ORTAGGI

Enciclopedia Italiana (1935)

ORTAGGI

Giuseppe PAPAROZZI
Fabrizio CORTESI
Giulio CAPODAGLIO

. S'indicano con questo nome e con quello di piante ortensi le piante che vengono coltivate negli orti a scopo alimentare o condimentario. Le pratiche relative alla loro coltivazione costituiscono l'orticoltura.

I vegetali che servono come ortaggi appartengono alle più diverse famiglie botaniche e di essi si può dare tanto una classificazione scientifica, quanto una pratica, basata sulle parti che si consumano.

Le principali piante ortensi sono botanicamente riunite nelle famiglie seguenti:

Borraginacee: Borrago officinalis (borragine).

Campanulacee: Campanula rapunculus (raperonzolo o raponzolo).

Chenopodiacee: Atriplex hortensis (atreplice); Basella alba (basella bianca), B. rubra (b. rossa); Beta cycla (bietola), B. vulgaris (barbabietola); Blitum virgatum (spinacio arricciato); Spinacia oleracea (spinacio).

Composte: Artemisia dracunculus (dragoncello); Cichorium endivia (indivia), C. intybus (cicoria o radicchio); Cynara cardunculus (cardo), C. scolymus (carciofo); Helianthus tuberosus (tartufoli o topinambur); Inula helenium (elenio); Lactuca augustona (lattuga romana), L. capitata (cappuccina o l. a cappuccio), L. perennis (l. vivace), L. sativa (lattuga comune); Scolymus hispanicus (barba gentile); Scorzonera hispanica (scorzonera); Tanacetum vulgare (erba S. Maria); Tragopogon porrifolius (barba di becco o sassefrica).

Convolvulacee: Ipomaea batatas (batata o patata dolce).

Crocifere: Brassica chinensis (cavolo della Cina o di Shantung), B. gongyloides (cavolo rapa), B. napus (verza), B. oleracea acephala (cavolo verde), B. oleracea (cavolo), B. o. bullata (verza di Milano), B. o. botrytis (broccolo o cavolfiore), B. o. capitata (cavolo cappuccio), B. nigra (senape nera), B. rapa (rapa); Crambe maritima (cavolo marino); Cardamine pratensis (nasturzio di prato); Cochlearia armoracia (rafano o barbaforte), C. officinalis (coclearia); Eruca sativa (ruchetta); Erysimum praecox (nasturzio di terra); Lepidium sativum (agretto); Nasturtium officinale (crescione acquatico); Sinapis alba (senape bianca); Raphanus caudatus (ravanello serpente), R. sativus (ravanello).

Cucurbitacee: Cucumis sativus (cetriolo); Cucurbita pepo (zucca) e sue varietà; Citrullus vulgaris (cocomero); Cucumis melo (melone).

Dioscoreacee: Dioscorea batatas (igname).

Gigliacee: Allium ampeloprasum (porrandello), A. ascalonicum (scalogno), A. cepa (cipolla), A. fistulosum (cipolletta), A. sativum (aglio), A. porrum (porro), A. schoenoprasum (cipollina), A. scorodoprasum (aglio d'India); Asparagus officinalis (asparago).

Iridacee: Crocus sativus (zafferano).

Labiate: Hyssopus officinalis (issopo); Mentha piperita, M. viridis (menta verde); Ocymum basilicum (basilico), O. gratissimum, O. Minimum (b. piccolo); Origanum maiorana (maggiorana), O. vulgare (origano, regano); Rosmarinus officinalis (rosmarino); Satureja hortensis, S. montana (santoreggia); Salvia officinalis (salvia); Thymus vulgaris (timo comune).

Leguminose: Cicer arietinum (cece); Dolichos lablab (fagiolino d'Egitto), D. sesquipedalis (f. sparagio), D. unguiculatus (f. dell'occhio); Ervum lens (lenticchia); Lotus tetragonolobus (pisello inglese); Phaseolus lunatus (fagiolo di luna), Ph. multiflorus (f. di Spagna), Ph. vulgaris (f. comune); Pisum sativum (pisello); Soja hispida (soia o pisello cinese); Vicia faba (fava).

Ombrellifere: Angelica archangelica (angelica); Apium dulce (sedano); Carum carvi (carvi); Claerophyllum bulbosum (cerfoglio bulboso); Coriandrum sativum (coriandolo); Cuminum cyminum (cumino di Malta); Daucus carota (carota); Foeniculum dulce (finocchio dolce), F. vulgare (finocchio); Pastinaca sativa (pastinaca); Petroselinum hortense (prezzemolo); Pimpinella anisum (anice verde); Scandix cerefolium (cerfoglio).

Ossalidacee: Oxalis acetosella (acetosella).

Plantaginacee: Plantago coronopus (corna di cervo).

Poligonacee: nell'Europa centrale e settentrionale si coltivano come ortaggi Rheum rhaponticum, R. undulatum (rabarbari); Rumex acetosa (acetosa), R. patientia (lapazio), R. scutatus (acetosa romana).

Rosacee: Poterium sanguisorba (pimpinella).

Solanacee: Capsicum annuum (peperone comune), C. longum (peperoncino); Solanum lycopersicum (pomodoro), S. melongena (melanzana), S. ovigerum (m. bianca), S. tuberosum (patata).

Tropeolacee: Tropaeolum maius (nasturzio maggiore), T. minus (n. minore), T. tuberosum (n. tuberoso).

Valerianacee: Valerianella olitoria (lattughina o lattughella).

Le piante ortensi si possono invece classificare, secondo l'uso delle parti, come segue:

Ortaggi da radici: Barbabietola, Barbaforte, Barba di becco, Pastinaca, Radicchio, Ravanelli, Raperonzolo, Scorzonera.

Ortaggi da bulbi e da tuberi: Aglio, Cipolla, Cipolletta, Porrandello, Porro, Scalogno, Batata, Igname, Patata, Topinambur.

Ortaggi da foglie, fusti e fiori: Acetosa, Acetosella, Angelica, Asparago, Atreplice, Bietola, Broccolo, Carciofo, Cardo, Cavolfiore, Cavoli, Cerfoglio, Cicoria, Corna cervo, Crescione, Finocchio, Lattuga, Lattughella, Maggiorana, Menta, Nasturzio, Prezzemolo, Rabarbari, Sedano, Spinaci, Zafferano.

Ortaggi da frutti e da semi (inclusi i legumi): Agretto, Anice verde, Cece, Cetriolo, Coriandolo, Fagioli, Fagiolini, Fava, Lenticchia, Melanzana, Peperone, Pisello, Pomodoro, Zucche. (Per la maggior parte delle piante ortensi v. le voci speciali).

