenberg di unire tutte le forze avverse alla repubblica nel cosiddetto Fronte di Harzburg (11 ottobre 1931), tentativo che fallì per il rifiuto di Hitler di lasciarsi dominare dal capo reazionario; la candidatura di Hitler alla presidenza del Reich (assunse allora la cittadinanza tedesca) e le elezioni del 10 aprile 1932 nelle quali il Führer, pur soccombendo, ottenne 13.400.000 voti; lo scioglimento delle S. A., voluto dal ministro della Reichswehr Gröner e da Brüning (14 aprile 1932), che determinò la loro caduta; le elezioni del 30 luglio 1932 che fecero salire il numero dei deputati nazi a 230 e resero il partito arbitro della situazione parlamentare; il rifiuto del presidente di concedere il cancellierato al Führer; lo scioglimento fulmineo del Reichstag e le elezioni del 6 novembre che ridussero il numero dei deputati nazi a 197; l'offerta del cancellierato a Hitler, purché si accordasse col centro e con i tedesco-nazionali; l'adesione di Hitler allo sciopero dei trasporti a Berlino, minaccia d'uno sciopero generale contro il gabinetto von Papen; il tentativo del cancelliere von Schleicher di staccare l'ala sinistra del partito da Hitler e la ribellione di Gregor Strasser; la ricostituzione del Fronte di Harzburg a opera di von Papen e l'avvento di Hitler al cancellierato (30 gennaio 1933); le elezioni del 5 marzo che recarono al partito 17 milioni di voti e che segnarono l'inizio della rivoluzione; il conferimento da parte del Reichstag dei pieni poteri al gabinetto di Hitler (23 marzo 1933); il plebiscito del 12 novembre 1933, di clamoroso successo per Hitler.

Una grave crisi interna era intanto latente e culminò il 30 giugno, 1° e 2 luglio 1934 nell'improvviso arresto e fucilazione di un numero cospicuo di capi nazisti: primo fra tutti, il capitano Ernst Röhm, capo di Stato maggiore dei reparti d'assalto nazionalsocialisti e ministro del Reich, amico e collaboratore di Hitler fin dai primi tempi, dal periodo monacense. Con il Röhm furono uccisi altri 76 alti gerarchi, fra cui il capo dei reparti d'assalto di Berlino e del Brandeburgo, Ernst. Furono pure uccisi l'ex-cancelliere dell'impero, generale von Schleicher, con la moglie, l'antico capo del governo bavarese von Kahr e alcune eminenti personalità del centro cattolico.

Questa azione è stata giustificata da Hitler con la necessità di reprimere un complotto, organizzato dal Röhm e dagli altri contro il governo.

Tuttavia la crisi al disotto dell'apparente unità del nazionalsocialismo ha rivelato l'esistenza di profondi contrasti interni e rimane ancora in gran parte oscura. Certo è che sia quanto avvenne in Germania il 30 giugno e il 10 e 2 luglio, sia la corruzione e depravazione di parte dei ceti alti nazisti, denunciata dallo stesso Hitler in un comunicato ufficiale, fecero profonda impressione al di fuori.

Meno d'un mese dopo, i tragici avvenimenti di Vienna del 25 luglio (putsch nazista e assassinio del cancelliere Dollfuss), hanno determinato una violenta reazione di tutto il mondo civile contro il nazionalsocialismo tedesco (v. austria, App.).

Eventi importanti si ebbero pure nell'agosto 1934: in seguito alla morte del maresciallo Hindenburg, presidente del Reich (2 agosto) Hitler assunse immediatamente i poteri supremi, unificando la carica di presidente del Reich e quella di cancelliere del Reich e accentrando l'una e l'altra nella propria persona (il titolo di presidente del Reich è stato abbandonato; Hitler è Reichsführer). Un plebiscito, il 19 agosto, sanzionò a grande maggioranza la decisione presa.

