LUCIO II, papa

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 66 (2006)

LUCIO II, papa

Giuliano Milani

Gerardo nacque con ogni probabilità a Bologna intorno alla fine dell'XI secolo. Alcune fonti, tra cui Bosone (Liber pontificalis), lo definiscono, oltre che bolognese, "figlio di Orso"; autori più tardi, come Martino Polono (Martinus Oppaviensis), lo dicono figlio di Alberto.

Sulla base di queste scarne attestazioni ha avuto origine la fortunata tradizione secondo cui Gerardo sarebbe nato nella famiglia degli Orsi-Caccianemici. Tuttavia, data la diffusione di questi antroponimi nella società bolognese del periodo, tali evidenze non sono sufficienti per collocarlo nella famiglia "de Urso", attestata a Bologna in quell'epoca (Wandruszka, 1995). Ancora meno giustificate appaiono inoltre la tradizionale attribuzione a Gerardo del cognome "Caccianemici" - che caratterizza effettivamente un ramo dei "de Urso", ma solo a partire dall'inizio del XIII secolo - e dunque l'ipotesi, anch'essa tradizionalmente accettata, di una discendenza di Gerardo da un'eventuale linea femminile della stessa famiglia. Si tratta con ogni probabilità di errori dovuti a interpolazioni successive, forse attribuibili all'erudito Ludovico Savioli che alla fine del XVIII secolo incluse L. II tra i suoi antenati, manipolando e in alcuni casi falsificando la documentazione medievale (Sighinolfi).

Allo stato attuale delle ricerche, l'assenza di documentazione bolognese relativa a Gerardo non consente nemmeno di verificare se egli fu effettivamente canonico regolare di S. Maria di Reno presso Bologna, come nel 1601 sostenne Segni. La notizia dell'appartenenza di L. II ai canonici regolari di S. Maria di Reno, fornita da un necrologio della stessa chiesa - che assegna peraltro a L. II una data di morte errata (25 agosto) - è frutto di un'interpolazione molto probabilmente quattrocentesca, come ha fatto notare Trombelli, editore del necrologio; secondo il giudizio di Fried (che ne verificò l'inattendibilità in merito ad altre notizie), l'intero necrologio è comunque poco affidabile. Una base documentaria più solida sembra avere l'ipotesi di una sua appartenenza alla canonica di S. Frediano di Lucca. In un diploma di Lotario II diretto a questa chiesa, inviato nel 1126, Gerardo, all'epoca legato papale in Germania, sottoscrisse infatti come "eiusdem [S. Frediani] ecclesie canonicus".

La prima notizia certa è che nel 1123 Callisto II lo creò cardinale prete di S. Croce in Gerusalemme. La chiesa già dall'epoca di Alessandro II era stata dotata di una congregazione di canonici regolari. Come attestano Bosone e Giovanni diacono romano - secondo il quale prima della nomina Gerardo avrebbe vissuto come canonico lateranense - egli fece restaurare completamente S. Croce, affidandola a chierici sottoposti alla regola di S. Agostino, e la dotò di un chiostro e di nuovi possessi.

La contiguità di Gerardo con gli ambienti dei canonici regolari ha spinto Schmale a conferire alla sua ordinazione un particolare valore nel contesto delle nomine cardinalizie effettuate da Callisto II: a suo giudizio, nei due precedenti pontificati, quelli di Urbano II e di Pasquale II, erano entrati nel Collegio soprattutto ecclesiastici romani e provenienti dall'Italia meridionale; questi territori, a causa dell'influenza normanna, erano ritenuti i più affidabili per il reclutamento di una Curia che proprio allora andava assumendo importanza nell'esercizio del potere pontificio. Le nomine di Callisto II, al contrario, avrebbero riguardato soprattutto individui provenienti dall'Italia settentrionale e dalla Francia, appartenenti a generazioni più giovani, più aperti a nuove correnti teologiche e legati a circoli riformatori di canonici regolari. Da questo punto di vista, Gerardo sarebbe stato un personaggio tipico di quell'ambiente dei cardinali "innovatori" che nello scisma del 1130 avrebbe costituito il fulcro del partito favorevole a Innocenzo II contro Anacleto II. Riesaminando tali conclusioni, Maleczek ha criticato il valore centrale dato da Schmale al legame esistente tra il pontefice Innocenzo II, i cardinali cosiddetti "innovatori" e i canonici regolari, e ha individuato infine l'elemento unificatore del partito innocenziano nella figura del cancelliere Aimerico di Borgogna, cardinale diacono di S. Maria Nova. L'importanza di Gerardo di S. Croce non risulta peraltro diminuita da questa nuova interpretazione, dal momento che egli fu strettamente legato al cancelliere e condusse alcune delle trattative più delicate per conto del partito che sosteneva Innocenzo II. Tra i primi compiti che Gerardo esercitò per conto di Innocenzo II durante lo scisma fu l'ambasceria presso l'arcivescovo di Ravenna per assicurarne l'obbedienza. Nel 1130 Gerardo, inoltre, risulta presente all'elezione del vescovo di Bologna a San Giovanni in Persiceto. Sempre secondo Maleczek, tali incarichi vanno letti nel contesto di una campagna per rafforzare l'obbedienza a Innocenzo II piuttosto che per la diffusione di un programma riformatore, così come le missioni che Gerardo compì in Germania e in Italia meridionale negli anni Trenta del XII secolo.

