PACASSI, Nicolò

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 80 (2014)

PACASSI, Nicolo

Massimo de Grassi

PACASSI, Nicolò. – Nacque a Wiener Neustadt il 5 marzo 1716.

Il padre Giovanni, lapicida e scultore di origine greca, da poco trasferitosi da Gorizia nella città asburgica per eseguire alcuni lavori per il sepolcro della famiglia imperiale nella chiesa dei Cappuccini di Vienna, a Wiener Neustadt aveva sposato la figlia di uno scalpellino locale di cui non sono note le generalità, come non si hanno notizie riguardo la successiva attività di Giovanni.

Si conosce molto poco della giovinezza di Nicolò, che non è supportata da alcuna attestazione documentaria. È stato ipotizzato che il suo accostamento alla professione di capomastro e architetto sia maturato nel Goriziano, prima accanto al padre, del quale non conosciamo però nemmeno la data di morte, e che quindi si sia giovata della protezione di Sigismondo d’Attems, una delle figure più in vista della Gorizia del secondo Settecento. Di certo dovette trattarsi di una formazione non accademica ma comunque di buona levatura, vista la maturità delle scelte compositive e costruttive messe in gioco nella sua prima opera nota: il grande palazzo edificato nel cuore di Gorizia per i conti Attems di Santa Croce, oggi sede municipale dopo essere stato molto rimaneggiato in epoca neoclassica, tanto che dell’intervento di Pacassi si conservano soltanto lo sviluppo dello scalone posteriore e la planimetria dell’impianto generale, tipicamente veneta con il suo salone passante centrale affiancato da quattro stanze per ciascun lato. Negli anni successivi Pacassi continuò a lavorare per gli Attems e nel 1745 completò la costruzione del palazzo Attems-Petzsenstein sempre a Gorizia, oggi sede dei Musei provinciali, l’opera più importante della sua giovinezza.

Su commissione di Sigismondo, Pacassi si trovò a intervenire su una costruzione iniziata dal padre del committente, Gianfrancesco. Gli esiti furono di grande effetto nella Gorizia dell’epoca, grazie all’inserimento di elementi stilistici del barocchetto austriaco su una struttura che conservava a grandi linee un’impostazione dichiaratamente veneta.

Nei primi anni Quaranta compì anche frequenti soggiorni a Vienna, dove lavorò come Baumeister nei grandi cantieri della ristrutturazione dei castelli di Schönbrunn e di Hetzendorf, agli ordini dell’architetto di corte, il lorenese Jean-Nicolas Jadots.

Nel 1748 è documentata la fine dei lavori di costruzione della villa suburbana degli Attems-Petzsenstein, sul colle di Piedimonte, uno dei suoi migliori progetti, ma distrutta durante la prima guerra mondiale. Tra quella data e il 1753, quando venne nominato primo architetto dall’imperatrice Maria Teresa, frequentò probabilmente l’Accademia viennese e quasi certamente superò un esame abilitante (Perusini, 1998) che gli consentì di accedere alla corte asburgica in qualità di professionista riconosciuto; fino a quel momento, infatti, nella capitale aveva lavorato sotto la direzione altrui.

Dal punto di vista stilistico, in quegli anni maturò in Pacassi una profonda rimeditazione delle fonti visive d’ispirazione palladiana e longheniana che aveva assimilato dai modelli paterni e dall’ambiente artistico goriziano. Le frequentazioni viennesi e i contatti con Jadots, che gli fece conoscere il repertorio a stampa (De la distribution des maisons de plaisance…) di Jacques-François Blondel, stampato a Parigi nel 1737, lo portarono ad accostarsi progressivamente a un lessico che si ispirava al rococò francese e che divennela cifra più riconoscibile del cosiddetto ‘stile teresiano’.

Il pragmatismo e la versatilità di Pacassi furonoparticolarmente apprezzati dalla sovrana e dal suo cancelliere, il principe Wenzel Anton vonKaunitz-Rietberg, uno dei principali fautori dell’affermazione dell’arte francese nella corte di Vienna. In seguito Maria Teresa si rivolse molto spesso a Pacassi per vedere concretizzate le proprie intuizioni in campo architettonico. Grazie alla sua protezione la carriera di pacassi all’interno dell’apparato imperialefu quasi fulminea: nel 1748 divenne Hofarchitekt, l’equivalente di architetto di corte, cinque anni dopo assurse alla carica di primo architetto delle costruzioni imperiali, soppiantando Jadots, che tanta parte aveva avuto nel suo aggiornamento stilistico. Nel 1760 fu infine nominato K.K. Oberhofarchitekt, cioè sovraintendente alle costruzioni imperiali, il più importante architetto della corte viennese, una carica che mantenne fino al 1772, quando chiese di essere esonerato o venne costretto a dare le dimissioni a causa del prematuro degrado di alcuni suoi interventi, su cui si dovette intervenire a distanza di pochi anni dalla loro realizzazione.

