Nullità della notifica e costituzione sanante

Il libro dell anno del diritto 2019 (2019)

Nullità della notifica e costituzione sanante

Maria Alessandra Sandulli
Flaminia Aperio Bella

La dichiarazione dell’illegittimità costituzionale dell’art. 44, co. 3, c.p.a. per la parte in cui limitava temporalmente l’efficacia sanante della costituzione degli intimati sulla notificazione nulla facendo «salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione», pronunciata dalla Consulta per eccesso di delega, rappresenta un importante passo verso la pienezza del diritto di difesa innanzi al g.a. (artt. 24 e 113 Cost.) realizzata anche tramite il necessario ossequio ai princìpi generali ricavabili dal c.p.c., tra cui rientra la prevalenza della sostanza sulla forma quando si verta in materia di norme processuali che limitano in modo sproporzionato il diritto di azione, senza essere giustificate da effettive garanzie difensive, né da concorrenti e prevalenti interessi di altra natura.

La ricognizione

La sentenza n. 132 del 26.6.2018 della Corte costituzionale ha operato una significativa delimitazione degli effetti della nullità della notificazione nel processo amministrativo. La notificazione è comunemente definita come la serie procedimentale di atti, distinti dal ricorso, preordinati specificamente alla costituzione della situazione processuale di certezza legale della ricezione dell’atto di parte che ne forma oggetto, nonché alla legittima introduzione del contraddittorio1. L’istituto assume, in ambito processuale, lo scopo tipico di provocare la presa di conoscenza di un atto da parte di destinatari determinati2. Ciò che distingue la notificazione dalle altre forme di pubblicità è proprio l’impulso che il richiedente deve imprimere verso un certo destinatario, determinando la direzione nella quale intende produrre la conoscenza dell’atto, con conseguente realizzazione di una situazione di conoscenza individuale che si differenzia dalla condizione obiettiva di conoscibilità, valida per tutti, tipica della pubblicità. Sebbene la funzione assolta dalla notificazione sia la medesima in ogni campo del diritto processuale, assumendo portata trasversale, è stato per anni accettato – e rimane ancora legittimo, sotto taluni aspetti3 – che l’istituto segua regole differenti a seconda del modello processuale di riferimento, e in particolare, per quanto qui rileva, che sussistano differenze nel regime della sanabilità dei vizi della notificazione tra il processo amministrativo e quello civile. Con la sentenza in commento la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 44, co. 3, c.p.a. limitatamente alle parole «salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione» per ciò che, incorrendo in una violazione dell’art. 76 Cost., riconosceva alla costituzione dell’amministrazione intimata un effetto sanante solo ex nunc, in violazione dei princìpi e criteri direttivi della legge delega che imponevano al legislatore delegato di adeguarsi alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, e di coordinarsi con le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto espressive di princìpi generali. Il Giudice delle leggi ha in tal modo tracciato un importante confine oltre il quale la differenziazione tra processo amministrativo e processo civile non è giustificata, affermando che tra i princìpi generali suscettibili di imporsi trasversalmente, in quanto immanenti alla ratio stessa degli atti processuali, rientra quello della strumentalità della forma e del raggiungimento dello scopo.

La focalizzazione. La sanabilità della notifica nulla nelle evoluzioni del quadro normativo

