NICCOLÒ di Giovanni Fiorentino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 78 (2013)

NICCOLO di Giovanni Fiorentino

Josko Belamaric
Anne Markham Schulz

NICCOLÒ di Giovanni Fiorentino. – Nacque nel 1418 circa, come si evince dalla dichiarazione alle decime (Markham Schulz, 1999, p. 752).

In documenti dalmati è menzionato come Niccolò «fiorentino», notizia che dichiara la sua provenienza da Firenze o dai suoi dintorni. È possibile, ma non certo, riferirgli un documento d’immatricolazione all’arte dei maestri di pietra e legname di Firenze datato 24 aprile 1445, riguardante un certo Niccolò di Giovanni dei paraggi di Pontassieve (Markham Schulz, 1996, p. 146). Il testamento veneziano del 1462 definisce «Tigula» il luogo di provenienza di Niccolò. Probabilmente si tratta di Tegolaia, località ora nota come Grassina, situata alla periferia di Firenze, dove un «Niccolò di Giovanni di Lorenzo», di 42 anni, nel dicembre 1460 doveva una piccola somma di denaro in tasse. Sebbene registrato come abitante, Niccolò non sembra avervi vissuto a lungo, se non mai (Markham Schulz, 1999; 2004, pp. 112-115).

Lo stile e l’iconografia dei primi lavori di Niccolò attestano la familiarità con la scultura di Donatello padovano e della sua cerchia (1443-54), così come con la produzione giovanile di Andrea Mantegna: prima di stabilirsi a Venezia, Niccolò probabilmente assistette Donatello nella realizzazione dell’altare maggiore in S. Antonio a Padova (Markham Schulz, 1978, pp. 16, 20, 29; la scomparsa di diversi registri relativi all’Arca del Santo, riguardanti gli anni cruciali dell’intervento di Donatello, preclude la conferma documentaria della collaborazione di Niccolò; il Niccolò d’Antonio Coccari nominato nei quaderni superstiti è ovviamente un’altra persona).

Relativamente al soggiorno padovano di Niccolò, si è posta l’attenzione sulla ricomparsa, nella tomba del doge Francesco Foscari, dei medesimi panneggi caratterizzanti la Madonna col Bambino in S. Gaetano a Padova, attribuibile a Donatello e bottega, così come della composizione e dell’iconografia del disegno raffigurante Cristo benedicente tra due angeli nel Kupferstichkabinett di Berlino, attribuito a Niccolò Pizzolo (Markham Schulz, 2004, pp. 116-120).

Il 10 luglio 1462 Niccolò, gravemente ammalato, fece testamento (Markham Schulz, 1999). È un fatto singolare che entrambi i suoi testimoni, Niccolò Morosini e Bartolomeo Donato, fossero nobili. Come esecutori, Niccolò nominò un terzo nobile veneziano, il senatore e poi conte di Traù Alvise Lando, e Francesco Trevisan, priore del grande monastero certosino di S. Andrea del Lido, non in veste ecclesiastica ma come amico.

Lo stemma di Lando appare su tre lavori di Niccolò – o della sua scuola – databili successivamente al testamento: il rilievo con l’immagine della Giustizia della loggia della Giustizia a Traù (Trogir); il Seppellimento negli Staat-liche Museen di Berlino, inv. N. 223; il S. Girolamo della Walker Art Gallery di Liverpool, inv. N. 7278 (Markham Schulz, 1996, pp. 147-149). Francesco Trevisan, uomo di profonda devozione, era intimo amico del nobile vescovo, patriarca e poi santo Lorenzo Giustiniani, e padre confessore del doge Cristoforo Moro; nel suo testamento del 1470 il doge gli lasciò tutti i suoi libri e scritti.

Le sculture veneziane attribuite a Niccolò di Giovanni (Markham Schulz, 1978, pp. 9-18) sulla base di legami stilistici e iconografici con gli indiscussi lavori dalmati sono coerenti con uno scultore del suo livello. La prima di queste sculture è la tomba del deposto doge Francesco Foscari (morto nel 1457) in S. Maria dei Frari.

