TURRISI COLONNA, Nicolò

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 97 (2020)

TURRISI COLONNA, Nicolo

Manfredi Alberti

TURRISI COLONNA, Nicolò. – Nacque a Palermo il 10 agosto 1817 da Mauro, barone di Gurgo e Bonvicino dal 1803, e Rosalia Colonna Romano, dei duchi di Cesarò. A Nicolò, nato dopo Antonino, morto a soli sette anni, seguirono Annetta, Giuseppina (v. la voce in questo Dizionario), Giuseppe e Antonio.

Il padre, gabelloto di Castelbuono ed esponente del nuovo ceto imprenditoriale in ascesa, trasmise al figlio sia lo spirito patriottico sia i capitali necessari a divenire un proprietario terriero con una forte vocazione all’innovazione. Appena sedicenne Nicolò iniziò a frequentare l’ateneo palermitano, coltivando gli studi giuridici ed economici. Ottenuta la laurea in legge nel 1836 si dedicò poi alle scienze naturali e in particolare alla botanica, sotto la guida di Vincenzo Tineo e Carlo Cottone, fondatore dell’Istituto agrario Castelnuovo. In famiglia l’amore per gli studi e le arti fu ben interpretato anche dalle sorelle Giuseppina, poetessa, e Annetta, dedita alla pittura.

Nel settembre del 1846 Nicolò Turrisi Colonna sposò Ninfa Ballestreros dei marchesi di Bongiordano, di dieci anni più giovane, da cui ebbe i figli Mauro, Antonio e Giuseppe. Da lei si sarebbe separato nel 1865.

La carriera politica di Turrisi Colonna iniziò il 1° marzo 1846 quando si insediò nel Decurionato di Palermo. I successivi rivolgimenti del 1848 lo videro protagonista attivo: divenuto maggiore nella guardia nazionale, fu in seguito eletto deputato al Parlamento siciliano e nel febbraio del 1849 fu nominato ministro dell’Istruzione e dei Lavori pubblici. Nel maggio dello stesso anno guidò infine l’ultima resistenza alle truppe borboniche in qualità di presidente del Comitato di guerra.

Sconfitta la rivoluzione ed essendogli stato negato il permesso di emigrare, Turrisi Colonna si ritirò a vita privata, curando la gestione del proprio patrimonio e coltivando gli studi di economia e agraria. Tra le aziende gestite direttamente da lui una delle più importanti fu il podere sito nella ex abbazia di S. Anastasia, nel territorio di Castelbuono. Qui, nelle terre abbandonate dai frati benedettini nel marzo del 1851, il barone impiantò un’azienda modello, fondata sull’integrazione di allevamento e agricoltura, con l’applicazione di moderni metodi di contabilità, la gestione diretta e l’uso di macchine agricole. I contratti adottati negli agrumeti di Castelbuono, grazie al quale il contadino godeva di quasi un terzo del raccolto, sarebbero stati elogiati anche da Sidney Sonnino nella sua inchiesta del 1876 sui contadini siciliani.

Nel 1859 Turrisi Colonna acquistò nella borgata palermitana di Passo di Rigano un vasto possedimento a cui diede il nome di Bonvicino, il feudo dal quale aveva iniziato la scalata economica il padre Mauro. Qui fissò la sua dimora e impiantò una moderna azienda agricola, che sarebbe diventata simbolo di sperimentazione agraria. A seguito di imponenti lavori idraulici e all’utilizzo delle falde acquifere tramite una macchina a vapore, Turrisi Colonna riuscì a istituire un vasto agrumeto e prati estivi irrigui, nonché molte coltivazioni e diversi allevamenti, anche di conigli e di api.

