OSPEDALIERI

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1997)

OSPEDALIERI

A. Luttrell

L'Ordine degli O. di s. Giovanni di Gerusalemme ebbe origine, probabilmente intorno al 1070, nella stessa Gerusalemme, come ospizio per pellegrini latini dipendente dai Benedettini amalfitani di S. Maria dei Latini; situato presso il Santo Sepolcro, era tenuto da fratelli laici, forse Terziari benedettini.Dopo la conquista crociata di Gerusalemme nel 1099, l'ospizio passò dalla giurisdizione dei monaci all'associazione con il Santo Sepolcro; nel 1103 aveva già acquistato la vicina chiesa bizantina di S. Giovanni, risalente al 5° secolo. Nel 1113, ottenuta un'effettiva indipendenza tramite un privilegio papale, gli O. avevano già ottenuto proprietà nella Francia orientale e meridionale e nella Spagna settentrionale. Anche in seguito, l'Ordine continuò a svolgere attività di tipo medico, ma dagli anni trenta del sec. 12° venne trasformandosi in Ordine militare (v. Ordini Militari), controllato da una classe di milites. I frati furono presto coinvolti nella difesa di un certo numero di castelli, alcuni dei quali di propria fondazione. Nella Siria latina, la ricchezza e il potere dell'Ordine crebbero in uno con l'acquisto di grandi possedimenti anche in Occidente. Dopo la caduta di Gerusalemme nel 1187, la sede principale venne spostata ad Acri (v.) per stabilirsi, in seguito, dal 1291 al 1309, a Limassol (Cipro) e quindi, fino al 1522, nell'isola di Rodi.I frati e le sorelle dell'Ordine erano religiosi che avevano fatto una piena professione dei voti di povertà, castità e obbedienza; in Occidente essi vivevano in una casa, domus o commenda, che, sebbene talora avesse l'aspetto di residenza fortificata, nella maggior parte dei casi era un centro agricolo, in cui edifici residenziali e una chiesa si disponevano accanto a stalle, mulini, granai, colombaie e altre costruzioni destinate alle attività agricole.A Gerusalemme (v.), dopo il 1099, gli O. crearono un grande blocco di edifici immediatamente a S del Santo Sepolcro, meta principale dei pellegrini al cui servizio l'Ordine funzionava. Il complesso fu probabilmente molto ampliato negli anni quaranta del 12° secolo. Dei vari edifici si conservano soltanto la chiesa di epoca protobizantina, una serie di ambienti sotterranei con copertura a volte, molti pilastri quadrati e diverse pietre scolpite, il cui luogo di rinvenimento indica probabilmente il cantiere preposto alla preparazione di questi materiali. L'enorme ospedale per i poveri e per gli ammalati poteva ospitare duemila letti, con sale destinate alle donne; la sistemazione si rifaceva probabilmente a tipologie orientali, in particolar modo bizantine, sconosciute al mondo occidentale.Nella cripta della chiesa di S. Giovanni fu rinvenuto un singolare reliquiario, realizzato probabilmente a Gerusalemme per gli O., forse nel sesto decennio del sec. 12°, in forma di mitra con al centro un blocco di cristallo di rocca, contenente reliquie della Vera Croce, dei dodici apostoli e di altri santi, compreso s. Osvaldo d'Inghilterra (Folda, 1995).A partire dal 1143 l'Ordine esercitò la propria giurisdizione anche sulla chiesa - a tre navate e tre absidi con un ambiente ipogeo voltato - e sull'ospizio di S. Maria degli Alemanni, costruiti forse nel terzo decennio del sec. 12° con finestre romaniche a tutto sesto e capitelli scolpiti. Non vi era un cortile centrale, ma contiguo alla chiesa, a N, si trovava un edificio con un cortile, nel quale può essere forse riconosciuta la residenza dei frati, mentre a S della chiesa si trovava un corpo di fabbrica a due piani, entrambi a due navate e coperture a volta, forse