FORNELLI, Nicola

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 49 (1997)

FORNELLI, Nicola

Franco Cambi

Nato a Bitonto (Bari) il 23 maggio 1843 da Vincenzo e da Caterina Bellezza, si formò nelle scuole cittadine appassionandosi alla lettura dei classici italiani e allo studio della filosofia. Dopo una fiammata di entusiasmo garibaldino nel 1860, si dedicò agli studi, iscrivendosi nel 1862 alla r. scuola normale di Bari. Conseguito il diploma, passò a insegnare nelle scuole elementari, divenendo in breve direttore didattico a Bitonto (tra il 1863 e il 1868). Abilitato nel 1875 all'insegnamento di storia e geografia nei licei, insegnò in varie scuole pugliesi, a Chieti (1882), a Milano (liceo "Manzoni", 1884). Ottenuta a Padova la libera docenza in storia medievale, nel 1885 passò a Roma, al liceo "E.Q. Visconti" e nel 1886 venne chiamato dall'università di Bologna alla cattedra di pedagogia (ove tenne una prolusione su Il nostro ideale nell'educazione). Il 18 febbr. 1887 si sposò con Emilia Cinelli. Nel 1892 fu incaricato dell'insegnamento della pedagogia a Napoli, come successore di A. Angiulli, e nel 1894 divenne ordinario di pedagogia presso quella università, nella quale organizzò corsi di perfezionamento, "facendo dell'Ateneo il centro della ricerca pedagogica del Mezzogiorno di Italia" (Impedovo, p. 5045).

L'interesse scientifico del F. si dispose intorno a un ambito storico e a uno pedagogico, con precisi orientamenti anche in senso filosofico e scolastico-didattico, dando così vita a un profilo di "filosofo-pedagogista nel vero senso dell'espressione" (Alberocca, p. 702), insieme equilibrato e libero nell'esercizio della ricerca.

Nell'ambito storico elaborò alcuni studi sul Medioevo (Storia del Medioevo, specialmente d'Italia, Torino 1878; Saggio critico sulle vere cause delle crociate, Napoli 1884), sui partiti contemporanei (Il libro del padre Curci e i partiti politici in Italia, Torino 1878), sui metodi storiografici (La critica storica odierna a proposito dell'invito di Eudossia a Genserico, Napoli 1882), su aspetti sociologici della società attuale (Vita pubblica…, Chieti 1885). In ambito storico-pedagogico dedicò una serie di studi all'obbligo scolastico e alla gratuità dell'insegnamento (Dell'istruzione obbligatoria e del modo di applicarla in Italia, Trani 1870; Dell'istruzione gratuita, Napoli 1893) e all'insegnamento pubblico (L'insegnamento pubblico ai tempi nostri, Roma 1881), costruiti secondo un'ottica comparativa dei vari sistemi scolastici europei e in cui era valorizzata l'iniziativa dello Stato moderno e il "diritto all'istruzione pubblica". In ambito filosofico si occupò dell'opera di A. Comte (L'opera di A. Comte…, Palermo-Milano 1898), della rinascita del pensiero religioso (Il nuovo individualismo religioso. Appunti di psicologia religiosa, Pavia 1908), di aspetti della vita psichica.

Il terreno centrale della ricerca del F. fu però la teoria pedagogica e la riflessione relativa all'organizzazione del sistema scolastico e della didattica. In questi due settori occupò uno spazio significativo e originale nella pedagogia tra i due secoli, allineandosi a quello schieramento neokantiano e neoherbartiano che, in vari modi e secondo diverse posizioni, venne opponendosi sia alla pedagogia del positivismo (di cui pur riteneva alcuni aspetti fondamentali: il confronto con le varie scienze dell'uomo e sociali, il richiamo alla scientificità del discorso pedagogico, l'impegno laico e civile) sia a quella dell'idealismo (metafisica e astratta, di marca spiritualistica e non democratica), e collaborando anche alla Rivista pedagogica - che, inaugurata nel 1908 da L. Credaro, raccolse le diverse voci antidealiste e diede vita a un modello di pedagogia scientifico-critica, laica e democratica, ispirata appunto a I. Kant e a J.F. Herbart, ma che non riuscì a imporsi tra primo Novecento, guerra e dopoguerra come un modello capace di costruire attorno a sé una corrente organica e tanto meno egemonica.

