OVAIO

Enciclopedia Italiana (1935)

OVAIO (lat. scient. ovarium; fr. ovaire; sp. ovario; ted. Eierstock; ing. ovary)

Primo DORELLO
Nicola PENDE
Alberto PEPERE
Pasquale SFANIENI

Anatomia umana. - L'ovaio è l'organo destinato alla produzione delle cellule sessuali femminili, gli ovuli. La sua denominazione attuale è relativamente recente e dovuta a Stenone (N. Stenson), prima del quale le ovaia erano indicate col nome di testes muliebres. Oltre che produrre le uova, l'ovaio è la sorgente di stimoli, i quali esercitano la loro influenza non solo sugli organi genitali, ma anche su tutto il corpo della donna.

Le ovaia sono in numero di due, una per ciascun lato, essendo molto rari i casi del loro aumento numerico, cioè di ovaia soprannumerarie; riposano sulla parete laterale della pelvi in una depressione detta fossetta ovarica, situata sotto l'angolo di biforcazione dell'arteria iliaca comune. L'ovaio ha una forma che fu paragonata a quella d'una mandorla, un peso di 6 a 8 grammi nello stato adulto, molto inferiore prima della pubertà e dopo la menopausa. Ha una superficie liscia durante la fanciullezza, ma che dopo la pubertà diviene irregolare, presentando delle rilevatezze che sono dovute a follicoli oofori in via di evoluzione, e depressioni dovute alle cicatrici risultanti dalla deiscenza dei follicoli precedentemente maturati. L'ovaio ha il suo asse maggiore quasi verticale e gode di una certa mobilità, limitata però da tre legamenti: 1. il superiore o lomboovarico, detto anche sospensore, a direzione verticale; 2. l'uteroovarico, teso, come dice il nome, tra l'angolo tubarico dell'utero e il polo caudale dell'ovaio; 3. il mesovario a direzione sagittale, che unisce l'organo con la faccia posteriore del legamento largo. Il margine ventrale dell'ovaio, attraverso il quale penetrano i vasi e i nervi, ebbe il nome di ilo.

Struttura. - La struttura microscopica dell'ovaio è molto complessa e varia notevolmente a seconda che si osserva prima della pubertà, durante il periodo dell'attività sessuale e dopo la menopausa. Durante la vita sessuale l'ovaio presenta il massimo sviluppo e la maggiore differenziazione delle parti che lo costituiscono e perciò in questo periodo si presta molto meglio per uno studio completo. Lasciando da parte la divisione in sostanza midollare e corticale, evidenti in alcuni animali, ma non nell'uomo, possiamo distinguere nell'ovaio un tessuto di sostegno e un parenchima.

Il tessuto di sostegno, costituito da connettivo fibrillare, non è uniformemente distribuito; infatti nella parte periferica si addensa formando l'albuginea; questa non è così netta né separabile come quella del testicolo, poiché nella sua faccia profonda si continua col resto del connettivo. Nella parte centrale il tessuto di sostegno è più lasso, ma più ricco di fibre elastiche; in corrispondenza dell'ilo e delle sue adiacenze sono state riscontrate fibre muscolari lisce.

Il parenchima ovarico è formato dall'epitelio che riveste la superficie dell'organo e dai follicoli oofori. L'epitelio di rivestimento, detto anche epitelio germinativo, risulta di un solo strato di cellule cubiche, le quali tappezzano tutta la superficie libera dell'ovaio e in corrispondenza dell'ilo si continuano con le cellule dell'endotelio peritoneale lungo una linea ondulata detta linea di Farre-Waldeyer. Col crescere degli anni diminuisce la regolarità di questo strato e le sue cellule tendono ad appiattirsi.

I follicoli oofori (o follicoli di Graaf) sono formazioni sferiche approfondate nello stroma e caratterizzate dalla presenza di una grossa cellula sferica, l'oocito (o cellula uovo), attorno alla quale stanno disposti altri elementi che la rivestono; i follicoli presentano notevoli differenze per la posizione, grandezza e costituzione, differenze che dipendono dal grado di sviluppo al quale sono giunti; a seconda del loro stato possono essere divisi in follicoli primordiali, follicoli in via d'accrescimento e follicoli maturi.

1. Follicoli primordiali. - Ogni follicolo primordiale o primario consta di un uovo primordiale, attorno al quale si trova un solo strato di cellule follicolari e, attorno a queste, delicate cellule fusate con fine fibrille connettivali. L'uovo primordiale, oogonio di Waldeyer, è una cellula destinata ad accrescersi senza subire ulteriori divisioni, salvo quelle che serviranno per l'emissione dei corpuscoli polari; ha una forma rotonda, un diametro di 18-24 μ, un citoplasma granuloso detto comunemente vitello, un nucleo vescicolare del diametro di 12 μ, detto vescicola germinativa, e un nucleolo rotondo del diametro di 6 μ, detto macula germinativa. Le cellule follicolari formano un unico strato attorno all'uovo, al quale sono strettamente avvicinate. Il numero dei follicoli primordiali è grandissimo: secondo P. Häggströmm all'epoca della nascita sarebbero 400.000, però col passare degli anni diminuiscono continuamente e a 18 anni sarebbero ridotti a un terzo. Si ritiene che dopo la nascita cessi la formazione di nuovi follicoli. Eccezionalmente si possono osservare follicoli con più uova e uova con piú nuclei.

2. Follicoli in via d'accrescimento. - Questi occupano la parte centrale dell'ovaio e si mostrano tanto più evoluti quanto più sono profondi. Il loro numero cresce notevolmente dopo i 6-8 anni e si ritiene che essi esercitino la loro influenza sullo sviluppo degli organi genitali. L'accrescimento dei follicoli consiste in profonde modificazioni della cellula uovo e delle formazioni che la circondano. L'uovo cresce di volume raggiungendo un diametro di 120-140 μ e si riveste di una spessa membrana, che per il suo aspetto fu detta zona pellucida; sopra l'origine di questa membrana non v'è accordo fra gli autori; la maggior parte ritiene che sia un prodotto delle cellule follicolari, altri la fanno derivare dall'uovo stesso, altri invece le attribuiscono una doppia origine. Le cellule follicolari divengono granulose, crescono di volume e per la reciproca compressione assumono una forma cubica; aumentano fortemente di numero, disponendosi in quattro o più strati: il loro complesso viene indicato col nome di granulosa. In un punto di questa granulosa così ispessita compaiono spazî intercellulari dapprima piccoli, ripieni di un liquido, detto liquor follicoli, il quale è dovuto tanto a un transudato proveniente dai vasi circostanti, quanto a liquefazione di alcune cellule follicolari. Per il continuo aumentare del liquido follicolare e per il confluire delle lacune da esso prodotte, si forma nel seno della granulosa una grande cavità eccentrica di forma semilunare, la quale con la sua concavità abbraccia buona parte dell'uovo e delle cellule follicolari, che in parecchi strati lo rivestono, e per un tratto ristretto lo mantengono aderente a quella parte della granulosa, la quale continua a rivestire la superficie del follicolo; alla sporgenza, che l'uovo e le cellule follicolari, che lo rivestono, formano entro la cavità del follicolo, fu dato il nome di disco proligero. Nello stesso tempo si nota che le cellule follicolari, le quali poggiano direttamente sulla zona pellucida, si allungano e si dispongono radialmente attorno a questa, formando col loro insieme la corona radiata. Con la comparsa del liquido follicolare coincidono particolari modificazioni del connettivo posto all'intorno del follicolo; da questo connettivo si formano due involucri detti teche, una interna e una esterna: la teca interna è formata da un delicato intreccio fibrillare con cellule fisse di varia forma e un fine reticolo di capillari sanguigni, la teca esterna, più robusta, risulta di un intreccio di fasci connettivali contenente arteriole, lacune sanguigne e linfatiche.

