PARADOSSOGRAFIA

Enciclopedia Italiana (1935)

PARADOSSOGRAFIA

Guido Calogero

. Sono designati col nome di "paradossografi" gli scrittori antichi di παράδοξα, cioè di mirabilia, giusta il senso più generale di questo vocabolo greco (v. paradosso), e quindi non in quello più specificamente filosofico in cui lo usarono gli stoici quando designarono con esso le tesi etiche che alla coscienza comune si presentavano, al primo aspetto, come urtanti o assurde (non è perciò un paradossografo Cicerone, benché sia pure autore dei Paradoxa). Col termine παράδοξα si designano pertanto in questo senso, tutte le cose che rientrano nell'ambito dell'inconsueto e dello straordinario, ed eccitano pertanto la curiosità. I paradossografi si avvicinano in tal modo agli aretalogi (v. aretalogia, App.), ma con la differenza che, mentre questi ultimi descrivono essenzialmente le gesta mirabili delle divinità, i "miracoli", i paradossografi estendono invece la loro attenzione a tutte le "meraviglie" della natura e della storia.

Iniziatori del genere letterario della paradossografia sembra siano stati, nel sec. III a. C., Bolo di Mende, col suo scritto Περὶ τῶν ἐκ τῆς ἀναγνώσεως τῶν ἱστοριῶν εἰς ἐπίστασιν ἡμᾶς ἀγόντων ("Sulle cose che richiamano la nostra attenzione nelle letture storiche") e Callimaco, che pare abbia polemizzato contro di lui. Dopo di questi scrisse di mirabilia zoologici il peripatetico Stratone di Lampsaco; mentre epigrammi paradossografici col titolo di 'Ιδιοϕυῆ ("Singolarità della natura") furono composti da Archelao del Chersoneso, poeta del tempo di Tolemeo Evergete. Ad Archelao attinse Antigono di Caristo, uno dei più noti paradossografi (oltre che dossografo): a lui è ascritta falsamente una ἱστοριῶν παραδόξων συναγωγή ("silloge di narrazioni straordinarie"), in realtà risultante da estratti dall'opera citata di Callimaco e dalla zoologia di Aristotele. Ad Antigono risale pure il Paradoxographus vaticanus (edito da O. Keller, Rer. nat. script. gr., I, p. 106 segg.); mentre all'incirca contemporanee a lui sono le opere paradossografiche di Mirsilo di Metimna (‛Ιστορικὰ παράδοξα "Meraviglie storiche"), Filostefano di Cirene (Περὶ παραδόξων ποταμῶν "Sui fiumi straordinarî" ecc.), Filone di Eraclea (Περὶ τῶν ἑπτὰ ϑαυμασίων "Sulle sette meraviglie"). Non databili con sicurezza sono quelle di Monimo, Lisimaco di Alessandria, Ninfodoro di Siracusa. Al primo secolo a. C. appartiene Isigono di Nicea, che attinge in parte a Varrone, e a cui attinge, verso la fine del sec. I d. C., il Paradoxographus Florentinus (la cui opera sulle "fonti mirabili" è edita da Oehler, Tubinga 1913). A questa età sembrano appartenere anche i ϑαυμάσια ἀκούσματα attribuiti ad Aristotele. Nell'età adrianea compose la sua opera paradossografica, superstite integralmente, Flegonte di Tralle. La paradossografia risorge infine nell'età neoplatonica: al sec. VI o VII d. C. appartengono alcune sillogi anonime superstiti (Anonym. Περὶ ἀπίστων, Excerpta Florentina) e lo scritto sulle Sette meraviglie del mondo di Filone di Bisanzio. La silloge fondamentale dei testi paradossografici superstiti è quella di A. Westermann, Παραδοξογράϕοι, Brunswick 1839.

Bibl.: Per l'elenco di tutti i paradossografi: A. Westermann, nell'ediz. citata, pp. ix-liii. Per le edizioni singole e per la bibliografia: Christ-Schmid-Stählin, Geschichte d. griech. Literatur, II, 6ª ed., Monaco 1920-24, pp. 234, 237 segg., 418 segg., 803, 1044, 1063.