L'ideologia nazionalsocialista. - Il regime nazionalsocialista vuol essere la realizzazione del sogno del terzo Reich. Il poeta Stefan George lo aveva cantato come un'unione di spiriti eletti e Artur Moeller van den Bruck lo aveva descritto come un'élite a carattere antiborghese, animata da un conservatorismo popolare, dalla tendenza cioè, viva in Germania fin dai tempi di Möser e di Herder, a salvaguardare le virtù avite, le tradizioni e i costumi paesani.

A questa corrente altre se ne aggiungono: infatti il nazionalsocialismo, come ha attirato a sé ceti e gruppi diversissimi, operai, artigiani, piccoli borghesi, studenti, ex-ufficiali, industriali, aristocratici, principi del sangue, così ha assorbito tendenze spirituali molteplici.

Qualcuno scorge nel movimento qualche influsso del pensiero di Hegel, oppure del concetto organico dello stato di Adam Müller e infine delle concezioni di Treitschke: in effetti da quest'ultimo si può far derivare l'insegnamento di C. Schmitt, che definisce la politica come un'attività spirituale dominata dalla categoria di amico e nemico, e allo "stato di diritto" contrappone lo "stato di giustizia" guidato dalla volontà del Führer. In generale però il nazionalsocialismo si distingue dalle dottrine suindicate, in quanto per esso lo stato non è fine assoluto, ma uno strumento della comunità nazionale, intesa non soltanto come un'unità di storia. di lingua e di sentimenti, ma come un'unità etnica, "naturale", fondata sulla razza e sul sangue, concetti estranei al vecchio pensiero politico tedesco.

Più evidente è invece l'influenza di Nietzsche, per la sua celebrazione della volontà di potenza e per i suoi sarcasmi contro gl'ideali borghesi, ma soprattutto per la sua avversione all'etica cristiana. In questa ostilità agl'ideali cristiani si distinguono gli uomini provenienti dal pangermanismo razzista, specialmente il conte Reventlow, che nella sua rivista Reichswart si è fatto promotore d'un movimento per una nuova religione nazionale tedesca acristiana. Aspirazioni che si collegano all'antisemitismo del Rosenberg, che vede nel cristianesimo un prodotto della razza semita, antitetico alla concezione guerriera della vita della fiera razza nordica. Non è molto lontano da queste tendenze il movimento dei "tedeschi-cristiani", cui ha aderito per un primo tempo lo stesso parroco Müller, oggi vescovo del Reich e capo dell'Unione delle Chiese evangeliche.

Tra i precursori vanno naturalmente ricordati gli scrittori pangermanisti dell'anteguerra e specialmente H. St. Chamberlain e P. de Lagarde.

L'idea centrale del movimento nazionalsocialista è quella della razza. La fede nella razza è, secondo Rosenberg, il grande mito del sec. XX, che deve ispirare tutta la vita, la grande politica come la cultura, la scienza come la pratica. L'attitudine al pensiero razzista e biologico, si dichiara, è il presupposto per intendere il nazionalsocialismo. Dalla biologia, e specialmente dalle leggi di Mendel (v.) si vogliono derivare un'igiene della razza e una politica della popolazione. Hitler nel suo discorso al Congresso di Norinberga ha definito la razza come un appello interno, come una voce del sangue, ma ha aggiunto che le differenze interne ed esterne tra le razze sono enormi e che il distacco tra gl'infimi, ancora cosiddetti uomini, e le nostre razze superiori, è maggiore di quello tra quegli uomini e le scimmie superiori, e ha infine additato alla scienza delle razze il compito di stabilire le differenze e di cercarne le cause. Questo dogma della razza, inculcato in tutte le scuole, dall'asilo d'infanzia all'università, costituisce la nuova Weltanschauung, che deve restituire la "grande salute" al popolo, liberandolo dal "materialismo" e dall'intellettualismo dei letterati.

