NEW YORK

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1993)

NEW YORK

Anna Bordoni
Franca Bossalino

(XXIV, p. 727; App. II, II, p. 404; IV, II, p. 593)

La grande metropoli nordamericana (la cosiddetta New York Metropolitan Region, NYMR) si sviluppa all'interno di tre stati: New York, New Jersey e Connecticut. Dal punto di vista amministrativo la NYMR si articola su tre livelli: New York City (che comprende le cinque contee riportate in tabella e costituisce la città di N.Y. vera e propria); l'area metropolitana delimitata dai confini dello stato di N.Y. (alle precedenti cinque contee si aggiungono quelle di Suffolk, Nassau, Westchester, Orange, Rockland, Dutchess, Ulster, Putnam e Sullivan); la NYMR, ossia l'intera regione metropolitana comprese le sezioni metropolitane degli stati del New Jersey (14 contee) e del Connecticut (3 contee). Al censimento del 1990 la popolazione di N.Y. City ammontava a 7.322.564 ab., mentre la popolazione esterna alla City era di 4.635.184 abitanti. Alla stessa data la popolazione della NYMR era di 19.843.157 ab., 6.079.453 abitavano nella sezione del New Jersey e 1.805.956 in quella del Connecticut. Rispetto al censimento del 1980 la popolazione della città è aumentata del 3,5%, un aumento molto significativo soprattutto considerando che nel decennio precedente gli abitanti erano diminuiti di ben il 10,4%.

Nel decennio 1970-80 la popolazione della regione metropolitana era passata da 19.742.904 ab. a 19.192.781, con un declino del 2,8%. In questo intervallo soltanto la City ha segnato una marcata perdita di abitanti, in quanto la popolazione delle altre tre componenti della regione metropolitana si è incrementata. Tra le principali cause di questo decremento di popolazione è il saldo migratorio. I fenomeni di deindustrializzazione e di terziarizzazione dell'economia metropolitana e, nello stesso tempo, gli elevati livelli raggiunti dalla rendita urbana, che ostacolano il sorgere di nuove attività economiche, hanno causato perdite di occupazione e determinato la formazione di una forte prevalenza di flussi in uscita. Il saldo migratorio si è fatto sempre più negativo, passando da −482.000 unità (1960-70) a −1.162.000 unità (1970-80). Il deficit è stato più pesante nei settori degradati di Manhattan, del Bronx e di Brooklyn, mentre un saldo positivo si è registrato a Staten Island e nella sezione meridionale di Manhattan. Tra le cause di questa contro-urbanizzazione (fenomeno peraltro comune a molte metropoli) è anche la difficoltà di reperire nuovi alloggi, dovuta, tra l'altro, all'abbassamento della misura media dei nuclei familiari (a Manhattan il 46,6% dei residenti sono singles).

Nel decennio 1980-90 la popolazione della regione metropolitana è tornata a incrementarsi. Questa inversione di tendenza ha coinvolto la stessa N.Y. City, che ha segnato un incremento del 3,5%. In questo intervallo di tempo tutte le contee sono tornate di segno positivo, mentre l'aumento di Staten Island si è ridimensionato.

Nel complesso nell'arco del ventennio 1970-90 l'aumento di abitanti è risultato modesto, ma molto elevata è stata sempre la mobilità interna, e come negli anni precedenti la redistribuzione della popolazione ha favorito le contee meno densamente popolate e con i maggiori caratteri di ruralità a scapito dei quartieri centrali.

Per quanto riguarda la composizione etnica, la popolazione di N.Y. è così ripartita (1990): bianchi (non ispanici) 3.436.541 (46,9%), neri 2.102.512 (28,7%), ispanici 1.783.511 (24,4%). Per la prima volta i bianchi sono scesi sotto il 50% della popolazione della città. Nel corso del decennio 1980-90 la popolazione ispanica si è incrementata del 21,2%, mentre quella nera del 15,1%. Invece, il decremento della popolazione bianca è stato dell'11,4%.

Osservando il comportamento demografico dell'intera regione metropolitana l'aumento della popolazione ispanica ha sfiorato il 27%, quello della popolazione di colore si è mantenuto di poco superiore al 14%, mentre il decremento della popolazione bianca è stato pari al 4,3%. I bianchi risiedono prevalentemente a Staten Island, nel Queens, a Manhattan e a Brooklyn, mentre rappresentano un quinto della popolazione del Bronx. I neri sono tradizionalmente concentrati ad Harlem e nel Sud del Bronx, a est di Prospect Park, nel quartiere di Brooklyn, e, infine, in una vasta area situata a sud-est del Queens. Gli ispanici, originari per lo più di Portorico, Cuba, Messico e di altri paesi dell'America latina, sono concentrati nel Bronx meridionale e in alcune aree di Brooklyn. Le altre minoranze etniche incidono per un 3-4% della popolazione complessiva di N.Y. City e per più della metà sono costituiti da Cinesi. Gli Indiani sono circa un quinto, mentre Filippini, Coreani e Giapponesi sono rappresentati in misura quasi trascurabile; per lo più risiedono a Chinatown, nella sezione meridionale di Manhattan.

