OTTONE III imperatore e re di Germania

Enciclopedia Italiana (1935)

OTTONE III imperatore e re di Germania

Percy Emst Schramm

Nato a Kessel presso Kleve nel gennaio 980, morto a Paterno presso il Soratte il 24 (o 23) gennaio 1002. Nel 983 venne eletto re a Verona e incoronato ad Aquisgrana, e fino alla maggiore età (995) fu diretto dalla madre Teofano (morta nel 991) e poi dalla nonna Adelaide. Il rivale di suo padre, Enrico di Baviera, tentò di togliergli la corona, essendo riuscito a fuggire di prigione, e trovò partigiani dalla Francia alla Boemia. Tuttavia il principio di legittimità ebbe il sopravvento; Enrico dovette sottomettersi e in compenso riebbe la Baviera nel 985. Com'era stato suo padre, da rivale si trasformò in fedele sostegno del re. Nel 983 anche la frontiera orientale, che era stata intaccata, fu potuta ristabilire. Tuttavia tra il 985 e il 995 fu necessario compiere ogni anno spedizioni, o per meglio dire scorrerie, né mancarono gl'insuccessi, tanto più che si ebbero anche nuove incursioni di Normanni. L'aiuto del duca di Polonia, desideroso di estendere il proprio stato mediante l'unione col re, si dimostrò valido. In Italia le due reggenti, assistite dal consiglio dell'esperto arcivescovo di Magonza Willigi, tennero un atteggiamento riservato, tranne che per un viaggio a Roma di Teofano nel 989-90. Ma nel 995 papa Giovanni XV (985-996) invocò l'aiuto del re, divenuto ormai maggiorenne, contro Giovanni Crescenzio, il quale da dieci anni dominava in Roma in qualità di patrizio. Mentre O. s'avviava a Roma, Giovanni morì; a suo successore fu eletto, nell'accampamento imperiale, un cugino dell'imperatore, della famiglia dei Salî, il primo straniero che dopo molti secoli ricevesse la tiara, il quale assunse il nome di Gregorio V. In questo nome si conteneva il programma di una riforma destinata a liberare il papato dalle lotte dei partiti romani. Il 21 maggio 996 Gregorio incoronò imperatore O., il quale accolse la sottomissione del patrizio e ritornò ad Aquisgrana persuaso d' avere assicurato la pace. Ma già al principio del 997 Crescenzio cacciò il papa, levandogli contro, con l'aiuto dei Bizantini, Filagato, un greco dell'Italia meridionale col nome di Giovanni XVI. O. non poté intervenire, avendo in quel torno gli Slavi passato l'Elba; a quest'assalto egli riparò, assistito dal duca di Polonia, con due contrattacchi, i quali ristabilirono la pace, e nella primavera del 998 s'affrettò a scendere in Italia. Qui l'antipapa non era riuscito a farsi riconoscere fuori di Roma, e già da varî mesi era pronto a sottomettersi; Giovanni Crescenzio s'era asserragliato in Castel Sant'Angelo. Questo venne espugnato il 28 aprile 998, Crescenzio fu ucciso e il suo cadavere impiccato. O. era ormai padrone assoluto della situazione, per quanto nell'Italia Settentrionale Arduino d'Ivrea si mantenesse indipendente e nell'Italia meridionale riuscisse impossibile accordare fra loro i principi longobardi. Ma poiché il marchese Ugo di Toscana aderiva a O., questi possedeva un appoggio sicuro in Italia.