un ospizio e un ospedale. Gli O. possedevano ospedali anche a Nablus, a Tiberiade, a Tripoli (Libano), ad Antiochia e a Costantinopoli, oltre a case agricole, talvolta munite di piccole torri, come la c.d. torre Rossa (al-Burj al-Aḥmar) nella pianura di Sharon, preposta alla protezione e all'amministrazione dei possedimenti siriani e all'immagazzinamento dei loro prodotti. L'Ordine manteneva inoltre ospizi lungo le strade di pellegrinaggio, come testimonia il caso di Abū Ghōsh (v.), la supposta Emmaus biblica, che possedeva un cortile caravanserraglio e dove gli O. costruirono una chiesa a tre navate, con tre absidi e una cripta contenente il santuario. Appena all'esterno del Crac des Chevaliers (v.), il grande castello degli O. nella contea di Tripoli, si trovava una chiesa, probabilmente battesimale, destinata alla popolazione cristiana locale, con affreschi raffiguranti S. Giorgio a cavallo e i Miracoli di s. Pantaleone; è probabile che gli artisti che li eseguirono fossero siriani ortodossi.Molte delle prime fortezze siriane degli O. erano semplici spazi recintati con corpi di fabbrica a due piani addossati al lato interno delle mura; si trattava spesso di fortificazioni già esistenti, occupate e, in seguito, ricostruite dall'Ordine. Un esempio precoce è costituito dal recinto fortificato di Beth Gibelin, passato agli O. nel 1136. Belmont, costruito prima del 1169, aveva una cortina esterna con una grande porta e un passaggio voltato che correva lungo la parte interna delle mura: in questo caso vi era un recinto interno, con sostruzioni a volte che sostenevano una cappella e gli alloggi. Tra il 1142 e il 1170 gli O. costruirono un recinto fortificato al Crac des Chevaliers e nel 1168 acquistarono Belvoir, che probabilmente ricostruirono. Quest'ultimo impianto fortificato (oltre m2 1000) aveva struttura quasi simmetrica ed era difeso da una cinta esterna e da una interna, con massicce torri quadrangolari sia agli angoli, sia nei punti mediani del muro esterno, sia agli angoli di quello interno. Il muro esterno, difeso anche da un fossato, aveva un ingresso monumentale, mentre quello della cinta interna era sovrastato dalla cappella.Dopo la caduta di Gerusalemme nel 1187, i Latini si ritirarono entro fortezze in pietra sempre più massicce e costose. I grandi castelli degli O. - a N di Gerusalemme, a Tripoli e ad Antiochia, dove l'Ordine aveva grandi possedimenti - furono situati, nel sec. 13°, in altura e di conseguenza caratterizzati da piante irregolari. Un esempio in questo senso è rappresentato dal castello di Margat, in basalto nero, acquistato dall'Ordine nel 1186 e in seguito trasformato. Il castello presentava nel sec. 12° torri quadrate, mentre nel 13° venne dotato di due cerchie murarie - di cui quella esterna rafforzata da grandi torri circolari - e di un donjon circolare (diametro m 20). Attorno alla corte interna si disponevano sale costruite sopra ampie sostruzioni a volte, utilizzate come magazzino e come rifugio.I castelli degli O. non erano privi di decorazioni, specialmente per quanto riguarda le cappelle. Da Belvoir provengono alcune sculture (Gerusalemme, Israel Mus.; Rockefeller Mus.) di un maestro di probabile origine occidentale. Il castello di Margat aveva un'ampia sala voltata e una cappella absidata a due campate con affreschi. Particolarmente ricche la modulazione architettonica e la decorazione ad affresco e scultorea del Crac des Chevaliers.Dopo il 1187 gli O. spostarono la propria sede principale ad Acri, nuova capitale del Regno Latino di Gerusalemme, dove già possedevano una casa, un ospedale e altre proprietà e dove costruirono un grande complesso