PANAMÁ

Enciclopedia Italiana (1935)

PANAMÁ (A. T., 153-154)

Riccardo RICCARDI
Nardo NALDONI

Città dell'America Centrale capitale della repubblica omonima. È situata sul Pacifico, a NE. dell'imbocco meridionale del grande canale interoceanico, nella parte più interna del golfo che da essa prende il nome, sopra una piccola penisola, a 8°58″ di lat. N. e a 79°33′ di long. O. Ha clima caldo e umido: la temperatura media annua è di 25°,8; quella del mese più caldo, aprile, di 26°,7, e quella del mese più fresco, luglio, di 25°,9; le piogge ammontano a 1742 mm. e sono in forte prevalenza da maggio a novembre, con due massimi (giugno, 209 millimetri; ottobre, 257); il mese meno piovoso è il marzo (15 mm.). Un tempo Panamá aveva pessima fama per le sue condizioni sanitarie: ancora nel 1905 la mortalità era del 65,8‰, ma dopo i grandi lavori di risanamento compiuti dai Nordamericani prima e durante la costruzione del canale, le condizioni igieniche della città sono migliorate rapidamente, ed ora la mortalità rientra nel normale.

Panamá ha vie ampie e ben pavimentate, con ville e palazzi moderni; ottimi i servizî pubblici. Notevoli, tra i suoi edifici, la cattedrale, il palazzo vescovile, il palazzo del governo e il teatro nazionale. La popolazione, che era di soli 15.000 ab. nel 1890, era salita a 22.000 nel 1902, a 40.000 nel 1909, a 60.000 nel 1920, a 82.827 nel 1930. Essa ha una forte percentuale di stranieri di ogni paese: particolarmente numerosi sono i Cinesi, gl'Indù e gli Ebrei.

Il traffico marittimo internazionale fa capo a Balboa, sobborgo di Panamá nella Canal Zone; scarsissimo è il movimento nel vecchio porto di Panamá. La città è collegata con Colón da ferrovia, e con David da una grande carrozzabile che verrà proseguita fino alla frontiera della Costa Rica. Vi fanno scalo, inoltre, varie linee di navigazione aerea dirette dagli Stati Uniti ai paesi dell'America Meridionale e viceversa; una linea aerea giornaliera funziona poi tra Panamá e Colón.

L'industria più notevole è quella dei tabacchi. Panamá è il maggior centro culturale della repubblica e possiede una università (Instituto Nacional: oltre 600 studenti nel 1930), numerose scuole primarie e secondarie, un conservatorio musicale, una scuola di pittura ecc. Grandiosi e bene attrezzati gli ospedali.

Storia. - La località fu scoperta nel 1515 da Diego de Albites e da Tello de Guzmán; la città venne fondata dallo spagnolo Pedro Arias Dávila nel 1519, nelle immediate vicinanze di un casale di pescatori locali. In breve volger di tempo, questo agglomerato di case divenne sempre più importante, essendo strettamente unito al sistema di sfruttamento economico delle colonie spagnole d'America, sistema che fece di questa città (elevata a tale dignità nel 1521 da Carlo V) il luogo di concentramento di tutte le carovane che dall'America Meridionale, trasportando merci e tesori, dovevano convergere su Nombre de Dios e su Porto Bello, nel golfo delle Antille, per essere, in tali località, imbarcate sui galeoni spagnoli. Nel gennaio del 1671 il fȧmoso pirata Morgan, attaccò Panamá che divenne, in breve, sua preda.

Ricostruita, qualche anno dopo, dagli Spagnoli, in località lontana dalla precedente, Panama, nella quale nel 1751 era stata fondata una università, continuò la sua vita, fungendo da emporio commerciale dell'Oceano Pacifico. Perduto il monopolio commerciale e rovinata da numerosi incendî dal 1737 al 1845, in tale anno Panamá contava soltanto cinquemila abitanti. Il graduale miglioramento successivo fu accelerato dall'apertura del canale di Panamá del quale, con Colón, essa costituisce uno dei punti terminali.

Il congresso di Panamá.

Questo congresso fu la conseguenza della rivoluzione e della proclamazione d'indipendenza delle colonie spagnole d'America. La sua attuazione, ventilata già nel 1823, poté aver luogo soltanto tre anni dopo, e cioè nel 1826. La Santa Alleanza costituitasi in Europa, dopo la caduta di Napoleone, al congresso di Vienna del 1815; la spedizione francese in Spagna, comandata dal duca di Angoulême, autorizzata dal congresso di Verona del 1822 per riportare sul trono iberico Ferdinando VII e l'assolutismo; lo stato di necessità nel quale vivevano le nazioni formatesi in seguito alla rivoluzione americana, fecero sì che si sentisse il bisogno di unire tutte le forze di questi stati in una confederazione per opporsi ad ogni possibile ed eventuale attacco di qualche stato europeo. Favorevolmente accolto da diverse nazioni americane, il congresso si riunì il 22 giugno del 1826 a Panamá con lo scopo di costituire, oltre al "fronte unico" americano, anche una Confederazione di Stati dell'America centro-meridionale. Ad esso parteciparono con delegati Inghilterra, Olanda, Perù, Colombia, Messico, Guatemala, mentre il Brasile e il Cile si limitarono ad inviare messaggi augurali e gli Stati Uniti, che avevano assicurato la loro presenza, pur avendo inviato due rappresentanti, non presero parte alle discussioni, perché, il primo di essi morì durante il viaggio e il secondo arrivò a Panamá allorquando il congresso aveva avuto termine. L'astensione degli Stati Uniti, dovuta ad una interpretazione della dottrina di Monroe con la quale i Nordamericani decisero di salvaguardare la loro libertà d'azione; la presenza di soli quattro stati, fra i tanti invitati a parteciparvi; la disgregazione che le forze antitetiche nell'impero del Messico andavano svolgendo, fecero sì che questo congresso, iniziatosi, nella mente di alcuni pochi uomini politici americani, con un piano di lavori assai vasto, terminasse nel nulla, si concludesse cioè con un aumento anziché con una confederazione degli stati sudamericani. Infatti, al momento della fine di questo infelice congresso, le nazioni dell'America centromeridionale erano aumentate, quasi per germinazione, dando luogo all'indipendenza dell'Uruguay, della Bolivia, del Venezuela, della Nuova Granata, dell'Ecuador, e a quella formazione ibrida che venne chiamata "Estados Unidos de la America Central". Il programma di massima essendo fallito, le quattro nazioni effettivamente partecipanti al Congresso (Perù, Colombia, Messico, Guatemala) conclusero un trattato di amicizia eterno, al quale gli altri stati avrebbero potuto aderire a loro volta.

Fu invece rimandata la conclusione delle altre questioni, massima quella della confederazione degli stati, che poi cadde nel nulla.

Bibl.: Ch. Calvo, Droit international théorique et pratique, 3ª ed., Parigi 1880; A. Alvarez, Le droit international américain, Parigi 1910; N. Naldoni, La dottrina di Monroe ed il trattato di Versailles, Roma 1922.

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