Le questioni inerenti la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio rivestono da sempre un ruolo cruciale nel modello processuale amministrativo, in cui il ricorso introduttivo assume una rilevanza fondamentale ai fini della valida instaurazione del rapporto processuale nel rispetto dei rigidi termini di decadenza previsti4. Lo specifico tema dell’invalidità della notificazione e dei limiti alla relativa sanatoria è tornato di particolare attualità in tempi recenti anche in ragione dell’introduzione di nuovi mezzi di notificazione del ricorso per via telematica, e della conseguente insorgenza di inedite forme di irregolarità e invalidità con cui la giurisprudenza ha dovuto misurarsi, peraltro fornendo risposte non sempre univoche5. In un contesto come quello attuale, dominato da “norme tecniche” complesse e affastellate, ben si comprende la rilevanza fondamentale che ha assunto la precisa individuazione della portata sanante della costituzione. Per comprendere a pieno la portata della sentenza n. 132/2018, e la vicenda dalla quale essa origina, occorre ripercorrere brevemente le evoluzioni normative che hanno riguardato l’istituto della notificazione del ricorso nel processo amministrativo e, più in particolare, la sanatoria della relativa nullità per effetto della costituzione delle parti intimate. Nell’assetto normativo anteriore al codice (d.lgs. 2.7.2010, n. 104 di seguito anche c.p.a.), il r.d. 17.8.1907, n. 642 disciplinava il regime del ricorso nullo all’art. 17, co. 3, disinteressandosi di quello della notifica nulla. In tale contesto, l’efficacia sanante della costituzione delle parti intimate, espressiva del principio della strumentalità della forma e di raggiungimento dello scopo, era fortemente temperata dalla clausola di salvezza dei «diritti acquisiti anteriormente alla comparizione», che limitava l’effetto sanante del ricorso nullo tutte le volte in cui la costituzione dell’intimato fosse intervenuta oltre la scadenza del termine per ricorrere. La disposizione era animata da un approccio che riconosceva centralità al termine per ricorrere e al dogma dell’inoppugnabilità del provvedimento. Con riferimento al regime di sanabilità della notifica nulla, in mancanza di una disciplina specifica, si contrapponevano tre orientamenti: la tesi minoritaria, più radicale, muoveva dal (criticabile) presupposto dell’inapplicabilità dell’art. 156 c.p.c. al processo amministrativo e dal silenzio della normativa di riferimento per affermare l’insanabilità della notifica nulla. Una seconda tesi, facendo riferimento alla salvezza dei «diritti acquisiti anteriormente alla comparizione» garantita dal riferito art. 17 per il caso di sanatoria del ricorso nullo, ammetteva analogicamente la sanatoria della notifica nulla a condizione che la costituzione fosse avvenuta prima della scadenza del termine previsto per la notificazione del ricorso6. La terza tesi, decisamente prevalente, era quella più liberale che assegnava alla sanatoria della notifica nulla effetti ex tunc, ammettendo quindi la capacità sanante della costituzione in giudizio avvenuta in qualsiasi tempo7. tale ultima posizione è stata definitivamente sugellata dall’Adunanza Plenaria che, con sentenza 16.12.1980, n. 50 ha chiarito che, poiché la costituzione in giudizio della parte intimata avvera l’evento previsto dalla legge come fine tipico della notificazione, a seguito di tale costituzione «deve ritenersi che gli effetti della sanatoria risalgono in via generale ex tunc al tempo della notificazione, ancorché eseguita in forma anomala»8. Il principio è stato poi costantemente applicato dalla giurisprudenza9, sebbene la dottrina non abbia mancato di evidenziare che la descrizione del fenomeno in termini di retroattività dell’effetto sanante sarebbe invero fuorviante in quanto, nell’ipotesi di convalidazione della notifica nulla, la ragione per cui non vi è salvezza dei diritti quesiti dipende dal fatto che la costituzione fornisce ex se la prova che lo scopo della notificazione (ovvero la notizia dell’atto) è stato raggiunto sin dall’origine10. entrato in vigore il codice, la situazione, a livello normativo, è stata ribaltata: mentre l’art. 44, al co. 1, si limita a individuare le cause di nullità del ricorso, senza specificare le conseguenze di tale invalidità (eventuale sanabilità, sue modalità, suo effetto ex tunc o ex nunc, ecc.)11, i co. 3 e 4 sono dedicati al regime della notifica nulla, specificando i confini della relativa sanabilità. Il co. 3, che viene specificamente in rilievo ai fini della presente trattazione, è dedicato all’efficacia sanante della costituzione sulla notifica nulla e, riproducendo in modo pressoché pedissequo l’art. 17, co. 3, r.d. n. 642/1907, fa salvi «i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione». Il successivo co. 4, dedicato alla diversa ipotesi in cui a fronte di una notifica nulla la costituzione non avvenga, stabilisce che il giudice fissa al ricorrente un termine perentorio per rinnovarla «se ritiene che l’esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante». Le due previsioni, oltre a divergere dal trattamento riservato dal c.p.c. ai vizi di nullità della notifica, divergono anche significativamente tra loro. Quanto alle differenze rispetto al sistema processuale civile, basti rilevare che, in tale ultimo ambito, se il giudice istruttore rileva un vizio che importi nullità della notifica della citazione e il convenuto non si costituisce, ciò impone al medesimo giudice di dare all’attore un termine perentorio per rinnovare la notifica e la rinnovazione impedisce ogni decadenza (art. 291, co. 1, c.p.c.). resta fermo che nessun onere di rinnovazione sorge nel caso di notifica inesistente12. tale regime, se per un verso corrisponde a quello fissato all’art. 44, co. 4, c.p.a. per quanto attiene agli effetti sananti ex tunc della rinnovazione della notificazione nulla in caso di mancata costituzione del convenuto, per l’altro se ne differenzia radicalmente per ciò che prescinde da ogni valutazione circa l’imputabilità dell’esito negativo della notificazione, imponendo sempre e comunque al giudice, in un’ottica di prevalenza della sostanza sulla forma, di disporre la rinnovazione medesima13. Con riferimento all’efficacia sanante della costituzione dell’intimato sulla notifica nulla, in ambito processualcivilistico l’ipotesi è disciplinata dall’art. 160 c.p.c. attraverso un richiamo agli artt. 156 e 157. La regola ricavabile dalle riferite disposizioni è che la costituzione del convenuto sana ab origine i vizi della notifica14 ed essa trova coerente riscontro nell’art. 156, co. 3, c.p.c., in forza del quale «la nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato», nella disciplina del processo in contumacia (art. 291 c.p.c.), nonché nell’efficacia sanante ex tunc riconosciuta alla costituzione del convenuto anche nel caso di nullità della citazione per vizi della vocatio in ius15. Il regime operante in ambito civilistico diverge dunque decisamente da quello contenuto all’art. 44, co. 3, c.p.a., che (prima del recente intervento della Consulta) limitava l’effetto sanante della costituzione, facendo salvi «i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione». Con riferimento all’incongruità interna tra il co. 3 e 4, dell’art. 44, basti considerare che il sistema originario (i.e. prima dell’intervento della Corte) consentiva la sanabilità della notifica nulla soltanto se la costituzione dell’intimato interveniva in pendenza del termine per ricorrere, pur essendo previsto che, in mancanza di tale costituzione, il giudice può comunque ordinare la rinnovazione con effetto sanante ab origine ove riconosca che la nullità della notifica è dipesa da causa non imputabile al ricorrente. In questo modo sembrerebbe ipso facto rimessa ai soggetti intimati (p.a. e controinteressati) la potestà di determinare l’inammissibilità del ricorso avendo cura, in primo grado, di lasciar decorrere (nei rarissimi casi in cui abbiano avuto conoscenza del ricorso, ancorché viziato nella notifica, prima della relativa scadenza) il termine di decadenza dell’azione, scongiurando l’effetto sanante ex art. 44, co. 3, per poi costituirsi subito dopo, così da non esporsi al rischio di un ordine di rinnovazione con efficacia sanante ex tunc per il caso di rilevata non imputabilità al ricorrente della nullità della notifica (art. 44, co. 4). Pur residuando margini per un’interpretazione ispirata ai principi di ragionevolezza, che scongiuri la descritta aporia consentendo al giudice, anche nel caso di costituzione non sanante per ciò che successiva al termine di decadenza dell’azione, di imporre la rinnovazione della notifica nulla per causa non imputabile al ricorrente, si comprendono le ragioni per cui la formulazione particolarmente infelice delle due disposizioni abbia attirato le critiche della dottrina16, dando luogo, come meglio si illustrerà nelle pagine che seguono, a interpretazioni giurisprudenziali contrastanti.