Nella disposizione delle Virtù attorno al sarcofago del doge, Niccolò modificò la convenzionale e statica disposizione delle personificazioni trasformandola in un dramma inserito nel flusso del tempo. La figura del Salvatore posta a coronamento mutò il comune motivo del Cristo risorto nell’immagine dell’Ascensione di Cristo tratta dal ducato veneziano, come allusione al vero sovrano di Venezia, solo nei confronti del quale il suo rappresentante – il doge – era responsabile. Tale motivo sarebbe ricomparso per una sola volta nell’arte italiana, nella cappella dedicata al beato Giovanni Orsini a Traù, anch’essa opera di Niccolò. Ritenuto inadatto per qualsiasi contesto tranne che per quello funerario di un doge deposto, il gruppo di Traù, una volta ultimato, fu sostituito da una tradizionale Resurrezione.

Stilisticamente comparabile alla tomba Foscari è l’architettura che corona l’arco Foscari, ingresso cerimoniale di palazzo ducale (Markham Schulz, 1978, pp. 18-22) in cui cinque delle figure installate sui pinnacoli svelano la mano di Niccolò o della sua bottega.

Statue autografe del maestro sono le figure della Musica, della Retorica e il Guerriero che regge uno scudo con gli stemmi del doge Cristoforo Moro; S. Marco e un altro Guerriero (il cui scudo mostra una testa di gorgone) sono di qualità inferiore ma stilisticamente simili.

È molto probabile che l’intervento di Niccolò nell’arco Foscari dipendesse dalla morte del precedente protomaestro Bartolomeo Bon, verosimilmente non molto tempo dopo il testamento di questi redatto nell’agosto 1464. Anche nella Madonna dell’Orto, dove la statua di S. Cristoforo in cima al portale maggiore e la Vergine annunciata alla destra della lunetta attestano rispettivamente l’intervento di Niccolò e della sua bottega, Niccolò pare essere subentrato a una commissione inizialmente ottenuta da Bartolomeo Bon (Markham Schulz, 1978, pp. 30-33; 1983, pp. 161-163, cat. n. 11 e p. 185, cat. n. 22).

Nello stesso periodo, l’attività di Niccolò – probabilmente ancora da situarsi a Venezia – si estese alla costa orientale dell’Adriatico. Infatti il 22 dicembre 1464 fu pagato per la costruzione della cappella dei Ss. Stefano e Bernardino nella chiesa di S. Francesco a Sebenico (Šibenic). La cappella è stata demolita, ma tre figure rappresentanti i santi Stefano, Bernardino e Francesco che riceve le stimmate (ancora nella chiesa ma non nel punto originario) mostrano il disegno di Niccolò, se non direttamente la sua mano (Belamarić, 2001, pp. 375-394; Hilje, 2002, p. 8). Analoga a queste è la statua di S. Pietro a Vrboska nell’isola di Lesina (Hvar; Fisković, 2002).

Della bassa tomba isolata di Orsato Giustiniani (m. 1464), nella cappella delle Ss. Eufemia, Dorotea, Tecla ed Erasma nel chiostro minore della chiesa veneziana di S. Andrea del Lido, rimangono cinque delle sei figure di Virtù che circondavano il cassone, disperse tra il Museum of art di El Paso, Texas (inv. K. 1917: Temperanza e inv. K. 1918: Carità), il Metropolitan museum of art di New York (inv. 56.15.1: Speranza) e la Collezione della Cassa di risparmio di Padova e Rovigo a Padova (la Fortezza e una Virtù non identificata; Markham Schulz, 1978, pp. 23-25). La tomba sembra essere già stata avviata il 7 aprile 1462, quando Giustiniani fece testamento (Archivio d Stato di Venezia, Notarile, Testamenti, B. 1109, senza numero), e finita il 22 aprile 1466, quando i suoi esecutori testamentari, i Procuratori di S. Marco de citra, sborsarono i 300 ducati che il testatore aveva lasciato per la sua sepoltura.

L’aspetto originario del sarcofago si desume da un disegno del 1754 di Johannes Grevembroch (conservato a Venezia, Museo Correr, Mss. Gradenigo 228, I, c. 92). Nessuna delle statuette rimaste mostra l’esecuzione o l’influenza del maestro, a eccezione della Temperanza, il cui atteggiamento, la pettinatura e il drappeggio attestano il disegno di Niccolò (Markham Schulz, 1978, pp. 23-25). Nondimeno, è probabile che il disegno, inusuale, del sarcofago isolato, sia opera sua.