Accanto ai follicoli in via di sviluppo se ne trova un grandissimo numero in via di atrofia. Il fenomeno per cui un follicolo non completa la sua evoluzione, cioè non arriva allo scoppio, fu indicato da Kr. Slawjansky col nome di atresia follicolare e questa denominazione ora è divenuta di uso comune. Di quale portata sia questo fenomeno si può ricavare dalla constatazione del fatto che già all'epoca della pubertà più della metà dei follicoli sono scomparsi e che dei 400.000 follicoli, i quali si formano durante la vita fetale, poco più di 400, cioè circa l'uno per mille, arrivano alla loro completa evoluzione, cioè allo scoppio, durante i 35 anni di attività sessuale della donna. Nei follicoli primordiali i fenomeni di atrofia sono molto semplici: l'uovo e le cellule follicolari vanno incontro a un processo di degenerazione grassosa e scompaiono senza lasciare traccia. Nei follicoli di media grandezza la teca interna partecipa attivamente all'atresia: appare prima una degenerazione grassosa nel citoplasma dell'uovo, il suo nucleo presenta fenomeni di cromatolisi, la zona pellucida si rigonfia; l'uovo è invaso da cellule, che da alcuni furono ritenute di pertinenza della granulosa, da altri furono ritenute cellule connettivali e anche leucociti; le cellule della teca interna si caricano di goccioline grassose, crescono di volume e assumono caratteri epitelioidi; quindi la parte più profonda della teca interna, con un processo non bene chiarito, acquista un aspetto omogeneo e forma la cosiddetta membrana vitrea; questa presenta delle lacune attraverso le quali passano cellule connettivali proliferate dalle due teche, che penetrano nella cavità del follicolo e ne riassorbono il liquido; tutta la formazione si rimpiccolisce e la vitrea si raggrinza; sopraggiunge poi una degenerazione ialina e tutte le parti del follicolo scompaiono, per ultima la vitrea. Nei grossi follicoli il fenomeno dell'atresia appare più complesso per il fatto che la notevole quantità di liquido follicolare contenuta nel centro della formazione le dà l'aspetto di una cisti, si ha cioè l'atresia cistica.

3. Follicoli maturi. - Nella donna entrata nella pubertà, oltre a tutte le formazioni precedentemente descritte, si trovano i grandi follicoli, che periodicamente maturano e scoppiano espellendo il loro contenuto e naturalmente anche l'uovo: questo, terminata l'emissione dei corpuscoli polari e quindi divenuto maturo, se è fecondato viene raccolto dalla tromba e trasportato nell'utero, il cui corpo intanto ha subito notevoli modificazioni, che lo rendono atto ad accogliere e nutrire il prodotto del concepimento, il quale vi arriva già in via di segmentazione. I residui del follicolo scoppiato dànno origine al corpo luteo.

Il fenomeno della maturazione del follicolo si compie nell'intervallo tra due mestruazioni. E. Pflüger credette che il corpo luteo si formasse durante íl periodo mestruale; ora dopo numerose osservazioni è dimostrato che il primo follicolo maturante compare circa quattro settimane avanti l'inizio della prima mestruazione e che nella donna, la quale ha già avuto più mestruazioni, il follicolo comincia a maturarsi alla fine della prima settimana dopo l'inizio di una regola, si matura e scoppia tra il 14° e 16° giorno e dopo altri tre o quattro giorni si forma il corpo luteo, il quale conserva la sua piena funzione per circa una settimana e comincia a degenerare poco prima dell'inizio della successiva mestruazione.

Il follicolo maturando, per il continuo aumento del liquor, raggiunge un diametro di 10 e talora anche di 16 mm. e si sposta verso la superficie dell'ovaio, sulla quale si manifesta con un sollevamento. La parete di questo sollevamento è molto sottile e lascia intravedere il liquido sottostante; il centro del sollevamento, più povero di vasi, fu indicato col nome di stigma. Facendo la sezione di un follicolo maturo si vede che le cellule della granulosa, le quali tappezzano la parete interna del follicolo, sono disposte in due o tre strati e mostrano figure cariocinetiche; invece quelle appartenenti al disco ooforo formano molti strati, il più profondo dei quali, corona radiata, presenta cellule piriformi; queste col loro polo sottile poggiano sulla zona pellucida e forse l'attraversano. Il liquor è abbondante, sieroso, leggermente alcalino e contiene una grande quantità di ormone sessuale, tanto che il liquido di un solo follicolo basta per mandare in calore fino a cinque topoline castrate. La cellula uovo ha raggiunto il massimo sviluppo avendo un diametro di 200 μ; presenta il citoplasma periferico più chiaro, che forma la zona ooplasmatica, mentre il centrale più carico di vitello nutritivo forma la zona deutoplasmatica; più volte vi è stata osservata la figura cariocinetica per l'espulsione del primo corpuscolo polare. La teca interna raggiunge uno spessore di 60 μ, contiene sottili capillari e cellule epitelioidi di 18 μ di diametro; è separata dalla granulosa per mezzo della membrana vitrea.

Corpo luteo. - Dopo che per l'eccessiva distensione delle sue pareti il follicolo è scoppiato e il liquor uscendo violentemente ha trascinato seco l'ovulo e la parte della granulosa che lo circondava immediatamente, le altre cellule follicolari e la teca subiscono notevoli modificazioni dando origine al corpo luteo; questo veramente dapprima è grigio rosso e solo più tardi acquista il colore giallo al quale deve il suo nome. Sono state distinte due specie di corpi lutei, il vero e il falso: il primo è quello che sta in rapporto con una mestruazione seguita da gravidanza, il secondo si ha quando la mestruazione non è seguita dalla gravidanza; tra le due specie la differenza consiste solo nella durata, avendo il corpo luteo vero un'evoluzione molto più lunga. Sull'origine del corpo luteo furono emesse molte teorie: alcuni lo considerarono come un coagulo sanguigno organizzato, altri come un prodotto della granulosa, che poi accoglierà i vasi sanguigni provenienti dalla teca, altri come un prodotto della teca interna che invade lo spazio già occupato dalle cellule della granulosa dopo che queste hanno subito una completa degenerazione grassosa; tra queste teorie le differenze sono essenziali, poiché alcuni attribuiscono al corpo luteo un'origine epiteliale, altri un'origine connettivale. A. Westmann dimostrò l'importante partecipazione della granulosa nella formazione del corpo luteo; infatti asportando la granulosa il corpo luteo non si sviluppa, la teca interna s'atrofizza e non si hanno le caratteristiche reazioni uterine.