conventuale che si estese intorno a un'ampia corte. Nel tardo sec. 13°, nel sobborgo fortificato di Montmusard venne fondata una nuova residenza, o auberge, per i frati militari dell'Ordine: la struttura era così grandiosa che nel 1286 vi alloggiò il re di Cipro e di Gerusalemme, Enrico II di Lusignano.Ad Acri, dove la produzione pittorica e scultorea fu particolarmente ricca dagli anni settanta del sec. 13° fino alla caduta della città in mano musulmana (1291), l'Ordine commissionò ad artisti parigini la decorazione di libri miniati in puro stile gotico. Nonostante i numerosi elementi bizantini che possono essere riconosciuti in alcune pitture murali e fatta eccezione per alcuni legami artistici con la Puglia, fino al 1291 le opere d'arte commissionate dagli O. in Oriente ebbero forme gotiche di origine francese, comuni nella Siria latina.Dopo la caduta di Acri, la sede dell'Ordine fu trasferita a Cipro, dove la più antica traccia superstite della loro committenza è la torre di Kolossi, ricostruita peraltro intorno al 1452. Tra il 1306 e il 1309 gli O. conquistarono Rodi (v.), che governarono in effettiva indipendenza. Nell'isola, come nella vicina Coo e altrove, ove l'interesse principale degli O. fu inizialmente l'opera di fortificazione, gran parte delle strutture edilizie risalenti al sec. 14° sono andate distrutte: in particolare il palazzo e la chiesa conventuale furono pressoché rasi al suolo da un'esplosione nel 1856.Il Collachium, residenza degli O. a Rodi, era situato su una collina che scendeva ripida verso il mare; al suo estremo angolo nordorientale, prima del 1346, fu ricostruita la fortezza bizantina, perché servisse da palazzo del Gran maestro. Nei pressi venne costruita la chiesa conventuale di S. Giovanni, con varie cappelle laterali, una delle quali eretta per ospitare la sepoltura del Gran maestro Hélion de Villeneuve (1319-1346). Nel sec. 14°, le tombe dei maestri dell'Ordine consistevano normalmente in un sarcofago con coperchio piano, entrambi fregiati da iscrizioni e stemmi araldici, incisi in un semplice stile provinciale.Nel 1334 la sede del metropolita greco venne trasformata da chiesa bizantina a pianta cruciforme in cattedrale gotica a tre navate, dedicata alla Vergine. Allo stesso modo, una piccola cappella greca sulla strada principale divenne cappella degli O., mentre presso il mare, accanto al cimitero dei frati, appena al di fuori della città, venne eretta una chiesa dedicata a s. Antonio. Al più tardi nel 1346 fu costruita la parrocchiale di S. Maria per la popolazione latina del borgo, dove dal 1388 si trovava anche una chiesa agostiniana. Nel 1391 l'ospedaliere napoletano Domenico de Alamania fondò presso il porto e sempre nel borgo un ospizio per i pellegrini dedicato a s. Caterina, probabilmente completato intorno al 1360, struttura a due piani nei pressi dell'arsenale, ricostruito alla metà del 15° secolo. Gli edifici costruiti dagli O. dovevano essere in buona parte affrescati, com'è testimoniato dalla cappella sulla sommità di una torre prospiciente il mare, i cui affreschi, peraltro eseguiti tra il 1382 e il 1395, sono noti solo da disegni ottocenteschi.L'attività degli O. si diffuse in tutto l'Occidente, dal Portogallo alla Polonia, senza che tuttavia essi sviluppassero stili o iconografie peculiari. In qualche caso, in particolare nel Sud-Ovest della Francia e in Normandia, fondarono nuove città; altrove estesero il proprio dominio su villaggi preesistenti, che dotarono di cinte difensive. Possedevano fortezze in Aragona, Castiglia e Portogallo e castelli o residenze fortificate in numerose province, lungo i confini della cristianità e oltre. Quasi senza