Gli ortaggi si propagano per seme o per via vegetativa e in questo caso servono alla loro moltiplicazione bulbi, tuberi, rizomi, germogli e talee. Nella propagazione per semi occorre tener presente di usare seme recente, perché il seme vecchio perde la germinabilità. Nella seguente tabella sono riuniti i dati relativi alla durata di germinabilità di alcune sementi di piante ortensi:

Coltura.

Non tutti i terreni sono adatti per esercitarvi la coltura delle piante ortensi. Bisogna prima bene assicurarsi che il terreno sia adatto, cioè di medio impasto, argillo-silico-calcare o silico-argillo-calcare, sufficientemente provvisto di sostanze organiche, con sottosuolo permeabile, che impedisca quindi il ristagno dell'acqua e lasci circolare l'aria. Deve poi esservi disponibilità d'acqua per innaffiare in tutte le stagioni e in tutti i momenti, quando necessita. È preferibile che l'esposizione sia a mezzogiorno, se il terreno si trova in climi nordici, a levante se il terreno si trova in climi meridionali. La località poi non deve essere battuta dai venti né soggetta a brinate, e deve essere opportunamente recinta. Destinato un terreno a orto, è necessario farvi anzitutto uno scasso generale, liberandolo da sassi, ciottoli, radici grosse e piccole e da male erbe, che vegetano superficialmente e profondamente, cercando di ridurlo più che sia possibile uniforme e piano. In tal modo sarà facile nei piccoli orti suddividere il terreno in numerose aiuole, sulle quali dovranno poi farsi canali d'irrigazione e canali di scolo (necessarissimi quando le acque siano esuberanti). Ripetute debbono essere le lavorazioni e le sarchiature, che sminuzzando bene il terreno, lo rendano permeabile all'aria e quindi assai più idoneo all'accrescimento delle radici. Le semine si eseguiscono nei semenzai e a dimora. Nei semenzai, per le piante che debbano essere trapiantate (asparago, cavolo, pomodoro, lattughe, indivia, melanzane, peperoni, finocchi, sedani, ecc.), direttamente al campo per quelle che non debbono essere trapiantate (barbabietole, cardo, fava, cavolo, pisello, prezzemolo, radicchio, spinaci, zucca, ecc.). Nei letti caldi (fatti con uno strato di concime fresco di stalla ben condizionato e coperto con uno strato di circa 20 cm. di buon terriccio) da gennaio a febbraio le sementi nascono prontamente e le piantine crescono con rapidità; si collocano poi, a dimora fissa, appena passato il pericolo dei geli.

Serre calde (esistenti in gran numero in Inghilterra, Olanda, Francia e Belgio), si chiamano quelle piccole porzioni di buon terreno, coperte con vetri, per poter così raggiungere, nei freddi invernali, una temperatura di circa 15-20 gradi, ottenendo prodotti precoci in paesi settentrionali. In Inghilterra le serre riscaldate ad aria calda o ad acqua calda occupano circa 1200 ettari di terreno, e il capitale impiegatovi si aggira sui 12 milioni di lire sterline. Anche in Olanda sono molto diffuse le coltivazioni nelle serre sotto vetro per molte migliaia di ettari e di soli pomodori si ottengono così ottocentomila quintali all'anno. Nel Belgio e in Francia si hanno pure estese coltivazioni in serre e in Italia in provincia di Savona (ad Albenga) per circa 100 ettari, per un valore superiore ai 45 milioni di lire.

Dalla bontà delle sementi, primaticce o tardive, la maggior parte delle volte dipende la bontà della raccolta. Quindi è bene acquistare sempre sementi da un ente agrario di primissimo ordine, che possa dare tutte le garanzie e per la genuinità di origine e per la purezza e la germinabilità del seme.

La coltivazione degli ortaggi, in qualsiasi modo esercitata, richiede sempre un terreno molto fertile e cioè ben provvisto delle sostanze necessarie alle diverse piante. Gli elementi nutritivi più importanti per le piante ortensi sono: l'azoto, il fosforo (anidride fosforica), il potassio (potassa), il calcio (calce). Le colture ortensi asportano rilevanti quantitativi di detti prodotti; per esempio la coltura della patata (seminata in febbraio e raccolta in luglio) asporta, col suo raccolto (di circa 300 quintali per ettaro), kg. 112 di azoto, kg. 55 di anidride fosforica, kg. 185 di potassa e kg. 30 di calce. Nello stesso terreno e nello stesso anno la coltivazione del cavolfiore, trapiantato in agosto e raccolto in novembre e dicembre, preleva dal terreno, per ettaro, kg. 105 di azoto, kg. 75 di anidride fosforica, kg. 212 di potassa e kg. 175 di calce. Si tratta quindi di notevoli quantità di sostanze fertilizzanti che vengono tolte al terreno nel corso dell'anno, assai superiori a quelle che asportano le comuni coltivazioni.

L'azoto è per quasi tutti gli ortaggi l'elemento principale; l'anidride fosforica è anche indispensabile, poiché ha funzioni fisiologiche di prim'ordine nella vita vegetale. La potassa è anche elemento molto importante, esercitando funzioni notevoli, specialmente nel processo di elaborazione e di migrazione degl'idrati di carbonio. La calce è elemento indispensabile per l'attività fisiologica e per lo sviluppo vegetativo. La maggior parte dei terreni, anche fertili, difetta di qualcuno di questi elementi, ed è perciò necessario ricorrere a concimazioni.

Il letame di stalla si può considerare il concime più adatto, giacché esso è il maggior restauratore della fertilità degli orti. Il letame, oltre che per gli elementi fertilizzanti che contiene, giova molto anche per il suo contenuto di sostanza organica, la quale agisce come emendamento e come correttivo, ed è indispensabile mezzo per i microrganismi del terreno la cui incessante attività è legata alla vita delle piante. Il letame degli animali bovini, ben conservato in adatta concimaia, è il più usato; ma talora s'adopera anche il letame di cavallo. Il "terricciato" è il concime ideale per i piccoli orti, per i semenzai e per i letti caldi. Il terricciato si forma con stratificazioni alternate, sino all'altezza di m. 1,50, di buona terra da campo (cm. 30-35) e di letame di stalla (cm. 20-25). Si praticano regolari bagnature con orina di stalla e con colaticcio di concimaia. Fra i concimi minerali azotati il nitrato sodico (15-16% di azoto) e il solfato ammonico (20-21% di azoto ammoniacale) prodotto dalle officine da gas o dall'ammoniaca sintetica, sono i due concimi minerali azotati più usati in orticoltura. Viene somministrata anche come concime azotato la calciocianamide (contenente il 15-16% di azoto). I concimi potassici più usati sono: il cloruro potassico (50-52% di ossido di potassio) e il solfato potassico (48-50% di ossido di potassio). Il concime calcare più usato è il gesso, il quale contiene il 30-32%, di calce.