L’ordinanza di rimessione e il vaglio di ammissibilità

Il Giudice delle leggi è stato investito della questione di legittimità costituzionale dell’art. 44, co. 3, c.p.a. da parte del tAr veneto, che aveva dubitato della relativa compatibilità rispetto a una pluralità di disposizioni costituzionali17. Sebbene, come accennato, l’eccesso di delega abbia rappresentato l’unico parametro costituzionale ritenuto violato dalla Consulta, il percorso logico-argomentativo seguito dal giudice remittente merita di essere brevemente ripercorso, per ciò che involgeva anche gli artt. 3, 24, 111, 113 e 117, co. 1, Cost., e i principi di ragionevolezza, giusto processo, effettività e proporzionalità ricavabili da tali disposizioni. L’ordinanza denunciava, in via preliminare, la violazione dell’art. 76 Cost. in quanto la sanatoria con effetti ex nunc, anziché ex tunc, non potrebbe essere qualificata come un coerente sviluppo o un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante, tra i cui criteri direttivi figuravano quelli di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con quelle del codice di procedura civile, in quanto espressione di princìpi generali, e di assicurare l’effettività della tutela. Con specifico riferimento alla violazione degli artt. 3, 24, 111, 113 e 117, co. 1, Cost., il giudice remittente, tenendo fede all’insegnamento della Consulta per cui le scelte operate dal legislatore in ambito processuale sono discrezionali e insindacabili con il limite della loro non manifesta irragionevolezza, dedicava ampio spazio a dimostrare la ricorrenza di tale grave vizio. Nel far ciò l’ordinanza si rifaceva, citandone interi passaggi, alla storica pronuncia della Consulta che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale del r.d. 30.10.1933, n. 1611 sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato, proprio nella parte in cui escludeva l’effetto sanante sulla notifica nulla della costituzione in giudizio dell’amministrazione, affermando a chiare lettere la trasversalità del principio del raggiungimento dello scopo18. Né, proseguiva il giudice remittente, una compatibilità della disposizione de qua al quadro costituzionale poteva ravvisarsi nell’esigenza di tutelare l’interesse pubblico al consolidamento degli effetti dei provvedimenti amministrativi: tale finalità, precisava il TAR, è infatti perseguita dalle disposizioni che pongono il termine di decadenza, che, nella specie, risultano in ogni caso rispettate (trattandosi di ipotesi nelle quali la notificazione del ricorso è tempestiva e, pur essendo eseguita in un modo non corretto, raggiunge nondimeno lo scopo al quale è destinata mettendo comunque il soggetto intimato in condizione di esplicare le proprie difese in sede giurisdizionale). Con specifico riferimento alla rilevata incompatibilità con gli artt. 24 e 113 Cost., il giudice remittente evidenziava la peculiare tutela che la Costituzione riserva all’interesse legittimo rispetto alle altre posizioni soggettive, con conseguente necessità di favorire la pronuncia sul merito, che è lo scopo ultimo del processo, e di sfavorire invece esiti processuali diversi da una decisione piena sulla situazione giuridica controversa. Anche i diritti di difesa della parte resistente, in tale prospettiva, sarebbero pregiudicati dalla disposizione in esame ove la stessa p.a. intendesse, in coerenza con i riferiti principi, giungere ad una decisione di merito in modo da far valere la correttezza e la legittimità del proprio operato a fronte dei rilievi mossi dalla parte ricorrente. Avvalendosi del cd. parametro interposto rappresentato dall’art. 117 Cost. (secondo l’insegnamento di C. cost., 24.10.2007, nn. 348 e 349), il TAR individuava, da ultimo, una violazione del diritto a un equo processo sancito dall’art. 6 CEDU e specificato dalla giurisprudenza di Strasburgo, a norma del quale eventuali limitazioni all’accesso ad un giudice possono essere ammesse solo in presenza di un rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito. La Consulta, dal suo canto, investita della questione di legittimità costituzionale così prospettata, si sofferma in primo luogo sull’eccezione di inammissibilità avanzata dalla difesa erariale e, nel respingerla, evidenzia che il rimettente, lungi dall’aver omesso il tentativo di interpretazione conforme, aveva espressamente escluso di poter praticare una lettura costituzionalmente orientata della disposizione alla luce dell’inequivoco tenore letterale della disposizione nella lettura datane dal cd. diritto vivente. Il TAR, infatti, aveva dato atto che all’orientamento fedele al dettato normativo e affermativo dell’efficacia sanante ex nunc della costituzione19 se ne contrappone un altro, anche dello stesso Consiglio di Stato, secondo cui la costituzione dell’intimato sana la nullità della notificazione con effetto ex tunc, ma aveva dichiarato di non potervi accedere per due ordini di ragioni: i) perché la norma censurata è sostanzialmente identica a quella recata dall’abrogato art. 17, co. 3, r.d. n. 642/1907; ii) perché tale orientamento si limiterebbe, tralaticiamente, a citare la pregressa giurisprudenza sull’effetto sanante previsto dall’art. 156, co. 3, c.p.c., ritenuto applicabile al processo amministrativo in assenza di diversa disposizione regolatrice della materia, senza prendere in considerazione la sopravvenuta disposizione del c.p.a.20

Il rimettente, quindi, si era prospettato la via dell’interpretazione adeguatrice, ma la aveva esclusa sulla base di una motivazione articolata e congrua. Le considerazioni svolte consentono alla Corte di affermare che neanche può condividersi l’interpretazione, rimasta isolata in giurisprudenza, secondo cui la disposizione censurata si riferirebbe solo ai diritti sostanziali, con esclusione di quelli processuali e, quindi, della decadenza dall’impugnazione del provvedimento amministrativo21. Sempre in via preliminare, la Consulta si sofferma su una circostanza di fatto: il ricorso introduttivo viene di norma notificato a ridosso della scadenza del termine per la sua proposizione, per l’ovvia ragione che ciò consente di apprestare una più approfondita difesa tecnica, con la conseguenza che l’ipotesi che l’amministrazione e il controinteressato si costituiscano entro la scadenza di quel termine è di difficile verificazione. Il meccanismo denunziato come distorsivo dal rimettente non può dunque considerarsi un mero inconveniente di fatto (in quanto tale non censurabile con una questione di legittimità costituzionale), perché deriva dalla stessa struttura normativa del giudizio amministrativo impugnatorio.