eccezione i loro edifici seguivano le mode costruttive locali, anche se eretti ex novo dagli O. fin dall'epoca della loro costruzione. Le più importanti residenze urbane dell'Ordine, che dopo il 1312 acquisì proprietà già appartenute ai Templari, erano imponenti, come nel caso di Clerkenwell a Londra, di S. Maria sub catena nella Malá Strana 'città vecchia' di Praga e di Saint-Jean de Latran a Parigi. A Roma appartenne agli O. la commenda di S. Basilio nel foro di Augusto, la cui forma fu determinata dalle sue fondazioni di epoca romana, ed essi acquisirono anche la casa dei Templari di S. Maria all'Aventino. Città portuali come Arles, Genova, Pisa, Napoli, Messina e Venezia avevano grandi commende, talvolta dotate di un ospizio. Lungo le vie di pellegrinaggio o percorse dai crociati - sia quelle che attraversavano la Francia, dirette a Santiago de Compostela, sia quelle che attraverso le Alpi e la via Emilia raggiungevano i porti dell'Adriatico - si trovavano, presso la strada più importante e spesso nel borgo che si sviluppava all'esterno della porta principale di una città, numerose commende, dotate per lo più di ospizi; molte di esse furono in seguito comprese all'interno di una nuova cinta urbana.Una tipica commenda di piccole dimensioni era quella situata sulla via Francigena a Poggibonsi, in Toscana, dove gli edifici residenziali e le stalle erano disposti intorno a una corte fiancheggiata da una piccola chiesa romanica.Eccetto che nei priorati tedeschi o boemi, la commenda raramente ospitava più di una decina di frati professi, progressivamente ridotti di numero dopo la metà del Trecento. In varie regioni gli O. avevano ampie chiese parrocchiali: in certe aree della Boemia e della Slesia si trattava di grandi edifici gotici, talvolta in mattoni, come a Breslavia. In qualche caso le commende rurali possedevano giganteschi fienili con complesse coperture lignee, in alcuni esempi in Normandia o nell'inglese Cressing Temple, ereditate dai Templari, ma spesso ricostruite dagli O. stessi.In Inghilterra gli O. costruirono almeno due chiese a pianta centrale, ispirate al Santo Sepolcro di Gerusalemme: la St John of Jerusalem di Clerkenwell, probabilmente databile tra il 1135 e il 1154, ma presto ricostruita a pianta rettangolare, e la chiesa di Little Maplestead nell'Essex, forse del 13° secolo. Alcune chiese a pianta centrale, quali quelle di Pisa (Santo Sepolcro, metà sec. 12°) e di Asti (S. Pietro in Consavia, fine sec. 11°-inizi 12°), entrarono in possesso degli O. in epoca successiva alla loro costruzione, mentre altre divennero proprietà dell'Ordine come eredità dei Templari.Vanno poi ricordati pochi esempi, anche questi non specifici degli O., di chiese a due piani - in cui la sala dell'ospedale era posta al di sopra della chiesa vera e propria -, talvolta strutturate in modo da permettere agli ammalati di vedere l'altare e di partecipare ai servizi liturgici senza lasciare l'infermeria. Chiese di questo tipo si trovavano in Italia a Genova (S. Giovanni di Pré), in Assia a Nieder-Weisel (Johanniterkirche), nel Baden a Neckarelz (Templerhaus) e in Scozia a Torphichen.Nella maggioranza dei casi, l'ospizio - talvolta una casa di riposo per anziani, tenuta da una coppia di laici - si trovava sul lato della commenda o nei pressi di essa o della sua chiesa. L'ospedale conventuale di Rodi sembra aver avuto un altare nella sala principale e a questo proposito va ricordato che le antiche regole dell'Ordine per i suoi ospedali riguardavano la cura spirituale più che quella medica di coloro che vi erano ricoverati.A Venezia nel 1358 il priore Napoleone de Tibertis fondò l'ospizio di S. Caterina