ODORICO da Pordenone

Enciclopedia Italiana (1935)

ODORICO da Pordenone

Giorgio Pullè

Frate dell'ordine dei minori nato verso il 1265 in Pordenone, e, secondo alcuni, nella parrocchia di Villanova. Qualcuno volle supporre che O. appartenesse alla famiglia dei Mattiussi, casata agiata ed estintasi nel 1708; altri ritiene ch'egli fosse figlio d'un soldato boemo delle truppe di Ottocaro II, re di Boemia, stanziate nelle guarnigioni del ducato di Carinzia e Carniola, al quale era annessa la signoria di Pordenone. Un'innata tendenza al misticismo lo spinse fino dall'adolescenza ad abbracciare la vita monastica, sicché condusse, sino dai primi anni della sua esistenza, vita umilissima, lontana dal mondo, fra le privazioni e portando sempre sopra di sé un rude cilicio. Fattosi religioso a quindici anni, venne ordinato sacerdote nel 1290; cinque anni più tardi sarebbe partito una prima volta come missionario per i paesi del Mediterraneo orientale; rientrato in Italia, ripartiva una seconda volta per il suo viaggio in Estremo Oriente nel 1314 o, secondo altri, nel 1318, ritornando nel 1330 e morendo il 14 gennaio 1331 in Udine nel convento dei frati minori. Fu beatificato il 2 luglio 1755. La salma è ora deposta nella chiesa della Beata Vergine del Carmelo in Udine.

O. da Pordenone si è assicurato un nome nella storia, oltre che per la sua vita di religioso, anche come viaggiatore, per il racconto della sua peregrinazione nei paesi dell'Estremo Oriente, ch'egli dettò nel convento di S. Antonio a Padova a un suo confratello, Guglielmo da Solagna, nel maggio 1330. Il racconto si può dividere, quando si consideri sopra ogni altra cosa l'itinerario, in cinque parti. La prima riguarda il viaggio da Trebisonda a Hormuz; la seconda, il soggiorno e il viaggio lungo le coste dell'India occidentale e meridionale da Tana di Salsetta a Meliapur e all'isola di Ceylon; la terza, il viaggio per le isole malesi e il regno di Ciampa ossia alla penisola indocinese; la quarta, il viaggio e il soggiorno nel Catai, ossia in Cina; l'ultima, brevissima, il viaggio di ritorno.

Ottenuta licenza di recarsi "nelle terre d'Oriente per fare guadagno di anime fra gl'infedeli", O. lasciava l'Italia, certamente imbarcandosi a Venezia e portandosi a Costantinopoli, donde per via di mare raggiungeva Trebisonda. Da questa città per Erzerum e Tabris, ossia per la via ritenuta più sicura a quell'epoca, e quindi per Sulţāniyyah, Kāshān, Yezd, attraversando così la Persia occidentale e centrale, si sarebbe condotto a Hormuz, donde s'imbarcava per l'India. La ricostruzione di questo tratto d'itinerario non è facile e sorge il dubbio che O., dettando i suoi ricordi dopo varî anni dagli eventi, abbia confuso date e luoghi e alterato l'ordine naturale dei fatti. Da Hormuz egli continua per via di mare sin0 a Tana di Salsetta, ove giunge dopo 28 giorni di navigazione; e fra il 1321 e il 1322 visita i porti del Malabar, Fandaraina, Cranganor, Culam; quindi, circumnavigato l'estremo meridionale della penisola indostanica, giunge a Meliapur, passa da Ceylon, attraversa l'Oceano Indiano, tocca Sumatra, Giava, Borneo, risale verso la penisola dell'Indocina, visita il regno di Ciampa, e infine giunge alle coste del Catai, e più precisamente al paese di Mansi, col qual nome egli designa la Cina meridionale. Punto incerto di questo tratto del suo itinerario è il probabile approdo e soggiorno alle isole Nicobare e Andamane, di cui egli parla con sufficiente conoscenza. La prima città cinese ricordata è Cescala, la Sin-Kilan degli Arabi, l'odierna Canton, dalla quale prosegue, dopo soste più o meno lunghe, per Zaiton (Chuan-chow), Fuco (Fu-chow), Cansai (Hang-chow-fu), Chilefo (Nanchino); passa quindi lo Yang-tse kiang, ch'egli, usando la terminologia mongolica, chiama Talai; giunge a Jamsai (Yang-chow-fu) e forse all'odierna Tsi-kiang: perviene all'Hwang ho, da lui detto Karamuren; sosta a Suzumatu (Tsining-chow) e finalmente arriva a Khānbaliq, attuale Pechino. Dopo tre anni di soggiorno in questa città, frate Odorico imprende il viaggio di ritorno per la via di terra; attraversa il Shan-si, il Shen-si, il Sze-chwan, e, stando al suo dire, il Tibet, visitando con tutta probabilità Lhasa; quindi sarebbe sceso per il Badakhshān di nuovo in Persia, o, secondo alcuni, nel Khorāsān, donde per l'Armenia ritornò in Europa. Dopo aver parlato del Vecchio della Montagna e della setta degli Assassini, finisce con poche notizie sulle opere dei frati minori in Tartaria.

La relazione di viaggio di frate Odorico con le relazioni lasciate da Marco Polo, da frate Giovanni da Pian del Carpine, da frate Guglielmo da Rubruck da Niccolò dei Conti e dall'arabo Ibn Baţţūţah, costituisce la fonte principale delle più antiche e sicure informazioni sui paesi dell'Estremo Oriente durante il Medioevo. Importanti sono soprattutto le notizie sulle isole dell'arcipelago malese e più ancora sulla Cina, poiché egli per primo parla dei piedi rimpiccioliti delle donne cinesi; delle unghie smodatamente lunghe delle persone di nobile lignaggio, non dedite a lavori manuali; della pesca fatta a mezzo di uccelli; dell'esistenza di razze di galli e galline e di anitre proprie della Cina. Minor sapore di novità hanno le notizie sulle città della Persia, su Hormuz, sulle città dell'India meridionale, ma esse non sono per questo meno interessanti. Non mancano però gravi lacune e grossolani errori; ma questi derivano spesso dalle deficienze culturali degli eruditi occidentali di quell'epoca, oppure dal fatto che O. deve limitarsi a riferire quanto gli veniva narrato da altri. Infine non si deve dimenticare come egli abbia dettato la sua relazione dopo il suo rimpatrio.

Non pare che O. avesse doti eccezionali di cultura; compì il suo viaggio come semplice predicatore di fede cristiana, e, se battezzò circa 20.000 infedeli, non attese alla fondazione di chiese e conventi; ciò forse anche a causa della celerità dei suoi lunghi viaggi. Egli dimostra sempre una profonda bonomia, che lo induce a una certa quale compassionevole tolleranza verso le idee degli infedeli, mentre invece la sua coscienza di cattolico si ribella dinnanzi all'eresia nestoriana.

Bibl.: T. Domenichelli, Sopra la vita e i viaggi del beato Odorico da Pordenone, ecc., Prato 1881; H. Cordier, Les voyages en Asie au XIVe siècle du bien-heureux frère Odoric de P., ecc., Parigi 1891; A. Giordani, Il B. Odorico da Pordenone, Portogruaro 1930; G. Pullè, Viaggio del Beato Odorico da Pordenone, Milano 1931.

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