Il F. si collocò esplicitamente su questa frontiera: con i suoi richiami a Herbart, con la teorizzazione di un'"educazione moderna", con un intervento capillare su molti problemi pedagogici e scolastici. A questi aspetti dedicò le sue opere fondamentali, come gli Scritti herbartiani (a cura di M. Maresco, Roma 1913), raccolta di saggi già pubblicati, quali: Il fondamento morale della pedagogia secondo Herbart e la sua scuola (Roma 1886; 3ª ed. Torino 1891), Il fondamento della esperienza nella pedagogia herbartiana (in Rivista filosofica, 1901) e Fortuna della pedagogia herbartiana (in Rivista pedagogica, 1912). Un'altra serie di scritti fu dedicata all'analisi dei problemi, organizzativi e didattici, della scuola in ogni ordine e grado: si occupò infatti di scuole municipali, di preparazione dei maestri, di questioni dell'insegnamento universitario, di "ricreatorî laici", di "sistema di esami". Particolarmente importanti sono i suoi lavori sull'insegnamento classico (La pedagogia e l'insegnamento classico, Milano 1889) e sulla riforma universitaria (Sulla riforma delle università: scritti varî, Torino 1898), che lo indicano come un interlocutore efficace, equilibrato e mediatore, sensibile alle due "questioni" (liceale e universitaria) che attraversarono tutto il dibattito sull'istruzione tra Otto e Novecento.

Il carattere di fondo del pensiero pedagogico del F. è dato dall'adesione al modello herbartiano, che per lui è ancora attuale e va studiato sia autonomamente, sia negli sviluppi interni alla scuola herbartiana, sia, anche, nei successivi innesti positivistici (H. Spencer soprattutto). Prima di tutto la pedagogia è scienza, ma scienza non separata dalla filosofia, reclamando questa, anzi, come proprio completamento nell'ambito della teorizzazione morale, di cui il F. sottolinea l'elemento di libertà interiore, da porre a cardine anche del lavoro educativo come "scopo". La moralità è quindi libertà, ma libertà che è a sé stessa autorità in quanto volontà. In secondo luogo per il F. a Herbart spetta il merito di avere legato la morale alla psicologia, offrendo così un principio-chiave all'educazione, anche se la sua psicologia, legata all'"anima", è "antiquata" e va rinnovata con studi psicologici più positivi e meno metafisici, relativi alle rappresentazioni, alla dinamica delle rappresentazioni (legata a scambi, attrazioni, ostacoli), ai sentimenti (visti come complessi di rappresentazioni più vive). Tale psicologia offre alla scuola un formidabile mezzo didattico, poiché delinea la "chiarezza della rappresentazione". In terzo luogo il F., con Gli scritti herbartiani, sottolinea un modello di pedagogia laica e liberale che guarda a una formazione fisica, intellettuale e morale contrassegnata dall'autonomia del pensiero e della volontà e dalla costruzione del carattere.

Quest'ultimo tema viene ripreso in Educazione moderna, in cui si fissa un modello di "educazione laica" (Flores d'Arcais) ma (come sottolineano gli editori Albrighi e Segati della "Dante Alighieri" nella prefazione al volume, ripubblicato in terza edizione nel 1914) con "animo pacato e signorile", senza cedimenti polemici contro le "vivaci proteste del partito ultra-cattolico". Il F. si interroga su cosa "dobbiamo intendere per laicità" e indica due principî: formare il carattere e "conformare la mente pratica alla mente scientifica", quindi costruire un "abito di ricerca" che deve agire anche in ambito morale, valorizzando la libertà e la responsabilità. È il metodo della ricerca naturale che deve fornire le strutture della formazione della mente e da lì del carattere, anche se sarà opportuno tenere vivo nella scuola un "catechismo morale politico" centrato sui doveri (più che sui diritti), orientato alla cooperazione, atto a valorizzare la "riservatezza e castità muliebre" e indirizzato a una educazione "razionale oltreché umana". In questa scuola "moderna" il centro è occupato dalla scienza, che è lo strumento primo per "rinvigorire la ragione", per favorire i processi di astrazione, ma anche per risvegliare il "sentimento dell'infinito", ponendoci di fronte il mistero del mondo e la complessità della materia. L'educazione moderna per il F. è sì laica, ma caratterizzata in senso morale e anche "religioso".