È impossibile sperare un buon risultato dalla coltivazione degli ortaggi, quando non s'abbia abbondanza d'acqua e non si somministri detta acqua nei modi voluti e spesso. Tutte le piante ortensi hanno bisogno di molta acqua per un'abbondante e rapida vegetazione, potendo così con essa reintegrare quella che emettono, vegetando, sotto forma di vapore. Per avere un'idea sull'evaporazione delle piante ortensi, basta pensare che un ettaro di terreno, coltivato a cavoli, in soli quattro mesi evapora due milioni di litri d'acqua. Le piante diventano più prospere e vigorose quanto maggiore è la quantità d'acqua che ricevono.

Le condizioni del terreno, la potenza degl'ingrassi, la felice esposizione non servirebbero a niente, quando non venissero accompagnate da abbondanti innaffiamenti. Il vero ortolano non deve mirare ad altro che alla molteplicità dei raccolti per rendere prospera e largamente proficua la coltivazione ortense.

L'irrigazione e la buona concimazione sono i due fattori fondamentali per l'esercizio dell'orticoltura intensiva. L'acqua non deve essere molto fredda per non disturbare l'equilibrio della vitalità nel quale debbono vivere le piante. Si devono preferire sempre le acque dei fiumi e dei torrenti, le quali, essendo bene impregnate di aria, non possono cagionare danni alla coltivazione. Qualora si avessero solo acque ricavate da pozzi, è bene farle scorrere prima in appositi canali, nelle ore più calde. Nelle zone del mezzogiorno, poi, l'acqua ha un'importanza speciale, dato che le cause di dispersione agiscono più energicamente, mentre sono scarse le piogge nel periodo primaverile-estivo.

L'irrigazione si fa in diversi modi e cioè: per irrorazione, per aspersione o innaffiamento e, quando si dispone di poca acqua, per imbibizione o infiltrazione. Il sistema d'irrigazione a pioggia è tuttora allo stato di esperimento, ed è sperabile che col tempo esso possa trovare larga applicazione anche per le colture ortensi. Non è possibile indicare con precisione quanta acqua occorra per le irrigazioni ortensi. Come indicazione generica (perché la quantità d'acqua che occorre per le irrigazioni ortensi dipende dalla natura del terreno, dalla stagione in cui si pratica, dalla località, dalle specie e varietà ortensi coltivate) si può ritenere che per irrigare un terreno ortense occorrano in via normale mc. 500-1000 di acqua per ettaro e per volta. Possono così calcolarsi, per un'irrigazione di sei mesi (caso comune), complessivamente da metri cubi settemila a metri cubi ventimila per ettaro (quantità, questa, distribuibile in più volte).

Le irrigazioni, in generale, si fanno la sera durante la stagione calda, e la mattina, dopo l'alzata del sole, nei primi periodi della primavera e dell'autunno.

La maggiore quantità possibile di prodotti orticoli s'ottiene agevolmente con la consociazione, cioè con la coltivazione combinata di due e più piante sullo stesso terreno, e con la rotazione, cioè con la successione di piante diverse nello stesso anno. La consociazione si basa sulle regole seguenti:

1. le piante consociate devono avere le stesse esigenze di clima, di cure colturali e di concimazione;

2. la maturazione dei loro prodotti deve avvenire in epoche differenti;

3. il loro massimo vigore vegetativo deve svilupparsi in tempi diversi;

4. se la loro statura è diversa, le più alte debbono essere disposte in modo da non danneggiare le più basse;

5. i loro sistemi radicali debbono approfondirsi diversamente nel terreno, perché non si danneggino o si ostacolino reciprocamente nell'assorbimento dei sali nutritizî.

Nella consociazione bisogna distinguere due tipi: uno in cui le colture consociate restano nel terreno per tutto il periodo della loro esistenza e maturano contemporaneamente o quasi i loro prodotti; l'altro in cui vi è una coltura principale che occupa il terreno per molto tempo e vi sono delle colture secondarie di più breve durata, che occupano il terreno disponibile fino a che lo sviluppo della coltura principale non lo reclami tutto per sé.

Il primo tipo non è consigliabile in orticoltura e si deve perciò preferire il secondo.

I fratelli Ingegnoli, noti orticoltori lombardi, propongono il seguente tipo di consociazione rotativa quadriennale per un orto di 4000 mq. Questo si divide in quattro appezzamenti uguali che si letamano alternativamente ogni anno con 240 mc. di letame per ciascuno.

1° anno. - Si vanga bene il terreno per interrare il letame, poi si divide in aiuole nelle quali s'impiantano le seguenti colture:

a) Se s'inizia il lavoro in autunno, si trapianta della lattuga; in primavera sotto si seminano i ravanelli, che si raccolgono con la lattuga; in aprile si mettono nei solchi i sedani, che si rincalzano in giugno e si raccolgono in luglio dopo l'imbiancatura. Quindi si vanga il terreno e si seminano gli spinaci, che si colgono in autunno, per farli seguire quindi dai cavoli cappucci.

b) Se il terreno si prepara in febbraio, si seminano i ravanelli che si raccolgono in aprile; segue la lattuga precoce increspata che si taglia in maggio, quindi i cavolfiori che vengono raccolti in settembre. Infine si seminano gli spinaci.

c) Nei primi di marzo si trapiantano i porri; raccolti questi alla metà di giugno, si lavora bene il terreno e si piantano i sedani, che in settembre vengono sostituiti dai cavoli di Bruxelles; dopo raccolti questi si semina la lattughina.

d) Si possono usare le pratiche precedenti, sostituendo ai sedani la lattuga, che è seguita dalla cicoria e infine si semina la lattughina.

e) In febbraio si piantano i cavoli di York, raccolti questi seguono i cavolfiori; ma si può far seguire ai cavoli di York l'insalata, quindi la cicoria o altri erbaggi o trapiantare indivia e sedani.

f) Seminate e raccolte le patate primaticce, si piantano i cardi oppure i cavoli di Bruxelles e dopo questi si seminano i raperonzoli.

g) Trapiantate e raccolte le cipolle bianche, si mettono i cavoli di Ulma, ai quali possono seguire i cavolfiori.

