LOGROSCINO, Nicola

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 65 (2005)

LOGROSCINO, Nicola

Rosa Leonetti

Nacque a Bitonto, presso Bari, da Nicola e da Teresa Santone e fu battezzato il 22 ott. 1698 con i nomi di Bonifacio Nicola nella parrocchia di S. Egidio Abate. Molto probabilmente egli dovette allo zio don Pietro Logroscino, maestro di cappella nel duomo di Bitonto, la sua prima formazione musicale, che poté svolgersi regolarmente e compiutamente solo dal 1714 presso il conservatorio di S. Maria di Loreto di Napoli. Qui il L., insieme con il fratello Pietro, studiò con Gaetano Veneziano e Giovanni Perugino - e in seguito con Giovanni Veneziano - fino al 1727, prolungando la sua permanenza ben oltre la durata media degli studi, dapprima con un impiego come "mastricello", poi nella speranza di conseguire una piazza di maestro ordinario.

Nel maggio del 1728, e fino al 18 giugno 1731, ebbe il suo primo incarico professionale come organista presso l'arcivescovado di Conza; in quel periodo compose l'oratorio Il mondo trionfante nella concezione di Maria sempre Virgine, eseguito durante la quaresima del 1730 a Brno, in Moravia, presso la corte del cardinale W.H. von Schrattenbach, vescovo di Olmütz. Dal momento in cui si stabilì definitivamente a Napoli, dopo l'esperienza triennale di Conza, con buona probabilità il L. si dedicò alla composizione di opere per le maggiori scene comiche, come il teatro dei Fiorentini, il Nuovo e il teatro della Pace. La prima opera teatrale del L. di cui sia certo l'anno di rappresentazione fu Lo creduto 'nfedele, data al teatro della Pace nell'inverno del 1735 su libretto di A. Palomba. Nella stagione di carnevale del 1738 fu rappresentato a Roma, con grande successo di pubblico, dovuto pure alla partecipazione del famoso Gizziello (Gioacchino Conti), il Quinto Fabio, primo tributo del L. all'opera seria; positivo apprezzamento aveva altresì ottenuto l'aria da lui composta nel giugno del 1738 per il secondo atto del Demetrio di L. Leo, rappresentato a Napoli nello stesso mese al teatro S. Carlo. Nell'ottobre del 1738 l'uditore generale Erasmo Ulloa San Severino propose il L. a Carlo di Borbone per un'opera al teatro S. Carlo, che successivamente fu affidata a G.A. Ristori, maestro a Dresda della regina Maria Amalia di Sassonia.

Negli anni a seguire il L. lavorò stabilmente a Napoli dedicandosi esclusivamente alla composizione di numerose commedie per musica. Nel 1743 Ulloa tornò nuovamente a proporlo sempre per un'opera al S. Carlo, ma ancora una volta senza successo; nondimeno, egli riuscì a fargli ottenere l'incarico di accomodare e dirigere la Didone di J.A. Hasse nello stesso teatro, anche a parziale ricompensa dello sforzo impiegato dal L. nel luglio per comporre, in collaborazione con Leonardo e Gennaro Manna, una Serenata per la nascita dell'infante reale, destinata al S. Carlo ma che per ordine di Carlo di Borbone non fu più rappresentata.

Sempre nel 1743 il L. ebbe un primo contatto con la città di Palermo, dove fu eseguito il suo dialogo a 4 voci, La spedizione di Giosuè contro gli Amaleciti, scritto per festeggiare una laurea nel collegio gesuitico. Negli anni che separano la prima esperienza palermitana da quella del 1758, il L. dedicò tutte le sue migliori energie creative all'opera comica, concentrando in poco più di un decennio una produzione pressoché esclusiva di commedie in dialetto napoletano, affiancata solo da tre opere serie: Quinto Fabio, Giunio Bruto e L'Olimpiade.

Nel 1744 compose Il Leandro, su libretto di A. Villani (Napoli, Nuovo, primavera) e la Ciommetella correvata su libretto del famoso notaio P. Trinchera (ibid., Pace, autunno); nel 1745 Li zite (Trinchera, ibid., primavera) e il Don Paduano (Id., ibid., inverno); mentre nel 1746 fu rappresentato a Napoli, nella chiesa di S. Giuseppe, l'Oratorio in lode dis. Anna con due interpreti d'eccezione quali Gizziello e G. Babbi. Nel 1747 scrisse la prima opera comica interamente conservata: Ilgovernatore, su libretto di D. Canicà, rappresentata per la stagione di carnevale al teatro Nuovo da una compagnia di canto della quale facevano parte, tra gli altri, le virtuose Maria Broli e Caterina Tedeschi nei ruoli en travesti di Don Celso e Don Crispino.