presso la commenda; la sua facciata, più tardi rappresentata in un dipinto di Vittore Carpaccio che ancora si conserva nell'edificio, mostrava un bassorilievo tardotrecentesco con la Madonna, i ss. Giovanni e Caterina e il donatore inginocchiato.Anche se occasionalmente si ritrovano rappresentazioni del santo patrono dell'Ordine, Giovanni Battista, o di S. Caterina, patrona degli O. italiani, non si ebbe una vera e propria iconografia ospedaliera. All'interno della chiesa di S. Pietro a Terni, inglobata nell'edificio della commenda, è visibile una profusione di figure di santi dipinti in varie epoche sulle colonne, sulle pareti e nell'abside. Le pareti dell'oratorio di S. Giovanni a Cascina, presso Pisa, vennero decorate nel 1398 da Martino di Bartolomeo con una grande Crocifissione e numerose scene dell'Antico e del Nuovo Testamento, con un'enfasi particolare per S. Giovanni Battista e un grande ritratto inginocchiato del committente, l'ospedaliere Bartolomeo di Palmieri di Cascina. In qualche caso il committente era un laico, com'è attestato dagli affreschi della chiesetta di S. Maria Nova a Soligo (prov. Treviso), eseguiti nel 1362 a spese di una famiglia del luogo, che fondò la cappella in cambio del diritto di nomina del cappellano.Si conservano pochi dipinti su tavola direttamente riconducibili a una committenza degli O.: un esempio importante è costituito da un retablo in tredici scomparti (Barcellona, Mus. d'Art de Catalunya), proveniente da Sigena, in Aragona, ed eseguito da un anonimo artista tra il 1362 e il 1369; nel pannello centrale è rappresentato il committente, Fortaner de Glera, con una croce bianca sulle spalle e una spada alla cintura, inginocchiato davanti alla Vergine; la cornice recava gli stemmi della famiglia della priora del convento delle Ospedaliere della stessa Sigena. Nel tardo Trecento i ritratti personali di singoli esponenti dell'Ordine cominciarono a divenire frequenti, per es. nelle miniature dei manoscritti, come nel caso di Simon de Hesdin, raffigurato mentre con la sua croce ospedaliera presenta a Carlo V il Saggio, re di Francia, la traduzione dell'opera di Valerio Massimo, da lui eseguita nel 1375 (Parigi, BN, fr. 9749). Un rilievo in pietra del 1330 (Monaco, Bayer. Nationalmus.), proveniente da Würzburg, rappresenta Berthold von Henneberg, priore di Boemia, in un ritratto a figura intera, con una lunga spada e uno scudo con lo stemma di famiglia. Bindo di Lapo Benini, fratello del priore ospedaliere di Pisa, Bartolomeo di Lapo Benini - che nel 1374 aveva restaurato o ampliato l'ospedale di S. Giovanni a Firenze, appartenente all'Ordine -, sembra aver commissionato, su incarico dello stesso Bartolomeo, la tavola d'altare di S. Giovanni (Londra, Nat. Gall.), probabilmente dipinta da Nardo di Cione intorno al 1365. Lo stesso Bindo commissionò anche un dipinto a Giovanni del Biondo, realizzato nel 1364, che mostra S. Giovanni Battista in vesti da ospedaliere con la croce dell'Ordine (Firenze, Gall. dell'Accademia).In origine i frati vennero normalmente seppelliti in modo anonimo, come per es. a Rodi, all'interno della chiesa di S. Antonio o accanto a essa, fuori delle mura, mentre solo il maestro dell'Ordine poteva avere la propria tomba nella chiesa conventuale. Con il passare del tempo vi fu però un generale incremento così dei sigilli di famiglia, come degli stemmi nobiliari e delle sepolture dei singoli frati. Nel sec. 13° i commendatori francesi e italiani cominciarono ad avere le loro lastre tombali con un'iscrizione incisa nel metallo o nella pietra; le pietre tombali del tardo sec. 13° nel santuario di Sovereto, in Puglia, presentano l'immagine a