2° anno. - Si concima l'appezzamento con terricciato; nelle aiuole si stabiliscono i turni seguenti:

a) In gennaio si trapiantano le cipolle, alle quali possono succedere i porri.

b) In febbraio si seminano le carote; raccolte queste si pianta lattuga o cicoria, quindi si seminano gli spinaci.

c) In marzo si seminano le rape precoci; raccolte queste, le carote tardive, seguite dai raperonzoli.

Nel secondo anno qualche aiuola può essere destinata a ortaggi con sede fissa come asparagi, carciofi, ecc.

3° anno. - Si pratica un'abbondante concimazione chimica e s'impiantano le colture seguenti:

a) In marzo si seminano i piselli nani precoci; raccolti questi i fagiolini e quindi le rape.

b) In aprile si seminano i fagiolini precoci, quindi i piselli tardivi.

c) In febbraio si seminano le fave, alle quali si fanno seguire i fagiolini e quindi la lattughina.

d) In febbraio vengono seminate le lenti, poi i fagiolini e le rape.

4° anno. - Si fa una discreta letamazione, seguita da una concimazione chimica abbondante e completa, perché il terreno è molto sfruttato.

Si può chiudere la rotazione coltivando zucche, cetrioli oppure pomodori, melanzane, ecc.

Questa rotazione quadriennale è forse troppo lunga e si può ridurre a tre anni, distribuendo le colture del quarto anno fra il primo e il secondo.

In altre regioni d'Italia si usano consociazioni diverse; così ad esempio gli ortolani del litorale veneto usano le seguenti rotazioni consociate:

1. in autunno trapianto di cavoli, broccoli o cappucci, quindi pomodori e infine piselli autunnali;

2. lattughe, cardi, cipolle;

3. lattughe o cavoli, cipolle, cardi e peperoni;

4. cavoli, pomodori, spinaci;

5. lattughe, poponi, spinaci o radicchio o prezzemolo;

6. lattughe o cappucci, ravanelli, sedani o piselli.

7. cavoli, patate primaticce, melanzane o peperoni o pomodori, spinaci.

Si possono usare anche altre rotazioni consociate, ma si deve sempre aver cura che le diverse specie di piante ortensi prescelte abbiano diverse esigenze in fatto di nutrizione perché non si facciano reciproca concorrenza nell'utilizzazione delle sostanze alimentari del terreno.

Poche sono le malattie crittogamiche che si riscontrano negli ortaggi. Alle volte si hanno (specialmente sulle patate) forme peronosporiche, che si combattono bene con le solite irrorazioni a base di solfato di rame. Altre infezioni crittogamiche si riscontrano nelle radici dei cavoli che presentano marciume, ed è bene allora togliere le piante infette, perché non danneggino le altre, tanto più che il loro ciclo di vita non è molto lungo. Invece rilevanti possono essere i danni prodotti da insetti, i quali di nascosto o all'aperto, d'estate e d'inverno, congiurano ai danni dell'ortolano.

Accenniamo ai principali insetti e alle piante e loro parti che vengono maggiormente guastate, nonché ai mezzi più convenienti per combatterli. Le piante di asparago vengono alle volte danneggiate dalla Crioceris asparagi L., la quale attacca i turioni, e si combatte con la raccolta degli adulti, e dall'Hypoptha caestrum Hb., che vuota le radici e si combatte con la raccolta delle sue larve, e dalla Platyparea poeciloptera Schr., la quale vive internamente ai fusti e si combatte del pari con la raccolta delle larve. I cardi sono attaccati nelle foglie dalla Pyrameis cardui L. e dalla Plusia gamma L., animali che vengono combattuti con irrorazioni di solfato di nicotina. I cavoli sono attaccati nelle foglie dalla Pieris (Mancipium) brassicae L., dalla Plusia gamma e dall'Eurydema oleraceum L. che si combattono nello stesso modo. Le cucurbitacee sono attaccate da molte specie di Afidi, i quali vengono bene combattuti con irrorazioni di estratto di tabacco. Le patate sono attaccate nei tuberi dalla Tipula oleracea L. e dalla Phthorimaea operculella Zett, e le rape sono danneggiate nelle foglie dalla Pieris rapae L., che viene pure combattuta con irrorazioni di estratto di tabacco.

Produzione e commercio.

La produzione degli ortaggi rimonta ai tempi più remoti, ma le caratteristiche stesse della coltivazione e dei prodotti ne avevano, fino ad un'epoca relativamente recente, segnati strettamente i limiti di luogo e di quantità.

Le coltivazioni ortive richiedono, infatti, abbondanti concimazioni e irrigazioni, cure dirette e costanti da parte del coltivatore, mentre, d'altra parte, la poca conservabilità dei prodotti rende questi ultimi, qualora non vengano osservati quei metodi di conservazione che solo la più recente tecnica riesce a praticare, non suscettibili di sopportare il trasporto oltre una certa distanza.

Queste condizioni di fatto avevano localizzato la coltivazione degli ortaggi esclusivamente, fino a pochi decennî or sono, in una zona più o meno ristretta attorno ai centri abitati, al cui mercato potevano affluire in breve tempo e senza pericolo di guastarsi, e dai quali senza eccessivo dispendio provenivano concimi e mano d'opera; è ovvio che la quantità prodotta era limitata dai bisogni del mercato stesso.

Anche ai giorni nostri, almeno sotto i climi che lo permettono, un caratteristico cerchio verde di coltivazioni ortive cinge paeselli e città, ma i progressi dei mezzi di trasporto e il perfezionarsi dei procedimenti di conservazione hanno di gran lunga allargato le possibilità di produzione, permettendo l'impianto di grandi coltivazioni industrializzate su terreni posti nelle condizioni più favorevoli per essere coltivati, quantunque, eventualmente, anche assai lontani dai centri di consumo.

Un attivo commercio interno e internazionale di questi prodotti si è venuto così a stabilire per quantità imponenti e per somme cospicue, essendosi il consumo esteso a strati sociali sempre più vasti e a paesi che non dispongono o dispongono limitatamente o in stagioni diverse, rispetto ad altri, di coltivazioni proprie.

Nel quinquennio 1929-33 il commercio d'esportazione e di importazione dei principali ortaggi fra i più importanti paesi ammontò, come media annua, alle cifre indicate nelle tabelle, desunte dalle statistiche ufficiali pubblicate dai varî stati.