Opera di ambientazione borghese, Il governatore presenta tutti gli ingredienti tipici della commedia per musica settecentesca, come l'amore, motore di tutta la vicenda, gli equivoci e la messa a nudo di certe debolezze umane. Le scelte di carattere formale compiute dal L., siano drammaturgiche o musicali, sono complessivamente di segno conservatore: è significativa in tal senso l'adozione quasi indiscriminata dell'aria nella sua forma tripartita con da capo, indipendentemente dal ruolo serio o buffo cui era associata. La capacità di caratterizzare i personaggi buffi e la vena comica dispiegata soprattutto nei concertati rivelano in L. l'acquisizione di una scrittura scintillante e di una personalità comica che, da questo momento in poi, sarà la cifra stilistica di tutti i suoi lavori.

Nell'autunno 1747, a Napoli, il L. attese anche alla rappresentazione al Nuovo de La costanza, su testo di Palomba, mentre l'anno successivo compose il primo e il secondo atto per Li dispiette d'ammore, in scena a carnevale al teatro Pace. Per Roma, nella stessa stagione, musicò l'opera seria Giunio Bruto su testo dell'arcade Mariangela Passeri, rappresentata al teatro Argentina; quindi La contessa di Belcolore, un intermezzo in due parti su testo di N. Carulli, dato al teatro della Pallacorda.

Giunio Bruto è l'unica opera seria del L. conservata integralmente. Dramma di impostazione metastasiana sia nella struttura - che vede la prevalenza di due personaggi - sia nell'impianto metrico delle arie, rappresenta una prova sostanzialmente in linea con gli atteggiamenti compositivi degli anni in cui fu scritto; solo l'impianto armonico mostra varietà di soluzioni nel sottolineare sapientemente gli "affetti" presenti nel testo nei punti nevralgici, così da creare una fusione a volte perfetta tra parole e musica. Nell'unico recitativo accompagnato dell'opera, affidato a Tarquinia, il L. fornisce una delle sue prove più convincenti, confrontandosi con la realizzazione musicale di un contenuto drammatico forte: la gran varietà e quantità di indicazioni agogico-espressive inserite nei punti strategici del pezzo per illustrare le sfumature anche minime, psicologiche ed emozionali del personaggio, per certo richiamano alcune ardite sperimentazioni linguistiche, adottate anche da N. Jommelli proprio in quegli anni.

Nel 1750 il L. musicò alcuni pezzi per Lafinta frascatana, su libretto di G. Federico (Napoli, Nuovo, carnevale; probabile rifacimento di Amor vuol sofferenza di L. Leo), e l'anno successivo andarono in scena due sue opere per il teatro Nuovo: Amore figlio del piacere, commedia in due atti su testo di Federico, composta in collaborazione con G. Ventura, e Lo cicisbeo, nuova versione della Ciommetella correvata del 1744. Nel carnevale del 1752 mise in musica un altro libretto di Trinchera, Lo finto perziano, che andò nuovamente in scena con il titolo Li 'nnamorate correvate, su musica di G. Sciroli. I successi ottenuti indussero l'impresario del teatro Nuovo ad affidare ancora al L. la messa in musica delle parti principali de L'Elmira generosa (Trinchera; carnevale 1753, in collaborazione con E. Barbella).

In questi anni al L. non mancarono, altresì, importanti consacrazioni nel genere serio, come ricorda l'encomio contenuto in una cronaca romana del 1753, scritta in occasione della rappresentazione de L'Olimpiade al teatro Argentina (cfr. Della Seta, pp. 104-106) e come attesta anche una gustosa caricatura di P.L. Ghezzi che ritrae il L. al cembalo nell'atto di dirigere l'opera (Londra, British Museum, Department of prints and drawings, A.N.166; cfr. Petrobelli, p. 112).

