NINFE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1963)

NINFE (Νύμϕαι)

H. Sichtermann

Divinità greche della natura, dall'aspetto di giovani fanciulle; non posseggono una mitologia uniforme a causa del loro numero; il loro nome deriva dal termine con cui comunemente veniva designata la fanciulla in età da marito, νύμϕη; come loro padre è nominato talora Zeus ma anche Oceano e Achebo, come madre appare in rari casi Themis. Non sempre erano considerate immortali e divine, ma spesso soltanto di lunga vita e semidivine; non vivevano nell'Olimpo bensì sulla terra dove venivano immaginate in ogni tipo di paesaggio naturale, soprattutto vicino all'acqua, ai fiumi e alle sorgenti, nei boschi e presso alberi isolati, sui monti e nei prati. Secondo la loro dimora esse venivano suddivise in diversi gruppi dei quali i più noti sono quelli delle Naiadi, delle Oreadi e delle Driadi; di queste furono le Naiadi (n. delle acque) ad acquistare maggiore importanza, specialmente nel culto; meno importanti furono le Driadi, le n. degli alberi.

Singole n. potevano distinguersi dalla gran massa, assumere nomi proprî ed essere protagoniste di vicende proprie, come Aretusa, Peirene, Salmakis; ma anche figure originariamente a sé stanti, come Calipso e Circe, poterono in seguito essere considerate delle ninfe. La credenza, divenuta più tardi di uso corrente, di un'unica ninfa legata ad una sorgente o ad un luogo, non è quella originaria; dapprima venivano pensate sempre in gran numero e abitavano soprattutto in grotte e caverne. Per lo più erano per natura filantrope e soccorritrici, per quanto all'occasione potessero diventare anche vendicative se offese o provocate; erano dispensatrici di fertilità e vita, si incaricavano di far prosperare le piante e gli animali; provvedevano a non far mancare l'acqua, facevano maturare i frutti ed erano considerate in genere come benefattrici degli uomini. Favorivano le nascite ed avevano cura delle discendenze; si attribuivano loro proprietà guaritrici ed infine anche il dono della mantica. Non sempre ha esito felice il loro amore per i giovanetti belli e mortali, per lo più pastori, che esse rapiscono; i più noti sono Dafni e Hylas. Si volle vedere un nesso fra questi rapimenti e la morte dei rapiti ed ancora durante l'epoca romana si poteva dire di un defunto: abuit ad Nymfas (rilievo di Grosseto). Di aspetto leggiadro, esse venivano immaginate spesso nella danza o nel girotondo; erano connesse soprattutto a divinità come Afrodite, Apollo, Hermes ma, data la loro natura, in special modo con Artemide, con Dioniso da loro allevato e con Pan; andavano a caccia con Artemide, si univano al seguito di Dioniso, nel qual caso diventavano le vere e proprie compagne dei satiri; il loro signore era Pan assieme al quale erano venerate. Il loro culto, nelle sue forme di proporzioni modeste, si estese in tutta la Grecia e al di fuori di essa; luoghi di culto sono noti in Atene, tra l'altro sulla pendice nord-occidentale dell'Acropoli e sul Parnaso; ci sono poi testimonianze per il resto del continente, le isole, l'Asia Minore, la Sicilia, l'Italia, la Sardegna, la Gallia, la Germania e l'Africa settentrionale; talvolta singoli culti acquistano un significato specifico come quello delle Nymphai Nitrodes che si riferiva alle acque di Ischia contenenti sodio. Durante il periodo romano le n. furono venerate nel culto assieme a quasi tutte le altre divinità; nelle province furono assimilate agli dèi locali ed accolte nelle religioni sincretistiche. Elemento esteriore particolare del culto delle ninfe era il ninfeo, che però come costruzione architettonica non era legato soltanto al culto. L'aspetto fisico delle n. è descritto come avvenente e giovanile; non avevano caratteristiche particolari o attributi. Sono rappresentate così anche nelle arti figurative dai tempi più antichi fino al periodo romano: vestite normalmente come le giovani fanciulle della loro epoca, nude solo quando lo imponesse un'occasione particolare come il bagno o il trastullo amoroso con i satiri. Esse sono rappresentate con lunghe vesti sul vaso François, nel corteo che riaccompagna Efesto all'Olimpo, su un'anfora a figure nere di Londra mentre porgono a Perseo il cappello, le scarpe e la bisaccia, così pure quando consegnano Achille a Chirone su una coppa a figure nere di Würzburg; sono nude sulla coppa di Fineo a Würzburg che le rappresenta mentre vengono sorprese dai satiri, come pure sono nude le figure addormentate alle quali i satiri si avvicinano di soppiatto in dipinti vascolari a figure rosse. Tra le figure femminili dei numerosi dipinti vascolari a figure nere e rosse di soggetto dionisiaco, non sempre è possibile fare una netta distinzione tra menadi e n., però le fanciulle danzanti senza attributi si potranno considerare piuttosto n. che non menadi come, ad esempio, quelle sui vasi calcidesi. Anche nelle piccole sculture (terrecotte e bronzi) in cui sono riprodotte n. portate in spalla dai satiri, la distinzione non è sempre netta (fra