OBESITÀ

Enciclopedia Italiana (1935)

OBESITÀ (fr. obesité; sp. obesidad; ted. Fettsucht; ingl. obesity)

Piero BENEDETTI
Luigi TORRACA

S'intende per obesità, o polisarcia, una condizione abnorme del nostro organismo contrassegnata da un eccessivo accumulo di grasso. Ciò non sempre costituisce un vero stato morboso, ché anzi non di rado è conservata pienamente l'efficienza di tutte le funzioni organiche, e in tal caso la polisarcia non presenta carattere patologico. Il confine fra obesità morbosa e semplice anomalia non è peraltro determinabile obiettivamente con un limite netto, perché il grado dell'obesità non rappresenta un criterio discriminativo sufficiente. Vi sono individui ai quali può nuocere anche un lieve eccesso di adipe, specialmente se coesistono perturbamenti delle funzioni circolatorie.

Un problema di fondamentale interesse pratico è quello che riguarda la valutazione dello stato di adiposità dei singoli individui: il giudicare cioè se un dato individuo presenta una quantità di tessuto adiposo proporzionata, oppure deficiente, oppure eccedente rispetto alla sua mole corporea complessiva. Si adottano comunemente a questo scopo diversi criterî; il più usato si fonda sulla determinazione del peso corporeo e della statura, e si considerano come obesi tutti gl'individui che presentano un peso, espresso in chilogrammi, superiore alla metà della statura, espressa in centimetri. Oppure si determina il perimetro del torace (in fase inspiratoria) e il perimetro addominale, e si qualificano come obesi tutti quelli nei quali l'addome eccede sul torace. Altri procedimenti consimili furono escogitati, ma sempre suscettibili di varie obiezioni. La statura anzitutto non è un termine di riferimento adeguato, perché esprime soltanto lo sviluppo longitudinale del corpo e ne trascura completamente le altre due dimensioni. Inoltre variando la statura da un individuo (adulto) all'altro, variano anche le proporzioni del corpo, si modifica cioè la costituzione morfologica dei singoli individui, ed è ben noto come la costituzione (v.) sia uno dei principali fattori dello stato di grassosità individuale e come in genere i soggetti longilinei tendano alla magrezza e i brevilinei all'obesità. D'altra parte anche meno significativi della statura sono i perimetri del torace e dell'addome, e ciò per lo scarso valore morfologico che compete a queste misure. Il miglior criterio obiettivo sintetico per valutare numericamente lo stato di nutrizione del corpo umano è quello che di recente è stato introdotto da G. Viola nel suo metodo antropometrico e che si fonda sul rapporto fra peso corporeo e valore somatico, intendendosi con questo termine uno speciale indice della grandezza complessiva (tridimensionale) dello scheletro. Va notato ancora che il peso corporeo può adottarsi bensì come indice approssimativo della quantità globale del tessuto adiposo dell'organismo, ma che non di rado presenta grande interesse, come è detto più innanzi, lo studio quantitativo analitico della distribuzione del grasso sottocutaneo nelle varie regioni del corpo: a questo scopo per ogni regione si misura con un compasso lo spessore di una plica cutanea sollevata fra le dita. Anche questo procedimento di valutazione del tessuto adiposo è stato introdotto nel metodo di Viola.