Nel carnevale dello stesso anno fu rappresentato anche l'intermezzo in due parti e a tre voci La pastorella scaltra presso il teatro Valle di Roma, mentre nel 1754 il L. mise in musica solo Le chiajese cantarine, su libretto di Trinchera (Napoli, Nuovo, carnevale, ripresa de L'abate Collarone di D. Fischietti). Nel carnevale 1755, a Napoli, il suo nome risulta in un pasticcio, dato al teatro Nuovo, su libretto di Palomba, La Rosmonda; mentre nel 1756 andarono in scena, per carnevale, Le finte magie al teatro dei Fiorentini, quindi, in estate, ancora al Nuovo, I disturbi (da cui furono poi tratte alcune arie per il terzo atto de Le nozze di C. Goldoni, Palermo 1760) e in inverno La finta 'mbreana (libretto di G. Bisceglia, in collab. con P. Errichelli).

Il 1° sett. 1758 il L. si trasferì definitivamente a Palermo per ricoprire il prestigioso incarico di maestro di cappella presso il conservatorio de' Figliuoli dispersi di Palermo, subentrando a P. Savoia. Tale incarico diede al L. la possibilità di inserirsi ben presto nei più importanti circuiti operistici della città, beneficiando di prestigiose commissioni anche al fianco di compositori del calibro di B. Galuppi.

Insieme con Galuppi, il L. ricevette nel 1760 l'incarico di mettere in musica la commedia di Goldoni Le nozze per il palcoscenico del teatro S. Cecilia; dal libretto della commedia si evince che il L. compose l'intero terzo atto, dando vita a un "atto unico" dal titolo La conversazione nel quale furono utilizzati tre fra gli interpreti della commedia galuppiana e un nuovo cantante. Nello stesso anno il L. compose la serenata di carattere encomiastico Il natale di Achille, eseguita a Palermo il 12 genn. 1760 nella galleria di palazzo Reale in occasione del genetliaco di re Ferdinando di Borbone, e lo Stabat Mater in mi bemolle per soprano, contralto, violini e basso continuo (Napoli, Biblioteca del conservatorio, Rari, 1.6.29 [30]); inoltre, per La furba burlata di N. Piccinni (teatro de' Fiorentini, autunno 1760), furono riutilizzati due arie e un terzetto del L., che il librettista P. Napoli-Signorelli non esitò a definire "inarrivabili" per aver contribuito a determinare lo strepitoso successo della commedia.

In questi anni il L. ricevette commissioni provenienti da altre piazze, quali Catania - dove nel 1761 fu eseguito, nella chiesa della Nobile Compagnia dei Bianchi, l'oratorio Ester - e il teatro Nuovo di Napoli, dove furono rappresentati il pasticcio L'innamorato balordo (con musiche anche di G. Geremia e G. Insanguine; carnevale 1763) e Le viaggiatrici di bell'umore (libretto di Napoli-Signorelli, in collaborazione con Insanguine; inverno 1763), che verosimilmente furono le ultime opere composte per le scene napoletane, ancorché gli impegni assunti agli "Spersi" di Palermo gli impedirono di intervenire alle rappresentazioni e di effettuare i naturali aggiustamenti dell'ultima ora. La presenza del L. al conservatorio di Palermo è attestata con certezza fino al 30 nov. 1764. Dal libretto della serenata encomiastica Il tempio dell'onore si apprende che essa fu eseguita a Palermo il 12 genn. 1765 per il solito genetliaco di re Ferdinando "su musica del fu' Niccolò Lo Groscino".

In mancanza di un atto di morte, si suppone che il L. sia morto a Palermo nel periodo compreso fra quelle due date.

Dopo la scomparsa del L. le città che lo avevano visto protagonista delle loro scene musicali vollero dare un ultimo omaggio alla sua arte: a Palermo fu rieseguito presso il collegio gesuitico il dialogo a 4 voci La spedizione di Giosuè contro gli Amaleciti, dato, come si è detto, nel 1743; mentre a Napoli fu ristampata una Parafrasi poetica del pianto della Beata Vergine Maria, su testo di N. Recco (1784).

Opere teatrali (oltre a quelle citate): Inganno per inganno (Federico; Napoli, teatro dei Fiorentini, autunno 1738); L'inganno felice (T. Mariani; ibid., teatro Nuovo, inverno 1739); La Violante (Palomba; ibid., Fiorentini, carnevale 1741); Amore ed Amistade (G. Ferraro; ibid., primavera 1742); La Lionora (Federico; ibid., inverno 1742, in collab. con V. Ciampi); Il Riccardo (ibid., carnevale 1743); La Griselda (Palomba; ibid., autunno 1752); La gelosia (Venezia, S. Samuele, autunno 1765).

