Ospedale

Dizionario di Medicina (2010)

ospedale


Edificio, o complesso di edifici, destinato all’assistenza sanitaria dei cittadini, e quindi adeguatamente attrezzato per il ricovero, il mantenimento e le cure, sia cliniche sia chirurgiche, di ammalati o feriti.

Cenni storici

L’idea di riunire e curare i malati in luoghi particolarmente attrezzati sembra connessa col primo sviluppo della vita sociale. Per l’Oriente una cronaca singalese dà notizia dell’esistenza di un o. a Ceylon circa nel 437 a.C. In Egitto i malati erano ricoverati in appositi locali presso i templi, così come avveniva in Grecia e a Roma nei templi di Esculapio. Istituzioni analoghe della Roma imperiale erano i valetudinaria, per i liberti e gli schiavi, e le medicatrinae, organizzate dagli stessi medici per accogliervi gli infermi. Nell’era cristiana l’assistenza agli infermi acquista un significato più caritativo che sanitario, rivolgendosi a poveri e pellegrini. Le prime istituzioni di tipo ospedaliero furono dette xenodochi o nosocomi; si svilupparono in prossimità delle sedi episcopali, delle diaconie, dei monasteri e lungo le strade di grande comunicazione, cioè lungo gli itinerari dei pellegrini. Quello fondato da s. Benedetto presso Salerno diede origine alla scuola medica salernitana. Gli ordini cavallereschi diedero grande impulso agli o. con l’assistenza agli infermi, spec. durante le Crociate. A causa della facilità del contagio e della ripetuta insorgenza di epidemie, fino al 19° sec. l’o. si è spesso identificato con la difesa dei sani dai malati. La scoperta dell’antisepsi a opera di J. Lister e soprattutto le geniali scoperte di L. Pasteur, resero possibile l’istituzione di razionali metodi di profilassi e di terapia che risanarono l’ambiente ospedaliero, rendendolo atto allo sfruttamento delle sempre più progredite risorse della medicina.

Struttura e organizzazione

I servizi essenziali in un o. sono:

Servizi generali: direzione e amministrazione; accettazione e osservazione (cioè pronto soccorso e terapia d’urgenza); poliambulatorio; servizio di indagine diagnostica radiologica e di imaging in genere, laboratori. In alcuni ospedali sono anche presenti il servizio trasfusionale, la sala anatomica e il servizio di anatomia e istologia patologica.

Reparti di degenza: la normativa, che parte dalla fine del 20° sec., definisce un reparto di degenza ospedaliera come Unità Operativa Complessa (UOC): comprende le stanze con i letti dei pazienti, i servizi infermieristici e le stanze per i medici, per le medicazioni, per la diagnostica da effettuare in reparto.

Reparti operatori e da parto: a seconda del numero di posti letto dell’o., il complesso operatorio è costituito da uno o più gruppi autonomi o integrati tra loro. Le sale operatorie sono indipendenti e ciascuna è dotata di un locale detto di preanestesia, e di un altro per il risveglio degli operati, nonché di un locale per la preparazione del chirurgo e del personale ausiliario. Ogni gruppo è poi provvisto di una serie di locali per lavaggi e sterilizzazione di materiali e strumenti. I reparti di ostetricia sono formati da una o più sale da parto completate da locali per il travaglio, locali per la prima assistenza ai neonati, locali per i sanitari.

Reparti di terapia intensiva, o di rianimazione: non sono presenti in ogni o., ma svolgono un ruolo di primaria importanza; servono sia per l’assistenza di pazienti critici di competenza internistica, che per quelli appena operati con gravi problemi cardiorespiratori e generali, che per i grandi traumatizzati che arrivano dal pronto soccorso.

Ospedale di comunità

Struttura ospedaliera semplice, dotata solamente di letti di degenza, di un laboratorio di analisi attrezzato per gli esami più semplici, e di un gabinetto radiologico per radiografie standard. Ospita malati cronici con particolari problemi che non si possono risolvere a domicilio, oppure pazienti acuti dimessi da grandi ospedali dopo interventi o malatie gravi. L’o. di comunità ha turni infermieristici che coprono le 24 ore e la gestione clinica dei pazienti è a opera dei medici di famiglia della zona. L’introduzione degli o. di comunità nel SSN è stata istituita, secondo normative differenti, nelle diverse regioni; essi sono sorti alla fine del 20° sec. sporadicamente, e progressivamente si stanno diffondendo sul territorio nazionale, anche attraverso la conversione in essi di piccoli o., o di varie strutture assistenziali.