La produzione nei principali paesi. - Spagna. - Grande sviluppo ha preso in questi ultimi anni la produzione delle patate; sono preferite, perché maggiormente richieste sul mercato di Londra verso il quale vengono largamente esportate, le razze inglesi; i centri di coltivazione sono principalmente le provincie di Lugo, di Orense, di Castellón, di Barcellona, di León, di Oviedo, di Soria e di Burgos, oltre alle Isole Canarie. Assai diffusa è anche la coltivazione dei pomodori, che alimentano una notevole corrente di esportazione soprattutto verso la Francia, la Gran Bretagna e la Germania.

Francia. - Le zone che producono più largamente le patate sono la Provenza, Tarn-et-Garonne, Lot-et-Garonne, la Bretagna e la regione parigina. Nelle stesse zone, ad eccezione della Bretagna, e nei dipartimenti delle Alpi Marittime e del Varo si coltiva il pomodoro. Il cavolfiore è coltivato in Provenza, specialmente a Cavaillon, ad Avignone, ad Aramon, ecc., nelle regioni di Hyères, di Barfleur, d'Angers, di Saint-Omer, di Roscoff, di Saint-Malo e di Parigi. I principali mercati esteri di sbocco della produzione orticola francese sono il Belgio, la Gran Bretagna e la Germania.

Belgio. - Nei cantoni di Coutiel, Heyst-op-den-Berg, Lierre, Duffel e Malines si è andata da qualche tempo sviluppando la coltivazione delle patate primaticce. Una tendenza costante all'aumento ha pure mostrato, negli ultimi anni, la coltura del pomodoro, specialmente diffusa nei dintorni di Duffel, Wawre-Sainte-Catherine, Wawre-Notre-Dame, Puers e Lovanio. Pure a Lovanio si riscontra un'assai pregiata coltivazione di cavolfiori, quasi esclusivamente primaverile, mentre a Malines e ad Alost si producono qualità autunnali; altro centro importante di produzione del cavolfiore è S. Nicola. La parte di prodotti destinata all'esportazione trova il suo sbocco principale sui mercati francese, tedesco, olandese e danese.

Olanda. - La coltivazione di patate si fa quasi esclusivamente lungo il litorale con un'estensione, verso l'interno, di una ventina di chilometri; importanti quantitativi di patate sono destinati all'industria delle fecole. Molto sviluppata è anche la coltivazione del pomodoro, le cui varietà coltivate sono esclusivamente quelle a frutto tondo, liscio, e con pochi semi. Notevole è poi la produzione dei cavolfiori, di qualità molto pregiata, a infiorescenza sferica, bianca e compatta. Il commercio d'esportazione è molto attivo: la Germania, la Gran Bretagna, il Belgio, la Svizzera, la Francia e la Cecoslovacchia sono i mercati di sbocco più importanti.

Fuori d'Europa, l'Africa settentrionale francese, la California, e, per certe varietà di prodotti, alcune zone dell'Argentina, del Brasile e del Chile producono importanti quantitativi di ortaggi, una parte dei quali partecipa al commercio internazionale d'esportazione.

Organizzazione commerciale. - La particolare natura dei prodotti orticoli, la loro scarsa conservabilità e l'affollarsi dell'offerta nei periodi di più intensa produzione rendono il commercio di essi, come quello delle frutta (v.), al quale in certo modo è collegato, assai difficile e delicato. Occorre infatti che il prodotto passi dal coltivatore al consumatore in un tempo relativamente breve, che i mezzi di trasporto oltre alla celerità offrano anche le condizioni necessarie affinché il carico non si deteriori, e infine che l'offerta venga frazionata in modo tale da non saturare il mercato d'arrivo della merce. Quest'ultima condizione, anzi, è di particolare importanza e forma la costante preoccupazione delle imprese che si dedicano a questo ramo di commercio, dato che assai difficilmente è possibile rispedire la merce stessa in altri mercati meno affollati, e la necessità di vendere subito fa cadere rovinosamente i prezzi.

Per rispondere a tali esigenze, nei paesi di più estesa produzione o di più forte consumo, è stata necessaria un'organizzazione commerciale molto complessa. Incettatori, sensali, case di vendita all'asta, grossisti, commissionarî e dettaglianti formano nel commercio interno e internazionale una catena d'intermediarî che giornalmente si sforzano di equilibrare l'offerta con la domanda.

Anche il movimento cooperativo è intervenuto già da tempo a partecipare al lavoro d'organizzazione del mercato, riuscendo in alcuni paesi ad accaparrare per i produttori diretti, o a dividere fra i consumatori, una parte dei profitti d'intermediazione. Esempî cospicui di grandi e prospere cooperative si riscontrano, nel campo del commercio ortofrutticolo, negli Stati Uniti (California) e nel Canada, ma non mancano esempî degni di nota anche in molti altri paesi.

Insieme con l'organizzazione commerciale, però, e come condizione necessaria per il suo sviluppo, si sono andati perfezionando i procedimenti di conservazione e i mezzi di trasporto.

Prima d'essere spediti, i prodotti vengono assoggettati a un processo di prerefrigerazione, che consiste nel far circolare in essi ingenti masse di aria fredda, in modo da sottrarre omogeneamente una forte quantità di calore. Una volta immessi nei vagoni, si procura poi di mantenerli alla bassa temperatura prima raggiunta. In un primo tempo, e tuttora per i prodotti meno delicati, s'è cercato di raggiungere quest'ultimo scopo con i cosiddetti carri refrigeranti, muniti cioè di appositi sportelli che permettono durante il viaggio di arieggiare il carico, ma in seguito, col progredire della tecnica frigorifera, sono stati posti in servizio carri-ghiacciaia isotermici, talora provvisti anche di elettro-aspiratori mobili, che aspirano l'aria attraverso le ghiacciaie e la proiettano fredda sopra la merce.

Recentemente si è sviluppata, anche in Italia, l'organizzazione delle casse mobili isotermiche (containers), le quali permettono, previa refrigerazione, di trasportare gli ortaggi dal punto di raccolta a quello di distribuzione senza manipolazioni intermedie, potendo venir caricate sui carri ferroviarî e trasportate presso il destinatario a mezzo di speciali carrelli elettrici automotori.

Sistemi press'a poco simili sono usati anche nei trasporti marittimi.

Assistito da questa perfezionata organizzazione tecnica e commerciale, il mercato dei prodotti ortofrutticoli s'è allargato straordinariamente, dando luogo a una viva concorrenza. Quest'ultima, d'altro canto, ha reso necessario non soltanto di badare alla conservazione del prodotto, ma, per venire incontro alle pretese via via più esigenti dei consumatori, di selezionare la merce, renderla per quanto possibile di tipo uniforme e conferirle una presentazione decorosa ed efficace.

