Organizzazioni internazionali economiche [dir. int.]

Diritto on line (2016)

Francesco Seatzu

Abstract

Sono esaminate le peculiarità delle organizzazioni internazionali a carattere economico e finanziario. Premessi alcuni cenni ai principali criteri utilizzati nella dottrina internazionalistica ai fini della classificazione di un ente intergovernativo come ente economico internazionale la voce, dopo avere assunto posizione al riguardo, prosegue con la trattazione dei tratti maggiormente salienti delle organizzazioni internazionali economiche in generale e di quelle finanziarie in particolare, e cioè del nesso funzionale tra le cosiddette ‘condizionalità’ e le concessioni o prestiti, del peculiare regime di responsabilità dell’ente e del sistema del voto ponderato.

La classificazione

Scopo della presente voce è la trattazione sintetica dei caratteri strutturali e del modus operandi tipici delle organizzazioni internazionali economiche. A questo fine, com’è agevole comprendere, è essenziale interrogarsi preliminarmente sui criteri utilizzabili per la catalogazione di un determinato ente intergovernativo a carattere internazionale come organizzazione internazionale di tipo economico. In argomento, va segnalata l’esistenza in dottrina di almeno due approcci divergenti in tema di qualificazione degli enti internazionali economici.

Secondo quanto è stato suggerito da un primo orientamento, storicamente il più risalente, dovrebbe considerarsi come ente internazionale di tipo economico un qualsiasi ente intergovernativo costituito per realizzare, secondo quanto è stato puntualmente indicato da Riccardo Monaco, una cooperazione interstatuale stabile finalizzata al raggiungimento di scopi economici generali o particolari (cfr. Monaco, R., Lezioni di Organizzazione Internazionale, I, Torino, 1985, 10 ss; Id., Les principes régissant la structure et les fonctionnement des organisations internationales, in RCADI, 1977, 83 ss.). Una mera variante di questo primo approccio, poiché anche essa ancorata a criteri puramente formali, è la tesi che individua la peculiarità delle organizzazioni internazionali economiche essenzialmente nel sistema del voto ponderato in esse usualmente previsto (cfr. Neme, J.-Neme, C., Organisations Economiques Internationales, Paris, 1972, 30 ss.; v. anche Hill, M., The Economic and Financial Organizations of the League of Nations, Washington, 1945).

