PAOLO SILENZIARIO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1963)

PAOLO SILENZIARIO (Παῦλος Σιλεντιάριος)

A. Pertusi

Amico dello storico Agathia (Hist., v, 9, p. 296 Bonn), fu, come lo indica l'appellativo, "usciere" alla corte dell'imperatore. Figlio di Ciro (non il poeta epigrammatico dell'Anth. Pal. che porta lo stesso nome), nacque verso la fine del sec. V e morì intorno al 575. Compose diversi epigrammi, raccolti nell'Anth. Pal., nei quali è pure un fugace ricordo della sua famiglia (v, 286; vii, 614; ix, 770), rivelandosi un poeta vario e raffinato.

Hanno particolare interesse per la storia dell'arte due opere descrittive: l'῎Εκϕρασις τοῦ ναοῦ τῆς ἁγίας Σοϕίας in 887 esametri, preceduti da due dediche (a Giustiniano e al patriarca Eutimio) in trimetri giambici e distinti in due parti da un breve brano giambico, e l'῎Εκϕρασις τοῦ ἄμβωνος di S. Sofia, in 275 esametri con un proemio di 29 trimetri giambici (i 190 emiambi dell'Εἰς τὰ ἐν Πυϑίοις ϑερμά, di attribuzione incerta, non contengono una descrizione delle terme famose erette in Bitinia da Giustiniano [cfr. Procop., De aed., v, 3, p. 156, 10 ss. Haury], ma una dissertazione, paradossografica sull'origine delle acque termali). Le Descrizioni di S. Sofia e dell'ambone furono scritte, a quanto si desume dal contenuto, dopo il restauro del tempio compiuto a cinque anni di distanza dal famoso terremoto del 7 maggio 558, che aveva distrutto la cupola, l'abside orientale, il tabernacolo e l'ambone. Fu durante la riconsacrazione del tempio, avvenuta il 24 dicembre 563, che P. S. lesse dinnanzi all'imperatore, al patriarca ed ai dignitarî della corte i due poemetti in tre sedute.

Il primo poemetto, condotto secondo le regole della ἔκϕρασις, tanto cara agli Alessandrini e rinnovata dai Bizantini, dopo una esaltazione dell'opera di Giustiniano ed un proemio in cui ricorda il terremoto, la ricostruzione e la processione solenne nel giorno della riconsacrazione, descrive prima l'interno architettonicamente, poi l'esterno frontale (quadriportico, nartece interno ed esterno, porte d'ingresso), il massiccio cubico centrale e il tamburo su cui posa la cupola, il digradare delle semicupole laterali e di tutto il sistema architettonico che controbilancia la spinta della cupola centrale; ritorna poi di nuovo all'interno per descrivere il matroneo e all'esterno per descrivere il quadriportico ed il nartece, la fontana al centro del quadriportico, la policromia dei marmi, i mosaici ornamentali, le lastre istoriate e le colonne d'argento dell'iconostasi, l'altare, i veli ricamati di argento, l'illuminazione interna ed esterna. Termina infine con un panegirico dell'imperatore. Questa descrizione e quella dell'ambone, costituiscono due preziosi documenti, assieme a quelle di Procopio di Cesarea (De aed., i, 1, p. 9 ss. Haury), di Procopio di Gaza (Migne, Patr. Gr., 87, 3, p. 2837 ss.) e dello pseudo-Codino (Script. orig. Constantinop., i, p. 74 ss. Preger), per la storia del massimo tempio di Costantinopoli, che, come è noto, diventato da non molto tempo Museo Nazionale, ha cambiato non poco la sua struttura e la sua decorazione originarie. Così, ad esempio, l'esterno dell'edificio ha ricevuto due enormi contrafforti a S-E in epoca turca ed ha perduto a N-O il quadriportico e il nartece interiore; l'interno, già coperto di mosaici parietali raffiguranti scene tratte dalla vita e dai miracoli di Gesù, distrutti già dagli iconoclasti, non ha mantenuto che pochissimi mosaici originali di carattere ornamentale (croci, rosoni, ghirlande, ecc.), come recenti ricerche hanno dimostrato. L'ambone descritto da P., ricostruito pure nel 563, semidistrutto nel sec. X quando cadde l'abside occidentale, rifatto da Michele Paleologo nel 1261 e di nuovo nel 1344, fu distrutto completamente in epoca turca, perché disturbava l'orientazione verso la Mecca. Una ricostruzione di esso sul fondamento di P., fu data dal Salzenberg, ritoccata dall'Antoniad s e poi riprodotta da ultimo dal Friedländer (p. 197, fig. 9, 10). Sarà interessante notare infine come già P. S. avverta il sorgere al suo tempo di una nuova arte, frutto dell'unione del fasto barbarico e latino, cioè dell'armonica fusione di elementi orientali e romani.

Bibl.: Ediz. du Cange, Parigi 1670; P. Friedländer, Joannes von Gaza und Paulus Silentiarius, Lipsia 1912 (con comm.); K. Krumbacher, Gesch. der Byz. Litt., Monaco2 1897, p. 726; W. Christ-W. Schmid-O. Stählin, Gesch. der griech. Litt., Monaco 1924, II, 2, p. 977; A. Veniero, Paolo Silenziario, Catania 1916 (trad. ital., comm. bibl.); B. L. Gildersleeve, Paulus Silentiarius, in Amer. Journ. of Phil., 1917, pp. 42-72; S. G. Xydis, The Chancel Barrier, solea and ambo of Hagia Sophia, in The Art Bulletin, 1947, p. 1-24; R. Cantarella, Poeti bizantini, Milano 1948, I, p. 63; II, p. 94; 101-104. Per la parte artistica, i ritrovamenti archeologici, le reliquie: W. R. Lethaby-H. Swainson, The Church of Sancta Sophia. A Study of Byzantine Building, Londra 1894; E. M. Antoniadis, ῎Εκϕρασις τῆς ἁγίας Σοϕίας, voll. 3, Lipsia 1907-1909; A. Hamilton, Byzantine Architecture and Decoration, Londra 1933; J. Ebersolt, Monuments d'architecture byzantine, Parigi 1934; W. R. Zaloziecky, Die Sophienkirche in Konstantinopel, Città del Vaticano 1936; Th. Whittemore, The Mosaics of Hagia Sophia, Oxford, I (Narthex), 1933; II (Southern Vestibule), 1936; III (The Imperial Portraits, 1945; id., On the Dating of Some Mosaics in Hagia Sophia, in Bull. Metr. Mus., 5, 1946, pp. 34-45; E. A. Swift, Hagia Sophia, New York 1940; F. Doelger-A. M. Schneider, Byzanz, Berna 1952, p. 274 (bibl.); R. Kitzinger, Byzantine Art in the Period between Justinian and Iconoclasm, in Berichte zum XI. Internationalen Byzantinisten-Kongress, Monaco 1958, IV, i.