LUPANO, Ottone

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 66 (2006)

LUPANO, Ottone

Fiammetta Cirilli

Non è nota la data di nascita del L., ma sulla base di una lettera di A. Alciato a M.A. Maioragio (24 dic. 1539), in cui è definito "in pueritia commilito" (Masi, p. 25), si può ipotizzare che sia nato all'inizio dell'ultimo decennio del secolo XV. Dati più precisi riguardano il luogo d'origine: nella dedicatoria a don Álvaro de Luna del dialogo Torricella (1540), il L. allude genericamente al Monferrato come luogo natio: probabilmente nacque a Borgo San Martino, comune in cui il cognome Lupano compare fin dall'età medievale.

Non si hanno notizie sulla formazione, ma dato che Borgo San Martino poteva offrire ben poco, è probabile che il L. abbia condotto i primi studi a Casale Monferrato; né si hanno notizie sul suo ingresso nella corte monferrina. Da un diploma relativo a beni feudali posseduti a Borgo San Martino e dintorni, concesso al L. nel 1531 da Giangiorgio Paleologo e segnalato la prima volta da Ricagni (p. 100), si evince che già dal 1518-19 egli era stato segretario al servizio del marchese Bonifacio IV, che governò sempre sotto la tutela della madre Anna d'Alençon; di costei il L. fu forse uomo di fiducia.

La prematura morte di Bonifacio nel 1530 ebbe serie conseguenze sulla dinastia Paleologa. Il L., nel dialogo Torricella, ricorda di essere stato anche segretario dello zio del defunto marchese, Giangiorgio, che guidò lo Stato. Si trattò di una breve parentesi: l'ultimo Paleologo morì infatti il 30 apr. 1533. La successione fu delicata: lo Stato marchionale venne sequestrato da Carlo V; il L. era, con un Gian Giacomo Squarcia, "segretario cesareo" per il Monferrato. Dal dialogo Torricella risulta che egli fu vicinissimo al governatore imperiale Álvaro De Luna. Il Marchesato, su cui avanzavano pretese sia il marchese Francesco di Saluzzo, sia il duca Carlo II di Savoia, fu assegnato il 3 nov. 1536 a Margherita, sorella di Bonifacio e moglie del duca di Mantova Federico II Gonzaga. Con la vertenza, ebbe fine anche l'esperienza pubblica del L. che, nel 1539, fu costretto ad abbandonare il Monferrato forse a causa di un attrito o di un'accusa grave durante il passaggio di poteri dall'Impero ai Gonzaga. Nella dedicatoria della versione latina del De Syria dea di Luciano di Samosata, data alle stampe a Milano, nel 1539, per i tipi di V. Meda, il L. accenna infatti all'espulsione e alla perdita di tutti i suoi beni, e al contempo esprime parole di riconoscenza per il cancelliere milanese Francesco Taverna, che gli garantiva la sua protezione.

Stabilitosi a Milano, il L. si dedicò all'insegnamento: una Oratio encomiastica che diede alle stampe prima del 1540 (non è noto il luogo) testimonia che egli tenne una scuola privata di greco e latino. Inoltre, sempre prima del 1540, ottenne la cattedra civica di greco e latino insieme con il Maioragio: di entrambi si conserva una supplica "de immunitate" alle autorità milanesi (Masi, pp. 26 s.). Nel 1547-48, divenuta vacante la cattedra di eloquenza nell'Università di Pavia, il L. fu incaricato di ammettere al suo corso di ars rhetorica anche gli allievi pavesi.

Solo nel 1549 il L. poté tornare in patria: Anna d'Alençon, a cui i Gonzaga avevano affidato l'amministrazione del Monferrato, accordò infatti all'antico segretario un'investitura feudale. Le proprietà borghigiane dovevano essere peraltro modeste, ma utili al sostentamento del L., che aveva diversi figli, tra cui Giovanni, Antonio, Francesco o Gian Francesco, e Sebastiano. Nulla è invece noto della moglie.

Due strumenti notarili del 30 settembre e dell'8 ott. 1561 (A. Lupano, p. 93) attestano che il L. in quell'anno era ancora in vita. Sulla base di testimonianze relative al figlio Francesco, è ipotizzabile che egli sia morto tra il 1567 e il 1568 e che sia stato sepolto nella chiesa parrocchiale di Borgo San Martino.

