MACHIAVELLI, Niccolò

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006)

MACHIAVELLI, Niccolò.

Vanna Arrighi

– Nacque a Firenze il 25 sett. 1449 da Alessandro di Filippo e da Lisabetta di Bernardo di Uguccione Lippi.

Apparteneva a una famiglia presente ab antiquo nel ceto dirigente fiorentino; anche il padre, titolare di una florida attività manifatturiera e commerciale nel settore della seta, fu sporadicamente presente nelle cariche di governo cittadino.

Il M. dovette essere ben presto associato dal padre alla sua attività, tanto che nel 1469, rimasto orfano di entrambi i genitori, poté prendere in mano le redini dell'azienda paterna e perfino incrementarne l'attività. Nello stesso anno sposò Antonia di Francesco Dini, sicché nella portata al Catasto di quell'anno compare a capo di una numerosa famiglia formata, oltre che da lui e dalla moglie, dal fratello minore Filippo, di otto anni, e da ben cinque sorelle di età compresa tra i tre e i tredici anni. Dal matrimonio nacquero Alessandro il 23 nov. 1470, Lorenzo il 20 nov. 1473, entrambi premorti al padre, e Lisabetta, andata sposa a Pandolfo Della Stufa.

Il M. continuò nel solco tracciato dal padre, oltre che per quanto riguardava l'attività nel campo della seta, anche per gli incarichi pubblici; per quest'ultimo aspetto, anzi, lo superò nettamente, sia per il numero sia per l'importanza degli uffici ricoperti.

La carriera politica iniziò nel 1479 quando, a partire dal 15 marzo, fu tratto per la prima volta membro dei Dodici buonuomini, uno dei due Collegi che affiancavano la Signoria e di cui fece di nuovo parte dal 15 marzo 1501; al bimestre gennaio-febbraio 1481 risale la prima elezione al priorato, carica che ricoprì in seguito altre due volte, rispettivamente nei bimestri maggio-giugno 1493 e settembre-ottobre 1499; dall'8 genn. 1486 entrò invece a far parte dei Sedici gonfalonieri, il secondo Collegio della Signoria. Il 25 sett. 1490 divenne membro per sei mesi dei Conservatori di leggi, la magistratura che puniva i reati e le irregolarità commesse nell'esercizio di pubbliche funzioni e di cui, in seguito, fu membro altre due volte; dal 1 luglio 1498 fu tratto per sei mesi camarlingo del Monte e dall'11 ott. 1490 fu tratto, sempre per sei mesi, camarlingo della Gabella delle porte. Fece parte almeno per due volte (dal 1 genn. 1491 e dal 1 luglio 1493) del Consiglio dei cento, l'organo deliberativo principale in materia di imposte e di finanze comunali istituito nel 1458, che costituiva uno dei pilastri del sistema mediceo di potere.

In seguito alla cacciata dei Medici da Firenze, nel novembre 1494 fu instaurato un nuovo assetto istituzionale, largamente ispirato e influenzato dalla personalità di Girolamo Savonarola che, tra le altre cose, perseguiva un allargamento delle basi del potere politico. Pilastri del nuovo regime furono il Consiglio maggiore, che contava circa tremila membri, e il Consiglio degli ottanta. Il M. fu membro di entrambi i nuovi organi: a vita del primo e per diverse tornate semestrali del secondo. Sebbene non sia rimasta traccia di precise prese di posizione del M., egli senza dubbio si caratterizzò come filosavonaroliano. Lo si deduce dal fatto che, quando Savonarola il 27 maggio 1497 fu scomunicato da Alessandro VI e bandito da Firenze, egli fu tra quanti in giugno firmarono una petizione in favore del frate. Di questa petizione, con relativo elenco dei firmatari (v. L. Polizzotto, The elect Nation, Oxford 1994, p. 454), nei quali gli storici identificano lo zoccolo duro del movimento "fratesco", sono rimaste tre versioni, non del tutto coincidenti: il nome del M. compare in due di queste e, inoltre, egli godeva fama di fratesco presso i contemporanei, come riporta il cronista Bartolomeo Cerretani. Nel 1499, durante il suo terzo priorato, ebbe un ruolo di primo piano, come attesta Francesco Guicciardini, nella decisione di far imprigionare e poi giustiziare Paolo Vitelli, già comandante in capo delle truppe fiorentine impegnate nella riconquista di Pisa e poi ritenuto reo di tradimento.