Per queste ragioni, nei paesi in cui il commercio d'esportazione di questi prodotti riveste particolare importanza, si è dovuto sottoporlo a regolamentazione: dovunque si sono attuati provvedimenti legislativi, a eccezione dell'Olanda, in cui la regolamentazione è avvenuta attraverso libere organizzazioni sindacali. In tutti i paesi poi, che le hanno introdotte, le norme disciplinatrici del commercio degli ortaggi sono abbinate a quelle relative al commercio delle frutta.

Alcuni stati hanno sottoposto a regolamentazione tutto il commercio ortofrutticolo, tanto interno quanto d'esportazione, altri solo quest'ultimo. In quanto, poi, ai criterî informatori di tali discipline, essi sono stati quasi dovunque gli stessi: procurare cioè che la qualità media della merce esportata sia buona, che la merce stessa sia distinta in categorie rispondenti a caratteristiche uniformi di qualità, di varietà e di provenienza, che gl'imballaggi, anch'essi ridotti per quanto possibile a tipi uniformi, siano tali da assicurare la buona conservazione del prodotto, ecc. Alle merci non rispondenti al minimo di requisiti richiesti viene interdetta l'esportazione, oppure, pure lasciandone libera la vendita all'estero, viene loro negato il marchio nazionale di garanzia, che taluni paesi (Italia, Spagna, Olanda) hanno istituito. Altro sistema è quello di selezionare le ditte esportatrici, sia mediante norme legislative (Italia e Spagna), sia attraverso associazioni sindacali (Olanda).

Produzione e commercio in Italia. - La produzione degli ortaggi ha in Italia origini molto antiche, ma la grande coltura industrializzata data solo da pochi decennî, da quando cioè si prospettò la possibilità di esportare tali prodotti nei paesi dell'Europa centrale e settentrionale, i quali per l'alto tenore di vita della popolazione e per la mancanza o per il ritardo stagionale della produzione propria, offrivano e offrono tuttora vaste possibilità di smercio ai prodotti orticoli dei paesi mediterranei.

Hanno m0lto contribuito, però, allo sviluppo dell'orticoltura italiana anche l'accresciuta domanda del mercato interno e lo sbocco offerto dall'industria degli ortaggi conservati, che, sorta nella seconda metà del secolo scorso, ha raggiunto un'importanza notevolissima e dispone attualmente di un gran numero di stabilimenti per la preparazione di pomodori in conserva e pelati, legumi e ortaggi varî nell'aceto, in salamoia, nell'olio e al naturale.

Nel 1933 la produzione di ortaggi in Italia, secondo le statistiche ufficiali, ammontò alle cifre seguenti:

Questa cospicua massa di ortaglie di oltre 43 milioni di quintali proviene (escluse le patate), sia da orti stabili, ai quali le statistiche assegnano una superficie di ha. 80.000 circa, sia da coltivazioni in pieno campo valutate ad ha. 143.000, tra superficie integranti e superficie riportate.

Nel quadro dell'economia italiana la produzione degli ortaggi riveste dunque un'importanza molto notevole. Essa richiede inoltre, costantemente, un'elevata applicazione di mano d'opera, spesse volte tecnica specializzata, che talora raggiunge le 5-600 opere annue per ettaro, cosicché attualmente la massa e il tasso dei salarî agricoli dipendono da queste coltivazioni in misura ancora maggiore di quello che si possa dedurre dal valore, per quanto elevato, dei prodotti. Da tenere presente è poi il fatto che, come vedremo tra poco, le esportazioni di ortaggi rappresentano una partita non trascurabile nella bilancia commerciale italiana.

Fra tutte le produzioni ortive spicca per importanza quella delle patate, la cui qualità è notevolmente migliorata in questi ultimi anni, essendo state largamente sostituite le vecchie razze con quelle precoci inglesi e olandesi. Anche quantitativamente però il progresso è stato cospicuo: l'ammontare della produzione sopra indicata per il 1933 in 23.757 mila quintali è inferiore a quella dell'anno precedente, valutata a 28.236 mila quintali, ma tuttavia superiore alla media del quinquennio 1929-33 (22.281 mila quintali), la quale a sua volta segna un aumento del 35% rispetto alla produzione del 1913. L'area dedicata attualmente alla coltura delle patate s'aggira attomo ai 400 mila ettari.

Anche per le altre qualità d'ortaggi si nota un progresso. La produzione d'ortaggi di grande coltura, esclusi cioè i minori non censiti e quelli prodotti dagli orti stabili, è salita da poco più di 12 milioni di quintali, ricavati in media nel quinquennio 1909-13, a 17.337.000 nel 1933 con un aumento di circa 44%.

Pressoché tutte le regioni italiane partecipano alla produzione degli ortaggi, ognuna approfittando delle caratteristiche di clima, suolo, posizione geografica e condizioni economiche che sono ad essa peculiari.

Per quanto le regioni settentrionali godano della maggiore vicinanza ai più importanti centri di consumo italiani ed esteri e della maggiore abbondanza di capitali e in esse quindi siano abbastanza diffuse le colture ortensi, specialmente a carattere industriale, tuttavia i maggiori centri di produzione si trovano nel Mezzogiorno, che dispone di condizioni climatiche più favorevoli alle produzioni precoci.

Le piante ortensi sono così distribuite in Italia:

In Piemonte l'orticoltura ha una discreta importanza: le colture ortensi da pieno campo sono diffuse in Piemonte per circa 2000 ettari. Torino, Cuneo, Asti e Santena sono i centri più importanti degli ortaggi più coltivati in Piemonte, e cioè di patate semiprecoci, pomodoro, cavoli verzotti, cardi, peperoni, asparagi, fagioli, piselli, cipolle, erbe aromatiche. Tutta la produzione di tali ortaggi serve in Piemonte per il consumo locale; piccola parte è venduta ai mercati italiani ed esteri. In Piemonte esistono 20 fabbriche di conserve alimentari vegetali.

La Liguria è una regione di notevole importanza, specialmente per la coltivazione di primizie di ortaggi. Lungo la riviera ligure di levante e di ponente, sono coltivati ben dodicimila ettari di ortaggi, fra i quali primeggiano i carciofi, i cavoli, i pomodori, i broccoli, gli asparagi, le melanzane, i peperoni e altri ortaggi di minore importanza. Il centro più importante a coltura forzata, per un'estensione di ottanta-cento ettari è Albenga in provincia di Savona, nella quale si contano circa duemila serre di metri quadrati cinquecento ognuna, del valore complessivo di circa 45 milioni di lire. Tali prodotti di serra vengono tutti venduti nella vicina Costa Azzurra francese. Esistono in Liguria anche 17 fabbriche di conserve alimentari vegetali.