N.Y. è il principale polo demografico ed economico degli Stati Uniti e una delle maggiori concentrazioni di potere politico ed economico del mondo. Nel corso degli ultimi anni, però, il suo apparato produttivo ha subito qualche contrazione e, soprattutto nel settore secondario, si sono manifestati sintomi di ristagno (in molte contee della regione metropolitana il tasso di disoccupazione ha superato il 5%). Nella seconda metà degli anni Ottanta l'occupazione complessiva era appena superiore ai 3 milioni di unità e soltanto 460.000 erano gli addetti al settore manifatturiero.

Nella città vera e propria predominano i piccoli stabilimenti d'industria leggera e specializzata: confezioni e abbigliamento in primo luogo, costruzioni di macchine elettriche e non elettriche, industrie grafico-editoriali, di strumenti scientifici e alimentari. Alla periferia e soprattutto lungo le vie d'acqua si sono concentrate le grandi branche della chimica (N.Y. è la capitale di questo tipo d'industria) e della metallurgia; nella regione sono localizzate, infine, le costruzioni aeronautiche e spaziali.

Il comparto dei servizi ha mantenuto un trend ascendente. All'interno di questo settore svolgono un ruolo di primo piano i servizi pubblici e privati, le attività culturali, quelle amministrative, gli istituti di credito e di assicurazione, le società immobiliari, la pubblicità. La struttura finanziaria è anch'essa fortemente evoluta e Wall Street rimane il principale centro finanziario del mondo intero.

Dal punto di vista commerciale, N.Y. ha raggiunto elevati livelli di sviluppo; parallelamente all'espansione del commercio, hanno progredito i trasporti. Il porto è il maggiore degli Stati Uniti; esporta prodotti ad alto valore aggiunto, fabbricati nell'area metropolitana, in tutto il Nord-Est statunitense e nella regione dei Grandi Laghi; importa materie prime (petrolio), derrate alimentari, ecc. Un gigantesco porto per containers è stato costruito nella baia di Newark. N.Y. è anche un importante scalo aereo: attraverso i suoi tre aeroporti (Kennedy, Newark, La Guardia) passano annualmente 40 milioni di passeggeri e viene smistato un milione di t di merci. La città è servita da 4 eliporti. Malgrado la sua posizione eccentrica, N.Y. è il principale nodo stradale del continente: una ventina di autostrade e di strade a scorrimento veloce attraversa o fiancheggia le diverse parti dell'agglomerato.

Bibl.: Les grands problèmes du développement de Londres, New York, Tokyo et Moscou, in Annales de géographie, 454 (novembre-dicembre 1973); J. Beaujeu-Garnier, Les régions des Etats-Unis, Parigi 19762; New York City Council on Economic Education, 1983-1984 fact book: tables and charts on the New York metropolitan region, New York 1982; J.-M. Audry, Le recensement de 1980 à New York, in L'information géographique, 48, 3 (1984), pp. 104-13; D. Gallagher, Manhattan loft space and manifacturing jobs: the outlook, New York 1984; L. Viger, Commuting in the New York city metropolitan area, 1970-1980, BLMI Report, 9, ivi 1984; New York City. Human Resources Administration, Dependency: an economic and social data report for New York city: 1975-1984, ivi 1985; R. Starr, The rise and fall of New York city, ivi 1985; G. Sternlieb, J. W. Hughes, New York, in The metropolis era, a cura di M. Dogan e J. D. Kasarda, ii, Mega cities, Beverly Hills 1988; D. Netzer, The economy of the New York Metropolitan Region, then and now, in Urban studies, 29, 2 (1992), pp. 251-58; R. Waldinger, Taking care of the guests: the impact of immigrants on services. An industry case study, in International journal of urban and regional research, 16, 1 (1992), pp. 97-113.

Urbanistica. - Centro internazionale del top level management e luogo reale d'insediamento sociale, che continua a vedere una forte immigrazione asiatica e ispanica, la città sintetizza il divario consueto delle società più sviluppate economicamente tra gruppi ad alto reddito e gruppi al di sotto della soglia di povertà, recentemente indicata in 10.600 dollari. Secondo le previsioni, questa soglia riguarderà nel 2000 il 40% della popolazione, composta per 2/3 da neri e ispano-asiatici. Più in particolare, la trasformazione economica e sociale in atto negli ultimi 13 anni è legata a un forte aumento dei costi e a una progressiva diminuzione degli investimenti pubblici, solo in parte equilibrata da una maggiore quantità di servizi privati, costruiti a condizioni di favore: il risultato più macroscopico è quello di una perdita di efficienza e inadeguatezza del sistema dei trasporti, con un aumento dei tempi di percorrenza e della congestione del traffico privato, malgrado qualche progetto di ristrutturazione viaria.