Il grasso che si deposita nei tessuti dell'organismo è di origine alimentare: in gran parte proviene dalle sostanze grasse contenute negli alimenti e in parte anche dalle sostanze idrocarbonate. È invece dubbio che le sostanze proteiche si trasformino direttamente in grasso, mentre questo si verifica certamente per via indiretta, cioè previa formazione di idrati di carbonio. In generale, quando gli alimenti introdotti superano la quantità richiesta dal consumo energetico individuale, l'eccedenza si deposita nei tessuti sotto forma di grasso (adiposità di origine alimentare), ma può anche accadere che, pur senza un vero eccesso di alimenti ingeriti, le combustioni dell'organismo si riducano per difetto di esercizio fisico, e da ciò provenga un aumento delle riserve adipose. In condizioni di buona salute il fabbisogno energetico dell'organismo, che deve esser coperto dagli alimenti, oscilla fra 22 e 60 calorie al giorno per ogni chilo di peso corporeo, variando entro questi limiti a seconda che l'individuo è in riposo completo, nel sonno, oppure in piena attività fisica. Orbene, la massima parte degli adulti mantiene quasi costante il proprio peso corporeo per anni interi, il che rivela un perfetto equilibrio fra le entrate alimentari e il dispendio di energia. L'equilibrio si conserva essenzialmente in virtù di due meccanismi fisiologici di regolazione: da una parte ciascuno di noi regola in maniera quasi del tutto automatica la quantità di cibo e la quantità di esercizio fisico, dall'altra il nostro organismo è in grado di modificare l'entità delle combustioni intraorganiche, adattandole alle esigenze del momento. Nel primo dei due meccanismi intervengono le sensazioni interne, eminentemente soggettive, che dànno nozione, per quanto oscura, di ciò che avviene nel nostro stesso organismo e di quanto gli è necessario: senso di fame, di sazietà, di benessere, di stanchezza, impulso al movimento e al lavoro, ecc., sensazioni queste che sono in rapporto con lo stato neuropsichico individuale e con le sue variazioni, e che, in caso di perturbamenti nervosi e mentali, possono alterarsi in guisa da modificare grandemente, nell'un senso e nell'altro, la quantità degli alimenti ingeriti e l'intensità dell'esercizio fisico. Il secondo meccanismo è prevalentemente sotto il dominio della ghiandola tiroide, la quale, in caso di esagerato apporto alimentare, rende possibile, entro certi limiti, un'intensificazione del ricambio, tale che l'organismo può adattarsi all'iperalimentazione senza aumentare il proprio peso. Come la tiroide, per quanto in minor grado, intervengono anche l'ipofisi, le ghiandole genitali e altri organi endocrini, l'attività fisiologica dei quali è tuttavia sempre subordinata al governo del sistema nervoso. Tutto ciò denota come il sistema nervoso anzitutto, e ancora gli organi a secrezione interna, abbiano la maggiore importanza nella regolazione dei depositi di grasso e quindi anche nella genesi della polisarcia.

Una prima forma di obesità è considerata di origine alimentare, in quanto dipende da un'abituale eccessiva introduzione di alimenti; un'altra forma è quella attribuita allo scarso esercizio fisico (adiposità da indolenza, da inattività), e l'una e l'altra sono spesso qualificate come obesità esogene, ossia determinate da fattori esterni, in contrapposto alle altre forme, di cui si dirà, ritenute propriamente endogene. A proposito di questa distinzione va osservato che essa incontra obiezioni non lievi, poiché la polisarcia detta di origine alimentare consegue bensì a un esagerato apporto di cibi, ma questo a sua volta si verifica per lo più in forza di una tendenza originariamente posseduta da certi individui, in quanto appartiene alla loro costituzione. L'abnorme voracità di questi soggetti, non di rado manifesta anche nei loro ascendenti, collaterali e discendenti, è richiesta, almeno in parte, dalle esigenze dei loro tessuti. Si tratta per solito di individui cosiddetti megalosplancnici, con eccedente sviluppo del tronco, con arti brevi e con grande sviluppo del ventre, individui nei quali lo stato di nutrizione è sempre, in generale, superiore al normale (G. Viola). Altrettanto vale per le forme di obesità da scarso esercizio fisico, esse pure almeno in gran parte, dipendenti da particolari attributi organici di natura prettamente costituzionale: si tratta d'individui che originariamente presentano una facile esauribilità neuromuscolare e un'astenia più o meno pronunziata, tali da minorare grandemente, in confronto agli altri, il loro rendimento fisico (adiposità con ipostenia, N. Pende).