In alternativa a siffatte classificazioni ‘statiche’ degli enti internazionali è stata proposta, in epoca a noi più vicina, una classificazione degli enti internazionali economici di tipo ‘dinamico’ e complesso, vale a dire ancorata a una molteplicità di parametri di tipo sostanziale e operativo. Almeno nelle intenzioni dei due più autorevoli rappresentanti di questo secondo orientamento, Dominique Carreau e Patrick Juillard, si dovrebbe classificare ‘ente internazionale di tipo economico’ qualsiasi ente intergovernativo a carattere internazionale operante secondo criteri-guida idonei a distinguere le questioni ‘politiche’, di norma proibite, da quelle ‘economiche’, di generale spettanza dell’ente (cfr. Carreau, D., Juillard, P., Droit international économique, Paris, 2007, 28 ss.). La tesi in parola è fin troppo chiaramente influenzata dal caso della Banca Internazionale di Ricostruzione e Sviluppo (BIRS), le cui attività di finanziamento realizzate tenendo esplicitamente conto di fattori politici e istituzionali interni allo Stato membro finanziato, di qualsivoglia tipo, sono comunemente ritenute illecite anche quando risulti palese il loro carattere non determinante ai fini della decisione finale (sul punto ci sia consentito rinviare a Seatzu, F., Il Panel di Ispezione della Banca Mondiale. Contributo allo studio della funzione di controllo nelle banche internazionali di sviluppo, Torino, 2008, 35 ss., anche per ulteriori riferimenti bibliografici). In altri termini e più esattamente, un ente intergovernativo a carattere internazionale sarebbe classificabile come ‘ente internazionale di tipo economico’ se capace di cogliere e valorizzare nelle sue molteplici attività e operazioni il nesso funzionale tra ‘concessioni’ e ‘condizionalità’ eventualmente imposte agli stessi beneficiari delle concessioni (sulle condizionalità anche in rapporto alle concessioni e ai prestiti v. Adinolfi, G., Il sostegno congiunto UE-FMI: è necessario un ripensamento della politica di condizionalità?, in La crisi del debito sovrano degli Stati dell’area euro. Profili giuridici, a cura di G. Adinolfi e M. Vellano, Torino, 2013, 3-27; Id., La condizionalità incrociata nella partecipazione degli Stati all’Organizzazione mondiale del commercio e al Fondo monetario internazionale, in L’OMC 1995-2005. Bilanci e prospettive, a cura di E. Sciso, Roma, 2006, 223-249; De Sena, P., Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale e rispetto dei diritti dell’uomo, in Jura Gentium, 2011, fasc. 1, 46 ss., consultabile sul sito www.juragentium.org); Dordi, C., Profili giuridici dell’attività di sostegno finanziario del FMI: le nuove linee-guida sulla condizionalità, in Dir. comm. int., 2002, 863 ss.; Dreher, A., The Development and Implementation of IMF and World Bank Conditionality, HWWA discussion paper, 165, Hamburg, 2002, 66; sulle peculiari caratteristiche della cosiddetta ‘doppia condizionalità’, politica ed economica, prevista nell’Accordo istitutivo della Banca Europea di Ricostruzione e Sviluppo – BERS – v. Bestagno, F., Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), in Dig. pubbl., Aggiornamento, IV, 2000, 74 ss; Seatzu, F., Sul ruolo della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo nell’attuale crisi finanziaria internazionale, in Il Diritto dell’Unione Europea, 2011, 741 ss.). Semplificando un discorso che meriterebbe una trattazione più ampia che quella svolta in questa sede, può utilmente osservarsi che, almeno a nostro avviso, è proprio questo l’approccio sicuramente da preferirsi. Ciò, sempre a nostro parere, è così per almeno le sotto-indicate tre ragioni.

Innanzitutto, perché siffatto approccio, assai più chiaramente del primo, evidenzia l’inesistenza di diversità strutturali e formali tra le organizzazioni internazionali di tipo economico e finanziario, proliferate com’è noto dopo alla seconda guerra mondiale, e le altre organizzazioni internazionali. A questo proposito è sufficiente ricordare quanto emergente dall’esame della prassi, vale a dire la presenza di una struttura ternaria (ovvero la presenza di almeno tre organi principali) in ciascuna organizzazione internazionale istituzionalizzata (sul punto tra i molti v. Zanghì, C., Diritto delle Organizzazioni Internazionali, Torino, 2013, 217 ss.; Saunier, P., Organisations internationales universelles à competence monétaire et financière, in JC, 1996, voll. 135-1 e 135-2, 10-30; Dordi, C., Istituzioni Finanziarie Internazionali, in Dizionario di Diritto Pubblico, a cura di S. Cassese, Milano, 2006, 3290 ss.; Cafaro, S., La Banca Mondiale, in Le organizzazioni internazionali come strumenti di governo multilaterale, a cura di L.S. Rossi, Milano, 2006). In secondo luogo, poiché è solamente mediante l’adozione di un approccio dinamico e complesso al tema della qualificazione degli enti internazionali che è possibile scongiurare il rischio di risultati talvolta persino aberranti nella pratica come, ad esempio, la classificazione delle Nazioni Unite in quanto tali tra le organizzazioni internazionali a carattere economico anziché politico, in ragione della circostanza che, ai sensi della loro Carta istitutiva (la cd. Carta di San Francisco), esse perseguono inequivocabilmente finalità anche di natura economica, principalmente per il tramite del Consiglio Economico e Sociale (ECOSOC). In ultimo, poiché è soltanto mediante l’adozione di un approccio saldamente ancorato a parametri dinamici e complessi che si riesce legittimamente e persuasivamente a giustificare l’inclusione nel novero degli enti internazionali economici anche delle cosiddette ‘imprese comuni’ di organizzazioni internazionali come, ad esempio, la Società Finanziaria Internazionale (SFI) (sulla SFI v. tra i molti Camacho, J.E., The International Financial Corporation, in International Financial Law: Lending, Capital Transfers and Institutions, ed. R.S. Rendell, London, 1980, 265 ss.) e l’Agenzia Multilaterale degli Investimenti (MIGA) (sulla MIGA v. Jos, E., L’agence multilatérale de garantie des investissements, in RGDIP, 1994, 387 ss.; Shihata, I., MIGA and Foreign Investment: Origins, Operations, Policies and Procedures, Dordrech, Boston, Lancaster, 1988; Deli, M.B., La Multilateral Investment Agency, in Diritto del Commercio Internazionale, a cura di A. Giardina e G.L. Tosato, Milano, 1996, 471 ss.) entrambe afferenti al gruppo ‘Banca Mondiale’, (sulla classificazione di MIGA e SFI quali mere ‘imprese comuni’ v. Tosato, G.L., Sulla nozione di impresa comune nel diritto internazionale, in Riv. dir. intern., 1967, 632 ss.) che, pur svolgendo varie attività operative e di assistenza allo sviluppo nel quadro degli ordinamenti giuridici statali, entrano al medesimo tempo in rapporti rilevanti per l’ordinamento della comunità internazionale, come attestato soprattutto dalla stipula di accordi internazionali sui privilegi e le immunità dalla giurisdizione statale all’interno dei Paesi in cui essi operano (in senso favorevole all’inquadramento di SFI e MIGA nel novero delle organizzazioni internazionali finanziarie v. di recente, e persuasivamente, Vezzani, S., Gli Accordi delle Organizzazioni del Gruppo della Banca Mondiale, Torino, 2011, 18 ss, il quale rimarca altresì: «l’esistenza di un sufficiente grado di indipendenza di SFI e MIGA nell’assolvimento delle proprie funzioni di guisa da giustapporsi in modo effettivo agli Stati che le hanno istituite» – corsivo mio)

