DE MAIO, Paolo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 38 (1990)

DE MAIO, Paolo

Mario Alberto Pavone

Figlio di Giovanni Pietro e di Ovidia Izzo, nacque a Marcianise (Caserta) il 15 genn. 1703.

Il De Dominici (1745), inserendolo tra i discepoli di Francesco Solimena, lo ricordava come "un de' scolari che con assiduità hanno assistito alla scuola, e benché non sia giunto al valore de' più eccellenti, ad ogni modo si porta bene, e non gli mancano continuamente delle faccende, vedendosi molte opere esposte al pubblico". La sua formazione all'interno dell'accademia solimenesca e la convinta adesione ai termini puristici del classicismo arcadico sperimentato dal maestro, sul finire del XVII secolo determinarono un avvio verso equilibrate soluzioni disegnative, cui corrispondeva un misurato uso del chiaroscuro di matrice pretiana. Tra le sue prime opere andranno collocate la Gloria di s. FilippoNeri dellaparrocchiale di Sant'Antimo, densa di recuperi seicenteschi, e lo Sposaliziodella Vergine, con i due ovati laterali, per S. Nicola alla Carità a Napoli, dove la ripresa dei termini pretiani appare filtrata attraverso l'acquisita consapevolezza del. metro classicistico come scelta di "valore".

Nel 1733 per S. Barbara a Caivano il D. realizzò il Martiriodella santa, manifestando una sottile inclinazione verso un tipo di idealizzazione formale di matrice dichiaratamente reniana. Nel 1734 vennero portate a termine sia la Ss. Trinità e santi per il Carmine Maggiore, sia le due soprapporte del duomo e dell'Annunziata di Marcianise, dove è manifesto l'impegno verso un impianto scenografico monumentale che richiese la collaborazione di un quadraturista aderente alle scelte solimenesche improntate al "far più vasto". Agli stessi anni appartengono il S. Pietro che battezza eil S. Paolo che predica dellachiesa napoletana della Madonna dei Monti, mentre è datato 1735 il S. Gregorio che invoca la fine della peste a Roma per la chiesa di S. Gregorio Magno a Crispano, in cui l'interesse verso le vibrazioni luministiche, spinte fino al cangiantismo, si unisce a una cura nella definizione dei corpi che rimanda all'attenzione prestata, sempre in ambito accademico, all'imitazione delle statue classiche.

Nella decorazione dell'Annunziata di Marcianise, con la serie di profeti e sante vergini, di dottori della Chiesa ed evangelisti, il D. ebbe modo di divulgare coerentemente il metro classicistico solimenesco, evidenziando una linea di tendenza che, mentre si agganciava direttamente all'esito dell'Assunta sulla volta della stessa chiesa, non si mostrava incline ad assecondare i ripensamenti del Solimena maturati in chiave di ripresa tardobarocca tra il '35 ed il '40. Solo nel 1739, con la Madonna del Rosario in S. Domenico a Bitonto, gli interessi del D. si rivolgevano ad assecondare le proposte di F. De Mura, le cui ricercate formule disegnative, inserite in una luminosa dimensione atmosferica, tendevano a neutralizzare la violenza degli sbattimenti chiaroscurali solimeneschi al fine di avviare le espressioni figurative verso la confluenza con gli esiti letterari improntati alla riscoperta di momenti idillico-pastorali. La Sacra Famiglia per la chiesa dei padri della missione ai Vergini conferma pienamente tale orientamento, che coincide con la svolta demuriana delle Storie di s. Benedetto, affrescate intorno al '40 sulla volta dei Ss. Severino e Sossio.

Dopo la Pietà (1741) per il duomo di Foggia (cui fecero seguito numerose repliche, da quella della Ss.Carità a Capua, 1759, a quelle di S. Francesco ad Aversa, di S. Teresa a Chiaia, 1760, e di Pandola, 1769), nel 1742 il Miracolo di s. Vincenzo Ferreri per la chiesa napoletana di Gesù e Maria offre la misura di un tentativo di integrazione della componente arcadico-demuriana con le finalità didattico-catechistiche imposte al discorso religioso dalla lezione di s. Alfonso de' Liguori, sicché non meraviglia che già il De Dominici osservasse: "...ma questo quadro che per esser grandioso dovea riuscir migliore degli altri sì per lo sito, che pel soggetto, egli vien riputato assai debole da' nostri Professori".

Il Sacrificiodella messa e la Processione sul Gargano del 1743 per il duomo di Marcianise rappresentano un ulteriore approfondimento, soprattutto tematico, di tale ricercata connessione pittorico-religiosa, che divenne programmatica nel momento in cui il pittore preparò una raffigurazione della Vergine da destinare a lato del frontespizio del volume pubblicato dal de' Liguori nel 1750 col titolo Le glorie di Maria.