Nei tardi anni Sessanta Niccolò sembra aver volto in modo crescente la propria attenzione verso la Dalmazia. Un altare a S. Cipriano, a Prasnizze (Pražnica), nell’isola di Brazza (Brač), su cui è iscritto l’anno 1467, ricorda – anche se lontanamente – la sua arte. L’anno 1467 è anche iscritto sul portale del battistero di Traù, il cui rilievo con S. Girolamo, scolpito da Andrea Alessi, mostra l’influenza di Niccolò nel disegno; il fregio con Putti all’interno del battistero è stato probabilmente concepito da Niccolò e presenta alcune figure interamente o parzialmente realizzate da lui, mentre una statua di S. Giovanni Battista sull’altare è stata anch’essa attribuita a Niccolò (Markham Schulz, 1978, p. 55; Matejčić, 1988; Štefanac, 2006, pp. 41 s.).

Nonostante l’attività in Dalmazia, Niccolò continuò a produrre sculture per Venezia. Queste includono due rilievi con Putti reggistemma (Cannaregio 4558 e Museo Correr, inv. CI, XXV, n. 1010; Štefanac, 1988-89, pp. 364-370) e un rilievo con S. Girolamo nel deserto in S. Maria del Giglio, scolpito in pietra di Brač (Markham Schulz, 1978, pp. 33-35), non necessariamente scolpiti in situ. Allo stesso modo la statua di S. Nicola da Tolentino, trasferita sull’Arca del Santo al centro del Cappellone a Tolentino dalla collocazione originaria addossata a un muro (probabilmente su un altare laterale nella basilica di S. Nicola; Štefanac, 1989; Giannatiempo López, 1993, p. 205), la Madonna col Bambino del convento francescano di Fontescarino e ora in S. Girolamo a Sant’Agata Feltria (Ceriana, 2005), una statua di Cerere oggi al Kunsthistorisches Museum a Vienna (inv. no. 7476), proveniente dalla villa del Catajo (Padova), proprietà del conte Tommaso degli Obizzi (Štefanac, 1990), e la Madonna col Bambino della collezione udinese del conte Pietro Cernazai, venduta nel 1900 e oggi al Museo Lázaro Galdiano di Madrid (Röll, 1999, p. 203), apparentemente inviate in diverse parti d’Italia dalla Dalmazia, stanno a dimostrare la fama di Niccolò. Invece, i due putti scolpiti da Niccolò per la parte inferiore del rilievo di destra della facciata di S. Zaccaria a Venezia, realizzati in continuità col resto del rilievi, indubbiamente sono stati lavorati nel cantiere della chiesa, costruita verso la fine del periodo veneziano di Niccolò, intorno al 1467 (Markham Schulz, 2010, p. 35-37).

La tomba di Vittore Cappello che sormonta il portale della chiesa veneziana di S. Elena potrebbe essere stata concepita e in parte realizzata fuori contesto: in ogni caso, la pietra d’Istria delle parti architettoniche (a differenza delle figure, scolpite nel marmo) deve essere stata spedita, interamente lavorata o appena abbozzata. La tomba, eretta per volontà dei figli ed eredi del defunto, deve essere successiva alla morte di Cappello, avvenuta nel marzo 1467; tuttavia, già il 19 dicembre 1467 Niccolò accettava di partecipare alla costruzione e alla decorazione della cappella del beato Giovanni Orsini nella cattedrale dalmata di Traù. In realtà i lavori non iniziarono prima di molti anni, ma nel marzo 1470 Niccolò viveva a Traù. Difatti, grossolani errori di giustapposizione delle parti architettoniche della tomba Cappello (Schofield, 2006, pp. 10-22) – errori che sembrano indipendenti dalle ricollocazioni del monumento avvenute nel XIX secolo (Casarin, 2000) – assieme alle forti somiglianze tra le parti architettoniche altamente classicheggianti e quelle documentate del portale della chiesa di S. Maria nelle Isole Tremiti (terminate nel mese di ottobre 1473), lasciano pensare che la tomba sia stata in gran parte realizzata all’estero, dopo il trasferimento di Niccolò in Dalmazia. I capitelli compositi e l’incompleta trabeazione della tomba – mancano l’architrave e il fregio – sono stati rispettivamente ricondotti alla porta dei Leoni e al perduto arco di Giove Ammone a Verona (Jestaz, 1992, p. 158).

