OLDOINI, Virginia, contessa di Castiglione

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 79 (2013)

OLDOINI, Virginia, contessa di Castiglione

Gianni Fazzini

OLDOINI, Virginia, contessa di Castiglione. – Nacque a Firenze il 22 marzo 1837 (Mazzucchelli, 1957, pp. 18 s.) dal marchese Filippo, diplomatico di origini spezzine, e da Isabella Lamporecchi, figlia del giureconsulto fiorentino Ranieri.

Fu battezzata il giorno successivo presso l’oratorio di S. Giovanni, nel quartiere di S. Lorenzo, con i nomi Virginia, Elisabetta, Luisa, Carlotta, Antonietta, Teresa, Maria. In vecchiaia, fece circolare la voce – a lungo accreditata per vera – di essere nata nel 1840 o addirittura nel 1843.

Come molte fanciulle del suo rango sociale, studiò privatamente e ricevette un’istruzione disordinata, che le assicurò, tuttavia, un’ottima conoscenza del francese e dell’inglese. Fu molto ammirata per la sua bellezza fin da giovanissima. A 16 anni fu sedotta da uno dei suoi corteggiatori – primo di una lunga serie di innamorati e di amanti – e i genitori, preoccupati, ritennero giunto il momento di trovarle un marito. Fu allora che si presentò a chiederne la mano il conte Francesco Verasis Asinari di Costigliole d’Asti e di Castiglione Tinella: facoltoso e già vedovo, di dodici anni più grande, Verasis si era infatuato della ragazza sulla scorta delle voci circolanti sulla sua avvenenza e aveva voluto conoscerla.

La giovane Oldoini non lo amava, ma, rassegnata al volere della famiglia, lo sposò, chiarendogli che non provava sentimenti per lui, mentre il conte sperava di farla innamorare di sé. Con quell’unione Virginia acquisì un nuovo titolo e da allora fu nota come contessa di Castiglione; poté inoltre godere del vasto patrimonio del marito, arrendevole alla sue richieste al punto di concederle – negli accordi prematrimoniali – la libertà di muoversi in società a suo piacimento. Il matrimonio fu celebrato il 9 gennaio 1854 nella chiesa di S. Maria del Fiore in Firenze. I coniugi si stabilirono a Torino, dove il 9 marzo 1855 nacque il loro unico figlio, Giorgio, che morirà ventiquattrennne di vaiolo a Madrid.

In quegli anni, Camillo Benso di Cavour, presidente del Consiglio del Regno di Sardegna, stava compiendo complesse manovre diplomatiche per assicurarsi l’aiuto della Francia in una prossima guerra contro l’Austria. Cugino di Francesco Verasis, decise di coinvolgere anche Virginia, affinché intercedesse in favore dell’Italia presso Napoleone III, notoriamente sensibile al fascino femminile, in concomitanza con l’imminente congresso che avrebbe riunito a Parigi i rappresentanti delle grandi potenze dopo la guerra di Crimea. Nel novembre 1855 – con l’assenso del re Vittorio Emanuele II, ma all’insaputa del marito – Cavour le propose di trasferirsi in Francia per sedurre l’imperatore. Oldoini, annoiata dalla vita di corte a Torino, accettò l’incarico con entusiasmo: Parigi, all’epoca capitale del bel mondo e della vita elegante, esercitava su di lei un fascino irresistibile.

Il 25 dicembre 1855 giunse nella capitale francese con marito e figlio e, una volta ammessa a corte nei primi mesi del 1856, si vide circondata in egual misura da sentimenti di ammirazione e di avversione; la principessa di Metternich rimase colpita dalla sua grazia, mentre l’imperatrice Eugenia, da fervente cattolica, giudicava molto negativamente e non sopportava la sua libertà (e giocosità) di azione. A maggio il conte Verasis, offeso per il comportamento mondano della moglie, decise di tornare con il figlio a Torino e l’anno successivo si separò defitivamente da lei, riprendendo le sue mansioni di gentiluomo di palazzo presso la corte piemontese.