Cellule interstiziali. - Nell'ovaio, oltre ai follicoli, troviamo speciali cellule, alle quali fu dato il nome di cellule interstiziali. Si tratta di elementi epitelioidi, cioè di origine connettivale, ma di notevole volume, concitoplasma vacuolare contenente lipoidi, con nucleo piccolo e rotondo. Queste cellule furono riscontrate in quasi tutte le specie di mammiferi e anche negli uccelli; però secondo le forme si trovano variamente distribuite nell'ovaio, cioè sono più o meno numerose, isolate o riunite in cordoni o noduli; secondo B. Aschner sono maggiormente abbondanti negli animali più prolifici; così i piccoli roditori ne sono più largamente provvisti. Esse si presentano specialmente abbondanti attorno ai follicoli in atresia e hanno l'ufficio di raccogliere il materiale ormonico, che si libera da questi follicoli, e di versarlo nell'organismo. Dalle ricerche di E. Steinach risulta che trapiantando un ovaio in maschi castrati gli elementi germinativi del trapianto vanno in rovina, mentre vi si sviluppano copiose cellule interstiziali e nell'ospite si manifestano caratteri sessuali secondarî femminili. Molti autori hanno voluto dare a questi elementi un'entità anatomica e per indicare il loro complesso hanno adoperato l'espressione: tessuto interstiziale; altri li hanno considerati come un'entità fisiologica, perciò li hanno indicati col nome di ghiandola interstiziale. La grande somiglianza che queste cellule hanno con quelle epitelioidi della teca interna, ha indotto recentemente molti autori a considerarle non come una formazione a sé, ma come un semplice derivato dalla teca follicolare.

L'ovaio dopo la menopausa. - Col cessare delle funzioni sessuali cessa ogni accrescimento dei follicoli e quelli ancora esistenti vanno rapidamente in atrofia, in modo che dopo tre o quattro anni non si trovano più follicoli e il parenchima ovarico è completamente sostituito dal tessuto connettivo; solo alla superficie rimane lo strato epiteliale più o meno modificato. Tutto l'organo si riduce notevolmente di volume e acquista un colorito biancastro.

Vasi e nervi. - Le arterie destinate alla nutrizione dell'ovaio sono rappresentate da 6-8 rami, i quali si originano da un tronco, che decorre nello spessore del mesovario a breve distanza dall'ilo e risulta dall'anastomosi a pieno canale dell'arteria ovarica (arteria spermatica interna) con un ramo terminale dell'arteria uterina (ramo ovarico). Il sangue refluo si raccoglie in una rete, plesso ovarico, il quale si scarica nelle vene ovariche e nelle uterine. I vasi linfatici sboccano nelle linfoghiandole lombari. I nervi provengono dal plesso simpatico, che circonda l'arteria ovarica; nel loro percorso sono state descritte cellule nervose e feocromiche.

Bibl.: W. Felix, Die Entwickl. der weibl. Genitalien, in Heibel-Mall, Handbuch d. Entwicklungsgesch., Lipsia 1911; R. Meyer, Ein Mahnwort zum Kapitel "interstitielle Drüse", in Zbl. Gynäk, 1921; E. Momigliano, Sulla genesi del corpo luteo nella donna, in Ricerche di morfologia, VI (1926); W. Nagel, Zur Anatomie des mensch. Eierstockes, in Arch. Gynäk., 1890; R. Schröder, Weibliche Genitalorgane, in W. v. Möllendorff, Handb. d. mikr. Anat., Berlino 1930.

Fisiopatologia. - L'ovaio è la ghiandola costituente il carattere primario fondamentale e univoco del sesso femminile, di fronte al quale hanno importanza distintiva secondaria gli altri caratteri sessuali che riguardano il canale genitale (utero, trombe, vagina) e i caratteri femminili secondarî esterni.

L'ovaio è una ghiandola a duplice secrezione: una secrezione esterna cellulare, che consiste nella funzione di formare e far passare nel canale genitale (trombe) l'ovulo, cioè l'elemento germinale femminile destinato, dopo l'unione con l'elemento germinale maschile (nemasperma), a trasformarsi in un nuovo essere; e una secrezione interna, od ormonica, destinata a una duplice funzione: la funzione di stimolare lo sviluppo dei caratteri sessuali primarî e secondarî femminili (istinto erotico, sviluppo genitale, dei seni, del bacino, e delle altre speciali caratteristiche femminili di tutto il corpo), nonché di proteggere e conservare tali caratteri; e l'altra funzione, che è in rapporto con la missione materna della donna e che consiste in un ciclo mensile speciale di trasformazione della mucosa uterina, per cui questa diviene atta ad annidare e maturare l'ovulo che mensilmente cade dall'ovaio nell'utero, nel caso che quest'ovulo debba essere fecondato, poiché, se ciò non avviene, il ciclo mensile uterino termina, anziché con la gestazione, con la mestruazione. In tutto questo processo di formazione di un ovulo maturo per essere fecondato, di stimolazione trofica dei caratteri femminili, di preparazione dell'apparato della femminilità alla funzione materna, l'ovaio è il centro di un sistema di organi che agiscono consensualmente con i varî tessuti dell'ovaio stesso, mediante ormoni favorenti o coadiuvanti o stimolanti. Ma esistono anche altri ormoni che possono inibire, in determinate condizioni, le funzioni ovariche, così quella di ovogenesi come quelle di secrezione interna.

D'altra parte le moderne ricerche dimostrano che l'abbozzo primordiale della ghiandola sessuale è all'inizio bisessuale, cioè contiene elementi capaci d'evolvere così nel senso di un tessuto ovarico come nel senso di un tessuto testicolare, e solo più tardi (dopo il primo mese di vita fetale) avviene il trionfo d'una tendenza sessuale sull'altra e la differenziazione dell'abbozzo in ovaio o in testicolo. Dopo che ciò è avvenuto, rimangono per tutta la vita nell'ovaio elementi embrionali allo stato di latenza funzionale e che sono potenzialmente capaci di secernere ormoni stimolatori di caratteri mascolini. In altri termini esiste un ermafroditismo endocrino fisiologico potenziale dell'ovaio, il che spiega come la donna sia continuamente minacciata dallo sviluppo di caratteri mascolini, quando diminuisca l'azione degli ormoni proprî della femminilità che proteggono e conservano il sesso femminile, e possono così prendere il sopravvento con i loro ormoni virilogeni quegli elementi rudimentali latenti del sesso maschile, di cui abbiamo parlato. Su questi possono anche agire, rinforzandone l'azione virilizzante, altri ormoni virilogeni, come sono alcuni ormoni della preipofisi, della corteccia surrenale, del corpo luteo.

Questa dottrina della bisessualità ormonica dell'ovaio e di ormoni femminilogenici e ormoni virilogenici, rende conto della grande frequenza di caratteri intersessuali più o meno attenuati in molte donne, anche prescindendo dai casi morbosi di vero virilismo e di cosiddetto pseudoermafroditismo.

Nessuna ghiandola, più dell'ovaio, dimostra l'importanza che hanno nell'azione fisiologica finale di ciascun organo endocrino, i rapporti che questo assume con gli altri ormoni stimolatori o inibitori della sua funzione. Così oggi è dimostrato che, senza il concorso degli ormoni della preipofisi, non è possibile né la maturazione puberale dei follicoli ovarici, con la consecutiva produzione di ovuli maturi, né l'inizio e la continuazione ciclica mensile della ovulazione e della secrezione interna ovarica. E, oltre alla preipofisi, hanno influenza coadiuvante, ma meno importante, sull'ovaio anche il timo, la tiroide, la corteccia surrenale, l'insulina del pancreas. Vediamo ora come si compiono le funzioni ovariche in rapporto alla sfera sessuale femminile.