figura intera del defunto, con le mani giunte, oltre allo stemma di famiglia. Per il priore di Provenza venne realizzata nel 1311 nella chiesa di Saint-Jean-de-Malte ad Aix-en-Provence una grandiosa tomba con una effigie tridimensionale a figura intera, così come avvenne anche per il priore di Alvernia, Odon de Montaigu, sepolto nella chiesa di Olloix intorno al 1340. Alla fine del Trecento i monumenti di questo tipo divennero più comuni: il priore di Francia, Gérard de Vienne (m. nel 1386), ebbe una tomba fatta a sue spese e nella sua cappella furono collocate tre sculture in pietra. Un esempio precoce per la Catalogna è costituito dalla tomba (Tarragona, Mus. Diocesano) del priore Guillem de Guimerà (m. nel 1396) a cassone, addossata al muro. Molto più grandiosa era la tomba del 1395 dell'antimaestro scismatico Riccardo Caracciolo (Roma, S. Maria del Priorato). Anche numerosi personaggi che non facevano parte dell'Ordine trovarono sepoltura presso gli O.: per es., la chiesa di Saint-Jean-de-Malte ad Aix-en-Provence costituì un mausoleo dinastico per i conti angioini di Provenza.Tra i reliquiari pertinenti agli O. ne va ricordato uno in oro e pietre preziose per il dito di s. Maria Maddalena, realizzato forse in Siria nel tardo 12° secolo. Un braccio d'argento, contenente le reliquie di s. Caterina, venne rivestito di gemme, smalti e placchette e ornato delle armi del Gran maestro Hélion de Villeneuve. Un fermaglio per piviale appartenuto al Gran maestro Roger de Pins (1354-1365), eseguito probabilmente a Montpellier, recava, oltre allo stemma del proprietario, rubini, granati, perle e placchette in smalto con due figure nimbate.Un cofanetto oggi a Mdina (Cathedral Mus.), forse in origine un altare portatile, decorato con lo stemma del Gran maestro Hélion de Villeneuve, venne in seguito utilizzato per le numerose statuette di santi in steatite con iscrizioni greche che l'ospedaliere Domenico de Alamania, legato all'imperatore bizantino, portò da Costantinopoli intorno al 1390; la loro presenza a Rodi è testimoniata alcuni anni dopo. Una croce processionale d'argento nella cattedrale di Mdina, databile tra il 1396 e il 1415, e probabilmente realizzata a Venezia, recava le armi del Gran maestro Philibert de Naillac e del ricco cittadino di Rodi, Dragonetto Clavelli.L'Ordine aveva un proprio calendario liturgico, basato su quello del Santo Sepolcro, ma i manoscritti liturgici a esso riconducibili raramente presentano un interesse artistico, sebbene alcuni importanti frati possedessero messali e libri d'ore di lusso. Costituisce un fatto piuttosto insolito che l'ospedaliere Franco, commendatore di Colonia, abbia scritto nel tardo sec. 13° un trattato musicale, l'Ars cantus mensurabilis, che riveste un ruolo importante nello sviluppo della teoria e della notazione.Juan Fernández de Heredia, divenuto Gran maestro nel 1377, fu committente di opere d'arte di vario genere e nel 1360 fu probabilmente incaricato della costruzione delle mura di Avignone. Egli raccolse un ampio numero di cronache e fu responsabile di compilazioni storiche, commissionando numerose traduzioni in aragonese, tra cui la prima di Plutarco in una lingua occidentale (Parigi, BN, esp. 70-72). Tali manoscritti, vergati in un'ampia grafia nera, furono miniati ad Avignone con il ritratto barbato del maestro e altre scene. Alla sua morte, avvenuta nel 1396, Juan Fernández de Heredia venne sepolto nella collegiata gotica di Santa María la Mayor, che egli aveva fondato a Caspe (Zaragoza), in Aragona, in una splendida tomba decorata da angeli, leoni e altre figure, e fregiata dall'effigie del defunto in forma di vero e proprio ritratto.