Prima della tomba Cappello, l’introduzione di un monumento con sarcofago all’interno di un arcosolio, comune nelle tombe del Quattrocento dell’élite fiorentina, era totalmente estranea alla scultura funeraria veneta (Markham Schulz, 1996, p. 158). Nelle figure di S. Elena e del Capitano del Mar inginocchiato, l’immagine araldica del doge che riceve il vessillo di S. Marco presente sulle monete veneziane e sui sigilli ducali viene reimpiegata al fine di esprimere un dramma umano, nel quale il riverente omaggio di Cappello ottiene la benefica protezione della santa (Markham Schulz, 1978, pp. 25-30).

Il trasferimento di Niccolò in Dalmazia fu propiziato da un contratto che stipulò il 4 gennaio 1468 assieme ad Andrea Alessi per la costruzione e la decorazione della cappella del beato Giovanni Orsini nella cattedrale di S. Lorenzo a Traù; data la sua assenza, Niccolò fu rappresentato dal patrizio Coriolano Cippico di Traù (Mueller, 1996). Il complesso contratto prevedeva una cappella la cui iconografia medievale riprendeva la cappella del santo patrono di Zara (Zadar), S. Simeone, demolita nel 1570, mentre le proporzioni, il soffitto a cassettoni e la robusta cornice reggente la volta a botte derivavano dal tempio di Giove a Spalato (Split), poi convertito nel battistero cittadino (Belamarić, 2004). Per contro, gli Spiritelli con le torce accese che entrano da una porta semiaperta costituiscono una novità iconografica (Dempsey, 1996).

La decorazione della cappella Orsini proseguì ben dopo la morte di Niccolò. La collaborazione tra Alessi e Niccolò si sciolse nel 1480, e di conseguenza il contributo di Alessi ai lavori di scultura si limitò a qualche putto reggitorcia. I muri della cappella furono eretti tra il 1477 e il 1482, e la statua di S. Giovanni Evangelista, scolpita in una pietra locale, fu consegnata nel 1482. Nel 1487 Niccolò fu pagato per le statue della Vergine, S. Pietro e Cristo (l’ultima è probabilmente la statua del Cristo ascendente oggi conservata nel Museo della città di Traù). Nel 1488 la cappella fu voltata; dunque, in questo periodo il rilevo con l’Incoronazione della Vergine di Niccolò – solidale con la struttura – doveva essere ultimato. Il S. Giovanni Battista fu consegnato nel 1488; nel 1489 Niccolò fu pagato per quattro statue di cui non sappiamo il nome, e nel 1494 fornì una seconda statua del Salvatore, questa volta ritratto come Cristo risorto, al fine di sostituire la precedente figura ritenuta iconograficamente non adatta (Markham Schulz, 1978, p. 62; Fisković, 2007). Due statue furono eseguite da Giovanni Dalmata: S. Tommaso può essere datato al 1508, mentre un secondo S. Giovanni Evangelista deve essere di molto precedente.

La tomba di Giovanni e Simeone Sobota nella chiesa domenicana di Traù, su cui è iscritto l’anno 1469, deve a Niccolò il disegno architettonico di matrice toscana e l’esecuzione del Leone di destra (Markham Schulz, 1978, pp. 60 s.; Štefanac, 2006, p. 31). La lunetta del portale della chiesa francescana di Hvar, contenente un rilievo della Madonna e angeli eseguito da Niccolò e dalla sua bottega, è stato datato al 1470 circa (Domančić, 1960). La pala in pietra nella loggia comunale di Traù, con le figure della Giustizia e dei patroni della città, S. Lorenzo e il Beato Giovanni Orsini (il Leone di S. Marco fu distrutto nel 1932), fu inaugurata il 15 dicembre 1471 (Ivančević, 1997). Probabilmente in collaborazione con Alessi, Niccolò realizzò elementi scultorei architettonici per due palazzi di Coriolano Cippico posti sul lato occidentale della piazza principale di Traù e per la Camera del Consiglio del Comune. In questo giro d’anni la bottega di Niccolò realizzò trittici per la chiesa di S. Domenico e per la cattedrale (Štefanac, 2006, pp. 118, 139). Un Leone di S. Marco di mano di Niccolò è esposto nel Museo della città di Traù (Rizzi, 2005, pp. 23-26 e 48 s., cat. no. 47). Nelle intense espressioni di angoscia delle figure, il Compianto di matrice donatelliana realizzato da Niccolò per l’altare della famiglia Cippico nella chiesa benedettina di S. Giovanni a Traù (Markham Schulz, 2001, pp. 44-46; Štefanac, 2006, pp. 26-29, 116) richiama le raccomandazioni espresse da Leon Battista Alberti nel suo trattato sulla pittura in merito alla rappresentazione delle «istorie» (Belamarić, 2012, pp. 269-289).

