Organizzazione Mondiale del Commercio

Il Libro dell Anno del diritto 2017

Vedi Organizzazione Mondiale del Commercio dell'anno: 2017 - 2018

Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO)

Fabrizio Marrella

L’obiettivo di questa sezione è di dar conto, in forma sintetica, dell’attività dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC/WTO) nel periodo ottobre 2015-settembre 2016.

La ricognizione

Al 29.7.2016, il WTO ha registrato 164 Membri avendo completato l’accessione l’Afghanistan e la Liberia.

Nel dicembre 2015 si è tenuta a Nairobi la X Conferenza dei Ministri. In questa sede sono state adottate alcune decisioni sull’eliminazione di alcune sovvenzioni all’esportazione ed altre misure a favore dei Paesi in sviluppo e meno sviluppati. La Conferenza ha riaffermato, altresì, l’importanza del multilateralismo dinanzi all’attuale tendenza alla bilateralizzazione o regionalizzazione della disciplina degli scambi economici, tendenza di cui i negoziati sul TTIP (accordo transatlantico) o TPP sono solo alcuni esempi.

Il contenzioso nel periodo di riferimento è stato alquanto sostenuto e le pronunce più interessanti – di cui diremo nella sezione successiva – toccano i rapporti tra dazi e commercio illecito, dell’etichettatura, dei “requisiti nazionali” circa i pannelli fotovoltaici e del dumping.

La focalizzazione

Nel rapporto del 20.11.2015, l’Organo d’appello del WTO si è pronunciato nel caso Stati Uniti – Misure concernenti l’importazione, il marketing e la vendita di tonno e prodotti derivati dal tonno (DS 381)1.

Qui, accogliendo parzialmente il ricorso del Messico, l’Organo d’appello ha concluso che le misure adottate dagli Stati Uniti per modificare le norme in materia di etichettatura del tonno e di prodotti derivati continuavano a costituire un trattamento discriminatorio rispetto ai prodotti di altri Paesi, in violazione dell’art. 2, par. 1, dell’accordo TBT (Accordo sugli ostacoli tecnici e gli scambi). Nel rigettare le diverse conclusioni del Panel, l’Organo d’appello ha concluso che l’argomento basato sulla distinzione fra metodi di pesca diversi in diverse zone degli oceani costituiva una illegittima discriminazione tra prodotti ai sensi del chapeau dell’art. XX GATT. Così, allineandosi ai dicta dei casi Stati Uniti – Tonno/delfini 1 e 2 del 1991 e 1994, l’Organo d’appello indica che, ai fini dell’accertamento di un’eventuale discriminazione del prodotto estero rispetto al prodotto nazionale similare, occorre comparare il trattamento riservato ai due prodotti in quanto tali e non anche le modalità di produzione. Nel caso di specie, gli Stati Uniti non erano comunque riusciti a dimostrare che le misure adottate in materia non costituivano una discriminazione arbitraria e ingiustificata ai sensi del chapeau dell’art. XX.

Nel rapporto del 27.11.2015, nel caso Colombia – Misure relative all’importazione di tessili, abbigliamento e calzature (WT/DS/461), il Panel ha rilevato che l’applicazione, da parte della Colombia di una tariffa composta (compound tariff) alle importazioni di tessili, abbigliamento e calzature si traduce in una violazione del GATT (art. II, par. 1, lett. b), prima frase; art. II, par. 1, lett. a) non appena il valore complessivo del dazio risulti superiore ai valori pattuiti dalla Colombia nella propria lista delle concessioni commerciali. Nel caso di specie, la Colombia aveva sostenuto che le importazioni oggetto della tariffa speciale costituivano “commercio illecito” in quanto cedute a “prezzi artificialmente bassi” per riciclare denaro. Ad avviso della Colombia, la misura trovava giustificazione ai sensi dell’art. XX lett. a) GATT (quale misura necessaria a proteggere la morale pubblica) o lett. d) (quale misura necessaria a consentire la lotta al riciclaggio secondo la legislazione colombiana). Nel rigettare tali argomentazioni, il Panel ha rilevato che siffatte misure si applicavano a tutte le importazioni dei prodotti in questione senza distinguere, ulteriormente, il loro carattere “lecito” o “illecito”.

Nel rapporto del 24.2.2016, invece, nel caso India – Certe misure relative alle celle solari e ai moduli solari (WT/DS/456), il Panel del WTO ha affermato che i cd. “local content requirements” (requisiti nazionali) previsti da una legge indiana del 2011 e relativi ai prodotti fotovoltaici venduti da produttori di energia solare violano il principio del trattamento nazionale di cui all’art. III, par. 4, GATT, nonché l’art II, par 1, TRIMs (l’accordo relativo alle misure di investimento che incidono sugli scambi). Accogliendo l’argomentazione degli Stati Uniti, il Panel ha ritenuto che i requisiti obbligatori fissati dall’India nel caso di specie non erano giustificati, né dalla deroga prevista all’art. III, par. 8, lett. a), GATT, né dalle eccezioni generali disposte dall’art. XX, lett. j) e d), GATT.

