ORIONE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1963)

ORIONE (᾿Ωρίων, Orion)

S. de Marinis

Mitico cacciatore gigante, dotato di grande forza e bellezza. Alcune tradizioni lo dicono generato dalla terra, altre figlio di Euriale e di Pòsidone e, come tale, dotato della capacità di camminare sulle onde del mare. Dopo la morte fu trasformato in costellazione. Il complesso dei miti relativi alla vita di O. risulta nell'insieme assai ricco e talvolta piuttosto intricato; di singoli episodî si conoscono spesso versioni diverse e contrastanti: così, per esempio, la sua morte, voluta da Artemide (alla quale aveva recato grave offesa) è attribuita ora alle frecce della dea stessa o di Apollo, ora ad uno scorpione velenoso che la dea aveva mandato perchè lo pungesse al tallone.

Complessità, apparenti discordanze, duplicità di versioni derivano dal voler far confluire in una tradizione unica e generale una serie di tradizioni distinte e parziali, talvolta limitate ad uno o a pochi aspetti del mito, nate o sviluppatesi separatamente, e perciò con caratteristiche proprie, nelle diverse località della Grecia in cui poi è storicamente attestato un certo culto dell'eroe (Tanagra, Chio, Creta, ecc.).

Le più antiche testimonianze letterarie ci presentano O. nel duplice aspetto di cacciatore e di costellazione. È certo che in origine doveva trattarsi di due concezioni del tutto separate. In Omero infatti i due aspetti appaiono ancora distinti l'uno dall'altro, e pertanto l'eroe nell'Oltretomba continua a svolgere la sua attività di cacciatore, uccidendo le fiere con la clava bronzea (Od., xi, 572). D'altro canto però Omero stesso, quando parla della costellazione di O. ha sempre dinanzi agli occhi l'immagine del cacciatore (Il., xviii, 486 e 488; Od., v, 274). Nel suo vario sviluppo dalle forme più antiche il mito mantiene sempre questa fusione, della quale si ha un riflesso anche nelle rappresentazioni figurate. Uno specchio etrusco tardo, da Palestrina, presenta la figura di O., seminudo, coperto, sembra da una pelle di animale; accanto a lui sono un cane ed una lepre; al di sopra Otto stelle (le Pleiadi e la loro madre Pleione) e una falce di luna.

Notevole interesse rivestono le figurazioni simboliche di O. costellazione sul globo dell'Atlante Farnese e in codici miniati di carattere astronomico e astrologico, databili per lo più all'epoca medievale, ma che riprendono tipi e motivi chiaramente classici. L'immagine più frequente di O. è quella di un giovane imberbe, con lo sguardo rivolto verso l'alto; vestito di exomz's, ha spesso la spada al fianco e impugna nella destra un sottile pedum; sotto i suoi piedi appare di consueto il tipico elemento della lepre corrente. Queste sono le uniche figurazioni certe relative ad o.; quelle relative al suo aspetto di eroe mitico e perciò ai vari episodi della sua vita e alla sua morte sono pressoché inesistenti, e non c'è neanche un caso in cui l'interpretazione della scena possa ritenersi incontrovertibilmente sicura.

Meno dubbia che altrove può considerarsi la presenza di O. nella nota pittura dell'Esquilino (ora ai Musei Vaticani) con episodî dell'Odissea; nel secondo dei due quadri con scene degli Inferi, compare, accanto a Tizio e a Sisifo, una figura nuda, corrente, con un laccio in mano, nella quale, in accordo con il racconto omerico sarebbe logico riconoscere O., benché tracce frammentarie di una iscrizione non siano state ancora integrate con sicurezza.

Su un frammento di kölix a figure nere (Gordion Cup, metà del VI sec. a. C.) al British Museum, si intravede la figura di un cacciatore in cammino con un bastone nella destra e la selvaggina catturata (una lepre e una volpe), sulla spalla sinistra. Se si tratta di un soggetto mitologico, il che non è d'altronde affatto certo, il personaggio può essere interpretato come Orione. Ad una delle leggende sulla morte di O. il Beazley riferisce la scena di un'anfora a figure rosse da Agrigento: un uomo seminudo, coperto solo da una pelle di animale legata al collo, con un nodoso bastone nella destra, è quasi caduto o inginocchiato a terra, mentre cerca di sfuggire ad Apollo che sopraggiunge brandendo un lungo ramo. Più a sinistra Artemide sta per scagliare una freccia.

Assai poco verosimile è l'interpretazione come O. della figura di giovane nudo, corrente sulle onde del mare, rappresentato su uno specchio etrusco arcaico al British Museum.

Per quanto riguarda alcuni quadri pompeiani, la scena di un vaso italiota e il rilievo marmoreo rinvenuto a Napoli in via Mezzocannone, sembra senz'altro inaccettabile il riferimento a miti concernenti O. che è stato sporadicamente proposto o sostenuto.

Monumenti considerati. - Kölix a figure nere: J. D. Beazley, in Journ. Hell. Stud., xlix, 1929, p. 267, n. 48, tav. xvi, 4; M. Robertson, Gordion Cups from Naucratis, in Journ. Hell. Stud., lxxi, 195 1, p. 149, n. 13, fig. 1; I. D. Beazley, Black-fig., p. 168. Anfora a figure rosse: A. Furtwängler, Reichhold, H. Hauser, Griech. Vasenmal., Serie iii, Monaco 1932, p. 280, fig. 129; J. D. Beazley, Red-fig., p. 350, n. 11. Specchi etruschi: E. Gerhard-G. Körte, Etr. Sp., iii, tav. 243 A; iv, p. 21, tav. 289, 2. Pittura dell'Esquilino: B. Nogara, Le nozze Aldobrandine, i paesaggi con scene dell'Odissea... ecc. conservate nella Biblioteca Vaticana e nei Musei Pontifici, Milano 1907, p. 49, tav. xii e xv; H. G. Beyen, Pompeianische Wanddekoration, ii, L'Aia 1960, fig. 165 b. Manoscritti astronomici: Lenormant, Peinture d'un manuscrit de Nicandre, in Gaz. Arch., iii, 1875, p. 125, tav. 32; G. Thiele, Antike Himmelsbilder, Berlino 1898, p. 74 ss., passim, p. 120; E. Bethe, Aratillustration, in Rh. Mus., xlviii, p. 107. Pitture pompeiane: W. Helbig, Gampanische Wandgemälde, Lipsia 1868, n. 253-57; n. 950, tav. vi a; C. Dilthey, in Bull. Inst., 1869, p. 151; E. Maas, in Bull. Inst., 1882, p. 156; E. Petersen, Artemis und Hippolytos, in Röm. Mitt., xiv, 1899, p. 91 ss. Vaso italiota: G. Jatta, in Ann. Inst., 1879, tav. G. Lastra marmorea: R. Peterson, The Cults of Campania, Roma 1919, vol. i, p. 205; E. Ciaceri, art. cit. in bibliografia.

Bibl.: H. Küentzle, in Roscher, III, i, 1897-909, c. 1018, s. v.; id., Über die Sternsagen der Griechen, Heidelberg 1897; E. Ciaceri, Il culto di O. nell'antica Napoli, in Atti della Accad. Napoletana di Arch. Lettere e Belle Arti, N. S., X, 1928, p. 281 ss.; S. Eitrem, Der Skorpion in Mithologie und Religionsgeschichte (Symbolae Osloenses), VII, 1928, p. 53 ss.; Wehrli, in Pauly-Wissowa, XVIII, 1939, c. 1065 ss., s. v., n. i.

(S. De Marinis)