A quanto appena osservato può forse aggiungersi un’altra considerazione: vale a dire che anche l’adozione di una determinata prospettiva o modus operandi da parte di un ente intergovernativo perché così è suggerito da una certa dottrina o teoria economica costituisce un tratto molto distintivo delle organizzazioni internazionali a carattere economico in genere e di quelle a carattere finanziario in particolare (cfr. Dupuy, R.J., Manuel sur les Organisations Internationales. Handbook on International Organizations, Dordrecht, Boston, Lancaster, 1988, 472 ss.).

I tratti caratteristici

Le considerazioni appena svolte nel paragrafo precedente ci hanno portato a rilevare che le organizzazioni internazionali di tipo economico, al fine di meglio garantire la loro efficienza, si contraddistinguono per l’usuale recepimento all’interno dei loro ordinamenti interni della distinzione tra concessioni (o prestiti) e condizionalità. Occorre adesso soffermarsi sui tratti caratteristici di una forma organizzativa che ad esse è immediatamente riconducibile quale species a genus: quella delle organizzazioni internazionali a carattere finanziario. Tali tratti caratteristici sono sostanzialmente due: un originale modo di concepire la responsabilità dell’ente e un frequente abbandono del principio dell’eguaglianza formale degli Stati membri all’interno dell’Organizzazione.

Cominciando dal primo aspetto, noteremo che nelle organizzazioni internazionali finanziarie si rinvengono attualmente, con notevole frequenza, sistemi di controllo interno o accountability verso la società civile internazionale di cui non si ha invece sostanzialmente traccia nelle organizzazioni internazionali di altro tipo o genere. Il riferimento è innanzitutto al panel di ispezione della Banca Mondiale che, come meglio è precisato oltre, presenta tutte le caratteristiche di tipo strutturale e operativo proprie dei sistemi di garanzia di tipo ‘ibrido’ (vale a dire aventi al contempo la natura dei sistemi di controllo in senso tecnico e dei sistemi di garanzia a carattere giurisdizionale) (sfr. Seatzu, F., Il Panel di Ispezione della Banca Mondiale, cit., 113 ss.)

È necessario a questo proposito un più lungo discorso.