Si segnalano inoltre: Gesù presentato nel tempio, azione sacra per la solennità de' Dolori di Maria (solo il libretto); La tolleranza premiata nella prodigiosa fecondità di s. Anna, azione sacra (solo il libretto di D.A. Galante); Salmi brevi per soprano, contralto, tenore e basso, due violini e basso continuo (Palermo, Biblioteca del conservatorio, Fondo antico).

Musica vocale profana: Ecco l'ara ecco il nume, cantata per soprano, due violini, viola e basso continuo (Genova, Biblioteca del conservatorio, Mss., A.7.11.H.1.7.); Prendi o caro, quintetto per quattro soprani, basso, oboe, due violini e basso continuo (Napoli, Biblioteca del conservatorio, Arie, 158 [21]); i duetti per soprano, basso, violino e basso continuo Vota ss'uocchie 'ncoccio (Milano, Biblioteca del conservatorio, Mss., 0/30-15) e Hai veduto quanto (Einsiedeln, Benedikterkloster, Musikbibliothek, Mss., TH.9422 [2376]); arie per soprano, due violini, viola e basso continuo: Fiamma in me dal ciel discenda (Milano, Biblioteca del conservatorio, Mss., 0/30-14); Se tu sapessi oh Dio (Palermo, Biblioteca del conservatorio, Mss., Arm.I.Pis.16); Se intendi se miri la pena (ibid., Arm.I.Ant.5); È falso il dir ch'uccida (ibid., Arm.I.Pis.21); Con qual cor con qual costanza (Münster, Bischöfliches Priesterseminar, Santini-Bibliothek, Mss., 2384, n. 12); So che fedel mi sei (ibid., n. 6), Non paventar ben mio (ibid., n. 2). Se sprezzi spietato, aria per contralto, violini, viola e basso continuo (ibid., n. 1); Ah troppo misera, aria per soprano, due oboi, due violini e basso continuo (Palermo, Biblioteca del conservatorio, Mss., Arm.I.Pis.19); Vorrei del caro bene placar, aria per soprano, violini e basso continuo (ibid., Arm.I.Ant.5); Io non songo bona bona, aria (attribuzione di E.J. Dent.; Biblioteca dell'Abbazia di Montecassino).

Produzione strumentale: sonata per clavicembalo in si bemolle; quartetto in re maggiore per due violini, viola e basso continuo; concerto in sol maggiore per flauto, due violini, viola e basso continuo; sinfonia in re maggiore per due violini, viola e basso continuo (in Répertoire international des sources musicales, serie A/II, Music Manuscript after 1600, www.nisc. com/music).

La valutazione complessiva della personalità artistica e dell'opera del L. risulta tutt'altro che agevole per la scarsità di fonti documentarie che lo riguardano. La fama di cui godette presso i contemporanei e gli apprezzamenti di cui fu fatto oggetto potrebbero essere in parte ascritti alla particolare predilezione e alla vasta diffusione che la musica napoletana conobbe, a partire dagli anni Quaranta, in tutti i maggiori Paesi europei in conseguenza della grande risonanza avuta da autori come G.B. Pergolesi, attraverso la querelle des bouffons prima, e la polemica tra Ch.W. Gluck e Piccinni, poi. In Francia, in particolare, vi fu, a partire dal 1752, un incremento febbrile delle citazioni e dei riferimenti a Pergolesi e di conseguenza a Napoli, che gli veniva associata nella visione lacrimosa e sentimentalistica della musica. Di qui la gran mole di letteratura da cui emergeva chiaramente la "filonapoletanità" dei Francesi e gli entusiasmi non sempre lucidi dei "buffonisti" che, in tal modo, tentavano una rivalutazione dei predecessori di Piccinni, così tanto ammirato in Francia. In tale contesto deve essere accolto e valutato il giudizio di J.-B. de La Borde, cui si deve in gran parte la fama postuma del L., da lui definito "le Dieu du genre bouffon, & a servi de modèle à presque tous les compositeurs de ce genre". Framery riconobbe al L. il merito di aver introdotto per primo a fine atto un pezzo d'insieme detto "finale". L'attribuzione al L. di tale invenzione fu ripresa da studi successivi determinando a lungo una distorta ricezione della sua opera.