In questi anni si scalano moltissimi interventi progettuali a Vienna e in altre città dell’Impero: nel 1753 tornò nel cantiere del castello di Schönbrunn ma questa volta nella veste privilegiata di architetto di corte. Nello stesso anno lavorò alla costruzione del teatro di Laxenburg e alla ristrutturazione del Theresianum di Vienna; nel 1754 costruì il convento di Maria Immacolata a Praga; tra il 1755 e il 1758 progettò l’altare maggiore della Hofkirche di Innsbruck; tra il 1755 e il 1763 si data la realizzazione della Kreuzkirche di Vienna, ristrutturata all’esterno già nel 1769; nel 1756 disegnò la fontana del Nettuno per la città di Gorizia, che venne scolpita dal padovano Mario Chiereghin; tra il 1756 e il 1759 edificò la chiesa di S. Teresa a Lichtenwörth nei pressi di Wiener Neustadt; nel 1763 completò la ristrutturazione del Kärtnertortheater di Vienna, opera di Antonio Beduzzi distrutta da un incendio; tra il 1761 e il 1765 ristrutturò il castello di Bratislava, destinato alla figlia della sovrana, arciduchessaMaria Cristina; negli stessi anni lavorò al castello, all’altar maggiore della parrocchiale e alla chiesa del cimitero di Laxenburg; nel 1762 modificò profondamente il castello di Ober-St.-Veit presso Vienna; tra il 1764 e il 1766 ristrutturò gli appartamenti dell’Amalientrakt nell’Hofburg di Vienna; nel 1765 curò la risistemazione del castello di Troja, nei dintorni di Praga. Tra il 1768 e il 1772 progettò tre diverse versioni per un palazzo reale da erigere a Milano, dove si recò di persona per esaminare il sito. Il progetto, che aveva l’autorevole supervisione del cancelliere Kaunitz, non venne eseguito; l’ultima versione fu però utilizzata da Giuseppe Piermarini, che diversi anni dopo portò a termine l’edificio in stile neoclassico.

Dal punto di vista stilistico la produzione ‛austriaca’ di Pacassi si caratterizzò per una lettura molto personale del rococò francese, costruita semplificandone gli eccessi decorativi e rendendo più razionali gli spazi interni. Sulle scelte dell‘architetto, oltre alla specificità della sua formazione italiana, pesarono molto i gusti semplici e pratici della sovrana, fondati su idee illuministe anche nel campo artistico. Suo punto di forza fu la capacità di ambientare perfettamente le proprie realizzazioni, mettendole in relazione con il paesaggio circostante ed equilibrandone con estrema attenzione i volumi e le emergenze. Anche nelle decorazioni d’interno, solo apparentemente in contrasto con la pulizia di linee degli esterni, Pacassi mantenne la giusta misura pur non rinunciando mai a un decoro ricco e a tratti prezioso, come dimostrano i suoi superstiti interventi nel grande cantiere di Schönbrunn.

Le opere più tarde si caratterizzarono per una sorta di classicismo funzionalistico che anticipò per molti tratti il rigore geometrico del neoclassicismo. Si leggono in questo modo le sistemazioni dei castelli di Praga e di Wiener Neustadt, iniziate rispettivamente nel 1756 e nel 1768, la ristrutturazione dell’antica Hofkanzlei di Vienna (1767) e soprattutto il palazzo commissionatogli direttamente da Maria Teresa e destinato all’arciduchessa Maria Anna a Klagenfurt, iniziato nel 1769 e completato in appena due anni, per rigore compositivo forse l’opera più rappresentativa di Pacassi.

