Orto botanico

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

orto botanico

Loretta Gratani

Museo per conservare la biodiversità

I musei collezionano oggetti che possono essere opere d’arte o strumenti d’interesse storico-scientifico; gli orti botanici sono musei che collezionano piante vive con la finalità di conservarle a scopo didattico e di ricerca scientifica. Le piante collezionate hanno una documentazione relativa alla loro provenienza e alla data di acquisizione; vengono coltivate con tecniche specifiche che consentono l’acclimatazione – cioè l’adattamento a condizioni climatiche diverse da quelle del luogo di provenienza –, la crescita e la riproduzione. I semi vengono raccolti e conservati per riprodurre altri individui della stessa specie

Collezioni vegetali

In un orto botanico possiamo osservare esemplari vegetali (generalmente piante, ma possono essere anche alghe, funghi o licheni), sia indigeni (cioè locali) sia esotici. Le specie vegetali vengono coltivate in serra o all’aperto, facendo in modo che conservino, nel corso del tempo, le caratteristiche dimensionali, funzionali e riproduttive espresse nei luoghi di origine. Il nome di ogni specie esposta deve essere riportato in un cartellino secondo i criteri della classificazione binomia, introdotta da Linneo nel 1753.

In questo sistema ogni specie è indicata con un doppio nome, uno del genere e l’altro che sottolinea un carattere per distinguere la specie in questione da altre dello spesso genere; per esempio, tutte le querce appartengono al genere Quercus; la sughera (Quercus suber) è una specie che appartiene a questo genere. Vicino al nome della specie si scrive il nome puntato dello studioso che l’ha identificata (Quercus suber L., dove L. in questo caso sta per Linneo).

Le specie che entrano o che scompaiono dall’orto sono annotate in un registro. Ogni orto botanico utilizza specifiche tecniche di coltivazione e criteri diversi nella disposizione delle collezioni. La propagazione e la coltivazione dei vegetali viene effettuata a scopo didattico e di ricerca scientifica, in particolare quella nel settore botanico, genetico ed ecologico. I semi delle piante collezionate vengono conservati nella Banca dei semi, ma possono essere anche forniti ai parchi o alle aree protette per una possibile reintroduzione delle specie negli ambienti alterati dall’uomo, per esempio in conseguenza di disboscamenti o di incendi, oppure per aumentare il numero di individui in popolazioni di specie rare o minacciate di estinzione.

Orti come farmacie

Fantasticando, si può dire che il primo orto botanico sia stato il Paradiso terrestre di Adamo ed Eva, ma una valutazione su basi scientifiche fa ritenere che l’interesse dell’uomo primitivo per le piante sia iniziato con la sua necessità di nutrirsie poi sia stato rivolto anche alla cura delle malattie, quando casualmente furono scoperte alcune specie con proprietà farmacologiche (piante medicinali e aromatiche). Si può far risalire agli Egizi la conoscenza del dosaggio delle parti delle piante usate a scopo curativo. Per esempio, il papavero (Papaver somniferum L.) e il ricino (Ricinus communis L.) erano probabilmente fra le specie coltivate nel giardino realizzato per Alessandro il Grande ad Alessandria d’Egitto nel 331 a.C.

La coltivazione delle specie vegetali a uso medico fu perseguita anche dai Greci e dai Romani e poi, nel Medioevo, dai monaci che nei loro chiostri coltivavano le piante in aiuole rettangolari. Le specie con interesse medicinale erano dette semplici od officinali, dal termine officina, che designava il laboratorio dove venivano preparati i farmaci utilizzando parti di piante, di animali e minerali.

Gli orti botanici sono diventati, nel corso del tempo, centri di ricerca botanica e didattica, spesso associati alle università. L’orto botanico di Roma, per esempio, trae le sue origini dal Viridarium, che papa Niccolò III realizzò nella seconda metà del 13° secolo all’interno del Vaticano e che era una zona dove erano presenti specie erbacee e arboree, alcune delle quali con proprietà medicamentose. Il Viridarium può essere considerato un rudimento di orto botanico.