Partendo da queste premesse è in corso una revisione a uso nazista della storia. Non ci si limita a riaprire il processo intentato nel sec. XIX da H. von Sybel agl'imperatori medievali rei di avere negletto il regno tedesco per il miraggio della corona romana, ma si estende l'accusa anche a Carlomagno, a "Carlo il Franco" che si è rivolto a Roma, ha creato un'artificiosa rinascenza classica e ha domato i Sassoni di Vitichindo, ancora immuni da contaminazioni. L'infiltrazione di elementi d'altra razza iniziatasi appunto con Carlomagno e proseguita fino ad oggi, è considerata la causa della decadenza dell'antica civiltà contadina e guerriera dei Germani, che si fa risalire a oltre due millennî a. C.

Per determinare l'anima di questa razza bionda dagli occhi azzurri, si ricorre alla saga islandese e scandinava; la nota dominante di essa sarebbe l'accettazione eroica del destino, l'istinto guerriero, il quale si sarebbe manifestato, con la sua superiorità morale, anche all'atto dell'accoglimento delle idee cristiane e classiche, rielaborandole e perfezionandole.

Il concetto della razza, fin dall'origine argomento polemico contro la democrazia ugualitaria, s'identifica per Hitler col ripudio dell'idea della massa a vantaggio deil'élite, con la lotta contro il marxismo livellatore. Si comprende così come dalla comunità nazionale vengano esclusi non solamente gli Ebrei, ma anche i "bastardi", quei Tedeschi che hanno la sventura di avere un avo non-ario. Essi espiano la colpa dei padri.

Il principio dell'autorità e della responsabilità verso l'alto, il concetto cioè della personalità contrapposto a quello della massa, viene legittimato dalla considerazione che, come la terra spetta al popolo migliore, così anche nell'interno di esso deve vigere il principio aristocratico della cernita dei migliori per razza e per sangue, ai quali spetta il comando.

Dalla concezione della vita degli antichi Germani, interpretata nello spirito del pessimismo tragico di Nietzsche, viene derivata anche l'idea del "Fu̇hrer", giustificazione etnica della dittatura: il popolo tedesco è concepito come una gigantesca Gefolgschaft (il comitatus degli scrittori romani), seguito di fedeli legati alla persona del condottiero, che li porta incontro a un duro destino, virilmente accettato.

La teoria della razza si riflette sulla politica agraria del regime: il ministro Darré ha sostenuto in alcuni scritti che il pensiero razzistico era proprio degli antichi contadini germanici, creatori della vecchia civiltà tedesca. La politica agraria, più che sanare le contingenti difficoltà della situazione attuale, deve ricostituire l'anima del ceto contadinesco, ricomporre un'aristocrazia del sangue e del suolo: la legge della masseria ereditaria (Reichserbhofgesetz) pone la masseria sotto la tutela diretta del Reich, stabilisce una specie di maggiorasco, per cui il podere resta indiviso, inalienabile e non ipotecabile, come l'antico "Odal", e non ha funzioni soltanto economiche, poiché deve servire alla formazione di famiglie numerose di sangue puro, all'allevamento di Germani di razza.

Pure in tale senso deve operare la cosiddetta igiene di razza: in omaggio a essa una legge prescrive la sterilizzazione dei deficienti, anormali, alcoolizzati, ciechi e sordomuti ereditarî, ma si raccomanda anche di tenere presente il criterio razzista nella scelta del coniuge, così che restino esclusi dalla procreazione i deficienti di sentimenti di razza, gli etnicamente tarati. Il rapporto sessuale con persone d'altra razza è un delitto perseguibile penalmente. Si ammette bensì che anche il popolo tedesco è tutt'altro che una razza pura, ma la politica della popolazione e l'igiene razzistica hanno appunto per scopo la reintegrazione di questa purezza. Lo stesso incremento sistematico dello sport e della ginnastica, la stessa protezione largita alla maternità e all'infanzia, non mirano alla semplice difesa della salute e del vigore fisico delle nuove generazioni, al ringiovanimento e allo sviluppo demografico della nazione, ma hanno sempre una finalità razzistica.