Sul tema dell'insegnamento classico e dell'università il F. si richiama all'esempio tedesco per quanto riguarda il metodo, e alla Francia per quanto concerne l'organizzazione istituzionale. In tale modello il centro è occupato dall'insegnamento classico (greco e latino), cui viene assegnato quel ruolo di formazione della mente e del carattere già riconosciuto dagli umanisti e che va ancora continuato, in modo da dare alla mente stessa un habitus di pensiero non astratto, ma storico, legato ai contenuti della civiltà, in cui anche la scienza trovi una sua collocazione, secondo la prospettiva evolutiva dei saperi indicata da Comte. Il problema del metodo viene affrontato dal F. secondo prospettive antiformalistiche, seguendo le "leggi materiali" della psicologia e un processo di apprendimento che faccia centro sulla spontaneità e sulla scoperta. L'"intelligenza assimila più facilmente ciò che scopre da sé stessa, anche se deve seguire le leggi di sviluppo, poiché "ogni speciale metodo insegnativo" è "buono o non buono… secondoché rispetti o non rispetti nell'individuo da istruire lo spontaneo processo con cui la mente, ubbidendo a sue particolari leggi, acquista e s'assimila le cognizioni" (La pedagogia e l'insegnamento classico, pp. 90 s.). Anche su questo terreno metodologico il F. miscela J.-J. Rousseau, J.H. Pestalozzi e Spencer, connotando in senso "mediatore" e perfino eclettico la sua posizione pedagogico-didattica. Lo si vede bene sul piano dell'insegnamento delle lingue, dove si sottolinea la centralità della grammatica, anche se poi quest'ultima viene intesa come connessa alla più generale "tendenza dello spirito al generalizzare" e intrecciata, quindi, con l'apprendimento stesso delle scienze, poiché "ciò che dispone e prepara la mente a vedere il generale all'occasione nel particolare, è una serie variata di esercizi formali, che si possono trarre dalla grammatica e dall'aritmetica, come forse da altre discipline" (ibid., p. 191).

Nei diversi ambiti del suo pensiero pedagogico si manifesta in modo esplicito la posizione di mediatore che il F. assunse rispetto ai vari problemi che veniva affrontando: una mediazione ragionevole, che sfuma le posizioni in contrasto e si affida al primato di una ragione scientifico-critica di cui Herbart e il suo maestro Kant sono i depositari più autorevoli e gli interpreti più efficaci. Così, come sottolinea D. Bertoni Iovine, il "Labriola prima e poi il Fornelli, l'Allievo e in ultimo il Credaro avevano prodotta una svolta molto sensibile negli studi della pedagogia introducendo in essa i principi più validi dell'herbartismo" (p. 102).

All'interno dello schieramento herbartiano-neokantiano il F. occupò uno spazio suo proprio, meno legato alla lezione dei neokantiani - che vedevano in Kant un maestro di filosofia e di pedagogia, ispirato a un criticismo che assegnava alla morale un ruolo fondamentale nella costruzione dell'antropologia e della stessa "visione del mondo" liberale e laica di cui il criticismo si faceva interprete e promotore - e più ispirato a Herbart: un Herbart assimilato a posizioni spesso vicine a un positivismo aperto e critico, riletto in chiave etica e psicologica e niente affatto metafisica (il F. ironizza sulla "terribile metafisica" di Herbart) e visto come maestro di una pedagogia equilibrata e innovatrice, ma anche erede della tradizione.

Il F. morì a Napoli il 27 maggio 1915.

Fonti e Bibl.: F. Alberocca, N. F., in Diz. di pedagogia, a cura di A. Martinazzoli-L. Credaro, I, Milano 1892; F. Centi, N. F. e le sue concezioni pedagogiche e sociali, Napoli 1914; G. Tauro, N. F., in I Diritti della scuola, XXXII (1915), 32, pp. 257-260; N. F., in Rivista pedagogica, VIII (1915), 6, pp. 495-524 (scritti di L. Credaro - F. Masci - F. Torraca - R. Resta - N. Nuciacca); G. Gentile, Le origini della filosofia contemporanea in Italia, II, I positivisti, Messina 1921, pp. 188-195; G. Flores d'Arcais, La pedagogia scientifica di P. Siciliani e di N. F., in Rassegna di pedagogia, IX (1951), 1-2, pp. 501-568; U. Spirito, Il pensiero pedagogico del positivismo, Firenze 1956, passim; D. Bertoni Jovine, La scuola ital. dal 1870 ai giorni nostri, Roma 1958, ad Indicem; R. Tisato, Studi sul positivismo pedagogico in Italia, Padova 1967, pp. 162-175; R. Fornaca, La pedagogia ital. del Novecento, Roma 1978, passim; F. Cambi, L'educazione tra ragione e ideologia, Milano 1989, passim; G. Impedovo, in Enc. pedagogica, a cura di M. Laeng, III, Brescia 1989, ad vocem; E. Liguori, N. F., Milano s.d.

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