Nel 1472 Niccolò e Alessi furono pagati per riparare le colonne della torre campanaria della cattedrale di Spalato. Nell’ottobre 1473 il lavoro al portale di pietra d’Istria della chiesa di S. Maria sull’isola di S. Nicola delle Tremiti, appartenuta a un facoltoso convento di canonici agostiniani, fu completato da Niccolò e da Alessi, che divisero equamente il pagamento di 708 ducati (né il contratto né gli inizi dei lavori sono documentati).

Le quattro statue inserite in nicchie e raffiguranti le sante Agata e Monica in basso e i santi Pietro e Paolo in alto, rispettivamente accostate ai rilievi della Trasmissione della regola di s. Agostino e dell’Assunzione della Vergine, sono oggi così deteriorate da essere quasi illeggibili (Markham Schulz, 2004, pp. 105-112; Štefanac, 2006, pp. 53-56).

Niccolò succedette a Giorgio da Sebenico (morto nell’ottobre 1473) come protomaestro della cattedrale di S. Giacomo a Sebenico, probabilmente alla fine del 1474 (Marković, 2010, p. 337). Facendo tagliare su misura nella cava le pietre massicce usate per la struttura interna ed esterna, perfezionò un metodo di prefabbricazione che rese possibile accelerare la costruzione della cattedrale. Ricoprì la struttura con ingegnose volte di pietra e aggiunse una facciata trilobata, distinguendo il nuovo dal vecchio per mezzo di una cornice classicheggiante. Nel 1477, 1487 e 1497 furono stipulati con Niccolò tre contratti decennali consecutivi (Marcović, 2010). Le sue statue dei santi Michele, Giacomo e Marco sopra al coro e al transetto furono probabilmente scolpite nel 1499, a cupola già ultimata (Štefanac, 2006, pp. 93-95). Niccolò realizzò anche sculture d’architettura per l’interno (Štefanac, 2006, pp. 93-95), dove due Angeli a rilievo, probabilmente provenienti da un tabernacolo, sono stati per molto tempo riferiti a Niccolò e alla sua cerchia (Markham Schulz, 1978, pp. 59 s.).

Un contratto per la costruzione della balaustra di una scalinata in S. Giovanni a Sebenico è datato 1475 (Markham Schulz, 1978, p. 88). Tra il 1477 e il 1480 Niccolò e Alessi lavorarono alla chiesa di S. Sebastiano a Traù; per essa Niccolò scolpì due statue del santo, una per la facciata, una per l’altare (Štefanac, 1999; 2006, pp. 62 s.). Il rilievo della Madonna col Bambino nella chiesa francescana di Nostra Signora degli Angeli a Orebić (Pelješac) è ipoteticamente databile al 1479. Il 24 ottobre 1485 Niccolò stipulò con l’abate di S. Crisogono a Zara di realizzare finestre e figure per il cortile del suo monastero. Una lastra tombale del canonico Matteo Sturario, fortemente consumata, nella chiesa di Nostra Signora del Monte degli Olivi a Zara può anch’essa essere riferita a Niccolò o alla sua scuola (Petricioli, 2001-02).

Il 10 gennaio 1502 ebbe l’incarico di protomaestro della chiesa di S. Maria di Valverde a Sebenico per i cinque anni seguenti. Durante quel periodo doveva sovrintendere alla cavatura delle pietre oltre che alla costruzione della chiesa. Fu pagato per l’ultima volta il 28 dicembre 1506 (Štefanac, 1988-89, p. 358, n. 10).

Non si conosce il luogo della morte, avvenuta, probabilmente a Sebenico o comunque in Dalmazia, presumibilmente poco dopo questa data.

Lasciò i figli Jacopo e Antonio, che furono scultori, e Zuanne, che era gobbo, orefice. Nel 1502 tutti e tre lavoravano a S. Maria di Valverde (Markham Schulz, 1978, p. 89).

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