Il raggiungimento dello scopo come principio generale: la decisione

ripercorsi gli orientamenti giurisprudenziali correttamente illustrati dal TAR al fine di confermare l’impraticabilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata, la sentenza afferma la fondatezza della questione di legittimità costituzionale sottopostale per eccesso di delega. L’art. 44, co. 3, c.p.a. viola infatti, nelle parole della Corte, entrambi i criteri direttivi fissati dal legislatore delegante: l’esigenza di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, nonché di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di princìpi generali (art. 44, co. 1, l. n. 69/2009). Sotto il primo profilo, la disposizione non è in linea con la giurisprudenza della Corte di cassazione formatasi con riferimento alla notificazione degli atti processuali civili né con la stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato, antecedente all’entrata in vigore del codice, relativa proprio alla nullità della notificazione del ricorso. La Consulta evidenzia altresì il contrasto con la riferita propria decisione n. 97/1967, ampiamente invocata dal giudice remittente. Con riferimento alla violazione dei principi generali ricavabili dal c.p.c., il Giudice delle leggi evidenzia che l’art. 44, co. 3, c.p.a. è in aperto contrasto con l’art. 156, co. 3, c.p.c. che, come si è già detto, prevede la sanatoria ex tunc della nullità degli atti processuali per raggiungimento dello scopo, principio, questo, indubbiamente di carattere generale e, immanente alla ratio degli atti processuali. La sentenza esclude poi il paventato contrasto tra propria statuizione e gli argomenti utilizzati dalla medesima Consulta nel negare l’illegittimità costituzionale dell’art. 44, co. 4, c.p.a.: la ratio decidendi della sentenza n. 18/2014 si rinviene, infatti, nella duplice affermazione che l’obbligatoria rinnovazione della notificazione della citazione nulla prevista dall’art. 291 c.p.c. non è un principio generale del processo civile e che la stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato precedente all’entrata in vigore del codice escludeva la rinnovazione in caso di nullità imputabile al notificante, valorizzando la peculiare struttura del processo amministrativo. Nel caso di specie, per contro, la sanatoria con effetti ex tunc prevista dall’art. 156 c.p.c. è espressione di un principio generale e la giurisprudenza del Consiglio di Stato era granitica nell’affermare la sua applicabilità alla nullità della notificazione del ricorso, in caso di costituzione della parte intimata.

I profili problematici

La sentenza merita di essere salutata con favore per aver eliminato una disposizione processuale che limitava in modo sproporzionato il diritto di agire innanzi al g.a., senza essere giustificata da effettive garanzie difensive, né da concorrenti e prevalenti interessi di altra natura. La piena condivisibilità dell’intervento “chirurgico” della Consulta emerge specialmente ponendo mente allo scopo della notificazione, che, come illustrato sin dalle premesse del presente contributo, coincide con la presa di conoscenza di un atto da parte di destinatari ai fini dell’attuazione del principio del contraddittorio: la costituzione in giudizio del convenuto testimonia in modo inequivoco che tale situazione si è tempestivamente realizzata, a prescindere dal momento in cui la costituzione concretamente avvenga, senza che il dogma del rispetto del termine decadenziale sia, a ben vedere, scalfito. Come correttamente evidenziato dal giudice remittente, del resto, la regola generale per cui il processo deve tendere a una decisione di merito22 vale con particolare forza nell’ambito del modello processuale amministrativo, ove il giudice è costituzionalmente deputato a garantire la «giustizia nell’amministrazione»23. In tale angolo prospettico la disposizione espunta dalla Consulta si palesava doppiamente irragionevole, da un lato, e in generale, per ciò che mancava di considerare che nel processo amministrativo è coinvolto un interesse più ampio di quello della parte che dà impulso al processo, tendenzialmente coincidente con l’interesse pubblico generale, dall’altro, e in particolare, perché precludeva alla parte pubblica di scegliere – pure a fronte di una notifica nulla – di costituirsi in giudizio al fine di ottenere una pronuncia di merito sulla legittimità del proprio operato, così da conformarvi la propria successiva attività, con frustrazione della funzione che è propria al processo amministrativo. I primi commentatori hanno ravvisato in tale pronuncia una vera e propria scelta di politica giudiziaria, diretta a sancire, in termini generali, la prevalenza dell’impostazione sostanzialistica su quella formalistica anche nel processo amministrativo24. Anche la giurisprudenza amministrativa successiva non ha mancato di collegare alla sentenza n. 132/2018 l’affermazione di un vincolo interpretativo derivante dai principi generali del processo civile più forte rispetto al passato, anche in ragione del rinvio esterno operato all’art. 39 c.p.a.25 Sebbene un’analisi completa della portata del rinvio esterno operato dall’art. 39, co. 1, porterebbe lontano, imponendo di confrontarsi con il mai sopito dibattito sull’efficacia autonoma o dipendente del processo amministrativo rispetto a quello civile26, non pare ultroneo evidenziare che il medesimo art. 39, al successivo co. 2 (invero mai invocato nelle pronunce in commento), afferma che «Le notificazioni degli atti del processo amministrativo sono comunque disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile». Se ne ricaverebbe, dunque, un nesso rafforzato tra le disposizioni del c.p.c. in materia di notificazioni e il codice del processo amministrativo, che consentirebbe alle prime comunque di prevalere. Anche alla luce di tale considerazione, i tempi potrebbero allora forse essere maturi per investire nuovamente la Consulta della questione di legittimità costituzionale dell’art. 44, co. 4, c.p.a. in quanto la pronuncia n. 18/2014 desta oggi ancor più perplessità di quante ne ha destate all’indomani della relativa adozione27. Non è da escludere che, nuovamente investita della relativa questione, magari da un’ordinanza di rimessione più completa e articolata, la Consulta giunga a una decisione diversa, a dimostrazione che l’opzione ermeneutica che disallinea le norme del processo amministrativo da quelle del processo civile sul punto della portata sanante della rinnovazione della notifica nulla finisce per confinare il primo in una condizione di specialità che oggi fatica a trovare una giustificazione convincente anche sul piano della teoria. In attesa di tale nuova decisione è comunque auspicabile che i principi di ragionevolezza e proporzionalità, cui deve essere riconosciuta massima valenza con riferimento agli ostacoli al diritto a una pronuncia sulla pretesa sostanziale, guidino comunque l’interprete, portandolo a negare la rinnovazione della notifica nulla solo attraverso una lettura restrittiva del concetto di imputabilità del vizio (che leghi la non sanabilità a una colpa particolarmente qualificata del ricorrente) e prestando particolare attenzione al principio di raggiungimento dello scopo (affermandone la ricorrenza ogni qual volta il soggetto intimato dimostri di avere comunque avuto piena conoscenza del provvedimento in tempo utile per costituirsi e produrre le proprie difese).

