parodia Travestimento burlesco di un’opera d’arte, a scopo satirico, umoristico o anche critico, consistente, nel caso di opere di poesia (meno spesso di prosa), nel contraffare i versi conservandone la cadenza, le rime, il tessuto sintattico e alcune parole e, nel caso di opere musicali, nel sostituire le parole del testo originario, conservando intatto o con leggere variazioni il motivo. Con accezione più generica, imitazione deliberata, con intento più o meno caricaturale, dello stile caratteristico di uno scrittore, di un musicista, di un regista ecc., realizzata inserendo nella nuova composizione passi che ne rievochino con immediatezza la maniera; anche, imitazione caricaturale di noti personaggi del mondo dello spettacolo, della politica, dello sport ecc., del loro modo di parlare, di gestire, fatta per suscitare ilarità, molto frequente nel teatro comico e negli spettacoli di varietà.
Si trovano numerosi esempi di p. già nella poesia greca antica: prototipo ne sarebbe la Batracomiomachia rispetto ai poemi omerici; spunti di p. si trovano frequenti in Ipponatte; nelle commedie di Aristofane sono molte le p. di
Attingendo alla letteratura, anche le arti figurative si sono valse della p., da papiri egizi in cui animali sono sostituiti a uomini in varie operazioni, fino al moderno fumetto. In particolare, la caricatura politica e letteraria inglese si servì largamente della p., talvolta sovvertendo gli schemi non soltanto nei ruoli dei vari personaggi, ma anche nella citazione di capolavori consacrati (esempio notevole la Parodia della scuola di
Con significato più generico di imitazione (senza carattere burlesco), la messa p. è un tipo di messa, particolarmente diffuso nel 16° sec., che utilizza come canto fermo, o introduce nella sua musica in maniera più elaborata, un mottetto conosciuto, assumendone anche il nome (per es., la messa di