Istituito nel 1994 dal Consiglio di amministrazione della BIRS, il panel di ispezione della Banca Mondiale – analogamente ai corrispondenti meccanismi di accountability interna operanti presso le banche internazionali di sviluppo a carattere regionale e sub-regionale come, ad esempio, la BERS, la Banca Inter Americana di Sviluppo e la Banca Asiatica di Sviluppo – si giustifica con le peculiari necessità della realtà organizzativa al cui interno esso opera le quali, a loro volta, chiaramente derivano dall’impatto che le attività statutarie di assistenza finanziaria e tecnica condotte dalle istituzioni finanziarie internazionali del gruppo della ‘Banca Mondiale’ hanno (o comunque sono suscettibili di avere) su singoli soggetti privati ed esponenti della società civile internazionale. In particolare il nesso che, per le esigenze di sostegno finanziario e tecnico ai Paesi membri in via di sviluppo (PVS), lega l’attività della Banca Mondiale alle attività e/o interessi della società civile internazionale nelle sue varie componenti fa sì che al panel ispettivo della Banca Mondiale sia stata affidata – mediante una tecnica abbastanza evoluta almeno dal punto di vista giuridico-formale – la verifica circa il rispetto, da parte del Consiglio di amministrazione della Banca, degli obblighi giuridici su esso incombenti.

Quanto appena osservato aiuta a comprendere perché nel quadro normativo-istituzionale istituzionale della Banca Mondiale si è potuto e voluto inserire un originale organismo di controllo provvisto di poteri ispettivi e di verifica e capace di garantire l’unicità (ma non anche però l’esclusività) della funzione di monitoraggio e ispezione all’interno della ‘World Bank Family’ (sulla non esclusività nel diritto interno della Banca Mondiale del sistema di controllo direttamente gestito dal panel di ispezione e conseguentemente sul ruolo svolto dall’organismo di controllo denominato Compliance Advisory Ombudsman – CAO – attualmente operante in seno alla MIGA e alla SFI v. Seatzu, F., Il Panel di Ispezione della Banca Mondiale, cit., 148 ss., e Rigo Sureda, A., The Law Applicable to the Activities of International Development Banks, in RCADI, 2005, 146, il quale ultimo osserva che: «… the CAO has wider responsabilities than the World Bank Inspection Panel…»). In altri termini, le peculiari esigenze sollevate dalle attività statutarie della Banca Mondiale non potevano trovare che in minima parte soddisfazione mediante ricorso a sistemi di garanzia operanti secondo gli schemi tradizionali e consolidati del controllo e dell’ispezione, poiché trattasi di modelli ideati per valutare la liceità di comportamenti ‘esterni’ vale a dire direttamente imputabili agli Stati Membri dell’Organizzazione (Seatzu, F., Il Panel di Ispezione della Banca Mondiale, cit., 117 ss.).

Sarebbe da osservare che queste esigenze non si pongono in termini assolutamente identici per tutte le organizzazioni internazionali a carattere finanziario, così come anche è facile intuire se si considera che esse non operano su terreni economici eguali; ma è meglio in questa sede alleggerire il discorso, anche perché attualmente i sistemi di accountability interni operanti presso le banche internazionali di sviluppo presentano tra loro marcate somiglianze sia dal punto di vista strutturale sia da quello funzionale e operativo.

Le peculiarità nelle procedure di voto

La presenza dei sistemi di accountability interna di cui si è riferito sopra è tipica di un momento storico, quello attuale, in cui le principali organizzazioni internazionali a carattere finanziario, pur cercando di pervenire a soluzioni parzialmente originali sul terreno dei controlli e della trasparenza in relazione alle attività condotte dall’ente, rifuggono dall’abbandonare la discrezionalità di cui esse tipicamente godono nell’esercizio delle loro attività di sostegno finanziario e prestito secondo i rispettivi accordi costitutivi (cfr. Seatzu, F., Il Panel di Ispezione della Banca Mondiale, cit., 115 ss.). Anche il secondo profilo per cui le principali organizzazioni internazionali finanziarie a carattere universale (leggi: Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale) e le banche internazionali di sviluppo a carattere regionale si distinguono dalle altre organizzazioni internazionali a carattere politico e sociale risponde ad un’analoga necessità (sul punto v. anche le osservazioni di Comba, A., Neoliberismo e globalizzazione dell’economia, e Viterbo, A., Fondo monetario e Banca mondiale, in Neoliberismo internazionale e global economic governance, a cura di A. Comba, Torino, 2008, rispettivamente 1 ss., 189 ss.; Viterbo, A., Il Fondo Monetario Internazionale: analisi e prospettive di riforma, in Studi di diritto internazionale dell’economia, a cura di G. Porro, Torino, 2006, 119-156), in quanto concerne, come abbiamo precisato, il modo in cui viene garantita la possibilità e quindi indirettamente l’attività di assistenza ai Paesi membri afflitti da crisi strutturali e congiunturali.