Oltre all'adiposità prettamente costituzionale (di primo ordine secondo J. Bauer) vi sono quelle che per molti indizî si riconoscono in rapporto con alterazioni di un dato organo a secrezione interna e si distinguono in questo campo varie forme: obesità tireogena, ipofisaria e diencefalo-ipofisaria, genitale, pancreatica, pineale, surrenale, timica. Nell'obesità tireogena, la più importante, il tessuto adiposo si distribuisce per lo più in modo uniforme nelle varie sedi dell'organismo, talora con qualche tendenza a un maggior accumulo alla nuca, nella regione sottomentoniera, nelle regioni sopraclavicolari e agl'inguini. Nella donna l'adiposità predomina per lo più in quelle parti dove anche in condizioni normali tende maggiormente a depositarsi. Si trovano in questi casi molteplici indizî d'insufficienza funzionale della tiroide, e specialmente distrofie della cute, delle unghie, dei capelli, anomalie psichiche e altre manifestazioni di tipo mixedematoso (v. ipotiroidismo), insieme con una caratteristica riduzione del metabolismo basale, che rappresenta, questa, il criterio più sicuro per riconoscere in clinica gli stati di origine ipotiroidica.

L'obesità di origine ipofisaria compare nelle alterazioni del lobo posteriore dell'ipofisi, e la si riconosce perché associata a deficiente sviluppo dei caratteri sessuali primarî e secondarî, e perché è prevalentemente localizzata nelle pareti addominali, alle anche, alle regioni glutee, alle coscie, alle braccia, al dorso della mano e del piede (distrofia adiposogenitale; v. fröhlich, sindrome di).

L'obesità pertinente ad alterazioni delle ghiandole sessuali compare nei due sessi in seguito alla castrazione (e in forma assai più pronunciata se questa abbia avuto luogo prima della crisi pubere), e spesso presenta nella donna carattere universale, mentre nell'uomo predilige le regioni corrispondenti al bacino e le pareti dell'addome.

L'obesità d'origine pancreatica s'incontra per lo più nell'età media come conseguenza di un'iperfunzione dell'apparato insulare (iperinsulinemia); l'obesità timica si osserva negli adolescenti e negli adulti di sesso maschile, avendosi spesso una distribuzione del grasso di tipo eterosessuale (ossia a tipo muliebre); l'obesità di origine pineale si trova nelle insufficienze parziali di questa ghiandola (N. Pende) e si manifesta per lo più associata a eccedenza di sviluppo dei genitali esterni (cosiddetta macrogenitosomia precoce); la forma surrenale dell'obesità infine è ritenuta propria delle forme d'iperfunzionalità della corteccia di questi organi, e si presenta nei fanciulli, insieme con esagerato sviluppo dei muscoli e dei peli (macrosomia precoce), mentre nella donna adulta si associa ad aspetto virile (virilismo) con amenorrea.

Un altro fattore che ha importanza nella genesi delle obesità è, secondo J. Bauer, di origine tissutale, cioè insito localmente nei tessuti, i quali a seconda della regione a cui appartengono, presentano una maggiore o minore tendenza al deposito del grasso (lipofilia). Ogni regione cutanea sarebbe contrassegnata da un suo proprio grado di lipofilia, che si conserva anche quando si asporti il lembo di cute dalla sua sede originaria e lo si trapianti altrove sullo stesso individuo. Esiste in condizioni normali una lipofilia fisiologica del mantello cutaneo, variabile da una regione all'altra a seconda degl'individui, come si apprezza specialmente nella donna: accanto al tipo consueto, più frequente (tipo Rubens, secondo J. Bauer), vi sono soggetti che presentano un maggior accumulo di grasso nelle regioni trocanteriche (tipo di adiposità a pantaloni da cavaliere), altri nei quali il grasso abbonda nella parte superiore del corpo, mentre gli arti inferiori ne sono ben poco provvisti, e altri ancora che presentano il tipo inverso. In casi patologici sussiste una lipofilia eccezionalmente pronunciata in certe sedi, manifestantesi con tipici accumuli di grasso tumoriformi simmetrici, p. es. al collo (adiposità cosiddetta di Madelung), oppure in forma di infiltrati diffusi, come avviene nell'adiposità dolorosa di Dercum. Sempre nel campo patologico quella infermità che si indica come lipodistrofia sarebbe la più grave espressione di una lipofilia patologicamente alterata (J. Bauer). La lipofilia patologica coincide di regola con la tendenza dei tessuti a trattenere in misura eccedente l'acqua e spesso anche il cloruro di sodio; in questi casi l'urinazione è scarsa e il peso specifico dell'urina elevato (idrolipomatosi).