In Lombardia vi sono molti orti stabili per il consumo della città di Milano e di altre città della Lombardia, per un'estensione di circa 4000 ettari. La coltivazione a pieno campo è per circa seimila ettari, con prevalenza di colture di pomodori, piselli, patate, fagiolini, fagioli, sedani, cavoli cappucci, agli, cipolle, cardi, carote, lattughe, spinaci, cocomeri e peperoni. Nella regione lombarda esistono 31 fabbriche di conserve alimentari vegetali.

Orti importanti stabili esistono nel Veneto. Nella Venezia Euganea i terreni sabbiosi e mobili delle dunes'adattano in modo meraviglioso alle colture ortensi, che sono sviluppatissime e praticate con molta perizia. Gli orti in provincia di Chioggia sono esempî meravigliosi di colture accuratissime. Sono in essi molto coltivate le patate precoci, le cipolle, i cavolfiori, i cavoli cappucci, i cavoli verzotti, i cetrioli, i carciofi, i pomodori, i fagiolini, i piselli, gli asparagi, gli agli, i sedani, gli spinaci, le lattughe, ecc. Dette cospicue e pregevoli produzioni orticole trovano collocamento sul mercato di Venezia, nei mercati dei centri vicini, e vengono anche esportate. Molti ortaggi si esportano, specialmente le patate primaticce e i cavolfiori. Funzionano anche 31 fabbriche di conserve alimentari vegetali nella Venezia Euganea, 5 nella Venezia Giulia e Zara e 12 nella Venezia Tridentina. Nella zona della Venezia Giulia e Zara, e precisamente nella zona di Capodistria e dintorni, si coltivano circa cinquecento ettari di cavolfiori con una produzione di cinquemila quintali e più.

In Emilia, oltre agli orti stabili nelle vicinanze delle città, vi sono diciottomila ettari adibiti a colture di ortaggi in pieno campo. In Emilia le coltivazioni ortensi hanno moltissima importanza e funzionano quasi tutte con la massima intensità sia per soddisfare il consumo alimentare italiano, sia per soddisfare l'esportazione e la fabbricazione di conserve. Esistono in Emilia società per la vendita delle produzioni ortensi e circa 140 fabbriche di conserve alimentari vegetali. Le coltivazioni principali sono: pomodoro, cipolle, agli, patate precoci, finocchi, sedani, cavoli, cocomeri, cetrioli, fagioli, piselli e cardi.

Le colture ortensi in Toscana si praticano sopra circa novemila ettari. Le piante più coltivate sono: cavolfiori, carciofi, patate precoci, pomodori e altre di minore importanza. Vi sono 22 fabbriche di conserve alimentari vegetali.

Nelle Marche si praticano colture ortensi sopra circa 4300 ettari. Gli ortaggi più coltivati sono: i cavolfiori, i pomodori, i piselli, i finocchi, i cavoli cappucci, i cavoli verzotti, le cipolle, i cocomeri. A Iesi v'è una società importante per l'esportazione dei prodotti agricoli. Funzionano anche 14 fabbriche di conserve alimentari vegetali.

In Umbria è poco estesa la coltivazione degli ortaggi; ma essa tende a prendere un maggiore sviluppo.

Gli orti stabili occupano una superficie di circa duecento ettari e gli orti a grande coltura ne occupano una di circa milleseicento ettari. Esistono 5 fabbriche per la produzione delle conserve alimentari vegetali.

Nel Lazio le colture ortensi sono in grande sviluppo per soddisfare specialmente il mercato di Roma, ove tutti i giorni giungono al mercato generale ostiense numerosi vagoni dalla Campania. Si calcola che nell'Agro romano esistano oltre millecinquecento ettari a orti stabili, e che le colture a pieno campo occupino una superficie di circa quindicimila ettari.

Si coltivano nel Lazio specialmente cavoli-broccoli, carciofi, asparagi, patate, pomodori, peperoni, melanzane, cipolle, finocchi. Esistono 9 fabbriche di conserve alimentari vegetali.

In Abruzzo e nel Molise esistono oltre millecinquecento ettari di orti stabili, e a coltura in pieno campo circa undicimila ettari. Gli ortaggi più coltivati sono: pomodori, peperoni, finocchi, sedani, patate a pasta bianca e gialla, carciofi. Esistono nella regione 2 fabbriche di conserve alimentari vegetali.

La Campania è la più importante regione in Italia per la produzione di ortaggi. Nella provincia di Napoli l'orticoltura occupa il primo posto. Pregevolissime sono le produzioni di pomodoro, di cavolfiori, di patate di broccoli, di piselli, di fagiolini, di carciofi, di peperoni, di melanzane, di cetrioli, di zucchette, di finocchi e di lattughe. In Campania vi sono orti stabili per la notevole estensione di cinquantasettemila ettari all'incirca. In provincia di Salerno l'orticoltura ha un'importanza notevole sia esercitata negli orti stabili, sia nei campi in rotazione con le comuni colture agrarie, come ad Angri, a Nocera Inferiore, e a Pagani. Le produzioni ortensi principali del Salernitano sono: pomodori, cavolfiori, patate precoci, carciofi, peperoni, legumi da sgusciare, cipolle, finocchi, lattughe, ecc. Nella Campania esistono circa 160 fabbriche di conserve alimentari vegetali, con sedi a S. Giovanni a Teduccio (moltissime), a Nocera Inferiore, a Pagani e a Castellammare di Stabia. La produzione alimenta, oltre che il consumo locale, anche il consumo di Roma, dove ogni mattina vengono spediti 10-20 vagoni, e molti vagoni si esportano specialmente in Germania, Svizzera e Austria.

In Puglia la coltivazione delle piante ortensi si fa negli orti stabili e negli orti a pieno campo sopra circa trentamila ettari di terreno. I prodotti principali sono: i pomodori, i cavoli cappucci, i cavolfiori, i broccoli, i peperoni, i cocomeri (specialmente nel Brindisino e nel Tarantino), le cipolle (pregiate quelle di Barletta), i piselli, le patate precoci (di cui un buon centro è Margherita di Savoia), i cetrioli, le cicorie (speciali le Brindisine), i sedani, i fagioli. Esistono società per vendite collettive in provincia di Brindisi e di Taranto. Funzionano anche 22 fabbriche di conserve alimentari vegetali.