Note

1 Cons. St., A.P., 16.12.1980, n. 50.

2 Punzi, C., Notificazione (dir.proc.civ.), in Enc. Dir., XXvIII, Milano, 1978, 641 ss., qui 642. Sulla notificazione nel processo civile si vedano La China, S., Notificazione (diritto processuale civile), in Enc. Giur. Treccani, Roma, 2000, 1; Satta, S., Commentario al codice di procedura civile, I, Milano, 1959, 209; redenti, e., Struttura della citazione e delle notificazioni, in Giur.it., 1949, 643.

3 Si pensi, per tutti, all’affermazione della compatibilità a Costituzione dell’art. 44, co. 4, c.p.a. che, come meglio si vedrà infra, disciplina la sanatoria della notifica nulla in caso di omessa costituzione degli intimati in modo diverso rispetto all’art. 291 c.p.c., basata sulla considerazione, non andata esente da critiche, secondo cui «la peculiare struttura del giudizio amministrativo è di per sé ostativa dell’applicabilità della summenzionata regola processuale civilistica nel giudizio amministrativo» (cfr. C. cost., 31.1.2014, n. 18, in Foro it., 2014, I, 1029-1030, con nota di A. travi, in Giur.cost., 2014, 260, con note di R. Chieppa e A. Masaracchia, nonché in Dir.proc.amm., 2014, 1299, con nota di A. Squazzoni).

4 Sandulli, M.A., Il giudizio davanti al Consiglio di Stato, Napoli, 1963, 229; Gallo, C.e., Contributo allo studio dell’invalidità degli atti processuali nel giudizio amministrativo, Milano 1983, 212; de Leonardis, F., Notificazione (giur.amm.), in Dig.pubbl., Agg.to, torino, 2010, 296 ss.

5 L’evoluzione tecnologica e la concomitante incidenza della “digitalizzazione” ‒ che interessa da anni l’intero settore pubblico ‒ anche sul processo amministrativo, ha condotto, oltre che alla più recente entrata in vigore del processo amministrativo telematico (PAT), all’adeguamento delle forme di notifica del ricorso amministrativo ai nuovi mezzi offerti dalla tecnologia, sub specie all’introduzione della notifica a mezzo posta elettronica certificata (su cui amplius Cardarelli, F., La notifica a mezzo PEC del ricorso, in Libro dell’anno del Diritto 2014, Roma, 2014, 681 ss.; De Leonardis, F., La notificazione diretta del ricorso giurisdizionale via posta elettronica certificata (PEC) tra autonomia ed eteroreferenzialità del processo amministrativo, in Dir.proc.amm., 2016, 432 ss.; volpe, F., L’irregolarità dell’atto processuale amministrativo alla prova del processo telematico, ivi, 2017, 1001).

6 In tal senso si esprimeva anche una parte della dottrina secondo cui l’istituto della sanatoria della notifica con la comparizione di cui all’art. 156 c.p.c. non poteva trovare piena applicazione del processo amministrativo in quanto l’art. 17 r.d. n. 642/1907, pur prevedendo la sanatoria per la comparizione dell’intimato, fa «salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione», fra i quali deve annoverarsi anche quello di eccepire la inammissibilità del ricorso per mancata notifica all’autorità emanante e ad almeno uno dei controinteressati (Virga, P., La tutela giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione, Milano, 1976, 338 ss.).

7 Cassarino, S., Manuale di diritto processuale amministrativo, Milano, 1990, 319. In tal senso si esprimeva già F. Cammeo, nella nota a Cons. St., 14.6.1918, in Giur.it., 1918, 237 ss., muovendo dalla considerazione che il riferito art. 17 stabiliva un peculiare regime di sanabilità riferendosi alla nullità del ricorso e non già della notificazione, nonché all’esigenza di interpretare la disposizione alla luce di quanto la dottrina processuale e la giurisprudenza civile avevano chiarito in relazione agli artt. 145 e 190 c.p.c.

8 Il riferito principio di diritto si è tradotto, nella specie, nell’affermazione che il vizio della notificazione del ricorso eseguita presso l’Avvocatura generale dello Stato invece che presso la sede dell’ente «è da ritenere sanato ex tunc, con la conseguenza che non può ritenersi verificata la decadenza dei ricorrenti dall’impugnazione, sebbene l’Amministrazione si sia costituita nel giudizio di primo grado dopo la scadenza del termine a ricorrere» (Cons. St., A.P. n. 50/1980, cit.).