In due occasioni Gerardo compare come legato in Germania già sotto Onorio II: nel 1125, quando sostenne l'elezione di Lotario II al trono imperiale, e nel 1126-27, quando portò al nuovo imperatore il riconoscimento papale. Negli anni immediatamente successivi non sono attestati viaggi al di là delle Alpi, probabilmente a causa del suo impegno nella carica di rettore di Benevento, conferitagli nel 1128 da Onorio II dopo l'assassinio del precedente rettore, Guglielmo, avvenuto nello stesso anno. Nonostante la potenziale ostilità dell'ambiente cittadino, a differenza del suo predecessore Gerardo riuscì a ricoprire l'ufficio senza incontrare opposizione.

Dopo lo scisma del 1130, quando si schierò dalla parte di Innocenzo II contro i cardinali anacletiani, Gerardo si volse nuovamente alla Germania. In qualità di legato, nel 1130 cercò di consolidare il sostegno a Innocenzo II da parte dell'episcopato tedesco e dell'imperatore.

La maggior parte dei signori laici ed ecclesiastici di quest'area aveva già espresso il suo parere favorevole: in particolare Corrado, arcivescovo di Salisburgo, e Norberto di Xanten, eletto alla cattedra di Magdeburgo pochi anni prima, anche grazie all'appoggio dello stesso Gerardo. La missione del 1130 servì quindi a convincere i pochi signori ancora indecisi tra i due papi a schierarsi con Innocenzo II nel sinodo di Würzburg (ottobre 1130) e a ottenere dall'imperatore un'analoga posizione.

Nel tardo autunno di quell'anno Gerardo portò le decisioni del sinodo tedesco a Clermont per ritornare poi in Germania. Nel Natale 1130 era presso l'imperatore per organizzare un incontro tra questo e Innocenzo II. Nuovamente attestato in Germania tra l'ottobre 1133 e il luglio 1134, egli avrebbe tentato di convincere Lotario II a intervenire in Italia, poiché Innocenzo II e la sua Curia erano stati costretti ad abbandonare Roma e a ritirarsi in Toscana.

Nel corso delle sue missioni Gerardo aveva incontrato i più importanti rappresentanti dell'episcopato tedesco. I numerosi viaggi compiuti in Germania (oltre a quelli già indicati, ve ne sono tracce anche per il 1131 e per il 1135-36) attestano l'importanza del suo ruolo diplomatico nella Curia innocenziana. Gerhoch di Reichersberg, che lo conobbe personalmente, dedicò anche a lui il suo Libellus de Ordine donorum Sancti Spiritus, nel quale lo definisce uomo degno dell'ufficio sacerdotale in virtù della sua mansuetudine e umiltà, oltre che colonna della Chiesa romana, e ne esalta la "proeminentia discretionis ac sapientiae" (p. 274). Secondo un'ipotesi di Frugoni, nel 1144 si sarebbe svolta a Roma, alla presenza di Gerardo divenuto allora papa, una disputa tra lo stesso Gerhoch di Reichersberg e Arnaldo da Brescia.

Un altro ambito di azione diplomatica nel periodo precedente all'ascesa al soglio pontificio era costituito dall'Italia meridionale che, a differenza della Germania, vedeva i propri signori schierati per lo più a favore dell'antipapa Anacleto II. Nel 1137 Gerardo si recò a Montecassino per sostenere - nell'ambito di una legazione di cui facevano parte anche il cancelliere Aimerico, Guido de Castello (cardinale di S. Marco e futuro papa Celestino II) e Balduino di S. Maria in Trastevere - le ragioni del papa nella disputa sulla legittimità dell'elezione dell'abate Rainaldo e sulle relazioni dell'abbazia con il Papato e l'Impero. Come ha osservato Maleczek, nel corso della disputa, riportata da Pietro diacono di Montecassino, egli dette prova di una fine conoscenza del diritto canonico citando canoni che all'epoca erano scarsamente noti. Tali evidenze, come anche gli argomenti teologici e storici utilizzati da Gerardo in quell'occasione, indicano che aveva ricevuto una formazione superiore. Nello stesso 1137, con Aimerico e con Bernardo di Chiaravalle, fu inviato a Salerno per trattare con il re Ruggero II il superamento dello scisma.

La preparazione accurata e l'esperienza politica accumulata nel corso degli anni gli permisero di subentrare nella carica di cancelliere pontificio e di bibliotecario della Corte papale alla morte di Aimerico, avvenuta nel 1141.