Ma a questo proposito è indispensabile qualche altra delucidazione, poiché, soltanto richiamando sinteticamente la logica sottesa alla regola della partecipazione ponderata in funzione dell’importanza economica e industriale del Paese, sarà possibile apprezzare lo sforzo effettuato a misurare la portata.

Le organizzazioni internazionali di tipo politico e sociale, ma anche l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) (in argomento v. per tutti Adinolfi, G., L’Organizzazione Mondiale del Commercio. Profili istituzionali e normativi, Padova, 2001; Adinolfi, G., World Trade Organization, in Dizionario di diritto pubblico, cit., 6229-6237), adottano in generale la regola, espressione del principio superiores non recognoscentes: ‘One State – One Vote Rule’. Valga al riguardo un esempio: la Carta delle Nazioni Unite (o Carta di San Francisco) prescrive, all’art. 18, § 1, che ogni Stato ha diritto a un voto in seno all’Assemblea generale. In questo senso la Carta ONU chiaramente prescinde, ai fini dell’adozione delle delibere dell’organo assembleare il quale ha una competenza sostanzialmente coincidente con quella dell’Organizzazione nel suo complesso, da considerazioni pure astrattamente rilevanti come, ad esempio, quelle legate all’importanza economica, all’estensione territoriale o alla densità della popolazione residente dei Paesi membri.

La soluzione fornita al problema del valore del voto espresso dai Paesi membri mediante i loro legali rappresentanti si capovolge radicalmente nelle organizzazioni internazionali a carattere finanziario, giacché gli atti istitutivi delle medesime accolgono in generale la regola della partecipazione ponderata (weighted vote) in funzione dell’importanza industriale ed economica del Paese, come facilmente si arguisce dalla circostanza che le quote azionarie sottoscritte da ciascun Paese variano appunto secondo il peso economico-industriale del sottoscrittore (vedasi art. II, sez. 2 dell’Accordo istitutivo della Banca Mondiale). E ciò perché questa asimmetria azionaria tra i membri dell’Organizzazione, che chiaramente non è mai fine a se stessa, (cfr. Bestagno, F., L’Organizzazione Mondiale del Commercio, in Il Diritto delle Organizzazioni Internazionali, pt. spec., a cura di U. Draetta e M. Fumagalli Meraviglia, Milano, 2011, 248 ss.; Vellano, M., Verso il superamento del principio della parità formale degli Stati nel governo dell’economia mondiale, in Problemi e tendenze del diritto internazionale dell’economia. Liber amicorum in onore di Paolo Picone, a cura di A. Ligustre G. Sacerdoti, G., Napoli, 2011, 153 ss.; Zamora, S., Voting in International Economic Organizations, in AJIL, 1980, 566 ss.; Bastid-Burdeau, G., La partecipation des Etats aux organisations internationales et l’exercise du droit de vote, in Il futuro delle Organizzazioni Internazionali. Prospettive Giuridiche, Atti del XIX Convegno SIDI, Courmayeur, 26-28 giugno 2014, a cura di M. Vellano, Napoli, 2015, 77 ss.) è ritenuta funzionale a garantire l’effettività dell’orientamento politico-economico di mercato tipico di questi enti internazionali che sono ispirati ai principi del liberismo post-bellico (sul punto v. anche le osservazioni di Picone, P., Diritto internazionale dell’economia e costituzione economica dell’ordinamento internazionale, in Com. e Studi, 1980, 187, in particolare il rilievo secondo il quale la formalizzazione dei rapporti egemonici di certi Stati sovrani su altri opera come: «un congegno idoneo ad esprimere in via permanente ed automatica il modo d’essere delle forze sociali prevalenti nella comunità internazionale»). Una conferma sia pure soltanto indiretta di quanto appena osservato si evince, a nostro parere, dalla circostanza che una siffatta logica del voto ponderato non pare riproducibile (neppure in una forma rivista) in altri contesti organizzativi perché, come è stato acutamente osservato: «weighted voting may be credible and acceptable in fundamental organizations whose purposes and powers are confined to achieving limited goals, but seems inapplicable to organizations such as the United Nations which have such a vast array of goals that it would be impossible to agree on a set of criteria» (cfr. Jenks, C.W., Some Constitutional Problems of International Organizations, in BYIL, 1945, 41 ss.).