9 Per l’affermazione che la costituzione in giudizio della parte intimata sana ex tunc il vizio della nullità della notificazione, ex pluribus, Cons. St., 31.1.1986, n. 85; Id., 24.5.1986, n. 265; Id., 11.7.1984, n. 531. Più di recente Cons. St., 13.5.2013, n. 2591; Id., 8.9.2011, n. 5040; Id., 29.12.2009, n. 8970; Id., 25.9.2008, n. 3233.

10 E allora è del tutto logico che «raggiunta tale prova, venga riconosciuto che la notificazione ha conseguito il proprio scopo nel momento in cui risulta esser stata effettuata» (Gallo, C.e., Contributo allo studio della invalidità degli atti processuali nel giudizio amministrativo, cit., in part. 223). In argomento non possono non essere citate le parole di Satta, che, ragionando sulla cd. retroattività della convalida della nullità della notifica realizzata dalla costituzione dell’intimato (ricavabile dall’art. 156, co. 3, ma anche dall’art. 291, co. 1, c.p.c.), afferma che «una sanatoria ex nunc non è affatto una sanatoria, ma anzi presuppone la nullità» (Satta, S., Commentario al codice di procedura civile, II, cit., 1, 34). vero è che, quando si rifletta della nullità dell’atto introduttivo del giudizio ‒ come faceva l’A. ‒ ha senso ragionare in termini di retroattività o irretroattività della sanatoria, dato che la convalida per costituzione può esser messa in relazione anche solo a taluni dei molteplici effetti di un atto. È altrettanto vero però che, quando si ragioni della nullità della notificazione, vien difficile non riconoscere l’esattezza di questa affermazione. Qui si ha un’attività strumentale finalizzata ad un unico scopo (la notizia dell’atto), e rispetto alla quale riesce ben più arduo ammettere che la costituzione abbia una portata sanante per così dire parziale (in termini anche Squazzoni, A., Sulla supposta incompatibilità tra struttura del processo amministrativo e obbligo di disporre la rinnovazione della notificazione del ricorso affetta da nullità , in Dir.proc.amm., 2014, 1301).

11 In termini Villata, R.-Bertonazzi, L., Art.44.Vizi del ricorso e della notificazione, in Quaranta, A.-Lopilato, v., a cura di, Il processo amministrativo, Milano, 2011, 440 ss., spec. 442.

12 È noto e costantemente riaffermato dalla giurisprudenza della Cassazione il principio per cui la notificazione è inesistente quando sia stata effettuata in un luogo o nei confronti di una persona che non presentino alcun collegamento con il destinatario dell’atto, risultando a costui del tutto estranei, mentre è affetta da nullità, sanabile con effetto ex tunc attraverso la costituzione del convenuto (ovvero attraverso la rinnovazione della notifica cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell’ordine impartito dal giudice) quando, nonostante l’inosservanza delle formalità prescritte dagli indici normativi di riferimento tra cui quelle concernenti il luogo o la persona alla quale deve essere consegnata la copia dell’atto, un simile collegamento risulti tuttavia ravvisabile, così da rendere possibile che l’atto, pervenuto a persona non del tutto estranea al processo, giunga a conoscenza del destinatario. In dottrina, Auletta, F., Nullità e “inesistenza degli atti processuali civili, Padova, 1999.

13 Come noto, del resto, l’art. 46, co. 24, l. n 69/2009, nel delegare il Governo all’emanazione del codice, stabiliva che «il primo comma dell’articolo 291 del codice di procedura civile si applica anche nei giudizi davanti ai giudici amministrativi e contabili». Il c.p.a. ha abrogato la disposizione per la parte in cui faceva riferimento alla giurisdizione amministrativa introducendo una disposizione (l’art. 44, co. 4) che ricalca sostanzialmente il modello dell’art. 291, co. 1, c.p.c., differenziandosene sotto i profili individuati nel testo. Per l’affermazione che per il periodo che va dall’entrata in vigore della l. n. 69/2009 all’entrata in vigore del codice «restano validi gli ordini di rinnovazione della notificazione nelle more disposti dai giudici, mentre si potrebbe porre il problema della possibilità di disporre comunque la rinnovazione delle notificazioni nulle effettuate in tele periodo» (Chieppa, R., Il processo amministrativo dopo il correttivo al codice, Milano, 2012, 346).

14 In questi termini si è pronunciata la giurisprudenza costante della Cassazione che, con riguardo al processo civile, ha avvalorato l’interpretazione dell’art. 160 c.p.c. con il richiamo sistematico al disposto dell’art. 291 dello stesso codice, per il quale la rinnovazione della notificazione della citazione, qualora il convenuto non si sia costituito, «impedisce ogni decadenza».

15 La dottrina processualcivilistica suole distinguere, sulla scorta del dettato dell’art. 164 c.p.c., tra vizi della citazione afferenti alla vocatio in ius e vizi dell’editio actionis (per tutti, Mandrioli, C.-Carratta, A., Diritto processuale civile, II, torino, 2017, 25 ss.). La prima tipologia di vizi (in cui rientra l’omissione o assoluta incertezza di alcuno dei requisiti stabiliti nei nn. 1 e 2, dell’art. 163 – i.e. l’indicazione del tribunale davanti al quale la domanda è proposta o le generalità dell’attore, convenuto e delle persone che rispettivamente li rappresentano o assistano –, la mancata indicazione della data dell’udienza di comparizione, l’assegnazione al convenuto di un termine a comparire inferiore a quello stabilito per legge, o infine la mancanza dell’avvertimento sulle decadenze cui si espone non costituendosi nei termini) è disciplinata dai primi tre co. dell’art. 164 e si caratterizza per una minore gravità, sicché la costituzione del convenuto (spontanea o successiva all’ordine di rinnovazione del giudice) «sana i vizi sostanziali e processuali della domanda». I vizi dell’editio actionis (omissione o totale incertezza sulla cosa oggetto della domanda o sui fatti costituenti le ragioni della domanda) impongono comunque al giudice di ordinare la rinnovazione della citazione o, se il convenuto si è costituito, per integrare la domanda, ma restano ferme «le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti anteriormente alla rinnovazione o integrazione» (art. 164, co. 5, c.p.c.).