In quegli anni scrisse numerosi saggi sulle riviste specialistiche del tempo, in modo particolare sugli Annali di agricoltura siciliana, l’organo di stampa dell’Istituto agrario Castelnuovo. Nel 1852 pubblicò gli Studi di amministrazione rurale per la Sicilia, una rassegna di carattere giuridico sulla legislazione agraria e commerciale dell’epoca. Si dedicò poi all’analisi dei metodi per bonificare il territorio come strumento per debellare la malaria. Pubblicò quindi lo studio che forse ebbe maggior successo nel mondo scientifico dell’epoca, Del fognare e del drenaggio, uscito per la prima volta nel 1856 sulla rivista Il Poligrafo. Tra le pubblicazioni sulla zootecnia e la pastorizia degli anni successivi vanno ricordati sin da ora Studi sulle capre di Sicilia del 1861 e Sulle razze equine in Sicilia e sul miglioramento da apportarvisi del 1862, riflessioni che fecero tesoro anche dei risultati delle opere di altri protagonisti della cultura agraria come Cosimo Ridolfi, Raffaello Lambruschini e Pietro Cuppari.

Frattanto non venne meno l’impegno politico e patriottico di Turrisi Colonna, che nel 1857 contribuì a rendere note le efferatezze della polizia borbonica contro i patrioti. Dopo lo sbarco di Giuseppe Garibaldi in Sicilia divenne capo della guardia nazionale palermitana. Nel gennaio del 1861 assunse il dicastero della Pubblica sicurezza all’interno del Consiglio di luogotenenza, riordinando la questura e curando la formazione dei militi a cavallo e di una polizia rurale, in vista di una più efficace gestione dell’ordine pubblico e a tutela dei diritti di proprietà.

Eletto al primo Parlamento italiano prese posto nelle file della Destra, ma qualche volta votò contro il governo, caratterizzandosi anche in seguito come un esponente della Sinistra moderata. Fece parte di alcune giunte e commissioni e fu relatore della legge sul censimento dei beni ecclesiastici. L’onerosità della permanenza a Torino, tuttavia, lo spinse nel dicembre del 1862 a dimettersi da deputato. Nell’ottobre del 1865 fu nominato senatore. In questa veste fu consultato dal governo e dal Parlamento per diverse questioni di interesse generale: dalla inchiesta parlamentare sulla Sicilia ai lavori portuali per l’Isola, dai provvedimenti per debellare la fillossera alle misure di pubblica sicurezza.

Negli anni immediatamente successivi all’Unità le condizioni della pubblica sicurezza peggiorarono rapidamente in Sicilia, con la diffusione di malandrinaggio e violazioni della proprietà, alimentati dai renitenti alla leva e dagli evasi dalle galere, a cui il governo reagì con una stretta repressiva. Lo stesso Turrisi Colonna nel luglio del 1863 mentre rientrava in città subì un agguato, che fu sventato e che lo sollecitò a reagire contro la linea del governo centrale. A suo avviso, infatti, come scrisse nei Cenni sullo stato attuale della sicurezza pubblica in Sicilia, solo la creazione di una polizia rurale, formata da siciliani, avrebbe risolto la questione. Lo studio, comparso prima sul quotidiano Il Precursore e poi pubblicato in opuscolo nel 1864, può essere considerato il primo testo che conduce un’attenta analisi sociale e politica della criminalità organizzata nell’Isola, sebbene il termine ‘mafia’ non vi compaia ancora. L’analisi del barone di Bonvicino – confermata anche un paio d’anni dopo nella sua deposizione per la Commissione parlamentare di inchiesta sulla rivolta palermitana del 1866 – istituì un collegamento fra i liberali e la malavita siciliana, sin dai moti del 1848 e poi del 1860: la rivoluzione, a suo avviso, si era servita di chiunque potesse usare le armi e al contempo svolgere una funzione d’ordine. Alcuni degli ‘uomini d’ordine’ a cui si riferiva Turrisi Colonna, già presenti nel 1848 all’interno della guardia nazionale, erano anche membri di quella ‘setta’ criminale in cui è possibile scorgere i prodromi della mafia. Tra questi spiccava Antonino Giammona, uomo di fiducia protetto dallo stesso Turrisi Colonna, nel 1848 capitano della guardia nazionale e riconosciuto come il capo della mafia palermitana.

La lotta politica e il rapporto con il fenomeno mafioso si intrecciano dunque nella vicenda sia pubblica sia privata di Turrisi Colonna: tra i campieri che curavano le sue proprietà di S. Anastasia e Ogliastro, nell’entroterra madonita, figuravano infatti diversi esponenti mafiosi, arrestati nel 1874 in occasione di una perquisizione nelle proprietà del barone. Nel 1876 il fatto venne riferito da Turrisi Colonna anche a Leopoldo Franchetti e Sonnino per la loro inchiesta sulla Sicilia, da cui uscì confermato il ruolo svolto dalla classe dominante siciliana, ben rappresentata dalla stesso barone di Bonvicino, nel fornire appoggio e protezione ad alcuni fra i più importanti mafiosi dell’epoca.