Il tessuto essenziale dell'ovaio è il tessuto follicolare (follicoli di Graaf), in cui si trovano gli oociti primordiali destinati a trasformarsi in ovuli maturi. Dei numerosissimi follicoli primitivi e oociti primitivi dell'ovaio solo un piccolo numero giunge a maturazione, può servire cioè alla funzione riproduttiva; il maggior numero di follicoli subisce una trasformazione regressiva (follicoli atresici), che però dà luogo alla formazione di cellule derivanti dalla teca del follicolo, e che si dicono cellule interstiziali ovariche della teca, a cui oggi si attribuisce la capacità di secrezione interna dello stesso ormone follicolare, come la posseggono la cellule della membrana granulosa del follicolo. Fino alla pubertà e alla comparsa della prima mestruazione pare che l'ovaio elabori l'ormone che stimola lo sviluppo dei caratteri femminili somatici e psichici, follicolina, in quantità limitata e lentamente progressiva, e precisamente, mediante le cellule della granulosa dei follicoli che non giungono ancora a maturità, e le cellule della teca dei follicoli che diventano atresici; cellule di natura epiteliale le prime, le seconde di natura mesenchimale. Solo al momento della pubertà, quando nella preipofisi si forma in quantità sufficiente un ormone (prolan A e B), il quale ha il potere di eccitare energicamente la formazione di follicoli ovarici maturi e la consecutiva formazione di corpi lutei, allora la funzione ovarica, sia quella germinativa sia quella endocrina, si stabilisce, compare la prima mestruazione, e s'inizia il ciclo mensile caratteristico dell'ovaio e di tutto l'organismo femminile.

Ecco che cosa avviene nell'ovaio e in tutto l'apparato genitale della donna nelle varie fasi del ciclo. In una prima fase, che dura circa 14 giorni, il follicolo ovarico cresce progressivamente, mentre l'ovulo nel suo interno va maturando: nella cavità del follicolo, dalle cellule della membrana granulosa si secerne la follicolina o estrina, che entra nel sangue, e insieme con l'ormone della preipofisi follicolinizzante produce congestione e proliferazione dell'endometrio. Il massimo di queste modificazioni congestizie proliferative coincide con il punto in cui il follicolo maturo iperdisteso dal liquido follicolare contenente follicolina, si rompe e lascia uscire l'ovulo maturo che è avviato dentro la tromba e da questa nell'utero, dove esso si annida solo nel caso che venga fecondato da un nemasperma. La rottura del follicolo avviene al 14° giorno circa del ciclo (mezzo mese) e allora anche la quantità della follicolina nel sangue raggiunge il massimo. Ma dal follicolo rotto avviene ora la formazione di un nuovo organo endocrino, fatto dall'ipertrofia così delle cellule della granulosa come delle cellule della teca del follicolo, ipertrofia con secrezione endocellulare di una combinazione lipoidea-proteica, detta luteina. È questo il corpo luteo mestruale, che secerne il luteormone, il quale comincia ad agire sulla mucosa uterina già proliferata, come s'è detto, determinando edema, ipertrofia cellulare e ipersecrezione di questa mucosa, così da renderla adatta alla nutrizione dell'uovo, nel caso che questo venga fecondato, cioè nel caso che la donna diventi gravida.

La secrezione interna del corpo luteo mestruale dura pure 12-14 giorni, ed 1-2 giorni prima della mestruazione, se l'ovulo non è fecondato, il corpo luteo degenera, e con esso degenera anche la mucosa dell'endometrio iperplastica e ipersecernente. Da tale mucosa in via di degenerazione e desquamazione, per lacerazione e necrosi delle pareti dei capillari ectasici, fuoriesce sangue: è il sangue mestruale, il cui flusso dura 4-5 giorni, mentre in tale periodo si rigenera e ricostituisce la mucosa uterina normale. Ma per breve tempo, in quanto che dopo cessato il flusso mestruale, un nuovo follicolo comincia subito a maturare, e con esso ricomincia l'azione della follicolina da esso secreta sull'utero, e cioè la prima fase proliferativa uterina del ciclo mensile, che al 14° giorno è seguita dalla seconda fase secretoria endometrale, che dura fino alla comparsa del nuovo flusso sanguigno.

La prima fase è dunque governata dalla follicolina, che esagera tutti i caratteri somatici e psichici della femminilità: ardore sessuale, sviluppo dei seni, turgore delle regioni corporee che sono in più stretto rapporto con le funzioni femminili, specialmente dell'apparato genitale esterno e interno. In tale fase insieme con la follicolina agiscono anche l'ormone prolan A della preipofisi e l'ormone tiroideo. La seconda fase è governata dall'ormone del corpo luteo, che inibisce la maturazione d'un nuovo follicolo, limita l'azione della follicolina sull'utero, e provvede invece a stimolare i fenomeni che hanno rapporto con le funzioni materne: trasformazione della mucosa uterina in decidua mestruale atta a formare il nido dell'uovo fecondato, preparazione della secrezione mammaria, moderazione dell'erotismo femminile, che sarebbe sfavorevole alla funzione materna.

Pare che insieme col luteormone agiscano solidalmente l'ormone prolan B della preipofisi, che provvede alla formazione del corpo luteo nell'ovaio, l'ormone della corteccia surrenale e l'insulina.

Qualora nella seconda fase, luteinica, del ciclo mensile intervenga la gravidanza, il corpo luteo mestruale s'ipertrofizza ancora più, diventa corpo luteo gravidico, la mestruazione non si verifica, la decidua uterina mestruale si trasforma in decidua gravidica, si forma la placenta. Al 4° mese, il corpo luteo gravidico comincia a involvere, avendo esaurito il suo compito, che è quello di proteggere nei primi 3-4 mesi la nutrizione dell'uovo e dell'embrione nell'utero. La mancanza di tale funzione sufficiente del corpo luteo determina l'aborto al 3°-4° mese. Dopo il 4°, la funzione protettiva sul feto è assunta dalla placenta, che è capace di secernere ormoni uguali a quelli dell'ovaio durante il resto della gestazione.

Tutta l'endocrinologia femminile è basata sulla secrezione dei due ormoni ovarici e sui loro rapporti reciproci, ma occorre anche ammettere l'esistenza di un ormone mascolinogeno, secreto dalle cellule interstiziali dell'ilo ovarico (v. sopra sulla bisessualità endocrina fisiologica dell'ovaio), e forse anche di altri ormoni agenti in maniera continua sul ricambio nutritivo. Un difetto di follicolina può determinare deficiente sviluppo dell'apparato sessuale femminile e deficienza o mancanza di maturazione; ma lo stesso può accadere per un difetto primario dell'ormone preipofisario o prolan. D'altra parte un eccesso di follicolina può determinare eccesso di flusso mestruale. Un difetto di corpo luteo può egualmente produrre eccesso di mestruazione, perché il luteormone modera, come s'è detto, la formazione dei follicoli e la secrezione di follicolina, cosicché, quando il corpo luteo è insufficiente, l'azione congestizia della follicolina sull'utero è esagerata e può comparire la mestruazione anche a mezzo mese, quando il corpo luteo comincia appena a formarsi e non agisce a sufficienza. Invece, se l'azione del corpo luteo è esagerata (luteinizzazione estesa o troppo persistente dell'ovaio), i follicoli ovarici non si formano e si ha amenorrea (mancanza di mestrui). D'altronde senza corpo luteo, come s'è detto, non è possibile la gestazione.

Ma il mancato annidamento dell'ovulo fecondato nell'utero o l'aborto possono anche essere dovuti a eccesso di follicolina, che congestiona eccessivamente la mucosa uterina e facilita la morte o il distacco precoce dell'uovo dalla mucosa stessa. S'intende che la deficienza di follicolina, impedendo la normale iperplasia muscolare-mucosa dell'utero, può anche essere causa d'infecondità.

Esistono dunque amenorree da ipofollicolinismo o da ipopituitarismo anteriore; amenorree da eccessiva luteinizzazione o persistente luteinizzazione; polimenorree o ipermenorree (mestruazioni raddoppiate, prolungate, eccessive) da iperfollicolinismo e iperpituitarismo anteriore (iperprolanemia) o da ipoluteinismo.

