CLEMENTE VI, papa

Enciclopedia Italiana (1931)

CLEMENTE VI, papa

Giorgio FALCO

Pietro Roger nacque a Maumont (Corrèze) nel 1291 da Pietro, signore di Rosières e mori in Avignone il 6 dicembre 1352. Fu monaco benedettino, abate di Fécamp (1326), vescovo d'Arras (1328), arcivescovo di Sens (1329) e di Rouen (1330), cardinale-prete del titolo dei santi Nereo ed Achilleo (18 dicembre 1338), consigliere e guardasigilli di Filippo VI, re di Francia. Devotissimo al re, apprezzato per la sua cultura, benvoluto per la prodigalità, fu eletto papa ad Avignone, il 7 maggio 1342, e prese il nome di Clemente VI.

A differenza del suo predecessore Benedetto XII, sotto la spinta di Filippo VI, condusse vigorosamente a termine la lotta contro Ludovico il Bavaro. Trascorsi alcuni mesi d'inutili negoziati, il 12 aprile 1343 con la Prolixa retro C. gli ingiungeva di deporre la dignità imperiale nel termine di tre mesi. Ad una solenne ambasciata dell'imperatore con le più umili profferte, dopo un momento di esitazione, rispose con richieste così esorbitanti che la dieta di Francoforte (8 settembre 1344) si rifiutò di accettarle, e i principi, riuniti pochi giorni dopo a Rense, si pronunciarono per una nuova elezione imperiale in favore di Carlo di Moravia, figlio del re Giovanni di Boemia. Dietro le insistenze di C., che il 13 aprile 1346 dichiarava Ludovico decaduto e privato dell'impero e il 28 sollecitava i principi per una nuova elezione, questi, a Rense, l'11 luglio levavano al trono Carlo che veniva coronato a Bonn il 26 novembre. L'apparente e momentaneo trionfo della Chiesa fu confermato dalla morte di Ludovico (11 ottobre 1347) e del conte Guntero di Schwarzenburg (14 giugno 1349), che i suoi partigiani gli avevano scelto come successore. L'invito rivolto a C. da un'ambasceria, di cui faceva parte Cola di Rienzo, di ristabilire la sede papale a Roma, (1343), rimase inascoltato; egli approvò, dopo qualche esitazione, la nuova costituzione votata dal comune romano in seguito alla rivoluzione di Cola del 20 maggio 1347; alla notizia degli eccessi del tribuno, lo scomunicò e diede opera alla sua caduta (15 dicembre 1347); infine approvò la non felice elezione (26 dicembre 1351) del popolano Giovanni Cerroni a senatore e capitano. A favore della città, travagliata e immiserita, promulgò il giubileo pel 1350 e stabilì che d'ora in avanti sarebbe stato celebrato ogni cinquanta, anziché ogni cento anni (27 gennaio 1343). Nel governo dello stato ritornò, con mezzi inadeguati, e quindi con scarsa fortuna, all'energica politica di Giovanni XXII. La campagna condotta nelle Romagne da un esercito papale, sotto il comando di Astorgio di Durfort (1350-1351), si chiuse con l'acquisto di Bologna da parte di Giovanni Visconti (16 ottobre 1350) e la perdita dell'alleanza fiorentina; donde, di rimando, un avvicinamento del papa ai Visconti, e il conferimento del vicariato di Bologna a Giovanni per dodici anni (28 luglio 1352). Verso Giovanna di Napoli, sospettata di complicità nell'uccisione del marito Andrea d'Ungheria (18 settembre 1345) e nota per la sua vita corrotta, C., sotto la minaccia dell'occupazione del regno da parte del re d'Ungheria, mostrò una grande condiscendenza, assolvendola in due processi dall'accusa (1348-1352) e concedendo la dispensa per il suo matrimonio con Luigi di Taranto (1347). Dalla regina acquistò Avignone per 80.000 fiorini d'oro. Nel corso della guerra dei Cento anni si adoprò a pacificare Inglesi e Francesi con sospetto di parzialità verso questi ultimi.

Fu politico energico ed accorto, principe generoso, uomo di non comune cultura, nobile d'animo, come dimostrano la protezione degli Ebrei e l'opera svolta durante la peste del 1348. Fu nepotista; sperperò con spensierata prodigalità il tesoro lasciato da Benedetto XII; provvide alle ingenti spese di corte inasprendo la fiscalità, con grave danno dell'autorità pontificia, specie in Inghilterra, dove la provvista dei benefici ecclesiastici provocò un violento conflitto fra il re Edoardo III e la Santa Sede.

Bibl.: G. Mollat, Les papes d'Avignon, 3ª ed., Parigi 1921: Dict. de théol. cath., III, col. 69 segg.; Realencykl. für prot. Theologie und Kirche, s. v.

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