Logicamente e funzionalmente connessa al principio del voto ponderato è l’ulteriore regola usualmente adottata nell’ambito delle procedure di voto in seno alle istituzioni finanziarie internazionali. Diversamente dalle istituzioni internazionali di tipo politico e sociale che generalmente richiedono, affinché una decisione sia validamente adottata e produttiva di effetti giuridici, l’unanimità (o quantomeno l’accordo dei Paesi maggiormente rappresentativi) le organizzazioni internazionali a carattere finanziario adottano, infatti, il principio maggioritario e conseguentemente la decisione è validamente adottata con la maggioranza (ponderata o no) (v. per tutti Porchia, O., I Soggetti nel Diritto Internazionale dell’Economia, in Studi di diritto internazionale dell’economia, cit., 49, nt. 41, anche per ulteriori riferimenti bibliografici). Ne consegue pertanto che l’unanimità è assolutamente eccezionale in siffatti contesti organizzativi che ammettono invece frequentemente la pratica del consensus, consistente nel rendere ammissibile l’approvazione di una risoluzione anche in mancanza di una votazione, normalmente tramite una dichiarazione concertata del presidente dell’organo il quale verifica la sussistenza dell’accordo tra i membri (cfr. Jessup, P.C., Procedure by Consensus: Silence Give Consent, in Il Processo internazionale. Studi in onore di Gaetano Morelli, Milano, 1975, 401 ss.; Porchia, O., I Soggetti nel Diritto Internazionale dell’Economia, cit., 49, nt. 42; Cafaro, S., Il Governo delle Organizzazioni di Bretton Woods. Analisi critica, processi di revisione in atto e proposte di riforma, Torino, 2012, 4; v. anche White, N.D., The Law of International Organizations, Manchester, 1996, 77, il quale con specifico riferimento alla Banca Mondiale correttamente osserva che: «… while the Bank lends to poor countries, the IMF may lend to any member country lacking sufficient foreign currency to cover short-term obligations to creditors in other countries»).

Fonti normative

Statuto delle Nazioni Unite, San Francisco 26 giugno 1945, in vigore sul piano internazionale dal 24 ottobre 1945, ratificato dalla l. 17.8.1957, n. 848 (G.U. 25.9.1957, n. 238), entrato in vigore per l’Italia il 14 dicembre 1955; Accordo istitutivo del Fondo Monetario Internazionale (FMI), Washington 22 luglio 1944, in vigore sul piano internazionale dal 27 dicembre 1945, ratificato dalla l. 23.3.1947, n. 132 (G.U. 27.3.1947, n. 71), entrato in vigore per l’Italia il 27 marzo 1947; Accordo istitutivo della Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BIRS), Washington 22 luglio 1944, in vigore sul piano internazionale dal 27 dicembre 1945, ratificato dalla l. 23.3.1947, n. 132 (G.U. 27.3.1947, n. 71), entrato in vigore per l’Italia il 27 marzo 1947; Accordo istitutivo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, Marrakech 15 aprile 1994, entrato in vigore sul piano internazionale dal 1°.1.1995, ratificato dall’Italia il 1 gennaio 1995, tramite l. 29.12.1994, n. 747 (G.U. 10.1.1995).

Bibliografia essenziale

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