A Napoli-Signorelli si deve il primo ritratto credibile del L., da lui ritenuto l'inventore della vera espressione buffa, forse anche per via degli esiti felici di alcune loro collaborazioni. La memorialistica e la storiografia napoletana dell'Ottocento hanno, invece, dedicato al L. uno spazio decisamente marginale, almeno fino alla pubblicazione dell'opera di Florimo che - pur sfruttando fonti precedenti non passate al vaglio - traccia un profilo di ampio respiro sul L., dando vita altresì al primo tentativo di catalogo delle sue opere. Sebbene sin dall'inizio del 1900 fosse ormai chiaro a storici quali Dent e Della Corte che il L. non fosse l'inventore del concertato finale d'opera, ma che i suoi finali fossero perfettamente allineati a quelli di A. Scarlatti, Leo, L. Vinci e Pergolesi, lo studioso tedesco Kretzschmar riuscì a riconsiderare tutta la questione fondando le sue teorie sulla base delle due partiture complete de Il governatore e del Giunio Bruto, che lo stesso aveva ritrovato nel fondo Santini della Biblioteca diocesana di Münster. Esprimere un giudizio definitivo sul reale contributo portato dal L. al finale d'opera risulta impossibile, giacché si dispone di un campione troppo ristretto di casi che fanno riferimento solo all'unica opera comica completa, Il governatore, al terzetto finale de Il Leandro e al quintetto sciolto Prendi o caro. Tuttavia è innegabile che nei concertati il L. abbia saputo coniugare felicemente alcune prerogative del teatro comico come la vivacità ritmica, l'agire brioso e mobile, lo scatto del fraseggio a membri breviloquenti, le parossistiche reiterazioni di note e i consueti giochi onomatopeici che possono dirsi senz'altro la sua principale cifra stilistica.

Fonti e Bibl.: J.-B. de La Borde, Essai sur la musique ancienne et moderne, Paris 1780, III, p. 198; P. Napoli-Signorelli, Vicende della coltura delle due Sicilie, dalla venuta delle Colonie straniere sino a' nostri giorni, Napoli 1784-86, V, pp. 558, 567; VI, pp. 320 s.; C. De Rosa marchese di Villarosa, Memorie dei compositori di musica del Regno di Napoli, Napoli 1840, p. 107; F. Florimo, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatorii, Napoli 1881-83, II, pp. 322 s. (ed. anast., Bologna 1969); H. Kretzschmar, Zwei Opern Nicolò Logroscinos, in Jahrbuch der Musikbibliothek Peters, XV (1908), pp. 47-68; E.J. Dent, Ensembles and Finales in 18th century Italian opera, in Sammelbände der Internationalen Musikgesellschaft, XII (1910-11), p. 137; A. Della Corte, L'opera comica italiana nel '700, Bari 1923, I, pp. 112-118; U. Prota-Giurleo, N. L., Napoli 1927; Id., Una commedia dialettale di P. Napoli-Signorelli (L'innamorato balordo), in Il Fuidoro, IV (1957), 1-2, pp. 36-39; M.F. Robinson, Naples and Neapolitan opera, Oxford 1972, pp. 271-275; F. Degrada, L'opera napoletana, in Storia dell'opera, a cura di G. Barblan, Torino 1977, I, 1, p. 291; R. Strohm, Die italienische Oper im 18. Jahrhundert, Wilhelmshafen 1979, p. 160; F. Della Seta, Il relator sincero (Cronache romane 1739-1756), in Studi musicali, IX (1980), 1, pp. 104-106; P. Petrobelli, Il mondo del teatro in musica nelle caricature di Pierleone Ghezzi, in Le muse galanti. La musica a Roma nel Settecento, a cura di B. Cagli, Roma 1985, pp. 112-116; F. Degrada, "Scuola napoletana" e "opera napoletana": nascita, sviluppo e prospettive di un concetto storiografico, in Il teatro San Carlo 1737-1987, II, L'opera, il ballo, a cura di B. Cagli - A. Ziino, Napoli 1987, pp. 9 s., 14; R. Pagano, L'inserimento di N. L. nella realtà musicale palermitana, in Musicisti nati in Puglia ed emigrazione musicale tra Seicento e Settecento. Atti del Convegno internazionale di studi, Lecce… 1985, Roma 1988, pp. 49-55; N.-É. Framery, Encyclopédie méthodique, I, Musique, Paris 1791, pp. 175, 558; G. Bertini, Diz. storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti di tutte le nazioni…, Palermo 1814-15, III, p. 32; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, VIII, coll. 1124-1126; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, pp. 482 s.; The New Grove Dict. of music and musicians (ed. 2001), XV, pp. 77-79.

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