Appena al di sopra della soglia di povertà, attorno ai 12.500 dollari si collocano i nuovi redditi, bassi, da lavoro illegale, realizzabili dai lavoratori di piccole imprese nel settore quaternario; la stessa classe media, il cui reddito va da 15.000 a 48.000 dollari, abbandona Manhattan, a fronte di un costo annuo di affitto di 25.000 dollari; la stima di individui senza casa, al 1985, era di 20.000 unità. Il displacement, trasferimento forzato di gruppi sociali da un'area all'altra, è legato a un fenomeno di non identificazione tra luogo e abitante chiamato recentemente gentrification (da gentry, classe socio-economicamente più elevata); identificazione che invece sopravvive o rinasce, pure occasionalmente, nelle aree di margine tra gli immigrati poveri.

La situazione delle singole aree. - Al centro dell'intero sistema c'è l'area compresa tra la punta sud di Manhattan e la 60ª strada: in essa sono localizzate 454 tra le più grandi compagnie che controllano la Borsa di N.Y., il cui volume annuo complessivo di affari è stimato in 770 miliardi di dollari, a fronte dei 3 miliardi di dollari gestiti dalle compagnie localizzate altrove; l'intero settore direzionale sotto questo eccezionale effetto di trascinamento occupa in quest'area circa 60.000.000 di m2 di superficie coperta.

Staten Island, nei suoi caratteri monumentali e collinari, sembra confermare negli anni Ottanta la vocazione residenziale a livello medio, grazie anche al collegamento alla viabilità territoriale stabilito nel 1964 con il Verrazzano Bridge. Nel Bronx, a eccezione dell'East Bronx, alloggia in maggior parte popolazione povera di colore, in una situazione generalizzata di degrado urbano: con un'inversione di tendenza nell'area orientale, che vede un'edificazione residenziale di piccola scala con la dotazione di qualche servizio.

Queens e Brooklyn sono invece sede di maggiore dinamica economica e urbana, pure con subaree di abbandono: qui all'inizio degli anni Ottanta si verifica una serie di insediamenti produttivi di scala piccola e media al servizio del mondo degli affari e dei nuovi suoi abitanti ricchi (gent), con tendenze alla specializzazione spontanea e riutilizzo di edifici industriali di vecchio tipo attraverso procedure dette ''informali'', al limite del legale. Entrambi i quartieri vedono immissioni di popolazione a medio reddito e conseguenti trasformazioni urbane di piccola scala. Tra il 1990 e il 1993, a Brooklyn il Metrotech (Metropolitan Technology Centre) e a Queens il Flushing Town Centre con l'adiacente Flushing Meadows Corona Park (l'area delle Fiere mondiali del 1939 e del 1964) e il Museo di Queens ricostruito da R. Vinoly, avviano in queste aree trasformazioni a scala metropolitana. Nei quartieri periferici, inoltre, alla fine degli anni Ottanta, la N.Y. City Human Resources Administration insieme al Department of General Services, ha avviato un programma di costruzione di undici residenze temporanee per i senza tetto (homeless) − singoli e famiglie − dotate di attrezzature sanitarie e servizi sociali: agli inizi del 1993, nove sono già state realizzate a Brooklyn, Queens e nel Bronx.

A Manhattan si è ridotta la dinamica degli ultimi decenni tra Lower Manhattan e Midtown Manhattan, e sono cambiate le modalità di trasformazione: edifici direzionali sorgono un po' dovunque al di sotto della 60ª con una tendenza a spostarsi verso il West Side, dove ancora si può costruire, mentre la parte orientale tende a stabilizzarsi, anche con interventi qualificati di ristrutturazione (Union Square e South Street Seaport, a East Lower Manhattan).