16 Oltre ai contributi citati nelle note precedenti, si sono espressi in senso critico Invernizzi, r., Il ricorso principale e incidentale, la costituzione delle parti intimate, in Sandulli, M.A., a cura di, Il nuovo processo amministrativo, Milano, 2013, II, 95 ss.; Tropea, G., Ricorso principale, ricorso incidentale e costituzione delle parti, in Villata, R.-Sassani, B., a cura di, Il codice del processo amministrativo, Milano, 2013, 294; Squazzoni A., Sulla supposta incompatibilità tra struttura del processo amministrativo, loc. cit.; traina, A., Commento all’art.44, in Morbidelli, G., a cura di, Codice della giustizia amministrativa, Milano, 2015, 591 ss.

17 TAR veneto, 18.11.2016, n. 1281, in Foro amm.TAR, 2016, 2721.

18 In termini C. cost., 8.7.1967, n. 97, in cui si affermò con chiarezza, non solo che «la nullità di atti del processo civile non può mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo» cui è destinato ex artt. 156 e 164 c.p.c., ma soprattutto che la stessa regola vige nel processo penale, dove pure prevale, come nel processo amministrativo, l’interesse pubblico, «e ciò sia per quanto riguarda la sanatoria generale degli atti nulli, per raggiungimento dello scopo, sia per quanto riguarda la nullità delle citazioni a giudizio e loro notificazioni (artt. 187, co. 3, e 188, co. 1, c.p.p.)», facendone discendere la declaratoria di incostituzionalità delle disposizioni che ponevano limiti ingiustificati e irragionevoli alla sanatoria della notifica nulla nei casi in cui venisse in rilievo il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato. Si tratta di principi introdotti nel sistema degli atti processuali attraverso ampia elaborazione che ha posto in evidenza la funzione dell’atto ai fini dello svolgimento e giusta definizione del processo. Per cui, se il vizio d’origine nell’atto è rimasto senza conseguenze per fatti concludenti sopravvenuti, l’interesse ad una persistente rilevazione di nullità deve cedere di fronte alla realtà di una avvenuta sanatoria.

19 Tra cui, ex multis, Cons. St., 18.5.2016, n. 2064; nello stesso senso, Id., 20.1.2016, n. 189; Id, 21.1.2015, n. 219 in Giorn.dir.amm., 2015, 538 ss., con nota di Macchia, M.-Nunziata, M., La sanatoria della notifica nulla: effettività e specialità della tutela; Id., 13.10.2014, n. 5046; Id., 29.9.2012, n. 465, secondo cui «sulla scorta dell’art. 44, comma 3, c.p.a., la costituzione dell’intimato è sì idonea a sanare la nullità medesima, ma, a differenza che nel processo civile, con efficacia ex nunc, ossia con salvezza delle eventuali decadenze già maturate in danno del notificante prima della costituzione in giudizio del destinatario della notifica, ivi compresa la scadenza del termine di impugnazione».

20 Da ultimo Cons. St., 26.7.2017, n. 3683 in cui il Collegio dimostra di aderire alla distinzione tra atti nulli e inesistenti più volte ribadita dalla Cassazione, senza però porsi il problema del disposto dell’art. 44, co. 3, c.p.a. Nello stesso senso, ex multis, Cons. St., 1.2.2017, n. 440; Id., 15.12.2016, n. 5307; Id., 10.8.2016, n. 3565; Id., 25.1.2016, n. 229. Nel senso dell’efficacia sanante della costituzione si vedano anche TAR trentino Alto Adige, 15.2.2016, n. 86; TAR Abruzzo, 16.4.2015, n. 290; Cons. St., 27.6.2014, n. 3260; Id., 17.1.2014, n. 227; TAR Campania, Napoli, 24.1.2014, n. 513; TAR Umbria, 2.1.2014, n. 6; TAR Sicilia, Catania, 6.12.2013, n. 2975; TAR Lombardia, Milano, 10.5.2011, n. 1220. In argomento si veda anche de Nictolis, R., a cura di, Codice del processo amministrativo, Milano-Vicenza, III, 2016, 666.

21 Per l’orientamento che ha circoscritto la portata della clausola di salvezza dell’art. 44, co. 3, c.p.a., riferendola alle decadenze sostanziali, cfr. Cons. St., 27.6.2014, n. 3260 e, più di recente, TAR toscana, Firenze, 27.2.2018, n. 319, con nota di Aperio Bella, F., Sull’efficacia sanante della costituzione della parte intimata, in Foro Amm.Osservatorio, 2018, 361 ss. Per un tentativo di individuazione di quali situazioni giuridiche possano essere ricondotte alla categoria dei diritti acquisiti che l’art. 44, co. 3, c.p.a. fa salvi ove maturati anteriormente alla costituzione in giudizio cfr. Macchia, M.-Nunziata, M., La sanatoria della notifica nulla: effettività e specialità della tutela, cit., 543 ss.

22 Si veda in proposito, Andrioli, v., Diritto processuale civile, I, Napoli, 1979, 28. In argomento, per l’affermazione che «il giusto processo civile vien celebrato non già per sfociare in pronunce procedurali che non coinvolgono i rapporti sostanziali delle parti che vi partecipano -siano esse attori o convenuti -ma per rendere pronuncia di merito rescrivendo chi ha ragione e chi ha torto: il processo civile deve avere per oggetto la verifica della sussistenza dell’azione in senso sostanziale di chiovendiana memoria, né deve, nei limiti del possibile, esaurirsi nella discettazione sui presupposti processuali, e per evitare che ciò si verifichi si deve adoperare il giudice» cfr. C. cost., 16.10.1986, n. 220.