Esistono casi d'infecondità o sterilità dovuti a difetto di sviluppo follicolare e di azione della follicolina sull'utero; casi dovuti a difetto di azione del corpo luteo, casi dovuti a eccessiva azione della follicolina sull'utero.

Queste stesse cause ormoniche possono produrre aborto prematuro. Naturalmente anche insufficienze di ormoni coadiuvanti degli ormoni ovarici possono produrre tali effetti, come l'insufficienza della preipofisi o della corteccia surrenale o delle isole del pancreas, o l'eccesso di altri ormoni, come della tiroxina, forse anche dell'adrenalina e della pituitrina.

Dobbiamo infine ricordare che l'eccessiva secrezione dell'ormone ovarico interstiziale e anche del corpo luteo, come può avvenire per tumori funzionanti (luteinomi), può fare apparire segni di virilismo o intersessualismo con amenorrea, poiché tali ormoni in eccesso inibiscono l'azione protettiva esercitata dalla follicolina sui caratteri femminili. Così agisce anche l'eccesso di alcuni ormoni della corteccia surrenale e della preipofisi (virilismo surrenale, virilismo iperpituitarico).

La castrazione ovarica, fatta dopo la pubertà, e così pure l'atrofia ovarica dell'età critica, può fare apparire nella donna (non in tutte) fenomeni d'intersessualità dovuti a esagerazione della secrezione interna o della preipofisi o della corteccia surrenale. La castrazione prepuberale, invece, arresta lo sviluppo del corpo femminile allo stadio infantile e impedisce la comparsa della pubertà.

Anatomia patologica. - La mancanza di un ovaio, o di entrambi, si associa a quella del cordone genitale corrispondente; all'ipoplasia con incompleto sviluppo o assenza di cellule germinali (come nel pseudoermafroditismo femminile) corrispondono, il più delle volte, l'ipertrofia dei surreni e note d'infantilismo. Ovaia accessorie o duplicate, eventualmente con duplicazione delle salpingi, sono eccezionali. Modificazioni distrofiche si verificano in malattie esaurienti, nelle irradiazioni, ma particolarmente nella senilità, con atrofia e sclerosi della ghiandola, raggrinzamento della superficie (ovaio gyratum), graduale scomparsa di follicoli, alcuni dei quali diventano cistici, numerosi corpi albicanti retratti, sclerosi vasale. Un'iperemia s'accompagna a ogni funzione genitale. Le emorragie per infezioni locali o generali, per turbamento di circolo (torsione, più spesso edema), si constatano in follicoli, in corpi lutei o nello stroma (ematoma) e possono talvolta per la loro entità essere mortali (emoperitoneo).

Le infiammazioni (ovariti, ooforiti) sono di solito propagate alle ovaia da organi vicini (tube, appendice, peritoneo, linfangite e tromboflebite puerperale del parametrio, raschiamento da aborto settico, ecc.) e molto più raramente per via ematogena. Nelle flogosi acute l'ovaio è tumefatto ed edematoso con punteggiature emorragiche (ovarite sierosa-emorragica) o si trova imbevuto di essudato purulento (ovarite flemmonosa), che si stratifica anche in superficie, o si formano raccolte ascessoidi di varia grandezza, uniche o multiple che insorgono dai follicoli o dallo stroma dell'ilo; spesso l'ascesso, se non è molto grande, ha le pareti di colore giallo ocraceo o zolfo per numerose cellule del tessuto di granulazione cariche di lipoidi (cellule pseudoxantomatose), tali ascessi non si devono confondere con quelli che eventualmente s'originano da corpi lutei. Il gonococco e lo streptococco sono i germi che più di frequente sono in causa. Ne conseguono adesioni per propagazione della flogosi agli organi vicini e al peritoneo (pelviperitonite) con grovigli talvolta inestricabili; il pus degli ascessi può condensarsi in materiale cretaceo o calcificare fra aree di sclerosi nelle quali il tessuto ovarico talvolta non è riconoscibile.

A parte gli esiti produttivi, sclerosanti, che seguono a infiammazioni acute, non viene accolta da tutti una forma ben individualizzata e a sé stante di ovarite cronica; come tale si descrivono quadri alquanto diversi di flogosi lente che s'iniziano dalla superficie (periovarite da pelviperitonite), o da endometriti catarrali croniche, per lo più gonococciche, ecc., con atrofia della corticale, degenerazione microcistica, sclerosi dei vasi, mentre l'organo si fa voluminoso e duro, o s'impiccolisce raggrinzandosi.

Tra le infiammazioni croniche granulomatose, la tubercolosi è quella che ha maggiore importanza, sebbene anch'essa sia piuttosto rara e il più delle volte propagata dall'infezione delle tube o del peritoneo; eccezionalmente è d'origine ematogena. Sembra che i follicoli scoppiati e i corpi lutei siano favorevoli luoghi d'impianto del bacillo tubercolare. Ne risulta la formazione di nodi che caseificano e confluiscono, presentando talvolta l'aspetto di massa neoplastiforme (nodi tubercolari embolici possono trovarsi in tumori solidi e cistici della ghiandola).

La produzione di cavità cistiche nel seno del tessuto ovarico è evenienza assai frequente e a significato diverso. Il mancato scoppio di follicoli maturi e l'aumento del liquido endofollicolare porta all'"idrope" delle cavità con graduale scomparsa dell'uovo, mentre gli epitelî della parete si monostratificano in cellule cubiche o endoteliformi; c'è chi pensa anche a processi essudativi sierosi. Anche nelle varie fasi dell'evoluzione di un corpo luteo si può formare una cavità cistica a contenuto sieroso o emorragico; le pareti mancano di un rivestimento epiteliale e, fino a che la cisti resta di modica grandezza, vi si possono riconoscere le cellule luteiniche più o meno numerose. Da introflessioni dell'epitelio germinativo, favorite da retrazioni cicatriziali della superficie della ghiandola, si generano nidi cellulari che vacuolizzandosi si trasformano in piccole cisti. È forse con un meccanismo presso a poco analogo che si formano le "cisti endometrioidi", il cui significato è ancora controverso, con contenuto rosso bruno o nerastro (cisti cioccolatiformi, a catrame) per emorragie nei periodi mestruali, che possono distruggere parzialmente o totalmente il tessuto endometrioide partecipante al flusso sanguigno; le pareti della sacca sono giallastre o brunicce per istiociti del tessuto di granulazione carichi di materiale pigmentario, donde l'equivoco con cisti luteiniche o comuni cisti emorragiche. La cosiddetta "degenerazione microcistica delle ovaia", in cui entrambe le ghiandole, ingrossate, globose e lisce, sono trasformate in un tessuto spugnoso per cisti di varia grandezza, sembra derivi da una primitiva degenerazione delle uova o da una abnorme maturazione simultanea di molti follicoli che non possono rompersi per ispessimento dello stroma; altri pensa ad alterazioni d'indole generale e non è dubbio che in alcuni casi si tratti di una vera neoplasia adenomatosa cistica, originatasi dall'epitelio superficiale; il reperto di uova, talvolta in grandi quantità, deve forse riferirsi a cellule incompletamente differenziate e soltanto simulanti le uova. Tale forma è constatabile anche in soggetti giovanissimi e in neonate, ma la si mette anche in rapporto causale con le metropatie emorragiche. Anche dai residui embrionali dell'ilo ovarico, dalla rete dell'ovaio o dai tubi midollari, si producono formazioni cistiche di solito piccole, talvolta papillari, che accrescendosi possono simulare una cisti del paraovaio a sviluppo intralegamentoso. Le cisti linfatiche, con rivestimento endoteliale, sono di solito molto piccole.