È imponente l'elenco delle cariche pubbliche rivestite dal M. nel periodo precedente la restaurazione medicea del 1512, in alcuni casi sovrapposte temporalmente tra di loro: dal 6 marzo 1499 fece parte per un anno dei Regolatori delle entrate e spese, magistratura molto importante per quanto atteneva alle finanze del Comune; il 30 marzo 1500 fu eletto per un anno membro degli Ufficiali sopra i beni dei pisani, magistratura istituita nel 1496, in seguito alla ribellione di Pisa, cui era stata affidata l'amministrazione dei beni confiscati ai pisani e situati in territorio fiorentino; presumibilmente non portò a termine il mandato, poiché il 18 giugno 1500 fu eletto per un anno membro degli Operai di palazzo, la magistratura formata da cinque membri cui spettava la competenza sui restauri e le migliorie da apportare al palazzo della Signoria.

Il 21 apr. 1501 fu nominato, insieme con Giovanni Ridolfi, commissario straordinario a Pistoia, in occasione di una recrudescenza della secolare faida tra le fazioni capeggiate dai Panciatichi e dai Cancellieri. Il mandato del M. e del Ridolfi faceva seguito a un precedente invio di altri due commissari fiorentini, che erano stati richiamati in quanto non erano riusciti a riportare la calma. I nuovi commissari, giunti il 23 aprile a Pistoia, sembrarono all'inizio riuscire nel loro intento, ma poi l'arrivo in città di uomini armati arruolati dai capifazione sulle montagne pistoiesi dette origine a una nuova serie di disordini e anche il M. e il Ridolfi fecero ritorno a Firenze, in data 18 giugno, senza nulla concludere.

Tornato a Firenze, il M. ricominciò la sequela degli uffici pubblici: dal 25 sett. 1501 fece di nuovo parte per sei mesi dei Conservatori di leggi, magistratura cui fu nuovamente tratto il 28 marzo 1505; questo secondo mandato non fu portato a termine, tuttavia, poiché il 10 giugno successivo entrò in carica come membro dei Dieci di balia, l'organo che sovrintendeva alla politica estera, di cui aveva già fatto parte dal 10 giugno 1503, e poi altre due volte, rispettivamente dal 10 giugno 1508 e dal 10 giugno 1512. Dal 1 ott. 1505 al 31 marzo successivo svolse l'incarico di capitano e commissario di Cortona, uno dei tanti giusdicenti dislocati nelle varie località del dominio fiorentino. La scelta del M., che non aveva mai svolto incarichi di questo tipo, e l'aggiunta della qualifica di commissario, cioè persona dotata di compiti specifici, vanno messi in relazione col fatto che la città di Cortona era stata occupata nel 1502 da Vitellozzo Vitelli, uno dei luogotenenti di Cesare Borgia, e che solo da poco era stata ricondotta sotto la giurisdizione fiorentina; inoltre presentava ancora problemi di ordine pubblico per la presenza di fuoriusciti perugini.

Il 13 febbr. 1507 il M. fu tratto membro per sei mesi dei capitani di Or San Michele, mentre il 14 luglio 1509 sostituì il compagno di quartiere Giovanni Federighi all'interno dei Nove di ordinanza e milizia, la magistratura che sovrintendeva alle risorte milizie popolari, istituite dal governo fiorentino su ispirazione del più famoso Niccolò Machiavelli; dal 1 dic. 1510 entrò a far parte per quattro mesi dei Sei della mercanzia, la magistratura che dirimeva le controversie commerciali.

In virtù della notevole esperienza che si era fatto attraverso la sua quasi continua presenza negli uffici pubblici, il M. fu chiamato a far parte di molte "consulte" e "pratiche", riunioni segrete indette dalla Signoria per ascoltare il parere dei cittadini più autorevoli sulle principali questioni che di volta in volta agitavano la vita della Repubblica fiorentina; ad alcune di queste riunioni egli partecipò ex officio, mentre ad altre fu invitato a titolo personale dalla Signoria. Molte di queste riunioni avevano all'ordine del giorno questioni specifiche, di carattere tanto interno che esterno: per esempio, nel dicembre 1497 fu chiamato a esprimersi sulle misure fiscali da prendere per aumentare la dotazione delle casse comunali, e nel maggio 1503 fu chiamato a pronunciarsi su quale condottiero scegliere come capitano generale delle truppe al soldo del Comune di Firenze; ma sullo sfondo di tutte queste riunioni incombeva il problema del recupero di Pisa, la città ribellatasi nel 1494 alla dominazione fiorentina, alla cui riconquista erano finalizzate tutte le trattative diplomatiche e le operazioni militari.