Negli anni Ottanta vengono portati a compimento Roosevelt Island e gli interventi sul fronte dell'acqua che già nel 1970 si annunciavano, pure con alcune difficoltà: in particolare, Battery Park City, con il World Financial Centre, e l'Hudson River Park, completati nel 1992. Fenomeni di rilievo nuovi sono la totale trasformazione di Times Square, iniziata nel 1987 e nel 1993 in fase di ultimazione, con edifici alti polifunzionali alcuni dei quali progettati dagli studi più noti negli USA (Kohn Pedersen e Fox; Skidmore, Owings e Merrill; Roche e Dinkeloo); sulle sponde dell'Hudson, tra la 34ª e la 38ª strada, la Convention Hall (Javitz Centre), e tra la 60ª e la 72ª strada l'intensa attività progettuale per la futura trasformazione dei Penn Yards. Negli ultimi dieci anni per quest'area di circa 38 ha − la più grande ancora non edificata a Manhattan − numerose sono state le proposte di progetto sostenute dal capitale privato e fortemente contrastate dalle comunità locali: dalla TV City del 1986 di Murphy e Jahn, alla Trump City del 1990 di Cooper Robertson e partners, alla più recente Riverside South del 1992, di Skidmore, Owings e Merrill. Attorno all'economic core così articolato, altre dinamiche produttive e residenziali sono in atto a Manhattan: Washington Heights e Chinatown sono coinvolti dalla specializzazione di servizi destinati al settore terziario con nuove imprese, di scala più piccola, di trasporti, finiture e arredamenti speciali; lo stesso avviene a Chelsea, che, con Soho e Tribeca, conosce una nuova vitalizzazione dovuta all'arrivo di abitanti medio-ricchi.

Upper West Side rappresenta la più significativa trasformazione residenziale finanziata dalla municipalità per i nuovi ceti agiati.

Modalità d'intervento e architettura. - I nuovi grattacieli abbandonano in generale lo International style consacrato nel 1932 dalla mostra omonima del MOMA (Museum of Modern Art) e forniscono la testimonianza di un disinvolto eclettismo, solo marginalmente riferibile alla tematica post-modernista; in una generale riduzione degli standard, questi edifici, ormai in larga parte polifunzionali, offrono soltanto metà dei m2 ad abitante e 1/3 dei m2 ad addetto rispetto ad appena vent'anni fa.

Rispetto alla fase precedente, i grattacieli di Manhattan, non sottraendosi a una tendenza generalizzata negli USA, assumono caratteri architettonici riconducibili a vere e proprie citazioni stilistiche: dallo stile Chippendale dell'AT & T al neodecò del Lipstick (1986), entrambi di P. Johnson e J. Burgee. Qua e là appaiono lucide ziggurath ingigantite come la Park Avenue Tower (1987) di H. Jahn e W. Murphy, e ingrandimenti monumentalizzati dell'edificio d'angolo europeo nella città ottocentesca, come la torre della Kohn Pedersen e Fox Ass. (1987), all'incrocio tra Lexington Avenue e la 57ª strada. Gli esempi citati si collocano tutti, comunque, a un altissimo livello: le componenti tecnologica, strutturale e di organizzazione del lavoro tendono infatti a cancellare qualunque dimensione inventiva; ma la via iconico-monumentale non è la sola uscita possibile. A essa si affiancano nuovi interventi che rappresentano una positiva linea di sviluppo del moderno in USA: per es., l'immenso spazio della Convention Hall (Javitz Centre) di J. I. Freed, e dello studio I. M. Pei e partners (1986); aree di urban renewal e nuove tipologie residenziali, quali la Liberty house di J. S. Polsheck (1985), o le torri di lusso a sfruttamento superintensivo a Battery Park del World Financial Centre di C. Pelli (1990) e al MOMA di C. Pelli (1984); infine, insiemi di media scala come gli Eastwood Apartments a Roosevelt Island di Sert, Jackson and Ass. (1986), con i quali si torna a dare valore al townscape, alla scala pedonale.

Già si profilano in realtà nuovi zoning su base cooperativa tesi a ricreare in città un patrimonio di alloggi medi; ma se la tendenza alla concentrazione in atto sarà confermata, il destino della città dipenderà dalla volontà di perseguire una politica urbana da parte della municipalità che è la più grande proprietaria immobiliare e il cui bilancio, tra il 1984 e il 1988, ha presentato un saldo attivo di molte centinaia di migliaia di dollari. Infatti, senza una politica urbana la tendenza alla concentrazione e alla riduzione di spazi pro capite potrebbe finire per trasformare Manhattan in un luogo di concentrazione della rendita fondiaria e immobiliare, cancellandone il carattere di città. Vedi tav. f.t.

Bibl.: R. Pulnz, Modelli e tipologie residenziali a New York, in AA.VV., Roma, Parigi, New York, quale urbanistica per le metropoli?, Roma 1986, pp. 225-35; A. Cooper, Nuove funzioni urbane a New York, ibid., pp. 154-57; Aia Guide to New York City, ii, San Diego-New York-Londra 1988; J. Sleeper, Boom and bust with Ed Koch, in AA.VV., In search of New York, New Brunswick (New Jersey) 1989, pp. 31-46; S. Sassen, New trends in sociospatial organization of New York City economy, in R. A. Beauregard, Economy restructuring and political response, Newbury Park, Londra-Nuova Delhi 1989, pp. 69-113.

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