Circoscritte sono le testimonianze dell'attività letteraria del L.: T. Vallauri menziona versi latini dati alle stampe intorno al 1560, a Milano, e altre poesie che compaiono nel trattato De muneribus, patrimonialibus seu collectis( di Egidio Tomati, originario del Cuneese (Milano, F. Moscheni, 1557). All'inizio del soggiorno milanese risale probabilmente un Carmen eucharisticum quo Dominicae Nativitatis, Passionis et cum Resurrectione Ascensionis mysteria continentur, edito insieme con la citata Oratio encomiastica. Piuttosto raro è il volumetto che raccoglie la traduzione commentata del trattato De Syria Dea di Luciano di Samosata: dedicata al Taverna, essa permise al L. di far mostra della sua erudizione, già apprezzata da Gaudenzio Merula, che inserì tra gli interlocutori nel suo De Gallorum cisalpinorum antiquitate, ac origine (Lione 1538) un "Othonem", identificabile appunto con il Lupano.

L'opera più impegnativa del L. è il Torricella. Dialogo nel quale si ragiona delle statue et miracoli, i quai per quelle far si veggono, et parimente de' demoni et spiriti, che in varie forme a noi alle volte si dimostrano, degli angioli altresì a ciascun nascente attribuiti (Milano, dal Calvo, 1540). Il L. tratta il tema dei prodigi delle statue (già esaminati nel commento al De Syria dea), indaga questioni di magia naturale e demonologia, discute del destino dell'anima post mortem. Tre sono gli interlocutori: Bretamaco, soldato tedesco luterano di passaggio per Casale nella primavera nel 1535, il frate francescano Serafico, teologo e predicatore, e Filosseno, professore di lettere, identificabile con l'autore. Grazie alla presenza dei tre, che incarnano rispettivamente la Chiesa riformata, quella cattolica e l'eclettismo mistico filosofico dell'umanesimo, nel testo appaiono riconoscibili le istanze propagandistiche favorevoli a una riconciliazione religiosa. Preceduto da un sonetto in lode del L. scritto da Giovan Battista Schiafenato, il dialogo fu inserito per la prima volta nell'Indice di Paolo IV (1559), poi in quello di Pio IV (1564), in quello di G. de Quiroga (1583) e infine in quello di Sisto V (1590).

Una recente riedizione del dialogo Torricella compare in appendice al saggio di A. Lupano, Il segretario monferrino O. L. e la sua "Torricella": dialogo di immagini miracolose e spiriti, in Riv. di storia arte e archeologia per le province di Alessandria e Asti, CVI (1997), pp. 65-166.

Fonti e Bibl.: F.A. Della Chiesa, Catalogo di tutti li scrittori piemontesi et altri dei Stati dell'altezza sereniss. di Savoia, Torino 1614, p. 175; A. Rossotti, Syllabus scriptorum Pedemontii(, Monteregali 1667, pp. 456 s.; G.A. Morano, Catalogo degli illustri scrittori di Casale, e di tutto il Ducato di Monferrato, Asti 1771, p. 64; O. Derossi, Scrittori piemontesi, savoiardi, nizzardi(, Torino 1790, p. 96; T. Vallauri, Storia della poesia in Piemonte, Torino 1841, p. 310; G. Bosso, in Boll. parrocchiale di Borgo San Martino, II (1917), 2, pp. 46 s.; G. Masi, Echi ficiniani dal dialogo "Torricella" di O. L. al "Mondo savio / pazzo" del Doni, in Filologia e critica, XVII (1992), pp. 22-72; Index de Rome 1557, 1559, 1564(, a cura di J.M. De Bujanda, Sherbrooke-Genève 1990, pp. 693-695; Index de l'Inquisition espagnole, 1583, 1584, a cura di J.M. De Bujanda, Sherbrooke-Genève 1993, p. 665; L. Ricagni, Memorie di Borgo San Martino con Sarmazia e Moneta. Alla ricerca della loro storia, Alessandria 1994, p. 100.

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