23 Sul particolare ruolo che il quadro costituzionale assegna al Consiglio di Stato, definendolo «organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia nell’amministrazione» ex art. 100 Cost. rimangono di riferimento fondamentale le considerazioni di Nigro, M., Giustizia amministrativa, Bologna, 1979, passim. Per l’affermazione che la seconda parte della riferita disposizione costituzionale, riferita alla giurisdizione, avrebbe delle fondamentali ripercussioni sul processo amministrativo, «distinguendolo nettamente dal processo civile per ciò che quest’ultimo è semplicemente diretto a dirimere una controversia, mentre il primo, pur restando soggetto all’impulso delle parti (con i soli temperamenti introdotti dalla l. n. 205/2000 a fini di accelerazione del processo) -ed è significativa al riguardo l’abrogazione dell’unica disposizione, contenuta nel correttivo 2006 al codice dei beni culturali, che sanciva un caso di irrinunciabilità del ricorso -deve essenzialmente mirare a fornire ad assicurare che, anche nella sua azione futura, l’Amministrazione conformi il proprio operato alle regole di diritto e di buona amministrazione enunciate dalla sentenza. Il ruolo del giudice amministrativo quale organo deputato a sindacare il corretto esercizio del potere amministrativo, va quindi oltre la mera definizione del rapporto controverso, ma, attraverso la tutela primariamente caducatoria e l’indicazione alla P.A. delle regole per il futuro modus agendi, assicura la ‘giustizia nell’amministrazione’» si veda Sandulli, M.A., Fonti e principi della giustizia amministrativa, in federalismi.it, 2008, e oggi in Sandulli, M.A., a cura di, Il nuovo processo amministrativo, I, cit., 1 ss., qui 13. Sull’effetto conformativo dei provvedimenti del giudice amministrativo, per tutti, Mari, G., Giudice amministrativo ed effettività della tutela: l’evoluzione del rapporto tra cognizione e ottemperanza, Napoli, 2013.

24 Ponte, d., La sentenza si sofferma sulla stessa funzione del rito amministrativo, in Guida dir., 2018, 31, 91 ss.

25 Cons. St., A.P., 30.7.2018, n. 10, che, pronunciandosi sui limiti all’annullamento con rinvio ex art 105 c.p.a., ha affermato che il «vincolo» del coordinamento con la disciplina del processo civile impone una lettura delle disposizioni processuali amministrative «più ravvicinata rispetto all’analoga disciplina del processo civile e, soprattutto, che tenga conto di tutte le disposizioni del codice di procedura civile che esprimono principi generali o comuni del processo, così come espressamente previsto dalla clausola di rinvio esterno contenuta nell’art. 39 Cod. proc. amm. Alla luce dell’art. 39 Cod. proc. amm. (e della previsione della legge delega che lo ha ispirato) oggi, quindi, il vincolo interpretativo derivante dai principi generali del processo civile è più forte rispetto al passato (cfr., di recente, Corte cost., sentenza 26 giugno 2018, n. 132)».

26 Per l’affermazione che il coordinamento con le norme del codice di rito, nonché il rinvio esterno previsto all’art. 39 c.p.a., sconfesserebbero la natura autonoma e completa del codice del processo amministrativo esprimendo, al contrario «una marcata ancillarità rispetto al processo civile», cfr. dalfino, d., Disposizioni di rinvio e principii generali, in Foro it., 2010, v, 228 e similmente, Costantino, G., Note a prima lettura sul codice del processo amministrativo. Appio Claudio e l’apprendista stregone, ibidem, 2327; Caponi, R., La riforma del processo amministrativo: primi spunti per una riflessione, ibidem, 267. In senso contrario, per l’affermazione che i criteri disposti dalla legge delega rappresenterebbero elementi fondanti l’autonomia del processo amministrativo e delle norme che lo regolano de Leonardis, F., La notificazione diretta al ricorso giurisdizionale via posta elettronica certificata (PEC), cit., 451, e già torchia, L., Il nuovo codice del processo amministrativo, in Giorn.dir.amm., 2010, 1117 ss., secondo cui la configurazione del rapporto fra i due codici di rito in termini di compatibilità consente di affermare l’autonomia del processo amministrativo rispetto al c.p.c., mentre il riferimento alle disposizioni che siano espressione di principi generali funge da clausola di apertura, attraverso la quale nel processo amministrativo possono introdursi principi comuni alle due giurisdizioni.

27 Come visto, la posizione assunta dalla Consulta nel 2014 è compendiabile nell’affermazione che regola prevista dall’art. 291, co. 1, c.p.c., non solo non sarebbe espressiva di un principio generale, ma addirittura incompatibile con la struttura del processo amministrativo e tale incompatibilità dipenderebbe dall’esser tale giudizio caratterizzato dalla perentorietà del breve termine per la sua introduzione, oltre che dall’assenza dell’istituto della contumacia. In punto non può non concordarsi con la dottrina che ha evidenziato come i) nell’ordinamento processuale civile italiano, la disciplina della rinnovazione che tragga causa dalla nullità della notificazione dell’atto introduttivo è stata prevista già nella sua origine prevalentemente allo scopo di assicurare il cd. effetto conservativo sul piano della decadenza e del termine perentorio; stando così le cose, affermare che detta disciplina è incompatibile con il giudizio avanti al giudice amministrativo perché questo è caratterizzato dalla presenza di un termine decadenziale (o perentorio che sia)non pare argomento probante; ii) nel sistema processualcivilistico, pur esistendo nessi e interferenze tra l’istituto della rinnovazione della notifica nulla e quello della contumacia, il primo non si riduce al secondo, sicché neppure l’invocata inapplicabilità della contumacia al processo amministrativo pare probante, specialmente alla luce della circostanza che l’art. 291, co. 1, c.p.c. è oggi applicato a procedimenti che non conoscono l’istituto della contumacia (quali il ricorso per cassazione ed il procedimento avanti al giudice tributario, in argomento Squazzoni, A., Sulla supposta incompatibilità tra struttura del processo amministrativo, loc. cit.).

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