Parràsio

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Pittore greco (480 a. C. circa) della scuola ionica. Usò colori semplici, cioè pur sempre le quattro antiche tinte (nera, rossa, bianca e gialla); ma gli si ascrivono effetti nuovi. In lui si lodava soprattutto il fine contorno, che sembrava far scorgere anche la parte non visibile della figura. Gli stessi artisti vissuti fra l'età sua e quella di Plinio, considerarono P. un maestro di disegno, e studiarono con vantaggio i molti esemplari di disegni da lui lasciati in tavole e pergamene.

Vita e opere

Scolaro e figlio di Evenore di Efeso. Nato a Efeso, secondo Plinio, o ad Atene, apparteneva a famiglia di artisti, giacché si hanno notizie del padre suo Evenore, che ne fu anche il maestro. Lavorò sia ad Atene, al tempo della guerra del Peloponneso, sia in Asia Minore. Fu contemporaneo e rivale di Zeusi; secondo la tradizione, avrebbe ragionato con Socrate di pittura e della capacità di rendere, in particolare, il carattere degli uomini: in seguito a ciò avrebbe dipinto il demos ateniese. Preferendo soggetti drammatici, ricchi di movimento, fu interessato infatti a ricercare l'espressione psicologica (Filottete sofferente; la disputa per le armi di Achille; Ulisse che finge di essere pazzo; i corridori armati, che sembravano addirittura sudare e respirare; Prometeo, ecc.). Fornì i disegni per i rilievi toreutici con centauromachia che decoravano lo scudo dell'Atena Pròmachos di Fidia, eseguiti da Mys. Sempre per Mys avrebbe disegnato, verso il 450-440, una Ilioupersis. Per la città di Rodi, fondata nel 407 a. C., dipinse una tavola con Meleagro, Eracle e Perseo. In un primo momento specializzato nel disegno, P. avrebbe più tardi dipinto megalografie su tavole e da ultimo anche quadri con personificazioni. Plinio, riecheggiando Antigono e Senocrate, definisce lo stile di P. (che nelle sue pitture usò solo le quattro tinte: nero, rosso, bianco, giallo) elegante, caratterizzato dall'espressione graziosa e vivace dei volti; suo fu il vanto di aver conferito simmetria alla pittura, cioè armonia e correttezza di proporzioni. Sembra che le sue opere fossero soprattutto notevoli per la perfezione della linea di contorno delle figure, mentre meno felice ne era il disegno interno, nel dettaglio. La linea di contorno doveva mirare a suggerire un effetto plastico e aveva valore funzionale piuttosto che di limite. Al tempo di Plinio restavano suoi disegni su tavole e su pergamena e quadri, alcuni dei quali a Roma (uno di piccole dimensioni, con Atalanta e Meleagro, era presso l'imperatore Tiberio). Riflessi del suo Filottete si sono visti nella coppa di Hoby, a Copenaghen, e gli influssi del suo stile in alcune lèkythoi attiche a fondo bianco.

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