A Palermo Turrisi Colonna fu sempre consigliere comunale a partire dal 1861 e fu presidente del Consiglio provinciale di Palermo dal 1867 al 1878. Lo scontro fra i sostenitori di una maggiore autonomia regionale e i difensori del principio di accentramento unitario lo vide dalla parte di questi ultimi, come emerse durante la rivolta palermitana del 1866. Ciò nonostante, il suo giudizio sulle politiche della Destra storica nei riguardi della lotta alla criminalità, ritenute troppo esasperate, lo portarono a capeggiare quel fronte di opposizione che contribuì, dopo la tornata elettorale del 1876, alla caduta del governo presieduto da Marco Minghetti.

Dal 1880 al 1882, sostenuto dall’Associazione democratica progressista a lui facente capo, Turrisi Colonna fu sindaco di Palermo, presiedendo due giunte. Sebbene non estraneo a un uso spregiudicato delle assunzioni pubbliche a fini elettorali, la sua opera di sindaco fu diretta a un generale ammodernamento amministrativo, come si evince dal risanamento del bilancio, dalla ristrutturazione del servizio di beneficenza, dal miglioramento del servizio scolastico e soprattutto dal tentativo di modernizzare la città dal punto di vista idraulico. Turrisi Colonna sollecitò infatti la creazione di nuove centrali idriche cittadine per la distribuzione dell’acqua, e trattò con il governo la cessione delle acque demaniali per l’approvvigionamento urbano. Un attivismo che si riflette anche in due pubblicazioni date alle stampe nel 1882: La fognatura di Palermo e delle borgate adiacenti e Questioni municipali urgenti. La necessità da lui invocata di nuove imposte per fare fronte alle crescenti spese dell’amministrazione creò non pochi dissidi all’interno del Consiglio comunale, spingendo Turrisi Colonna alle dimissioni nel 1882.

Tornato nuovamente a vita privata, proseguì intensamente la sua attività di ricerca. Tra il 1883 e il 1884 fu direttore di un nuovo settimanale da lui fondato, La Sicilia agricola, dove pubblicò rilevanti studi tra cui Sulla temuta crisi agraria in Sicilia, Sulla industria dei cereali e Provvedimenti contro la fillossera. Tra gli altri studi importanti condotti in quegli anni va menzionato Il silaggio in Sicilia, pubblicato nel 1884.

Dal 1886 al 1887 Turrisi Colonna accettò nuovamente l’incarico di sindaco. I problemi da risolvere erano ancora molti, tra cui lo sventramento e il risanamento urbano, la progettazione delle linee di espansione della città, la costruzione delle fognature e della rete idrica. Il carico di lavoro a cui si sottopose ne compromisero la salute già precaria, e nel settembre del 1887 fu colpito da emorragia cerebrale. Impossibilitato a proseguire l’azione politica, riuscì a dettare la sua ultima opera intitolata Cenni e ricordi sull’amministrazione comunale di Palermo nel 1886-87.

A Palermo fondò e presiedette la Società d’igiene. Nel corso della sua carriera lo accolsero come socio l’Accademia dei Georgofili di Firenze, l’Istituto d’incoraggiamento, l’Accademia delle scienze, la Società siciliana di economia politica, la Società di storia patria, la Camera di commercio, il Consiglio di perfezionamento, la Società di acclimazione, la Stazione di chimica agraria. Tra le onorificenze ricevute quella di commendatore, gran croce e gran cordone della Corona d’Italia.

Morì a Palermo il 13 maggio 1889 per un colpo apoplettico.