Nel novembre 1856, dopo schermaglie amorose, durate qualche mese, nelle quali era maestra, Oldoini – ospite dei festeggiamenti nel castello di Compiègne, cui partecipava la migliore società parigina – cedette al corteggiamento dell’imperatore, divenendone l’amante. Il ruolo di ‘favorita’ la pose al centro dell’attenzione generale, ma il suo momento di protagonismo fu di breve durata. Il 2 aprile 1857, nottetempo, mentre usciva da casa della contessa, Napoleone III fu fatto oggetto di un attentato prontamente sventato dalla sua guardia del corpo, il corso Giacomo Griscelli; la polizia avviò subito un’inchiesta per scoprire tutti i congiurati, che si rivelarono essere italiani. I sospetti caddero, in quanto cittadina del Regno di Sardegna, anche sulla contessa di Castiglione che, pur non avendo alcun rapporto con gli attentatori di matrice mazziniana, per evitare di essere espulsa, non si oppose alle pressioni esercitate congiuntamente dal ministero dell’Interno e da quello degli Affari esteri affinché lasciasse la Francia e partì di sua volontà, seppure a malincuore, per Londra. L’imperatore lasciò fare, oramai deciso a liberarsi di lei: la loro relazione si interruppe defintivamente nell’autunno 1857 dopo un ultimo incontro a Compiègne. Ebbe così termine anche la missione diplomatica, della quale, comunque, Oldoini si gloriò per il resto della sua vita.

Si è a lungo dibattuto su quale sia stato il reale contributo della contessa di Castiglione alla politica unitaria di Cavour, ma è ormai accertato che ella costituì per Napoleone III solo una delle sue numerose ‘piccole distrazioni’ amorose: nulla seppe o poté fare concretamente sul piano politico, non riuscendo mai a influenzare realmente le decisioni dell’imperatore.

Abbandonata la Francia, dopo una lunga serie di viaggi, si stabilì, infine, in Italia, dividendosi fra La Spezia e Torino, dove fu l’amante di Vittorio Emanuele II, ma senza riuscire a soppiantare Rosa Vercellana nel cuore del re. Delusa, nel 1861 giunse a confortarla il permesso, lungamente agognato, di fare ritorno a Parigi, dove, tuttavia, non riuscì a riconquistare una posizione di primo piano a corte. Si consolò comparendo nei tableaux vivants, allora di moda, e facendosi immortalare in dipinti ma, soprattutto, in una serie fotografie performative, alla cui concezione partecipava lei stessa nel quadro di una cura spasmodica per la propria immagine e di una predilizione per la provocazione visuale che la trasformarono, fin dal primo periodo parigino, in un’autentica icona del suo tempo anche grazie alla ribalta di palcoscenici come quello dell’Esposizione universale di Parigi del 1867.

Il corpus di fotografie dello studio Pierson & Mayer – uno dei più famosi d’Europa, dal 1864 di esclusiva proprietà di Pierre-Louis Pierson – si compone di circa 500 scatti, concentrati in tre periodi di posa: 1856-58, 1861-67, 1893-95. Essi disegnano una sorta di biografia romanzata della contessa, riproducendo spesso a posteriori e in atelier i travestimenti e i mascheramenti delle sue spettacolari – e scandalose per l’immaginario dei contemporanei – uscite in società, in cui interpetava un ampio spettro di personaggi inventati o riconducibili all’universo, da lei prediletto, del teatro, della letteratura e della lirica: la regina d’Etruria, Beatrice, Rachele, Medea, la regina di Cuori, la Madonna, Anna Bolena, la regina della Notte, l’omonima Virginia del romanzo di Bernardin Saint-Pierre, Lady Macbeth.

Il 30 maggio 1867, a Stupinigi, il marito morì per una caduta da cavallo e il figlio tornò a vivere con lei. Nel 1870, per timore dei disordini scoppiati a Parigi dopo la sconfitta di Sedan, si rifugiò in Italia, da dove, tramite le conoscenze che ancora vantava nell’ambiente diplomatico, cercò – invano – di aiutare la nuova Repubblica francese a ottenere condizioni meno dure nelle trattative di pace con la Prussia. Sentendosi ormai più transalpina che italiana, nel giugno 1873 fece definitivo ritorno in Francia. Carezzò il sogno di una restaurazione monarchica, nella quale vagheggiava per sé un ruolo di regina, e cercò di conquistare uno dei pretendenti al trono, Henri d’Orléans, ultimo duca d’Aumale e figlio del ‘re borghese’ Luigi Filippo, che tuttavia non cedette al suo fascino, al contrario del diplomatico Costantino Nigra che fin dal 1856 aveva allacciato con lei una relazione sentimentale libera e non esclusiva, oltre che di amicizia che continuò a lungo fin dentro gli anni Settanta.