Prima del 1764 fu nominato membro dell’Accademia di S. Luca a Roma, destino comune ai maggiori architetti in servizio presso le case regnanti d’Europa. I numerosi servigi resi alla sovrana lo fecero accedere nel 1768 al patriziato goriziano, l’anno successivo Maria Teresa lo nominò barone per i suoi meriti artistici. Per festeggiare questo evento Pacassi disegnò una fontana destinata alla piazza del Corno di Gorizia, proprio davanti al palazzo degli Attems che aveva completato trent’anni prima, nel cui giardino, oggi sede dei Musei provinciali, si trova attualmente.

La vasca, realizzata da Marco Chierighin, porta sul fianco lo stemma nobiliare dell’architetto, al centro invece la statua di Ercole che vince l’idra di Lerna, scelta interpretata come un omaggio all’antico mecenate, Sigismondo d’Attems, che aveva adottato quel mito come emblema dell’Accademia degli Indefessi da lui fondata (Grossi, 2009).

Dal 1772 in poi non sono note altre sue opere, ulteriore segnale che la perdita del titolo di K.K. Oberhofarchitekt non era dovuta a scelte personali.

Morì a Vienna l’11 novembre 1790.

La sua luminosa parabola cadde presto nell’oblio: molte delle sue realizzazioni vennero distrutte o profondamente modificate per adeguarle alla montante ‘onda’ neoclassica. La natura ‘di confine’ della sua posizione stilistica e l’enorme territorio su cui sono sparse le sue realizzazioni ha reso poi difficile il suo inquadramento storiografico. In tal senso non aiutano le caratteristiche dei suoi interventi, molto spesso costituiti da modifiche effettuate su complessi preesistenti e come tali complessi da analizzare. Un altro aspetto importante è costituito dalla lettura ‘nazionalistica’ di cui è stato oggetto per troppi anni: gli studiosi di lingua tedesca lo hanno talvolta considerato uno dei tanti stranieri che in quel periodo inflazionavano la corte austriaca prevaricando sui professionisti locali; da parte italiana ci si è invece limitati a indagare sull’ascendenza veneta delle sue realizzazioni goriziane, senza metterle in relazione con le opere d’Oltralpe. È stato necessario attendere gli studi di Giuseppina Perusini (1978, 1980, 1982, 1998) per un’analisi più attenta della sua produzione e un moderno inquadramento stilistico. Manca tuttavia a tutt’oggi una monografia organica che ricostruisca tutto il suo catalogo.

Fonti e Bibl.: A. Morassi, Gorizia nella storia, nell’arte e nell’economia, Gorizia 1925, pp. 28 s.; J. Schmidt, Paccassi (Pacassi, Pacazzi), in U. Thieme - F. Becker, Künstlelexicon, XXVI, Leipzig 1932, pp. 113 s.; R.M. Cossàr, Artisti goriziani del passato. I Pacassi (precisazioni documentate), in La porta orientale, XV (1945), pp. 166-177; G. Manzini, N. P. e l’architettura goriziane del Settecento, in Julia gens, 1963, n. 17, pp. 25-27; M. Walcher, L’attività goriziana dello scultore G.B. Mazzoleni, in Studi goriziani, XLI (1975), pp. 72-79; G. Perusini, L’attività goriziana di N. P., ibid., XLVIII (1978), pp. 79-92; Id., I rapporti di N. P. con l’architettura europea del XVIII secolo, in Arte in Friuli Arte a Trieste, 1980, n. 4, pp. 57-75; Id., N. P. e la cultura del periodo teresiano, in Maria Teresa e il Settecento goriziano (catal.), Gorizia 1982, pp. 243-260; S. Tavano, Con Venezia e con Vienna: l’arte a Gorizia, in Venezia-Vienna. Il mito della cultura veneziana nell’Europa asburgica, a cura di G. Romanelli, Milano 1983, pp. 261-265; N. P. Architetto degli Asburgo (catal., Gorizia), a cura di M. Montagnari Kokelj - G. Perusini, Monfalcone 1998; R. Bösel, Nach romanischer Art getragen die Wiener Gardekirche von Nikolaus P.: Vorbildrezeption zwischen Zitat und Paraphrase, in Römische historische Mitteilungen, XLI (1999), pp. 71-94; J. Garms - C. Benedik, Zwischen Architektur und Verwaltung: die Direktion Graf Silva-Taroucas und die Karrieren von Ignazio Valmagini, Nikolaus P. und August Gottlieb Lederer im Hofbaumt, ibid., XLVIII (2005), pp. 335-367; A. Grossi, P. N., in Nuovo Liruti dizionario biografico dei Friulani, II, L’età veneta, Udine 2009, pp. 1872-77.

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