Come uno dei Dieci di balia eletti il precedente 10 giugno per sei mesi, il M. divenne membro della Balia istituita nel settembre 1512, che doveva preparare il ritorno dei Medici a Firenze. Nell'ambito di essa, che in quanto organo straordinario assommava in sé tutti i poteri, il M. fu eletto membro degli Ufficiali del Monte; questi, che governavano il debito pubblico, dovevano entrare in carica a partire dal 1 marzo 1513. Fu questo il suo ultimo incarico.

Il M. morì a Firenze poco prima del 14 febbr. 1516; a questa data risale infatti un atto notarile con cui il fratello Filippo assumeva la tutela dei nipoti del M., figli dei suoi figli premorti.

Alcuni autori (Fachard) definiscono il M. "cugino" dello storico; in realtà si può dire che non vi fosse tra loro alcun legame di parentela, dal momento che l'antenato comune (Buoninsegna) risaliva a diverse generazioni prima. Dell'antica appartenenza alla stessa famiglia rimaneva traccia nel possesso comune di beni presso Montespertoli, nei diritti di patronato su alcune chiese della stessa zona e nella contiguità delle abitazioni, tanto in città (presso la chiesa di S. Felicita, nel quartiere di S. Spirito, "gonfalone" del Nicchio), quanto in campagna, nel "popolo" di Sant'Andrea in Percussina, presso San Casciano Valdipesa, sebbene il M. preferisse per la sua villeggiatura la proprietà di Colombaia, oggi nel suburbio meridionale di Firenze. Esistevano tuttavia, forse più forti di quelli di parentela, legami di buon vicinato fra le due famiglie, come si vede dal Libro di ricordi di Bernardo Machiavelli, padre dello storico. Questi buoni rapporti rischiarono di incrinarsi nel 1475, quando il M. imbastì una tresca con una domestica di Bernardo, ma poi dovettero ricomporsi, tanto che vediamo il M. citato di frequente nel carteggio di Niccolò Machiavelli, per lo più come uno dei referenti presso il governo fiorentino dello storico, durante le sue frequenti assenze da Firenze.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Carte Sebregondi, filza 3197; Ceramelli Papiani, filza 2864; Dieci di balia, Missive, reg. 82, cc. 77, 80, 95, 146; Catasto, filze 906 (1469), c. 562; 688, c. 122; Monte comune, Campioni del Catasto, reg. 14, c. 477; Signori, Missive della seconda Cancelleria, reg. 2, ad ind.; Missive della prima Cancelleria, reg. 52, cc. 143, 145, 148, 150, 152; Tratte, 905, cc. 11v, 17v, 20r, 31r, 71r, 92r, 109r, 125r; 906, cc. 47r, 48r, 69r, 80r, 150v; Signori, Dieci di balia, Otto di pratica, Legazioni e commissarie, reg. 47 (docc. relativi alla missione del M. a Pistoia); Notarile antecosimiano, filza 3695, c. 198v; G. Cambi, Istorie, in Delizie degli eruditi toscani, XXI (1785), pp. 26, 75, 148, 318; B. Machiavelli, Libro di ricordi, a cura di C. Olschki, Firenze 1954, pp. 2, 15-23, 35, 77, 80, 82, 112, 133, 162, 213; N. Machiavelli, Tutte le opere, a cura di M. Martelli, Firenze 1971, ad ind.; Consulte e pratiche della Repubblica fiorentina, 1505-1512, a cura di D. Fachard, Genève 1987, ad ind.; 1498-1505, a cura di D. Fachard, ibid. 1993, ad ind.; F. Guicciardini, Storie fiorentine, Novara 1974, p. 61, cap. 18; B. Cerretani, Ricordi, a cura di G. Berti, Firenze 1993, pp. 80, 442; Id., Storia fiorentina, a cura di G. Berti, Firenze 1994, pp. 286, 312; Consulte e pratiche della Repubblica fiorentina, 1495-1497, a cura di G. Cadoni, Roma 2002, ad indicem; J.M. Fioravanti, Memorie istoriche della città di Pistoja, Lucca 1758, pp. 378 s.; P. Villari, La storia di Girolamo Savonarola e de' suoi tempi, II, Firenze 1888, ad ind.; R. Ridolfi, Vita di Girolamo Savonarola, Firenze 1952, ad ind.; W.J. Connell, La città dei crucci. Fazioni e clientele in uno Stato repubblicano del '400, Firenze 2000, p. 210; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Macchiavelli di Firenze.

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