Si chiuse, infine, in un volontario isolamento, aggravato dalla morte tragica del figlio nel 1879 e rotto soltanto nei primi anni Novanta da un’ultima ‘campagna’ di pose fotografiche, attraverso la quale da interprete esperta giocò ancora una volta con il suo corpo e con la sua identità.

Morì a Parigi il 28 novembre 1899.

Nei foglietti del taccuino, rinvenuto dopo la sua sepoltura al cimitero del Père-Lachaise, che funsero da testamento, la contessa diseredò tutti i parenti, indicandoli uno per uno, ma dimenticò di citare i Tribone di Genova, discendenti di una sorella del nonno materno, che diventarono i suoi eredi universali.

Fonti e Bibl.: L’archivio di Virginia Oldoini Verasis, compromettente per molti personaggi, venne distrutto dalla polizia francese, in collaborazione con l’ambasciata italiana a Parigi; quel che si salvò fortunosamente, andò battuto all’asta a Parigi nel giugno 1951 e fu disperso fra vari acquirenti privati. Una parte cospicua delle sue fotografie si trovano in un grande album depositato presso il Metropolitan Museum di New York, mentre 25 calotipi sono in un album donato a Nigra e attualmente conservato al Museo naz. del Risorgimento di Torino. Inoltre: J.-F. Griscelli de Vezzani, Mémoires de Griscelli, agent secret, Bruxelles-Genève-London 1867, pp. 109-113; F. Loliée, Le roman d’une favorite. La Comtesse de Castiglione, Paris 1912; H. Fleischmann, Napoléon III et les femmes, Paris 1913, pp. 201-239; R. de Montesquiou-Fezensac, La Divine Comtesse. Étude d’après Madame de Castiglione, prefazione di G. D’Annunzio, Paris 1913; Auriant (pseud. di A. Hadjivassiliou), Les secrets de la Comtesse de Castiglione, Paris 1942; E. Henrisch Daprà - C. Nigro, Virginia di Castiglione. La contessa della leggenda attraverso la sua corrispondenza intima, diari e documenti inediti (1837-1899), Firenze 1954; M. Mazzucchelli, L’imperatrice senza impero, V ed., Milano 1957; A. Decaux, La Castiglione dame de cœur de l’Europe, Paris 1959; H. d’Ideville, Il re, il conte e la Rosina, Milano 1967, pp. 81-88; I. De Feo, Cavour. L’uomo e l’opera, IV ed., Milano 1970, pp. 344-351; La contessa di Castiglione in una prosa di D’Annunzio, a cura di M. Vecchioni, Pescara 1973; L’album della contessa di Castiglione, a cura di L. Tornabuoni, Milano 1980; P. Borelli, Costantino Nigra. Il diplomatico del Risorgimento, Cavallermaggiore 1992, pp. 75-86; La Comtesse de Castiglione par elle-même (catal.), a cura di P. Apraxine - X. Demange, Paris 1999; P. Apraxine et al., La Divine Comtesse. Photographs of the Countess de Castiglione, London-New Haven-New York 2000; La contessa di Castiglione e il suo tempo (catal.), a cura di M. Corgnati - C. Ghibaudi, Milano 2000; C. Dufresne, La comtesse de Castiglione. Maîtresse de Napoléon III, espionne et intrigante, Paris 2002; Pompilia Ghiglioni (pseud. di O. Danese), La Rapallina. V. O. Verasis contessa di Castiglione, a cura di S. Del Santo - M.G. Zucchini, La Spezia 2003 (romanzo pubblicato nel 1930 a puntate sul periodico L’Opinione di La Spezia); P. Milza, Napoléon III, Paris 2004, pp. 298-303, 339 s., 478; C. Marra, Nelle ombre di un sogno. Storia e idee della fotografia di moda, Milano 2004, pp. 44-49; F. Muzzarelli, Il corpo e l’azione. Donne e fotografia tra Otto e Novecento, Bologna 2007, pp. 114-133; B. Craveri, La contessa di Castiglione. Storia di un mito, in L’opera politica di Costantino Nigra, a cura di U. Levra, Bologna 2008, pp. 135-152; P. Sposetti, I sensi della contessa di Castiglione, in Il crinale della vittoria. La battaglia di Solferino e San Martino vista dal versante francese, a cura di C. Cipolla - A. Bignotti, Milano 2009, pp. 167-185; G. Fazzini - C. Lucarelli, Cortigiane ed eroine. Storie di un ‘altro Risorgimento’, Roma 2011, pp. 99-134, 332; A.R. Guaitoli, La contessa di Castiglione. Il peso della bellezza, Roma 2011.

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