In Basilicata la produzione di piante ortensi è molto limitata. Di orti stabili ve ne sono pochi e colture in pieno sviluppo si esercitano sopra duecento ettari. Si coltivano patate, pomodori, cavoli cappucci, broccoli, peperoni, cipolle, agli e piselli. Non esistono fabbriche di conserve alimentari.

In Calabria le colture ortensi sono molto diffuse, e assumono ogni anno maggiore estensione. La statistica assegna alla coltivazione di ortaggi a grande coltura un'estensione di circa quattordicimila ettari. Sono intensamente coltivati i cavolfiori, i cavoli cappucci, i pomodori, gli agli, le cipolle, le patate precoci, i cocomeri, i fagioli, i peperoni e i finocchi. La produzione serve al mercato locale, ma è anche venduta in altri mercati italiani, ed anche esportata. Esistono 2 sole fabbriche di conserve di pomodoro e, giustamente, la coltivazione orticola si specializza per la produzione di primizie.

Il carattere dell'orticoltura della Sicilia è la precocità. I prodotti in provincia di Ragusa (specie quelli del circondario di Scicli) sono molto ricercati per la loro precocità. Sono estese nelle provincie di Siracusa, di Ragusa, di Catania, di Messina, di Palermo e d'Agrigento le coltivazioni di pomodori, di cavoli e cavolfiori, di patate precoci, di carciofi, di finocchi, di sedani, di lattughe. In Sicilia esistono 75 fabbriche di conserve alimentari, le quali lavorano molti prodotti dell'orticoltura.

In Sardegna sono coltivati circa quattromilacinquecento ettari a ortaggi di grande coltura e approssimativamente milleduecento ettari a coltura di carciofi e quattromilatrecento ettari a coltura di pomodori. Si coltivano in Sardegna anche le patate (e tale coltivazione potrebbe molto estendersi), i cavoli cappucci, i cavolfiori, i cavoli broccoli, le cipolle, i piselli, i sedani, i finocchi, i fagioli, le melanzane e i peperoni. Lungo il litorale della provincia di Cagliari si potrebbero coltivare ortaggi primaticci (patate, piselli, fagiolini e pomodori). Esistono in Sardegna 6 fabbriche di conserve alimentari vegetali, le quali tutte lavorano i prodotti dell'orticoltura.

L'organizzazione del commercio degli ortaggi è, anche in Italia, divisa tra l'iniziativa individuale e quella associata dei produttori riuniti in cooperative.

Assai diffuso, specialmente nelle regioni meridionali, è il sistema per cui il commerciante si accaparra i prodotti molto tempo prima della loro maturazione, mediante anticipi all'agricoltore che se ne serve per i bisogni personali e della coltivazione. L'applicazione di questi sistemi, che induce il coltivatore a preoccuparsi molto più della quantità che non della qualità del prodotto, tende man mano a restringersi con il diffondersi del credito agrario d'esercizio.

Buoni risultati si sono avuti, invece, allorché il commerciante ha limitato i suoi anticipi alla fornitura delle sementi, che, quando trattasi delle patate, può costituire un credito molto notevole. Le informazioni infatti, di cui il commerciante dispone, e che l'orticoltore ben difficilmente potrebbe procurarsi, lo inducono a fornire sementi di razze selezionate e delle varietà più richieste sui diversi mercati, contribuendo così efficacemente al progresso orticolo.

Spesso, però, parecchi coltivatori di una stessa zona si riuniscono in cooperativa, che di solito aderisce al Consorzio agrario della provincia o alla Federazione italiana dei consorzî agrarî, che inquadra consorzî e cooperative. La Federazione possiede una "Sezione vendite collettive dei prodotti del suolo", nota sotto il nome di "Fedexport", la quale, disponendo di proprî incaricati nelle diverse località, provvede a raccogliere i prodotti e ad avviarli verso i mercati di sbocco.

Le vendite poi agl'importatori esteri degli ortaggi italiani, sia per conto d'imprese private sia per mezzo di organismi cooperativi, avvengono o con particolari contratti "a fermo", oppure, più spesso, attraverso commissionarî stabiliti nei diversi mercati.

L'esportazione dall'Italia di patate e di cavolfiori è assoggettata dallo stato a un controllo obbligatorio, esercitato dall'Istituto nazionale per l'esportazione; ai criterî che ispirano questo controllo si è già accennato più sopra.

Le ditte esportatrici di prodotti ortofrutticoli, inoltre, debbono ottenere l'iscrizione in apposito albo.

Il commercio di questi prodotti è poi anche assistito da un'estesa organizzazione frigorifera, che ha i suoi centri principali a Verona, Bologna, Milano e Padova, nonché da un grande parco di appositi vagoni ferroviari, di treni-derrate specializzati e da varie altre facilitazioni predisposte dall'amministrazione delle ferrovie dello stato.

Questa complessa organizzazione, unita al requisito naturale della precocità di maturazione della produzione orticola italiana, specialmente nei confronti della produzione similare dei paesi dell'Europa centrale e settentrionale, ha permesso di attivare e mantenere, anche in periodi di difficoltà commerciali, un'importante corrente d'esportazione dall'Italia di ortaggi di varia specie.

Riportiamo qui sotto l'ammontare di tale esportazione e l'irradiazione di essa, per alcuni principali prodotti, sui varî mercati secondo le statistiche ufficiali.

Per alcuni prodotti esportati si può inoltre indicare, con una certa approssimazione, anche da quale regione italiana provengono.

Del totale delle patate esportate, circa il 56% proviene dalla Campania, il 17% dalle Puglie, il 12% dall'Emilia, il 2% dalla Sicilia. Per quel che riguarda, invece, i cavolfiori, la Campania partecipa alla totale esportazione italiana con il 63%, la Toscana con il 18%, le Marche col 10%, il Veneto col 4%, la Puglia col 2%. Per i pomodori le proporzioni sono le seguenti: alla Sicilia spetta il 29%, all'Emilia il 25%, alle Marche il 18%, all'Abruzzo il 18%, alla Puglia il 6%.

Bibl.: G. Ballair, Traité d'horticolture pratique, Parigi 1897; G. Cappi, Manuale teorico pratico per la coltivazione degli ortaggi, Napoli 1904; J. Nanot, Almanach des jardiniers au XXe siècle, Parigi 1905; F. Zago, Appunti raccolti alle lezioni del prof. F. Zago, tenute al R. Istituto Sup. Agrario di Portici, Napoli 1932; F. Zago, Lezioni tenute al Corso di avviamento all'esportazione dei prodotti agricoli, Roma 1932.

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