Fino al suo ingresso a Roma O. aveva avuto a modello Carlomagno, e la difesa della Sassonia gli era apparsa più importante che Roma e l'Italia. Ma uomini come Leone, più tardi vescovo di Vercelli, e come il francese Gerberto, che espulso dal seggio arcivescovile di Reims si era rifugiato presso O. e da lui era stato fatto arcivescovo di Ravenna, accesero in lui l'entusiasmo per l'antica grandezza di Roma e per la tradizione dell'antica cultura. Altri ispiratori, quali Adalberto di Praga e Bruno di Querfurt, ambedue morti poi martiri, accesero in lui la fiamma dell'ideale religioso e della propagazione della fede. Anche il rifiuto dell'imperatore bizantino di dare in moglie a O. una sua nipote fece sì che O. gli si rivolgesse contro con l'orgoglio offeso di un Imperator Romanorum. Il programma carolingio non fu abbandonato, ma assunse forma religiosa e classicheggiante. Le parole renovatio imperii Romanorum caratterizzarono gli scopi temporali di O. e il nome di Silvestro II, che Gerberto, eletto nel 999 a successore di Gregorio V, assunse in ricordo della leggendaria collaborazione di papa Silvestro I e di Costantino il Grande, mostrò che anche la Chiesa doveva e voleva aver parte nel rinnovamento. Questo si effettuò in forma pratica nel fatto che O. stabilì la propria residenza sull'Aventino e fu largo di titoli e di favori ai Tuscolani, i rivali dei Crescenzî abbattuti; al tempo stesso promosse in ogni maniera l'espansione del cristianesimo verso est. Nel 999-1000 si recò, attraverso la Germania, in Polonia, dove, d'intesa col papa, istituì un arcivescovato, con tre vescovati suffraganei, a Gniezno, sulle ossa del suo amico Adalberto, morto martire. Insieme con Silvestro II sanzionò l'ingresso dell'Ungheria nella comunità cristiana; il giorno di Natale del 1000 (?) questa regione fu eretta a regno e accolse il cristianesimo. Durante questo viaggio O., conscio della propria missione, assunse il titolo apostolico di servus Jesu Christi. Nel viaggio di ritorno curò la ricognizione delle ossa di Carlomagno, segno questo che il grande imperatore era ancora per lui il segnacolo del rinnovamento. O. sperava di procedere oltre per questa via. Nel gennaio 1001, quando O. era di nuovo a Roma, comincia a porsi la questione dei suoi rapporti col pontefice e quella delle donazioni imperiali alla Chiesa. O. riconosceva bensì la dottrina delle due potestà, ma non le donazioni fatte dagl'imperatori, e quest'affermazione di principî avrebbe potuto avere conseguenze incalcolabili, se una nuova insurrezione scoppiata a Roma in seguito al trattamento troppo benevolo usato verso Tivoli, che era stata allora espugnata, non avesse, riunendo i due partiti avversi dei Tuscolani e dei Crescenzî, cacciato da Roma papa e imperatore. Ma nonostante che il conflitto aperto col papato non scoppiasse, O., fortemente scosso nella sicurezza della sua coscienza religiosa, pensò di farsi eremita o missionario per riacquistare la grazia divina. Ma prima voleva trarre vendetta da quella Roma prima tanto amata e ora odiata. Le truppe erano già in marcia, la situazione ecclesiastica era già ristabilita e la sposa bizantina che O. era finalmente riuscito a ottenere si trovava in viaggio, quando il ventunenne imperatore fu rapito da un'improvvisa malattia, forse vaiolo. Straziato nel suo intimo, egli accolse con dignità e con spirito religioso la fine, che lo liberava dal dissidio interno. L'ostilità che si era già manifestata in Germania per le preferenze mostrate verso la parte meridionale dell'impero venne meno nelle lotte per la successione. La salma di O., attraverso l'Italia in cui Arduino veniva eletto ultimo re nazionale, fu trasportata ad Aquisgrana, per riposare accanto a Carlomagno. I disegni di O. erano falliti, ma l'idea del rinnovamento della Chiesa e dell'Impero, alle quali egli aveva dato nuova espressione, gli sopravvissero.

Fonti: Mon. Germ. Hist., Dipl., II; G. Richter e H. Kohl: Annalender deutschen Geschichte, III, Halle 1890; P. E. Schramm, Kaiser, Rom und Renovatio, Lipsia 1929.

Bibl.: M. Ter Braak, Kaiser Otto III., Diss., Amsterdam 1928; vedi le opere citate alla voce ottone i di Hartmann, Hauck, Cartellieri, Hampe.

TAG

Principio di legittimità

Arcivescovo di ravenna

Costantino il grande

Giovanni crescenzio

Italia meridionale