PARADISI FISCALI

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

PARADISI FISCALI.

Giuseppe Smargiassi

– Origine e dimensioni del fenomeno. Le strategie internazionali di lotta ai paradisi fiscali. Bibliografia

Origine e dimensioni del fenomeno. – L’espressione paradisi fiscali (nata dall’erronea traduzione, per la confusione tra haven «riparo» e heaven «paradiso», della locuzione inglese tax haven coniata alla fine del Settecento da re Giorgio II di Gran Bretagna per designare le isole Cayman) indica uno Stato (o territorio dotato di autonomia impositiva) caratterizzato da bassa fiscalità e che prevede trattamenti fiscali particolarmente favorevoli rispetto alla generalità degli altri Stati, allo scopo di attirare capitali di provenienza estera. Più in dettaglio, il livello del prelievo limitato o nullo, la scarsa trasparenza delle transazioni effettuate, la particolare riservatezza, sia in termini di segreto bancario, sia in termini di scambio internazionale di informazioni, l’elevato sviluppo del settore dei servizi finanziari, costituiscono forti incentivi al trasferimento di capitali dai Paesi che applicano standard internazionali ai p. f. e alla localizzazione in tali Stati o territori di sedi di società offshore (costituite da gestori di fondi, banche compagnie assicurative, trust ecc.). In origine i p. f. nascono spontaneamente con l’adozione di politiche liberistiche che ne favoriscono il rapido sviluppo economico (p. es. le Isole Cayman e Hong Kong). A partire dagli anni Settanta del 20° sec., con la progressiva liberalizzazione finanziaria e l’avvento della globalizzazione, sempre più giurisdizioni hanno iniziato a praticare politiche fiscali aggressive tese all’erosione del gettito dei Paesi con maggiore pressione fiscale. La crescita dei p. f. ha assunto dimensioni enormi con una diffusione in tutte le aree del mondo, dal Pacifico ai Caraibi, fino ai piccoli e piccolissimi Stati europei. Si stima che la crescita del fenomeno sia stata intorno al 10% l’anno e che il volume dei capitali trasferiti offshore al riparo dalle giurisdizioni delle autorità tributarie dei Paesi di origine oscilli tra i 21.000 e i 32.000 miliardi di dollari di disponibilità liquide e non (yacht, beni di lusso, ville, terreni ecc.; Henry 2012). I p. f. non soltanto creano una concorrenza fiscale dannosa in quanto puntano a ‘depredare’ le basi imponibili mobili residenti in altre giurisdizioni, ma si prestano anche a una strumentalizzazione da parte di gruppi specializzati in attività criminali e del terrorismo internazionale, che sfruttano la possibilità di operarvi in stretta riservatezza al fine di eludere restrizioni e controlli presenti nelle normative di sistemi più rigorosi in materia economico-finanziaria. Per tali ragioni sono stati oggetto di articolate iniziative di livello internazionale finalizzate a contrastarne la diffusione e lo sviluppo.

Le strategie internazionali di lotta ai paradisi fiscali. – Nella seconda metà degli anni Novanta l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), sotto l’impulso dei sette Paesi più industrializzati al mondo (G7), ha lanciato un’iniziativa internazionale volta a contrastare la concorrenza fiscale dannosa, stabilendo cinque parametri per identificare un p. f. (OCSE 1998): imposte fiscali insignificanti o inesistenti; regime fiscale di favore rivolto esclusivamente ai non residenti, con diversità di trattamento nei confronti dei residenti che restano sottoposti alla tassazione ordinaria (regime ring-fenced); assenza di trasparenza o tracciabilità delle operazioni finanziarie; mancanza di scambio di informazioni di carattere fiscale; tendenza ad attrarre società offshore con attività fittizie al solo scopo di occultare i movimenti di capitale. La crisi finanziaria del 2008 ha impresso un rinnovato impulso alle iniziative internazionali, finalizzate a contrastare l’afflusso dei capitali verso i p. f. e, più in generale, verso le giurisdizioni che hanno evidenziato atteggiamenti non collaborativi sul fronte dello scambio di informazioni a fini fiscali. Il G20 del 2 aprile 2009 ha infatti deciso di adottare i criteri dell’OCSE per valutare gli Stati in base alla trasparenza e alla volontà di scambiare informazioni fiscali. Sono state quindi predisposte le liste dei Paesi che rispettano gli standard OCSE in materia di accessibilità e scambio di informazioni (lista bianca), dei Paesi che hanno sottoscritto alcuni degli accordi di rispetto degli standard fiscali internazionali, che si sono impegnati a scambiare informazioni fiscali, ma non hanno ancora applicato nella sostanza il principio della trasparenza (lista grigia) e dei Paesi che non si sono mai impegnati ad applicare gli standard fiscali internazionali (lista nera). La svolta significativa nell’azione di contrasto ai p. f. si è avuta in occasione del Global forum per la trasparenza e lo scambio di informazioni (l’iniziativa lanciata dall’OCSE nel 2000 alla quale partecipano 125 Paesi più l’Unione Europea) tenutosi a Berlino nell’ottobre 2014, quando 51 Paesi hanno sottoscritto un accordo multilaterale per dare attuazione a uno standard unico globale (Common reporting standard,CRS) per lo scambio di informazioni tra gli Stati a partire dal 1° gennaio 2017, Paesi ai quali se ne aggiungono altri 7 che, pur non avendo sottoscritto il novo standard, hanno dichiarato di partecipare all’iniziativa già dal 2017 e ulteriori 34 che invece aderiranno nel 2018. Il nuovo standard si ispira al modello del Foreign account tax compliance act (FATCA) adottato dagli Stati Uniti (i quali però non aderiscono al CRS) e prevede lo scambio automatico di informazioni riguardanti gli investitori titolari di conti presso le istituzioni finanziarie di un Paese con i governi dei Paesi di residenza degli investitori stessi. Il carattere automatico e standardizzato dello scambio di informazioni consente alle amministrazioni finanziarie di ciascun Paese di accedere direttamente e senza vincoli burocratici ai dati finanziari degli altri Paesi, rendendo di fatto impossibile il fenomeno della frode fiscale internazionale in 92 Paesi, tra i quali numerosi p. f. come le isole Cayman, San Marino, Lussemburgo, Liechtenstein, Hong Kong, Singapore e Svizzera (questi ultimi due a partire dal 2018).

Bibliografia: OCSE, Harmful tax competition. An emerging global issue, Paris 1998; OCSE, Standard for automatic exchange of financial account information in tax matters, Paris 2014. Si veda inoltre: J.S. Henry, The price of offshore revisited. New estimates for missing global private wealth, income, inequality and lost taxes, Tax justice network, 2012, http://www.taxjustice.net/cms/upload/ pdf/Price_of_Offshore_Revisited_120722.pdf (3 ag. 2015).

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