Bibl.: A. Gabriel, La cité de Rhodes: 1310-1522, 2 voll., Paris 1921-1923; London, II, West London (Royal Commission on Historical Monuments), London 1925; P. Deschamps, Les châteaux des croisés en Terre Sainte, I, Le Crac des Chevaliers, Paris 1934; P. Stefanini, La Chiesa e i beni dei Cavalieri di Malta in Cascina, Archivio storico di Malta, n.s., 9, 1938-1939, pp. 1-41; E. Schermerhorn, On the Trail of the Eight-Pointed Cross: a Study of the Houses of the Knights Hospitaller in Feudal Europe, New York 1940; S. Langè, L'architettura delle crociate in Palestina, Como 1965; J. Riley-Smith, The Knights of St. John in Jerusalem and Cyprus: c. 1050-1310, London 1967; M. Benvenisti, The Crusaders in the Holy Land, Jerusalem 1970; E. Grunsky, Doppelgeschossige Johanniterkirchen und verwandte Bauten, Düsseldorf 1970; M. Gervers, Rotundae Anglicanae, in Evolution générale et développements régionaux en histoire de l'art, "Actes du XXIICongrès international d'histoire de l'art, Budapest 1969", Budapest 1972, I, pp. 359-376; A. Luttrell, The Hospitallers in Cyprus, Rhodes, Greece and the West: 1291-1440, London 1972; id., A Hospitaller in a Florentine Fresco: 1366-1368, BurlM 114, 1972, pp. 362-366; W. Oakeshott, Sigena. Romanesque Paintings in Spain and the Winchester Bible Artists, London 1972; J. Folda, Crusader Manuscript Illumination at Saint-Jean d'Acre. 1275-1291, Princeton 1976; J. Folda, P. French, Crusader Frescoes at Crac-des-Chevaliers and Marqab Castle, DOP 36, 1982, pp. 177-210; A.M. Legras, Les Commanderies des Templiers et des Hospitaliers de Saint-Jean de Jérusalem en Saintonge et en Aunis, Paris 1983; L. De Filla, G. Merlini, I. Moretti, La chiesa di San Giovanni in Jerusalem alla Magione di Poggibonsi, Siena 1986; D. Pringle, The Red Tower (al-Burj al-Ahmar): Settlement in the Plain of Sharon at the Time of the Crusaders and Mamluks A.D. 1099-1516, London 1986; Der Johanniter-Orden. Der Malteser Orden: der Ritterliche Orden des Hl. Johannes vom Spital zu Jerusalem, seine Aufgaben, seine Geschichte, a cura di A. Wienand, Köln 19883 (1970); E. Kollias, The City of Rhodes and the Palace of the Grand Master, Athinai 1988; T. Biller, Die Johanniterburg Belvoir am Jordan: zum frühen Burgenbau der Ritterorden im Heiligen Land, Architectura. Zeitschrift für Geschichte der Baukunst 19, 1989, pp. 105-136; The Order's Early Legacy, a cura di J. Azzopardi, La Valletta 1989; La Commenda di Prè. Un ospedale genovese del Medioevo, a cura di G. Rossi, Roma [1992]; A. Luttrell, The Hospitallers of Rhodes and their Mediterranean World, Aldershot 1992; D. Pringle, The Churches of the Crusader Kingdom of Jerusalem. A Corpus, I, Cambridge 1993; Z. Goldmann, Akko in the Time of the Crusades, Akko 1994; H. Kennedy, Crusader Castles, Cambridge 1994; Santa Maria Nova di Soligo, a cura di B. Termite, T. Ragusa, Treviso 1994; H. Sire, The Knights of Malta, New Haven 1994; J. Folda, The Art of the Crusaders in the Holy Land: 1098-1187, Cambridge 1995, pp. 297-299; M. Miguet, Templiers et Hospitaliers en Normandie, Paris 1995.A. Luttrell

TAG

Regno latino di gerusalemme

Juan fernández de heredia

Santiago de compostela

Martino di bartolomeo

Hélion de villeneuve