Questo concetto della razza e in particolare la riesumazione di miti e costumanze della Germania pagana sono la ragione essenziale del conflitto con le chiese. Con la Chiesa cattolica, mercé la mediazione di von Papen, il regime concluse l'8 luglio 1933 un concordato, che unificava i precedenti concordati conclusi con i singoli Länder. Ma l'applicazione è stata tutt'altro che priva d'incidenti. Le misure restrittive nei confronti delle associazioni giovanili cattoliche hanno provocato le proteste dell'episcopato e dello stesso pontefice. Contro il mito razzistico, poi, la Chiesa romana ha preso ufficialmente posizione, condannando nel febbraio 1934 l'opera del Rosenberg, in cui quell'idea trovava la sua più netta espressione. Più grave ancora il conflitto con le chiese evangeliche. La loro unificazione in un'unica chiesa nazionale tedesca e la creazione di un vescovo evangelico del Reich non avrebbero suscitato serie opposizioni, tanto più che una tendenza in questo senso esisteva da tempo, se non fosse scoppiata una specie di lotta delle investiture con relative dispute sulla libertà delle elezioni ecclesiastiche e conseguente scisma. Il sinodo delle chiese elesse a vescovo il parroco von Bodelschwing, che non ottenne il gradimento del regime, e al suo posto fu nominato il parroco Müller, consigliere ecclesiastico di Hitler. Questo intervento politico suscitò il malcontento dei fedeli e una ribellione dei parroci, guidata spiritualmente dal teologo K. Barth. Rifiutandosi di subordinare il divino all'umano, costoro hanno costituito un comitato di soccorso, cercando di rendersi indipendenti dalla nuova chiesa di stato mercé le offerte spontanee dei fedeli. La situazione del protestantesimo tedesco appare così molto oscura.

Bibl.: La migliore bibliografia è quella di E. Unger, Das Schrifttum des N. S. 1919 bis 1. Januar 1934, Berlino 1934. Un elenco incompleto dal 1919 al settembre 1933 lo dà W. Sagitz, Bibliographie des N. S., Cottbus 1933. Altri elenchi: A. Benze, Wegweiser ins Dritte Reich, Brunswick 1933; F. Schriewer, Der deutsche Aufbruch, Berlino 1933. Di capitale importanza il Mein Kampf di A. Hitler (75ª ed., Monaco 1933; trad. it., Milano 1934). Dal 1930 si pubblicano a Monaco, sotto la direzione di Hitler, i Nationalsozialistische Monatshefte. Sono stati pubblicati alcuni suoi discorsi: Die Reden H. s am Reichsparteitag 1933, Monaco 1934; Die Reden H. s als Kanzler, Monaco s. a.; Die Rede des Führers A. H. am 30 Januar 1934, Lipsia 1934. Da consultarsi i Nationalsozialistische Hefte, pubblicati da G. Feder, tra i quali particolarmente: G. Feder, Das Programm der N. S. D. A. P.

Sulla storia del movimento: A. Reich e D. R. Achenbach, Vom 9. November 1918 zum 9. November 1923, Monaco 1933; E. Röhm, Die Geschichte eines Hochverräters, 5ª ed., Monaco 1934; J. Göbbels, Kampf um Berlin, 4ª ed., Monaco 1934; M. Killinger, Ernstes und Heiters aus dem Putschleben, 5ª ed., Monaco 1933; K. S. Galéra, A. H.s Weg zur Macht. Die Geschichte vom Sommer 1932 bis Herbst 1933, Lipsia 1933; H. Heyck, Deutschlands Befreeiungskampf 1918 bis 1933, Bielefeld 1933.