Tra il 1748 ed il '51 il D. realizzò i distrutti dipinti per Montecassino, di cui è notizia nel Della Marra (1775), mentre dal '52 fu attivo in S. Chiara, dove intervenne anche nel '54 e nel '56, nel periodo in cui eseguì anche le tele per l'Annunziata e per l'Immacolata di Capua. Nel 1760, aderendo alle suggestioni verso le formulazioni neoclassiche di impronta romana (rispetto alle quali prese sollecita, quanto diversificata posizione, l'ambiente napoletano), realizzò, nell'approfondimento della lezione di S. Conca, le tele per l'eremo camaldolese di Visciano, seguite nel '62 dalla Madonna con Bambino e santi di Mugnano del Cardinale e dal Beato Giovanni Marinoni teatino di S. Paolo Maggiore a Napoli.

La sua vasta produzione, che gli consentì una diramata diffusione delle sue opere, e quindi del messaggio pittorico loro connesso, nei più diversi centri periferici del Regno, rivelò un crescente orientamento in una direzione sempre più normativa e didattica, sì da confluire nelle scelte preferenziali di C. Vanvitelli, espresse tra il 1771 e il '72, e da essere inserito tra i docenti della rinnovata accademia borbonica del disegno.

La Circoncisione di Gesù (1772) di S. Domenico a Barra e il Beato Nicolò da Forca Palena di S. Maria delle Grazie a Caponapoli consentono di osservare come il linguaggio del pittore si fosse venuto spingendo in una direzione di sempre più manifesto ossequio ai canoni religiosi, al punto da apparire neocontroriformistico, anche sulla scorta di una ripresa di modelli tra Santafede e Azzolino.

Anche la serie di Evangelisti per la Trinità dei Pellegrini e quella per la parrocchiale di Casamarciano (1782) lasciano trasparire innegabili connessioni ideologico-religiose, sulle quali alcune testimonianze epistolari hanno fatto luce, consentendo di riscoprire non solo una personale consuetudine di pratiche devote, ma anche una partecipazione attiva ai fatti religiosi, attraverso la composizione di una Canzoncina di preghiera alla Vergine santissima (pubbl. in Pavone [1976], pp. 87 s.), di stampo dichiaratamente alfonsiano. L'amicizia che lo legava al fondatore dell'Ordine dei redentoristi resta testimoniata principalmente da una lettera del 1765, anno in cui realizzò appunto, dietro sollecitazione dei De' Liguori, il quadro di Frasso Telesino (chiesa della Vergine del Campanile, Madonna in gloria e santi). A tale corrente devozionale si lega inoltre l'ideazione della Madonna della Purità, divenuta "delle Tre Corone", nel santuario omonimo di Sarno (1776), e inserita nell'Autoritratto, conservato presso il Museo dell'istituto universitario "Suor Orsola Benincasa" di Napoli, da cui A. Zaballi ricavò l'incisione, oggi presso il Museo di S. Martino.

Morì a Napoli il 20apr. 1784.

Fonti e Bibl.: B. De Dominici, Vite de' pittori, scultori..., III, Napoli 1745, pp. 709 ss.; F. Della Marra, Descr. istorica del monastero..., Montecassino 1775, pp. 164-99; P. Napoli Signorelli, Vicende della cultura nelle due Sicilie [1786], Napoli 1811, VI, pp. 305 s.; C. T. Dalbono, Storia della pittura in Napoli ed in Sicilia, Napoli 1859, pp. 70 ss.; A. Caravita, I codici e le arti a Montecassino, Montecassino 1872, III, pp. 472-78; B. Spila, Un monumento di Sancia in Napoli, Napoli 1901, pp. 104-08; N. De Paulis, Cenni stor. della città di Marcianise..., Caserta 1937, pp. 81-84, 123 ss.; C. Lorenzetti, L'Accademia di belle arti di Napoli, Firenze 1952, p. 42; F. Bologna, Francesco Solimena, Napoli 1958, p. 145; R. Mormone, Il rifacimento settecentesco di S. Chiara, in Studi in on. di R. Filangieri, Napoli 1959, p. 101; N. Spinosa, Luigi Vanvitelli e i pittori attivi a Napoli nella seconda metà del Settecento, in Storia dell'arte, 1972, n. 14, pp. 203 s.; M. A. Pavone, La componente arcadico-demuriana nella pittura di P. D. tra il 1734 ed il 1756, in Boll. di storia dell'arte del Centro studi per i nuclei antichi e documenti artistici della Campania (Salerno), 1974, nn. 3-4, pp. 1031; L'Arciconfraternita della Ss. Trinità dei Pellegrini in Napoli, Napoli 1976, pp.131, 134; M. A. Pavone, P. D. e la pittura napol. della seconda metà del Settecento, in Napoli nobilissima, s. 3, XV (1976), pp. 5-23, 87 s.; Id., P. D. ..., Napoli 1977; Id., Arte in Basilicata, a cura di A. Grelle, Roma 1981, p. 128; Id., Aggiunte al P. D., in Misc. in mem. di M. Rotili, Napoli 1984, pp. 491-502; Id., Il momento figurativo nel messaggio alfonsiano, in S. Alfonso M. de Liguori e la cultura meridionale, Cosenza 1985, pp. 84-90; N. Spinosa, Pittura napol. del Settecento dal Barocco al Rococò, Napoli 1986, pp. 30, 125, Id., ... dal Rococò al classicismo ibid. 1987, ad ind.;U.Thienie-F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, sub voce Maio, Paolo de.

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