Secondo il Panel, se le misure sono requisiti nazionali, sono necessariamente ‘relative al commercio’ e, per definizione, favoriscono l’uso di prodotti nazionali rispetto ai prodotti importati e, come tali, influiscono sugli scambi. Il Panel ha poi esaminato la lista illustrativa dell’accordo TRIMs e ha concluso che la predetta legge indiana «richiede l’acquisto o l’uso di prodotti di origine nazionale ai sensi dell’art. I lett., a della lista illustrativa del TRIMs».

Nel rapporto del 11.3.2016 il Panel WTO, nel caso U.S.– Misure antidumping e compensative sulle lavatrici di origine coreana (DS/464), si è pronunciato sulla prassi statunitense dello zeroing sulle inchieste antidumping. La controversia era iniziata nel 2011, quando una società statunitense lamentava dinanzi allo U.S. Department of Commerce che le lavatrici di origine coreana venivano vendute sottocosto nel mercato statunitense. Ciò, a detta della ricorrente, costituiva dumping, in quanto i produttori e gli esportatori coreani beneficiavano di aiuti di Stato illeciti. Nel 2013, il Department of Commerce e la International Trade Commission avevano accertato che si trattava di una violazione degli accordi commerciali WTO in materia e, pertanto, avevano chiesto l’adozione di contromisure sulla base dell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative. Il Panel, tuttavia, ha concluso che la prassi dello zeroing non è compatibile con gli obblighi assunti dagli Stati nel sistema del WTO. Ciò in quanto l’applicazione dello zeroing, sia pure finalizzata a determinare il margine di dumping, porta a non considerare il contesto in cui viene eventualmente realizzato, bensì porta a selezionare le circostanze rilevanti attribuendo peso decisivo solo ad alcune.

Le conclusioni del Panel venivano parzialmente modificate dall’Organo d’appello del WTO nel suo rapporto del 7.9.2016. Qui, l’Organo d’appello ha chiarito che l’inchiesta deve essere effettuata sulla base di dati qualitativi e quantitativi, dati che riguardino la natura del prodotto in questione, la struttura del settore economico e quella del mercato con particolare riferimento alla valutazione dell’intensità della concorrenza esistente. Pertanto, rigettando in larga misura le tesi addotte dagli Stati Uniti, l’Organo d’Appello non ha accolto in pieno nemmeno le conclusioni del Panel secondo il quale l’analisi circostanziale deve essere condotta solo sulla base di dati quantitativi.

I profili problematici. La battaglia transatlantica per Airbus e Boeing

Da dodici anni, l’UE e gli Stati Uniti litigano al WTO sulla legittimità dei sussidi versati dall’una e dall’altra parte a favore dei due più importanti costruttori di aeromobili del mondo. Nel rapporto del 22.9.2016, il Panel di attuazione del WTO, si è espresso circa l’attuazione, da parte della UE e di alcuni Stati membri, delle misure indicate dall’Organo d’appello a proposito del caso CE-Grandi Aeromobili (DS 316).

Qui, al termine di un lungo contenzioso, su ricorso degli Stati Uniti, il 18.5.2011 l’Organo di appello aveva ritenuto che alcune delle sovvenzioni garantite ad Airbus dalla UE e da alcuni Stati membri (Francia, Germania, Regno Unito e Spagna) avevano arrecato un grave pregiudizio agli interessi degli Stati Uniti (in particolare rendendo più vantaggiosi gli aerei Airbus rispetto a quelli Boeing), e dunque risultavano incompatibili con l’art. 5, lett. c), dell’accordo SCM (Accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative). Nel rapporto in esame, il Panel di attuazione constata che l’UE non ha eliminato, come richiesto, i maxi sussidi forniti per creare e sostenere Airbus e pertanto permane la violazione degli artt. 5 lett. c), 6, par. 3, lett. a), b) e c) del predetto Accordo SCM. Oltre ai miliardi di dollari di sussidi forniti al colosso europeo dell’aerospazio Airbus, la UE e gli Stati membri hanno, invece – secondo il Panel – fornito nuovi aiuti illegali, presumibilmente, per il lancio del nuovo aeromobile A350.

Questo fatto è solo l’ultimo di una serie che vede aumentare le controversie economiche tra l’UE e gli Stati Uniti.

Note

1 Tutti gli atti si reperiscono al sito www.wto.org.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

CATEGORIE