Ovile

Enciclopedia Dantesca (1970)

ovile

Luigi Blasucci

Parola adoperata tre volte nel Paradiso, sempre in senso traslato, sulla traccia di tante metafore scritturali legate a immagini della vita pastorale.

In Pd XI 129 le pecore che tornano a l'ovil di latte vòte sono i frati domenicani che, allontanatisi dalla regola del loro fondatore, attratti da onori e beni mondani, si ritrovano privi della dottrina e della virtù necessarie per l'adempimento della loro missione: dove quel ritorno all'o. si configura insieme come un traslato fisico (" scilicet ad monasterium ", Benvenuto) e spirituale (ai doveri monacali).

L'immagine è comunque parte di una metafora prolungata (vv. 124-131 pecuglio, nova vivanda, diversi salti, pastor, ecc.) che a sua volta riprende e svolge quella di Pd X 94-96, ossia l'autopresentazione di s. Tommaso come di uno de li agni de la santa greggia / che Domenico mena per cammino / u' ben s'impingua se non si vaneggia. Quanto alle numerose fonti scritturali di tali immagini, cfr. tra le altre Ierem. Proph. 50, 6 " Grex perditus factus est populus meus, pastores eorum seduxerunt eos feceruntque vagari in montibus; de monte in collem transierunt, obliti sunt cubilis sui "; Matt. 9, 36 " iacentes sicut oves non habentes pastorem "; Ioann. 21, 15-17 " Pasce agnos meos... Pasce oves meas "; ecc.

In Pd XVI 25 l'ovil di San Giovanni, e XXV 5 [il] bello ovile ov'io dormi' agnello sono perifrasi che designano la città di Firenze, il cui patrono era s. Giovanni Battista, al quale s'intitolava il battistero.

In entrambi i casi la metafora ha una chiara connotazione affettiva: " Il bello ovile designa la città raccolta intorno al battistero di S. Giovanni, come al luogo che ne consacra i cittadini alla fede e come al simbolo di quell'ideale vita tranquilla che è vagheggiata sulla fine del canto XV " (Momigliano). Ma mentre nel primo caso la metafora si conclude in sé stessa, nel secondo essa si prosegue nel verso successivo, nimico ai lupi che li danno guerra, in un'opposizione anch'essa di origine scritturale (cfr. Ecli. 13, 21; Ierem. Proph. 11, 19; Matt. 10, 16; ecc.), ma viva nel linguaggio medievale, sia religioso che politico, e che ha riscontri anche in altri luoghi danteschi (cfr. Pd IV 4-5, IX 131-132, XXVI 55-56). Nelle opere latine la metafora dell'o. ricorre in Ep V 5 e XI 2 (qui nel senso di " regge ", con esplicito richiamo alla fonte evangelica: Ioann. 21, 15-17).