I tumori costituiscono la patologia più importante dell'ovaio e per la frequenza di quelli maligni è stata richiamata l'attenzione per una più efficace lotta contro il cancro dell'ovaio, che nei riguardi dell'apparato genitale femminile, esclusa la mammella, tiene il secondo posto in frequenza, in ogni età.

Un carattere generico dei tumori dell'ovaio è quello di accompagnarsi alla formazione di cisti e di essere, con una certa frequenza, bilaterali. I più comuni sono gli adenomi cistici (cistomi) uni- o multiloculari, sierosi o pseudomucinosi, talvolta papillari, spesso parzialmente emorragici, con innumerevoli cavità di varia grandezza, che portano talvolta il volume e il peso del tumore a cifre assai alte (kg. 50 e oltre); ne conseguono compressioni viscerali, possibilità di torsione del tumore nel peduncolo con infarti emorragici, necrosi totali o parziali del tumore. Il rivestimento delle singole cisti è formato da epitelî mucipari che s'infiltrano nelle pareti, dando origine a nuove produzioni cistiche. Le forme papillari, rivestite da fini proliferazioni o in grossi mazzi villosi, ne presentano anche in superficie con possibilità d'innesti sulla sierosa peritoneale e versamento siero-ematico in cavità. In alcuni casi un papilloma s'origina dalla superficie dell'ovaio (papilloma superficiale) rivestendolo con masse filiformi, entro le quali la ghiandola è ancora riconoscibile nella sua totalità.

Diverse opinioni si contrappongono nel considerare l'istogenesi dei cistoadenomi: i canalicoli e gli otricoli di Pflüger, l'epitelio germinativo della granulosa, i residui del rene primitivo, le formazioni embrionali residue dell'ilo, gli elementi cellulari vibratili, caliciformi, pavimentosi, ritrovati superficialmente e profondamente in un proprio stroma che differisce da quello ovarico, ecc., sono stati a volta a volta chiamati in causa; c'è anche chi sostiene che il frequente associarsi dell'adenoma cistico alle cisti dermoidi possa significare anche per esso un'origine teratoide endodermica a sviluppo unilaterale. Quanto contribuisca un'irritazione cronica, infiammatoria, all'insorgenza del tumore non è ancora dimostrato.

La trasformazione cancerigna dell'adenoma cistico (adeno-carcinoma, carcinoma cistico) è frequente e si riconosce da zone più solide infiltrate, in cui le cellule hanno subito una più o meno spiccata atipia, con polimorfismo cellulare e nucleare, pluristratificazione, con proliferazione aggressiva in profondità e metastasi linfoghiandolari. Quando il carcinoma s'origina come tale, il tumore è solido, di grandezza modesta, di un pugno a poco più, bernoccoluto, gialliccio, d'aspetto midollare, mucoso, a struttura tubulare, cordoniforme o alveolare. La presenza di globi calcarei è alquanto frequente (carcinoma psammomatoso). Come "folliculomi" si descrivono dei cancri a spazî cavi che restano rivestiti da cellule analoghe alle cellule della granulosa o che presentano strutture a grossi cordoni convoluti. Le metastasi cancerigne appaiono a preferenza nelle linfoghiandole regionali e il tumore si propaga alle tube, all'utero e all'ovaio opposto per via linfatica. Il cosiddetto "fibrosarcoma mucocellulare carcinomatode bilaterale dell'ovaio" (tumori di Krukenberg) non è un tumore primitivo, ma secondario, che sorge nell'ovaio per metastasi linfogena di neoplasie del tubo gastro-enterico, della cistifellea, ecc., spesso superando di gran lunga per volume il tumore originario.

Fra i tumori teratoidi e i teratomi sono più frequenti le cisti dermoidi, di solito unilaterali e di varia grandezza, contenenti sostanza sebacea; un tratto della parete cistica è ispessita e in rilievo, come sprone o protuberanza, con i caratteri del tessuto cutaneo e suoi annessi, ghiandole sudoripare e sebacee, follicoli piliferi (protuberanza cefalica) in questo tratto sono infissi peli, ossa, cartilagine, denti; in forme più evolute si trovano abbozzi di ogni tessuto per lo più maturo e differenziato, a preferenza della regione craniale, intermezzati da piccole cavità cistiche. Spesso una cisti dermoide si combina con un cistoadenoma dell'ovaia opposta. Più rari sono i teratomi solidi a componente di tessuti più immaturi e con più frequenti caratteri di malignità (teratoblastomi), con metastasi, che più di rado si verificano nelle cisti dermoidi. L'abnorme sviluppo di tessuti può farsi anche in senso unico o unilaterale, epidermoide, tiroideo ("struma tiroideo dell'ovaio"), ecc.

Il significato genetico di queste forme va con maggiore verosimiglianza riportato allo sviluppo tardivo di parti dell'uovo segmentato, nel periodo blastomerico o posteriore, rimaste fra le cellule destinate alla formazione delle ghiandole germinali; non viene del tutto esclusa la possibilità di un'origine partenogenetica o da cellule sessuali primitive.

I fibromi sono spesso provenienti da corpi albicanti, ipertrofici a tipo cheloide; molto più rari sono altri tipi di connettivomi (angiomi, fibromiomi, ecc.). Il sarcoma, a cellule fusate, rotonde, polimorfe, giganti, forma tumori non molto voluminosi, per lo più ovoidi o bernoccoluti, in cui si perde tutto il tessuto ovarico, che è sostituito da una massa bianchiccia omogenea o variegata, con focolai di distruzione necrotica o emorragica, ecc., conseguendone escavazioni a contenuto poltaceo o cremoso, necrotico, emorragico che spesso li rende policromi. Talvolta si verificano analogie strutturali, alveolari, a grosse cellule, con gl'interstiziomi del testicolo e con i cosiddetti sarcomi delle ghiandole germinali trovati negli ermafroditi; la loro genesi si ricondurrebbe alle cellule della teca interna. Si descrivono combinazioni del sarcoma con l'adenoma cistico e col carcinoma (cistoadenosarcomi, carcinosarcomi), e le forme indicate come endoteliomi e periteliomi, non da tutti riconosciute, vanno per buona parte ascritte al carcinoma. È molto ristretto il numero dei tumori, ordinariamente solidi, che si sviluppano dal corpo luteo (luteoma) ripetendone i caratteri di specificità cellulare e di attività biologica: d'ordinario sono maligni con invasione dell'ovaio, propagazione, metastasi, cachessia; eccezionalmente hanno decorso benigno. Per la varia genesi che si assegna alle cellule luteiniche, dalla teca o dalle cellule della granulosa o da entrambe, questi tumori sono stati considerati a volta a volta come sarcomi o come carcinomi.

Chirurgia. - Si suole intervenire sull'ovaio o per effettuarne l'ablazione, che può essere totale (ovariotomia) o parziale (resezione); ovvero per riportarlo e fissarlo nella sua sede normale (ovaropessi, ooforrafia). Vanno, però, ancora menzionate, fra le operazioni conservatrici, che interessano l'ovaio: la rottura di aderenze; la puntura di eventuali formazioni cistiche; l'enervazione; l'innesto.