Educare, proteggere e conservare

L’educazione ambientale attraverso le visite agli orti botanici ha lo scopo di sensibilizzare il pubblico, e soprattutto i giovani, sull’importanza della conservazione delle specie esistenti, che sono il risultato di un lungo processo evolutivo avvenuto nel corso dei secoli. Ma lo scopo principale degli orti botanici è quello della conservazione della biodiversità (diversità biologica) delle specie vegetali, soprattutto di quelle fortemente minacciate di estinzione, a causa dell’azione spesso indiscriminata dell’uomo. Attualmente circa il 24% delle specie vegetali conosciute (60.000 su 250.000) rischia l’estinzione. Secondo il Libro rosso della flora italiana (elenco delle specie a rischio in natura), oltre 1.000 taxa (con taxa s’intendono le categorie sistematiche tipo specie, genere, famiglia) sono da includere nelle categorie «estinto in natura», «gravemente minacciato», «minacciato», «vulnerabile» proposte dall’IUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura).

La Convenzione sulla diversità biologica (CBD) e il Piano di azione del Botanic gardens conservation international (BGCI) considerano prioritario il mantenimento di collezioni ex situ, ossia al di fuori dei luoghi di origine, di specie rare o soggette a rischio di estinzione. Il Piano prevede anche la realizzazione di reti internazionali per lo scambio delle conoscenze.

Le strategie di conservazione sono fondamentali soprattutto quando non è possibile fornire alle specie una sicura protezione in situ, ovvero nei luoghi di origine. Il ruolo della conservazione del patrimonio genetico delle specie vegetali rappresenta la strategia più importante e qualificante che contraddistingue gli orti botanici dai giardini botanici, distinzione che in altri paesi non esiste in quanto entrambi sono denominati giardini botanici (botanical gardens), sebbene i giardini si interessino dell’esposizione di piante, non necessariamente rare, e a fini ricreativi.

Le banche dei semi

Compito di spicco degli orti botanici universitari è la ricerca, soprattutto nei settori botanico, ecologico e genetico. Fra le altre attività degli orti ci sono la determinazione delle specie raccolte in spedizioni di ricerca, la loro documentazione, gli scambi di materiale vegetale, in particolare di semi.

Ogni orto botanico conserva in banche speciali, dette banche dei semi, i semi delle specie collezionate per riprodurre, quando necessario, altri individui della stessa specie. Nella banca i semi vengono selezionati, puliti e registrati in una banca dati. Per conservarli viene diminuito il loro contenuto di acqua con tecniche specifiche, poi i semi vengono pesati, impacchettati sottovuoto e tenuti a temperature diverse a seconda dell’uso, a breve o a lungo termine.

Quanti sono

Nel mondo ci sono circa 1.700 orti botanici, diversi per le dimensioni, le specie coltivate e le funzioni, che possono essere di ricerca, didattica e conservazione. Fra i maggiori ci sono i Royal botanic gardens a Kew, Londra (121 ha), presso i quali alla fine degli anni Novanta del secolo scorso è stato varato un progetto denominato Millennium seed bank, con lo scopo di conservare il germoplasma, cioè il materiale ereditario contenuto in semi, spore, pollini e tessuti vegetali, di tutte le piante presenti sul territorio del Regno Unito (obiettivo già raggiunto al 90%) e il 10% di quello relativo a tutte le piante superiori presenti nel Pianeta. Nel 1994 è stato istituito il Consorzio dei giardini botanici europei, allo scopo di realizzare strategie di azione comune.

L’orto botanico di Pisa (fondato nel 1543) e quello di Padova (nel 1545) sono gli orti universitari più antichi in Italia; e quello di Padova è la più antica istituzione universitaria che abbia conservato la sede originaria d’impianto, praticamente inalterata, fin dalla sua fondazione.

Index seminum

Ogni orto botanico pubblica periodicamente un catalogo detto Index seminum, in cui viene riportato l’elenco aggiornato delle specie presenti, con indicazioni sul numero di individui per ciascuna specie, sulla loro provenienza, ubicazione e data di acquisizione. L’Index seminum ha lo scopo di far circolare informazioni relative alla presenza e alla disponibilità dei semi fra tutte le istituzioni interessate.

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