Novità in tema di impugnazioni

Libro dell'anno del Diritto 2014

Vedi Novita in tema di impugnazioni dell'anno: 2013 - 2014 - 2015

Novità in tema di impugnazioni

Pasquale D’Ascola

Tra la fine del 2012 e il 2013 la dottrina processualcivilistica ha prima denunciato la portata macchinosa e restrittiva delle ultime riforme in materia di impugnazioni (Consolo, C., Nuovi ed indesiderabili esercizi normativi sul processo civile: le impugnazioni a rischio di «svaporamento», in Corr. giur., 2012, 1133) e le loro anomalie sistematiche (Comoglio, L.P., Requiem per il processo giusto, in Nuova giur. civ. comm., 2013, II, 47). Ha poi potuto occuparsi più distesamente del giudizio di cassazione (Caponi, R., Norme processuali elestiche e sindacato in Cassazione (dopo la modifica dell’art. 360, 1° comma, n. 5, c.p.c.), in Foro it., 2013, V, 149) alla luce della normativa varata con la l. 7.8.2012, n. 134. Vanno segnalati tra gli altri lo studio di G. Ricci (Il giudizio civile di cassazione, Giappichelli, 2013) mirato sulla tecnica del ricorso per cassazione e sull’analisi del procedimento e quello di G. Amoroso (Il giudizio civile di cassazione, Giuffrè, 2012), che muove da un quadro sistematico della giurisprudenza.

Venendo al processo di appello, le Sezioni Unite (S.U., 18.4.2013, n. 9407) hanno avuto modo di comporre il contrasto in ordine alla necessità dell’avvertimento ex art. 163, co. 3, n. 7, c.p.c. (cfr. questa Rassegna, in Libro dell’anno del diritto 2013), enunciando il principio secondo cui l’art. 342 c.p.c., nel testo derivante dall’art. 50 l. 26.11.1990, n. 353 e prima delle modifiche apportate dall’art. 54 d.l. 22.6.2012, n. 83 (conv. nella l. n. 134/2012), non richiede anche lo specifico avvertimento prescritto dalla norma citata, per il quale la costituzione del convenuto oltre i termini previsti implica le decadenze di legge nel giudizio di primo grado.

Hanno poi ribadito (riprendendo Cass., S.U., 23.12.2005, n. 28498) che nel vigente ordinamento processuale, il giudizio d’appello non può più dirsi un “novum judicium”, ma ha assunto le caratteristiche di una impugnazione a critica vincolata. Ne deriva che l’appellante assume sempre la veste di attore e su di lui ricade l’onere di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame, sicché, ove voglia valersi di documenti prodotti dalla controparte e da questa non depositati in appello, deve estrarne copia ai sensi dell’art. 76 disp. att. c.p.c. e produrli in sede di impugnazione (Cass., S.U., 8.02.2013, n. 3033, in Foro it., 2013, I, 819).

Sempre in tema di appello, completando un percorso risalente a Cass., S.U., 3.2.1998, n. 1099 e facendo leva sul valore primario del processo costituito dalla giustizia della decisione, è stato ripetuto che il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati "ex actis" (Cass., S.U., 7.5.2013, n. 10531).

Sull’esercizio del potere di impugnazione e sulla sua consumazione (fattispecie in tema di notificazione della citazione per revocazione e di mancata iscrizione a ruolo dell’appello notificato), giova segnalare Cass., 4.12.2012, n. 21717 e n. 21718 (in Foro it., 2013, I, 1987, con nota di Caporusso).

Sempre soggetto a rifiniture è il tema delle prove nuove in appello, ancora riferito alla versione originaria dell’art. 345. Nel precisare il dictum delle Sezioni Unite del 2005, è stato chiarito (Cass., 4.3.2013, n. 5308) che la produzione di documenti nuovi in appello non si ha per accettata dalla controparte solo perché essa non ne abbia immediatamente eccepito la tardività, salvi gli effetti della sua eventuale acquiescenza al provvedimento col quale il giudice d’appello abbia ammesso la produzione tardiva. Una strisciante linea di contrasto si coglie, in ordine alla ammissibilità delle prove nuove, tra Cass., 26.7.2012, n. 13353 che per indispensabilità intende una loro intrinseca decisività o una influenza causale più incisiva rispetto alle prove “rilevanti” e Cass., 29.5.2013, n. 13432, che ammette i nuovi mezzi di prova sia quando appaiano indispensabili sia quando essi abbiano il mero scopo di rafforzare le prove già raccolte in primo grado, «perché in tal caso la produzione non è destinata ad aprire un nuovo fronte di indagine». Inoltre anche in caso di decadenze già maturate, secondo Cass., 5.11.2012, n. 18924 la «prova nuova» disposta d’ufficio è comunque ammissibile perché, essendo funzionale al solo approfondimento degli elementi già obbiettivamente presenti nel processo, non si pone una questione di preclusione o decadenza processale a carico della parte.