le altre la statuetta in bronzo di Amburgo). La loro originaria connessione con Dioniso in qualità di sue nutrici è raffigurata più volte su vasi con la scena della consegna da parte di Hermes, la raffigurazione più bella è quella sul cratere a fondo bianco del Vaticano; anche un affresco pompeiano rappresenta Dioniso fanciullo fra le n., in braccio ai sileni. Anche l'arte più tarda non ha mai dimenticato questa connessione: su un mosaico di Malta, che potrebbe risalire ad un modello ellenistico, alcune n. sono occupate a tosare un satiro; per tacere di rappresentazioni erotiche. Anche sull'altare di Pergamo le n. lottano presso Dioniso. La figura, più tardi divenuta tanto popolare, di una ninfa locale che assiste ad un avvenimento mitologico è molto rara nei tempi più antichi; in seguito questa spettatrice è rappresentata, il più delle volte inattiva, su vasi della tarda classicità, negli affreschi pompeiani, su sarcofagi e rilievi; su un'idria di Monaco la vediamo nel giudizio di Paride, su un'idria di Leningrado nella lite tra Posidone ed Atena, nel dipinto pompeiano con Kyparissos essa appare in una posizione caratteristica mentre spinge lo sguardo al di là di un monte; fra i sarcofagi vanno citati in particolar modo i sarcofagi di Endimione; però anche i sarcofagi di Atteone ed altri sarcofagi mitologici recano raffigurata la ninfa del luogo che assiste alla scena; per lo più essa è sola, ma talvolta ne compaiono anche due, di solito giacenti con l'urna per l'acqua. Le n. appaiono in aggruppamenti del tutto autonomi e loro propri sui rilievi ad esse dedicati che vanno dal periodo arcaico fino a quello ellenistico e si diffusero in tutto il mondo antico; in parte vennero anche copiati dalla tarda arte classicistica. Di solito vi è raffigurata una triade o anche più n. con l'aggiunta di altre figure, divinità o anche fedeli, e presentano molte varianti per quanto concerne l'atteggiamento e la disposizione delle ninfe. Uno dei più antichi, quello di Taso, le raffigura mentre vanno incontro ad Apollo; i rilievi attici, che iniziano alla fine del V sec. e continuano per circa un secolo, presentano le tre n. in una caverna, tranquillamente sedute o in piedi, assieme ad Hermes, Pan, Achebo o anche Apollo; oppure mentre camminano o danzano, guidate da Hermes; sono anche rappresentate tre n. che si tengono per un lembo della veste, o danzano in tondo con Pan o come singole danzatrici avvolte dal mantello. Particolarmente questo gruppo di rilievi con n. danzanti o che camminano è stato spesso imitato dall'arte neoattica. I rilievi attici hanno esercitato la loro influenza anche su rilievi votivi non attici e se ne trovano esempî nella stessa Grecia, ma anche al di fuori; essi presentano molte varianti nella composizione e si differenziano anche per l'aggiunta o l'omissione delle divinità accompagnatrici come Pan ed Hermes. I rilievi votivi più tardi introducono un nuovo tipo, quello della ninfa seminuda, in posizione frontale, che tiene innanzi a sé una coppa o una grossa conchiglia; generalmente si tratta di un gruppo di tre n.; i più noti sono i rilievi votivi delle Nymphai Nitrodes di Ischia, ora a Napoli. Questo tipo è connesso ad un modello statuario usato per le fontane di cui sono conservate parecchie copie; se ne trovano esemplari nella Galleria Borghese, nell'Ermitage di Leningrado e al Vaticano. Un altro tipo statuario, usato anch'esso in genere per le fontane, è costituito da una ninfa completamente nuda o semivestita che puntella un piede su un sosteguo ed appoggia un braccio sul femore; l'esemplare più noto è quello del Vaticano, inoltre esistono repliche a Rodi e nell'antiquariato romano. Il tipo della ninfa seduta, chinata in avanti per appoggiarsi alla gamba viene ancora rappresentato nella statuaria; l'esemplare che di recente ha acquistato notorietà proviene da Leptis Magna. Nella figura femminile seduta con un fanciullo in grembo si può riconoscere una ninfa con Dioniso; repliche di quest'opera si trovano tra l'altro a Firenze, a Palazzo Lante e a Pozzuoli. È documentato anche il tipo statuario della ninfa distesa; è certamente creazione ellenistica il tipo che la rappresenta mentre dorme semieretta, il braccio destro ripiegato sulla spalla sinistra, con la veste che copre soltanto i piedi, appoggiata ad un'urna; si citi come esempio un ritrovamento recente di Utica. I tipi statuari compaiono anche su rilievi, sarcofagi e monete. Durante l'epoca romana anche altri tipi sono stati usati come figure da fontana e considerati n, così come anche in altre forme d'arte si ebbero nuove invenzioni o varianti del tema delle n., si veda, ad esempio, l'affresco pompeiano che rappresenta Pan tra le ninfe. Nessuno dei tipi esistenti può essere ricollegato all'opera di un grande maestro; si hanno notizie di una statua di Prassitele che faceva gruppo con Danae e Pan (Anth. Pal., vi, 317), di un rilievo di Kolotes (Paus., v, 20, 3) e un dipinto di Apelle che ritraeva Artemide tra uno stuolo di ninfe (Plin., Nat. hist., xxxv, 96).