Sul contenuto ideologico: A. Moeller van den Bruck, Das Dritte Reich, 4ª ed., Amburg 1933; id., Jedes Volk hat seinen Sozialismus, Oldenburg 1933; id., Der politische Mensch, Breslavia 1933; R. Jung, Der nationale Sozialismus, 2ª ed., Monaco 1922; C. Schmitt, Der Begriff des Politischen, Amburgo 1933; id., Staat, Bewegung, Volk, Amburgo 1933; id., Politische Theologie, 2ª ed., Monaco 1934; E. Günther Gündel, Die Sendung der jungen Generation, 3ª ed., Monaco e Berlino 1934; M. Clauss, Die deutsche Wende in Europa, Monaco 1933; E. Koch, Die N. .D. A. P. Idee, Führer und Partei, Berlino 1934; H. Göring, Aufbau einer Nation, Berlino 1934 (tard. ted. di Germany reform); H. Hertel, Das Dritte Reich in der Geistegeschichte, Amburgo 1934; H. Nicolai, Der Staat im nationalsoz. Weltbild, Lipsia 1933; H. Brinckmann, Die deutsche Berufung des N. S., Jena 1934; H. Herrfahrdt, Werden u. Gestalt d. Dritten Reiches, Berlino 1934; E. Krieck, Der Staat d. deutschen Menschen, Berlino 1934; E. Reventlow, Deutscher Sozialismus. Civitas Dei Germanica, Weimar 1933; id., nationaler Sozialismus in Deutschland, 2ª ed., Berlino 1933; Pidder Lüng, N. S., 2ª ed., Berlino 1934; Heekelingen, Die n.-s. Weltanschauung, Berlino 1934; J. Goebbels, Der Sinn d. nationalspz. Revolution Wolfanbüttel 1933; A. Rosemberg, Wesen, Grundsätze u. Ziele d. N. S. D. A. P., Monaco 1932; id., Die Protokolle d. Weisen von Sion u. d. jüdische Weltpolitik, Monaco 1933; id., Das Wesengefüge d. N. S., 9ª ed., Monaco 1934.

Sul mito della razza v. specialmente: A. Rosenberg, Der Mythus der 20. Jahrhunderts, 20ª ed., Monaco 1934; id., Blut und Ehre, 2ª ed., Monaco 1934; H. Naumann, Wandlung und Erfülung, Stoccarda 1933; H. F. K. Günther, Volk u. Staat in ihrer Stellung zu Vererbung u. Auslese, Monaco 1933; id., Rassenkunde des deutschen Volkes, 16ª ed., Monaco 1933; id., Der nordische Gedanke unter den Deutschen, 2ª ed., Monaco 1934; L. F. Causs, Rasse und Seele, 3ª ed., Monaco 1933; R. W. Darré, Das Banentum als a ebensquelle der nordischen Rasse 2ª ed., Monaco 1933 id., Neaudel aus Blut und Boden, Monaco 1933; W. Erbt, Weltgeschichte auf rassischer Grundlage, 2ª ed., Lipsia 1933; F. Lenz, Die Rasse als Wertprincip, Monaco 1933; W. Petersmann, Der "kultische" Sinn von Erde u. Volk, Gotha 1934; K. Leese, Rasse-Religion-Ethos, Gotha 1934; J. Göbbels, Rassenfrage u. Weltpropganda, Langensalza 1934.

Sulla questione religiosa: L. Müller, Worte des Reichbischofs and die Pfarrer vom 24 Marz 1934, in Junge Kirche, II (1934), fasc. 7 e 8; R. Urban, Eine dritte Konfession, Gütersloh 1934; E. Daum, Deutsche Christen, Lipsia 1934; H. Schwarz, Christentum, Nationalsozialismus u. Deutsche Glaubensbewegung, Berlino 1934; K. Barth, Lutherfeier 1933, Monaco 1933; K. Barth, Für die Freiheit d. Evangeliums, Monaco 1933; E. Lotz, Wandlung. Vom Lebensgefühl. d. deutschen Christen, Berlino 1933; A. Duhum, Der Kampf um die deutsche Kirche, Gotha 1934; H. Schuster, Freies deutsches Christentum, Gotha 1934; J. Stark, N.S. u. kath. Kirche, 3ª ed., Monaco 1931; J. Nötges, N. S. u. Katholizismus, Colonia 1931.

Avversarî: H. Klotz, H.s Sozialismus, Berlino 1930; W. Miltenberg, A.H. Wilhelm III, Berlino 1931; T. Heuss, H.s Weg, 6ª ed., Berlino 1932; E. Niekisch, H. ein deutsches Verhängnis, Berlino 1932; C. Heiden, Histoire du nationalsocialisme, trad. franc., Parigi 1934.