È interessante anche dar notizia dell’ammissibilità in sede di giudizio di rinvio di prove non dedotte in precedenza, funzionali a supportare il nuovo accertamento dei fatti nel caso in cui la sentenza d’appello sia stata annullata per vizio di violazione o falsa applicazione di legge, che obblighi a reimpostare la lite secondo un diverso angolo visuale (Cass., 26.6.2013, n. 16180).

È ancora agli esordi il riflesso giurisprudenziale del cd. filtro in appello, su cui ci si limita a rinviare ai provvedimenti editi, delle Corti di Bari (18.2.2013) e Roma (23 e 30.1.2013), che si sono occupati di definire la mancanza di una «ragionevole probabilità di accoglimento dell’appello» (cfr. in Foro it., 2013, I, 969 ss.; in dottrina v. Mocci, M., Il filtroin appello, fra ottimismo della volontà e pessimismo della ragione, in Giur. mer., 2012, 2013; Caponi, R., Contro il nuovo filtro in appello e per un filtro in Cassazione nel processo civile, in Giur. cost., 2012, 1539; Monteleone, G., Proposte concrete per salvare l’appello civile, e Verde, G., Diritto di difesa e nuova disciplina delle impugnazioni, entrambi in www.judicium.it, saggi)

Quanto al giudizio di cassazione, va subito evidenziato l’indirizzo antiformalistico della sentenza Cass., S.U., 24.7.2013, n. 17931 con la quale la Corte, risolvendo un contrasto, ha deciso che il ricorso per cassazione è ammissibile, qualora il motivo, che denunci l’omessa pronuncia e che ometta di richiamare il n. 4 dell’art. 360 c.p.c., faccia inequivocabilmente riferimento alla nullità della decisione derivante dall’omissione.

Di rilievo è anche Cass., S.U., 22.4.2013, n. 9692, che, nell’ammettere l’applicazione della disciplina di cui all’art. 110 c.p.c. per il processo di legittimità, fa onere alla parte succeduta di costituirsi con le forme di cui all’art. 372 c.p.c., notificando alla controparte la sostituzione della parte originaria.

In ordine alla tecnica del ricorso, va ricordata Cass., S.U., 5.7.2013, n. 16887, secondo la quale la verifica dell’osservanza di quanto prescritto dall’art. 366, co. 1, n. 6, c.p.c. deve compiersi con riguardo ad ogni singolo motivo di impugnazione e la mancata specifica indicazione (ed allegazione) dei documenti sui quali ciascuno di essi, eventualmente, si fondi può comportarne la declaratoria di inammissibilità solo quando si tratti di censure rispetto alle quali uno o più specifici atti o documenti siano necessari per la comprensione del motivo di doglianza e della sua decisività.

Il requisito dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, indagato approfonditamente dalla dottrina (cfr. Rusciano, S., Nomofilachia e ricorso in cassazione, Giappichelli, 2012, 121 ss.), è ancora materia in cerca di sistemazione, come si desume dallo scritto di Triola, R., che ne denuncia la “resistibile ascesa” (La resistibile ascesa del c.d. principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in Foro it., 2012, V, 265) e il diverso orientamento sorretto da Cass., 25.3.2013, n. 7455, secondo la quale «non contrasta con il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale, sancito dalla convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la disciplina del ricorso per cassazione, nella parte in cui prevede – all’art. 366, 1º comma, numero 6), c.p.c. – requisiti di ammissibilità di contenuto-forma, giacché essi, oltre ad essere individuati in modo chiaro e in applicazione del principio della idoneità dell’atto processuale al raggiungimento dello scopo (art. 156, 2º comma, c.p.c.), risultano coerenti con la natura di impugnazione a critica limitata propria del ricorso per cassazione e con la strutturazione del giudizio di legittimità quale processo sostanzialmente privo di momenti di istruzione; né, d’altra parte, tale disciplina conferisce alla corte di cassazione un potere discrezionale troppo ampio, ove si consideri che le sue sentenze debbono essere motivate ai sensi dell’art. 132 c.p.c. e, prima ancora, sulla base del precetto costituzionale di cui all’art. 111, 6° comma, Cost.».

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