Monumenti considerati. - Vaso François: FurtwänglerReichhold, tav. ii, 12. Anfora a figure nere di Londra: A. Rumpf, Chalkid. Vasen, tav. 15. Coppa a Würzburg: E. Langlotz, Griech. Vasen, tav. 126. Coppa di Fineo: E. Pfuhl, Malerei und Zeichnung der Griechen, fig. 164. Vasi a figure rosse con satiri e n.: E. Pfuhl, op. cit., fig. 565. Bronzo di Amburgo: Arch. Anz., 1960, p. 117 s., fig. 49 s. Cratere del Vaticano: P. E. Arias-M. Hirmer, Mille anni di ceramica greca, tav. xliv. Pitture pompeiane: G. E. Rizzo, La pittura ellenistico-romana, tav. 107 a. Mosaico di Malta: G. E. Rizzo, op. cit., tav. 115. Pergamo: H. Kähler, Der grosse Fries von Pergamon, p. 49. Idria di Monaco: E. Pfuhl, op. cit., fig. 598. Idria di Leningrado: E. Pfuhl, op. cit., fig. 604. Kyparissos: G. E. Rizzo, op. cit., tav. 107. Sarcofagi: C. Robert, Sarkophagrel., iii, 1. Rilievi: votivi: R. Feubel, Die attischen Nymphenreliefs und ihre Vorbilder, 1935; R. V. Petkovic, in Serta Hoffilleriana, p. 145 ss.; J. Velkov, in. Bulletin de l'Inst. Arch. Bulgare, xv, 1946, p. 228 ss.; Ph. D. Stavropoullos, in Arch. Ephem., 89-90, 1950-51, p. 106 ss.; L. Forti, in Rendiconti dell'Accademia di Napoli, xxvi, 1951, p. 161 ss. (Ischia); M. Guarducci, in Ann. Atene, xiv-xvi, 1952-54, p. 184; 187; D. Tsontchev, in Österr. Jahreshefte, xl, 1953, p. 225 ss.; E. Diez, ibid., xli, 1954, p. 90 ss.; A. García y Bellido, in Archivo Esp. de Arqueol., xxix, 1956, p. 211 ss.; I. Cremośnik, in Glasnik Zemalskog Muzeja u Sarajevu, N. S., xi, 1956 p. 111 ss.; C. Robert, in Anatolia, iii, 1958, p. 103 ss.; C. Blümel, in ΘΕΩΡΙΑ, Festschrift für W. H. Schuchhardt, p. 23 ss. Neoattici: E. Paribeni, in Boll. d'Arte, xxxvi, 1951, p. 105 ss.; W. Fuchs, Die Vorbilder der neuattischen Reliefs, p. 20 ss., Tav. 3 ss. Statue: Galleria Borghese: Anderson, 31287. Leningrado: O. Waldhauer, Die antiken Skulpturen der Ermitage, iii, tav. 34. Vaticano: W. Amelung, Die Sculpturen des Vatican. Museums, ii, tav. 58 e iii, 2, tav. 108. Rodi e antiquariato: Röm. Mitt., lxiii, 1956, tavv. 13-20. Leptis Magna: La Parola del Passato, xi, 1956, p. 139 ss. Firenze: Einzelaufnahmen, n. 284. Palazzo Lante: F. Matz-F. v. Duhn, Antike Bildwerke in Rom, n. 354. Utica: Karthago, ii, 1951, p. 83 ss. Monete: F. Imhoof-Blumer, Nymphen und Chariten auf griech. Münzen, 1908; L. Robert, Hellenica, ii, 1946, p. 94 ss.; L. Lacroix, in Revue Belge de Num., 99, 1953, p. 5 ss.; J. Hruby, in Moravské numismatiské zpravy, iv, 1958, p. 7 ss. Pitture pompeiane: Alinari, 12011; cfr. W. Kraiker, in Studies Robinson, i, p. 801 ss.

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