La sintomatologia degli obesi, per quanto concerne le varie funzioni dell'organismo, è molto diversa da un soggetto all'altro. Molti, malgrado la loro pronunciatissima polisarcia, non accusano sofferenze di sorta e dànno anzi un'impressione di pieno benessere. Altri sono assai facilmente esauribili nella loro attività fisica, sono di aspetto cascante e di colorito pallido. Sono questi due tipi ben distinti di obesità, essendo indicata come pletorica la prima, anemica l'altra. L'esagerato accumulo di grasso riduce la dispersione calorica, essendo il grasso un cattivo conduttore, e provoca quindi un aumento della sudazione e favorisce la macerazione dell'epidermide, nonché la tendenza alle intertrigini, agli eczemi, alla foruncolosi. D'altro canto la polisarcia ostacola i movimenti attivi del corpo, così che la relativa inazione determina una pronunciata debolezza muscolare. Anche la funzionalità cardiaca è negli obesi spesso insufficiente, come dimostrano la facile insorgenza di affanno respiratorio nei movimenti, nel cammino, nel salire le scale, il senso di oppressione precordiale, la comparsa di tumefazioni edematose agli arti inferiori e altri sintomi di stasi circolatoria. Ciò è dovuto, almeno in gran parte, al trovarsi il cuore avvolto da uno spesso strato grassoso, che s'infiltra con le sue propaggini tra i fasci muscolari dell'organo, ostacolandone l'azione contrattile (cor adiposum). Frequentemente negli obesi pletorici v'è anche un aumento della pressione arteriosa. Gli obesi si dimostrano in genere poco resistenti alle malattie infettive, alle operazioni chirurgiche, alla narcosi; sono spesso colpiti da catarro bronchiale e da sofferenze del fegato.

L'obesità, quando sia pronunciata, o comunque provochi qualche disturbo, richiede un complesso di cure, che debbono istituirsi tenendo conto soprattutto delle condizioni individuali del soggetto, del suo modo di reagire, della speciale forma in causa e delle complicazioni eventuali. In generale la cura dev'essere condotta con somma prudenza; si deve soprattutto sempre evitare il dimagramento rapido, che può essere fonte di gravi danni.

I principali mezzi terapeutici da prendere in considerazione sono: il regime dietetico; il regime di attività fisica; le cure fisioterapiche (idroterapia, agenti fisici che provocano la sudazione, elettroterapia); le cure idrominerali e le cure medicamentose, fra le quali importano soprattutto quelle a base di prodotti opoterapici. E fra questi principalmente gli estratti di tiroide (o l'ormone tiroideo, tiroxina), indicati questi ultimi nei casi in cui il metabolismo basale è inferiore alla norma.

Chirurgia. - Una cura chirurgica causale dell'obesità è attuabile solo nelle forme in dipendenza di fattori ipofisarî (o cerebrali, se si considera la malattia in rapporto con i centri ipotalamici). In casi di distrofia adiposo-genitale, l'ablazione delle masse neoplastiche ipofisarie ha infatti portato alla regressione, più o meno accentuata, dei sintomi.

Nelle altre forme di obesità, le operazioni chirurgiche non hanno, per ora, altra indicazione che la correzione delle forme di determinate regioni (parete anteriore dell'addome, mammelle), mediante l'asportazione di lembi più o meno ampî di cute e del sottostante pannicolo adiposo, e conseguente plastica.