Ovariotomia. - È termine generalmente considerato come equivalente ad "asportazione di cisti ovarica", poiché, difatti, quasi sempre l'indicazione all'intervento è data da un tumore o cistico o solido dell'ovaio. L'ovariotomia può essere praticata, al pari delle altre operazioni sugli annessi uterini, tanto per la via dell'addome quanto per quella della vagina.

L'ovariotomia addominale fu per la prima volta eseguita, nel 1809, in America, da Ephraim McDowell (di Dansville, Kentucky): l'esito fu felice e la paziente Mrs. Crawford, il cui nome fu reso pubblico, quasi a riconoscimento del suo coraggio, visse altri 25 anni. E non fu questo l'unico successo del genere riportato dal predetto chirurgo, imperocché, sopra un totale di 13 donne da lui operate, 8 volte egli ottenne la guarigione. Indotti da tali risultati, altri chirurghi americani vollero tentare la stessa via e primo fra questi, in ordine di tempo, fu Nathan Smith, di New Haven (Connecticut), che nel 1821 estirpò con pieno successo una cisti uniloculare, previa incisione laparotomica di tre pollici soltanto; a lui fecero seguito: Alban Smith (1827), J. L. Atlee (che nel 1842 eseguì la prima ovariotomia doppia), e Washington S. Atlee (che tra il 1843 e il 1871 giunse a praticare ben 246 ovariotomie). Successivamente contribuirono all'affermazione e alla diffusione dell'ovariotomia in America: E. R. Peaslee, G. Kimball e A. Dunlap.

Se a Ephraim McDowell è universalmente riconosciuta la paternità dell'ovariotomia, non si può, peraltro, tacere che l'idea di estirpare l'ovaio ammalato cominciò a germinare e a maturare nella mente degli studiosi parecchio tempo innanzi. Così, risalendo al sec. XVII, troviamo F. Planter (1680) e A. Schorkoph (1685), i quali pensano alla possibilità di asportare l'ovaio; e nel secolo successivo: H. Schlenker (1722); Willius (1731), U. Peyer (1751), G. Targioni-Tozzetti (1752), che discutono su tale possibilità, mentre J. Delaporte arriva a proporre formalmente, nel 1758, all'Accademia francese di chirurgia, l'ablazione delle cisti ovariche. In prosieguo di tempo, ecco J. Power (1793) manifestare decisamente al suo amico Darwin "la risoluzione di tentare l'intervento per una malattia che finisce quasi sempre per divenire mortale"; ecco N. Chambon (1798) esprimere il fermo convincimento che quest'operazione "sarebbe diventata col tempo un processo chirurgico", ed ecco, infine, agli albori del see. XIX, un giovane medico della scuola di Montpellier, S. Hartmann d'Escher (1808), proporre, in un'interessante monografia, un piano speciale per l'esecuzione dell'ovariotomia.

Dopo le prime ovariotomie eseguite in America, il tedesco H. Chrysmar, d'Insy (Württemberg), nel 1819 praticò per primo detto intervento in Europa, e il suo esempio fu subito seguito, in Inghilterra, da J. Lizars e, in Francia, da L. Granville, ma nessuno dei tre ebbe risultati incoraggianti. In Inghilterra, il primo successo pare che abbia arriso, invece, nel 1835, a J. Jeafferson (di Framlingham, Suffolk); e, a partire da quell'epoca, s'iniziò con C. Clay, F. Bird, E. Walne, tutta una serie d'interventi più o meno fortunati, finché, in appresso, per merito di valenti chirurghi come: J. Baker-Brown, Th. Bryant, C. Hawkins, J. Smith, H. Humphray, W. Fergusson, J. Paget, J. Erichsen, W. Ashton, E. Key, J. Philips, Th. Keith, J. Hutchinson, ecc., l'ovariotomia entrò a far parte delle operazioni legittime. Fra gli ovariotomisti inglesi che più si acquistarono fama nella seconda metà dell'Ottocento, merita particolare menzione Th. Spencer Wells, chirurgo del Samaritan Hospital di Londra, il quale ottenne su 1000 ovariotomie, eseguite fra il 1858 e il 1888, 768 guarigioni, con una mortalità che, nell'ultima centuria, era scesa all'i %. In Germania, a causa dei primi numerosi insuccessi, l'ovariotomia tardò alquanto ad affermarsi. Molto fecero per accreditarla operatori di grido, come: J. J. Bühring, B. R. K. Langenbeck, L. Knorre, F. Kivisch, O. Heyfelder, K. F. Quittenbau, B. Stilling, E. Martin, ma ciò nonostante per parecchio tempo prevalse il senso di sfiducia e addirittura di ostilità, che si era diffuso intorno a essa, in conseguenza delle aspre critiche e delle severe condanne, ond'era stata da più parti colpita; basti dire che un chirurgo eminente, quale J. F. Dieffenbach, aveva respinto l'operazione come "non giustificata e pericolosissima", e che anche F. Kivisch, F. W. Scanzoni, G. Simon, fra i maggiori, avevano portato la loro autorità contro di essa. Ne conseguì, quindi, che dopo il 1850 l'ovariotomia, in Germania, parve definitivamente abbandonata; ma per tornare in uso verso il 1865, per opera specialmente di B. Breslau, A. Gusserow, H. A. Hildebrandt, J. Veit, W. Wagner, Ch. Billroth, e per entrare, infine, nella pratica corrente, grazie al patrocinio di R. Olshausen, O. Spiegelberg e H. Waldeyer, A. Hegar, V. Czerny, ecc.

La Francia rimase per lungo tempo chiusa all'ovariotomia. In questa nazione essa fu introdotta, o più esattamente reintrodotta, nel 1844, da un medico di campagna, il dottor W. Woyeikowski, di Quingey. Venne poi eseguita da G. Vaullegeard, nel 1847, e più tardi ancora da A. Nélaton, M. Bach, F.-I. Hergott e E. Michel, A.-A. Boinet, F.-A. Richard, J. Maisonneuve, A.-J. Jobert, J.-N. Demarquay, Ch.-E. Sedillot, ecc., ma con risultati che, lungi dal giovare, servirono piuttosto a screditare l'operazione. La quale, infatti, nel 1856, veniva recisamente condannata dall'Accademia di medicina, con l'unica protesta di P. Cazeaux. Solo dopo il 1862, in seguito agli scritti di G. Worms, L. Ollier, G. Labarbay, J. Gentilhomme, R. Herrera, R. Vegas e A.-A. Boinet, e soprattutto mercé l'opera e la parola di E. Koeberlé e di J. Péan, l'ovariotomia poté entrare definitivamente nella pratica chirurgica.

La storia dell'ovariotomia in Italia fu redatta da D. Peruzzi. La prima centuria di casi ha inizio con un'ovariotomia eseguita da T. Vanzetti il 26 marzo 1859 e termina con quella praticata dal Peruzzi l'11 dicembre 1877 (34 chirurghi e una mortalità del 63%). Nella seconda centuria, compiutasi l'8 luglio 1880, la mortalità è del 36%. Nella terza, che si chiude il 15 giugno 1882, figurano 46 operatori, e la mortalità è discesa al 26%. È compresa in questa centuria la prima ovariotomia eseguita da L. Mangiagalli. Molto interessante è la statistica personale di questo ginecologo, perché, oltre a essere numerosa (1580 ovariotomie), ha la caratteristica di andare "quasi dagli albori della ovariotomia in Italia fino a questi ultìmi tempi (1925) e rappresenta l'esperienza di un solo operatore quantunque in ambienti diversi". In questa statistica la mortalità (periodo 1906-1925) raggiunge appena, per i tumori cistici, il 4,80%, con l'avvertenza ch'essa è data per un terzo dalle forme suppurate.