Opere. Tra le più significative pubblicazioni di Turrisi Colonna, oltre a quelle già richiamate nel testo, si ricordano: Sullo stato attuale della industria ed istruzione agraria in Sicilia, Palermo 1851; Rapporto della Commissione speciale sulla Colonia agraria di S. Martino, Palermo 1868; Per la distribuzione dei premi alla Esposizione Agraria di Girgenti, Girgenti 1869; Studii sul caseificio siciliano, Palermo 1870; La stazione agraria di Palermo, Palermo 1873; Discorso inaugurale per la collocazione della prima pietra del Teatro Massimo di Palermo, Palermo 1875; La Sicilia a proposito della Inchiesta, Palermo 1875; Quistioni proposte alla Società di economia politica sulle condizioni economico-agrarie della Sicilia, Palermo 1875; Studi di apicoltura razionale. Terza lettera al Prof. Giuseppe Inzenga, Palermo 1875; Relazione della Giunta scientifica nominata dal Comizio agrario di Palermo per esaminare i rimedi del sig. Di Gregorio per curare il mal della gomma, Palermo 1876; Sui quesiti intorno all’economia rurale proposti dalla Società siciliana di economia politica, Palermo 1877; Studi sulla coltura agraria del Monte Pellegrino, Palermo 1880; Studii di apicoltura: lettere del barone Nicolò Turrisi al prof. Ferdinando Alfonso, Palermo 1880; Commemorazione del 4 aprile 1860, Palermo 1881; Sul miglioramento delle condizioni igieniche della città proposte dalla Giunta al Consiglio comunale di Palermo, Palermo 1881; L’industria pastorale nel territorio di Palermo, Palermo 1882; Memoria per S. Mauro Castelverde al Consiglio provinciale di Palermo, Palermo 1882; Sul bonificamento del bacino di Mondello, Palermo 1887.

Fonti e Bibl.: L’archivio personale di Nicolò Turrisi Colonna, non inventariato, si trova presso l’erede avv. Antonio D’Alì. Presso l’Archivio centrale dello Stato, nel fondo Francesco Crispi, si trova un fascicolo che raccoglie la gran parte delle lettere di Turrisi Colonna a Crispi (serie Deputazione di storia patria di Palermo, b. 162, f. 2129). Altre lettere si trovano alla Biblioteca comunale dell’Archiginnasio di Bologna (Fondo speciale Marco Minghetti, bb. 41 e 78). Ulteriori riferimenti archivistici sono contenuti nel profilo biografico tracciato da G. Spallino, Per una biografia di N. T.C., Università di Palermo, tesi di laurea, a.a. 2012-13. Per quanto riguarda l’attività politica e amministrativa di Turrisi Colonna si può fare riferimento anche agli atti parlamentari e alle relazioni al Consiglio comunale di Palermo, edite o eventualmente presenti fra le carte dell’archivio storico del Comune di Palermo. Inoltre: F. Alfonso, Necrologio di N. T.C., Palermo 1889; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, Terni 1896, p. 938; G.C. Marino, L’opposizione mafiosa. Mafia, politica, Stato liberale, Palermo 1986, pp. 137, 167, 179; O. Cancila, Palermo, Roma-Bari 1988, passim; M. Turrisi Grifeo, Da un secolo all’altro, introduzione a N. Turrisi Colonna, Cenni sullo stato attuale della sicurezza pubblica in Sicilia, Palermo 1988; S. Lupo, Il giardino degli aranci. Il mondo degli agrumi nella storia del Mezzogiorno, Venezia 1990, pp. 75 s.; Id., Storia della mafia dalle origini ai giorni nostri, Roma 1996, passim; F. Renda, Storia della Sicilia dalle origini ai giorni nostri, Palermo 2003, passim; A. Blando, Domani a Palermo! Politici, magistrati, massoni, rivoluzionari, intellettuali e mafiosi (1860-1880), in Criminalità dei potenti e metodo mafioso, a cura di A. Dino, Milano-Udine 2009, pp. 128-142; Repertorio biografico dei Senatori dell’Italia liberale 1861-1922, a cura di F. Grassi Orsini - E. Campochiaro, VIII, Roma 2009, ad vocem; G. Spallino, La rivolta del Sette e Mezzo, N. T.C. e le origini della mafia, in L’ultimo Risorgimento. Settembre 1866: la rivolta del Sette e Mezzo, a cura di S. Lombino - A. Maggi, Palermo 2018, pp. 191-206.

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