Il 12 marzo 1144, pochi giorni dopo la morte di Celestino II, Gerardo fu eletto al soglio pontificio con il nome di Lucio II; nominò cancelliere l'inglese Robert Pullen e investì della dignità cardinalizia alcuni personaggi legati ad ambienti innovatori, come il certosino francese Giordano, divenuto cardinale prete di S. Susanna.

Tra i privilegi confermati o conferiti da L. II nel breve periodo del suo pontificato a episcopi e monasteri italiani, francesi, tedeschi e della Terrasanta, spiccano quelli in favore degli enti religiosi da lui maggiormente frequentati negli anni precedenti all'elezione sia nell'Italia centrosettentrionale (tra essi, l'episcopio di Ravenna e quello di Bologna, S. Frediano di Lucca, S. Maria di Reno, i canonici regolari lateranensi) sia in Germania. L. II appare inoltre in relazioni epistolari con grandi personaggi del suo tempo come Pietro il Venerabile, abate di Cluny, e Bernardo di Chiaravalle.

Dal punto di vista politico-diplomatico, L. II seguì in parte la via tracciata dai suoi predecessori. Egli sostenne, come Celestino II, le pretese al trono inglese dell'imperatrice Matilde, figlia di Enrico I re d'Inghilterra e moglie dell'imperatore Enrico V, contro Stefano di Blois. Riuscì a far sì che Alfonso di Portogallo confermasse i rapporti di vassallaggio con la S. Sede, già stretti dal sovrano con Innocenzo II. Ma soprattutto si trovò implicato in una difficile disputa con il "popolo" di Roma, che coinvolse indirettamente le sue relazioni con la Corona normanna e l'Impero.

Non appena eletto, L. II dovette scontrarsi con l'ostilità di una parte della cittadinanza di Roma che avrebbe trovato in Giordano Pierleoni, fratello di Anacleto II, il suo punto di riferimento. Già nel 1143 a Roma aveva avuto luogo una sollevazione antipapale la cui conseguenza era stata la creazione di un Comune cittadino, sotto le forme di una "rinascita" del Senato romano. Secondo Bosone, L. II sarebbe riuscito tuttavia a fronteggiare le spinte autonomistiche dei "ribelli", ottenendo addirittura una "abiuratio senatus". Un altro fronte di attacco al pontefice era costituito dai Normanni. Come attesta Romualdo Guarna, il loro re, Ruggero II, si era in realtà rallegrato della scelta del nuovo papa, e aveva invitato i legati papali inviati a Palermo da Celestino II a rientrare a Roma per concordare un suo incontro con il pontefice. Anche L. II era intenzionato a ristabilire la politica di intesa con i Normanni già intrapresa da Innocenzo II. Il 4 giugno 1144 L. II incontrò a Ceprano Ruggero II al quale chiese, senza ottenerla, la restituzione dei territori conquistati ai danni della Chiesa di Roma nel Principato di Capua. L'incontro non ebbe successo anche a causa dell'opposizione di una parte dei cardinali; i figli di Ruggero II avanzarono nel Lazio minacciando Roma con alcune azioni militari (conquista di Terracina, assedio di Veroli). Tra luglio e ottobre del 1144, il timore scatenato da questi attacchi spinse L. II a concludere un patto per i successivi sette anni, secondo cui Ruggero II sarebbe rimasto in possesso delle conquiste ottenute, ma avrebbe riconosciuto altri possessi papali tra cui Benevento e avrebbe appoggiato il pontefice contro i Romani.

L'accordo appare comprensibile soprattutto considerando il bisogno del papa di garantirsi un appoggio militare contro il "partito senatorio" che proprio nel 1144 precisò i suoi obiettivi politici: revoca di tutti i diritti di sovranità del pontefice sulla città, con l'eccezione delle decime e delle donazioni volontarie. Il conflitto riprese e l'attacco mosso da L. II al Campidoglio, forse con l'ausilio di truppe normanne e inviate da signori laziali, non ebbe successo.

Verso la fine dell'anno, come riporta Ottone di Frisinga, L. II scrisse all'imperatore Corrado III, ma prima che questi potesse rispondere, il 15 febbr. 1145 il papa morì a Roma presso la chiesa di S. Gregorio Magno "in clivo Scauri".

Le fonti più antiche menzionano una malattia e fanno cenno al netto isolamento rispetto alla popolazione romana, testimoniato anche da una lettera, citata da Guarna, scritta da L. II a Pietro di Cluny. Goffredo da Viterbo colloca invece la morte di L. II nel quadro di una battaglia con i sostenitori del Senato: sarebbe stato ucciso da una pietra che lo avrebbe colpito mentre stava combattendo in prima fila. Ma la storiografia recente appare scettica rispetto all'episodio. L. II fu sepolto in Laterano; Giovanni diacono romano attesta che il suo sepolcro si trovava nel transetto della chiesa, accanto a quello di Onorio II.

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