Ovariotomia vaginale. - L'asportazione delle cisti ovariche per la vagina fu eseguita per la prima volta da W. L. Atlee, in un caso di cisti dermoide suppurata. Nel 1869 quest'operazione fu ritentata da R. Battey, il quale ne preconizzò l'impiego in alcuni casi determinati. Trascorse poi lungo tempo prima che si pensasse a riapplicare l'ovariotomia vaginale, il che avvenne, verso la fine del secolo scorso, per opera di L. Picqué, G. Bouilly, G. Richelot, M. Laroyenne e R. Condamin, H. Fehling, A. Doderlein e E. Bumm. Ma soprattutto se ne fece convinto assertore P. Segond, il quale propose al Congresso francese di chirurgia, nel 1894, l'ablazione per la via vaginale di tutti i tumori annessiali "nettamente bilaterali e di dimensioni tali che la loro convessità superiore sia tutt'al più tangente al piano antero-posteriore per l'ombelico".

Le indicazioni all'ovariotomia sono costituite, oltre che dalla degenerazione dell'ovaio in tumore cistico o solido, anche dalle infiammazioni croniche di quest'organo; in tali circostanze, però, si parla piuttosto di annessiectomia o di ovaro-salpingectomia, per l'importanza che assume anche la simultanea asportazione della tromba parimente ammalata. Merita appena un cenno l'ablazione delle ovaia normali (castrazione), poiché questo intervento, che d'altra parte viene spesso associato all'isterectomia, non trova indicazione nello stato delle ovaia medesime, ma in una malattia generale, cui la castrazione tende a ovviare.

I criterî oggi comunemente adottati nella scelta della via da seguire, per l'asportazione dei tumori ovarici sono abbastanza semplici: si preferisce di norma la via soprapubica, ch'è più semplice e più sicura, ogniqualvolta si prevedano difficoltà operatorie o sussista qualche dubbio diagnostico. Ma specialmente n'è prescritto l'impiego in tutti i casi, in cui l'impiccolimento preliminare del tumore non sia conseguibile o debba anzi essere evitato (voluminosi cistomi giacenti al disopra dell'ingresso pelvico; grossi tumori solidi o multiloculari; tumori maligni; cisti infettate, torte sul peduncolo, aderenti).

I principali tempi che si possono distinguere nell'esecuzione dell'ovariotomia addominale, sono i seguenti: a) incisione della parete addominale; b) esame del tumore e dei suoi rapporti; c) trattamento delle eventuali aderenze; d) eventuale puntura della cisti; e) ablazione del tumore; f) trattamento del peduncolo; g) chiusura dell'addome.

Lo svuotamento delle cisti ovariche a contenuto liquido si ottiene con uno speciale trequarti munito di un lungo tubo di gomma, ed eventualmente collegato con un aspiratore.

A volte l'asportazione completa del tumore è resa inattuabile dal fatto che esso è legato agli organi vicini da diffuse e tenaci aderenze. Si esegue allora l'ovariotomia incompleta, consistente nella apertura e nella parziale amputazione della sacca cistica, il cui orlo viene cucito all'angolo inferiore della ferita addominale, mentre la cavità viene zaffata con garza. A tale metodo si dà il nome di marsupializzazione.

La mortalità globale dell'ovariotomia, come quella degli altri interventi sugli annessi, può ora essere valutata intorno al 5%.

Ovaropessi. - È l'operazione destinata a curare il prolasso delle ovaia, e consiste nella fissazione dell'organo al margine superiore del legamento largo. Una varietà di questo intervento è rappresentata dall'ooforrafia, proposta da T. Imlach nel 1885: con essa si ottiene la riposizione dell'ovaio nella sua sede normale, accorciando (per increspamento) il rispettivo legamento infundibulo-pelvico.

La semplice rottura delle aderenze il più delle volte s'associa ad altri interventi sugli annessi uterini: capita, infatti, assai frequentemente, nelle operazioni conservatrici, di far seguire a essa la salpingorrafia o la salpingostomia (salpingo-ovaro-sindesi di Clado).

La puntura dell'ovaio viene eseguita allorché questo presenta le caratteristiche della cosiddetta degenerazione policistica; è sconsigliabile, in tal caso, l'ignipuntura, già fortemente patrocinata da S. Pozzi, per il pericolo ch'essa determini la formazione di noduli sclerotici, fattori possibili di nevralgie consecutive.

La resezione parziale dell'ovaio è specialmente indicata nelle forme sclerocistiche e nelle varie specie di ovarite cronica infettiva, quando l'ovaio è alterato solo in parte e la tromba è in tali condizioni da poter essere conservata. La riduzione ovarica di R. Koehler si distingue dalla precedente, perché consiste nella resezione dei 3/4 o più dell'ovaio normale, col fine di curare alcune forme di metrorragie a causa sconosciuta.

L'enervazione dell'ovaio, la quale consiste nella sezione dei nervi ovarici a livello dell'ilo, fu ideata e proposta da J. Lhermitte e R. Dupont, per ovviare alle ovarialgie, che nelle ovariti sclerocistiche sarebbero legate a speciali alterazioni nervose, tanto nello spessore dello stroma ovarico quanto in corrispondenza dell'ilo. Per la stessa indicazione è stata di recente proposta e sperimentata la distruzione chimica (isofenolizzazione) del simpatico ovarico, secondo i principî di K. Doppler. Si tratta però di tentativi, che non hanno avuto successo.

L'innesto dell'ovaio può avere lo scopo o di conservare al soggetto, cui l'ovaio appartiene, la secrezione interna di quest'organo, allorché questo debba essere allontanato dalla propria sede (autoinnesto); o di fornire questa secrezione interna a un altro organismo, cui essa faccia difetto (isoinnesto). Tanto nell'uno quanto nell'altro caso si parla d'innesto omoplastico, mentre si chiama Juxtaomoplastico l'innesto che viene effettuato con ovaia di primati, ed eteroplastico quello in cui si adoperano ovaia di altri mammiferi. La sostanza ovarica può essere trapiantata negli organi genitali o in vicinanza di essi (legamento largo, fossetta ovarica, tasca del Douglas, spazio del Retzius, ecc.) o a distanza (innesto sottocutaneo, sottoperineale, intramuscolare, pararenale, ecc.).

Bibl.: T. G. Thomas, Trattato teorico-pratico delle malattie delle donne (trad. di L. Giuntoli e P. Bottoni), Firenze s. a.; S. Pozzi, Trattato di ginecologia clinica ed operatoria, 2ª ediz. italiana con addizioni di P. G. Spinelli, Milano s. a.; J. Veit, Handbuch der Gynäkologie, Wiesbaden 1897; E. Doyen, Traité de thérapeutique chirurgicale et de technique opératoire, Parigi 1909; F. Labadie-Lagrave e F. Legueu, Trattato medico-chirurgico di ginecologia (trad. di F. Cappone e C. Nicolai), Torino 1910; J. Halban e L. Seitz, Biologie und Pathologie des Weibes, Berlino-Vienna 1923-29; H. A. Kelly, Gynecology, New York e Londra 1928; J.-L. Faure e A. Siredey, Traité de gynécologie médico-chirurgicale, Parigi 1928; P. Petit-Dutallis, Troubles fonctionnels et dystrophies à l'état cronique en gynécologie, ivi 1928; H. Vignes, Physiologie gynécologique et médecine des femmes, ivi 1929; L. Mangiagalli, Trattato di ginecologia, Milano 1930.

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