OMILIA e OMILETICA

Enciclopedia Italiana (1935)

OMILIA e OMILETICA (gr. όμιλία "discorso familiare, lezione")

Nicola Turchi

OMILETICA L'omilia è l'esposizione e il commento di passi della Sacra Scrittura e in modo particolare del Vangelo del giorno: il suo luogo naturale di recita è dunque durante la messa subito dopo la lettura del primo Vangelo. L'omilia è la forma più antica di predicazione e risale all'inizio dell'era patristica: se ne potrebbe in qualche modo trovare il prototipo nel Vangelo stesso, quando Gesù entrato nella sinagoga si fece dare il libro di Isaia, ne lesse un tratto e lo commentò (Luca, IV, 16-20). Molto probabilmente dall'uso giudaico delle sinagoghe dipende quello della Chiesa nascente di commentare il testo sacro.

La più antica omilia esistente è la cosiddetta seconda epistola di Clemente ai Corinzî. La letteratura patristica è ricca di omilie, forma di oratoria cara in ogni tempo al popolo sia per il contenuto, che si riporta alla persona e all'insegnamento di Gesù, sia per la forma necessariamente facile e piana; vi contribuì pure il tempo della messa, che radunava tutta la famiglia dei fedeli ad ascoltare il loro capo e a ricevere in quella sede dopo il sermone avvisi e notizie d'ordine pratico, come si fa tuttora per le pubblicazioni di matrimonio e di ordinazione sacra. Si hanno omilie di S. Leone Magno, S. Ambrogio, S. Ilario, S. Girolamo, S. Agostino, S. Giovanni Crisostomo, ecc. Il dovere di fare l'omilia spettava innanzi tutto al vescovo che poteva tuttavia delegare un semplice sacerdote in sua vece, come fece Flaviano di Antiochia con il Crisostomo, e Valerio vescovo d'Ippona con S. Agostino. Anche di Origene, quantunque laico, abbiamo 196 omilie, che sono tuttavia un puro commento scritturale, senza partizioni oratorie, che egli svolse dietro autorizzazione speciale.

Durante il Medioevo l'omilia fu l'unica forma di predicazione, così aderente al testo evangelico da presentarsi in molti casi come un mosaico di passi scritturali. Anche oggi è di uso vivo, sia da parte del vescovo, sia da parte dei sacerdoti in cura d'anime nella messa parrocchiale della domenica, avendone il concilio di Trento caldamente raccomandato l'uso. Essa si può svolgere secondo tre modi principali: a) commentare versetto per versetto il passo scritturale, ciò che finisce per spezzettare troppo l'esposizione; b) concentrare tutto il passo in una sola idea, ma non è metodo facilmente applicabile a tutti i Vangeli; c) parafrasare tutto il passo evangelico, e trarne poi le opportune applicazioni, che è in pratica il modo migliore.

L'omiletica è la disciplina che insegna il modo di comporre e recitare un discorso sacro: essa dunque abbraccia tutte le forme di oratoria sacra, l'omilia, la predica e l'istruzione catechistica.

L'epoca costantiniana è quella dei grandi oratori sacri. In Oriente, dove l'omiletica ha avuto maggiore sviluppo che in Occidente, si hanno i tre Padri cappadoci Basilio, Gregorio Nazianzeno e Gregorio Nisseno, e poi Giovanni Crisostomo, mentre in Occidente si hanno Ilario, Ambrogio, Agostino e al limite del mondo antico e del Medioevo, Gregorio Magno di cui ci restano 40 omilie 20 recitate e 20 dettate. Diffusissima è l'omilia anche nelle letterature cristiane orientali, specialmente in quella siriaca: Afraste, Efrem (v.), Giacomo di Sarug (v. anche oriente cristiano). I concilî dell'alto Medioevo raccomandano sempre l'obbligo della predicazione (VI concilio di Arles dell'813) magari consigliando di tradurre le omilie dei Padri nella lingua romana rustica o nella theodesca (III concilio di Tours dell'813). L'abbassamento culturale del Medioevo fece sì che non ci è rimasto nulla di una predicazione così semplice e familiare, ma essa non mancò mai e fu d'ispirazione strettamente religiosa, tutta contesta di passi scritturali e perciò oltremodo ricca di sostanziale contenuto. Una critica che si può muovere a questa predicazione è di essere troppo incline alle interpretazioni simboliche e allegoriche dietro il modello inaugurato da Gregorio Magno, il grande maestro della teologia pastorale e della mistica del Medioevo.

Lo sviluppo della filosofia scolastica arrecò alla predicazione maggiore acume intellettuale e una più ordinata disposizione logica delle parti, mentre il Rinascimento portò una diminuzione dell'intima pietà cristiana a vantaggio della retorica umanistica. Venuta la Riforma la predicazione fu rimessa in onore, e la polemica religiosa provocò, particolarmente in Francia, una pleiade di grandi oratori, Bossuet, Bourdaloue, Massillon, mentre la Restaurazione seguita alla rivoluzione francese suscitava la fioritura dei padri Lacordaire, de Ravignan e Monsabré. Predicazione materiata di scolasticismo nel contenuto, ma efficace nella forma, al cui modello si è ispirata l'oratoria sacra attuale (v. oratoria).

Bibl.: L. Thomassini, Vetus et nova Ecclesiae disciplina, Parigi 1866; L. Duchesne, Les origines du culte chretien, Parigi 1889; J.-M.-L. Monsabré, La prédication, Parigi 1900.