PARSIFAL

Enciclopedia Italiana (1935)

PARSIFAL

Giuseppe Gabetti

. Cavaliere del Cral (v.), discendente di Titurel e padre di Lohengrin: giovanetto eroe, che, uscendo dalla solitudine in cui la madre lo aveva allevato, manca dapprima, col suo contegno inesperto e ignaro, la sua predestinata assunzione a re del Gral e vi giunge infine dopo lunga avventura fra i cavalieri di re Artù.

Motivi fiabeschi celtici echeggianti nella leggenda sembrano averne influenzate le origini, sebbene qualcuno fra i moderni studiosi, come il Golther, inclini invece ad attribuire alla materia del romanzo cimbrico di Peredur (in Mabinogion, II), che ne sarebbe il maggior documento, una genesi letteraria e una data più tarda. In figura di cavaliere del Gral, P. compare per la prima volta, col nome di Perceval li Gaulois, nel Conte du Graal di Chrestien (o Crétien) de Troyes, il quale indica come sua fonte "un libro del conte Filippo di Fiandra" sulla cui esistenza e sul cui presunto contenuto la disputa fra i filologi, ormai secolare, è tuttora aperta: il romanzo, che è rimasto incompiuto per la morte del poeta, va dall'infanzia dell'eroe fino al colloquio nel bosco con l'Eremita, fratello di sua madre, che gli spiega il mistero del Gral; e la figura dell'eroe, sebbene più non prevalga l'avventura d'amore, è ancor sempre, come nell'Erec, nel Cligès, nel Lancelot, nell'Ivein, quella del "compiuto cavaliere". L'elemento mistico vi si accenna appena: tant sainte cose est li graaus; questo raggiunge nella leggenda il suo pieno sviluppo soltanto più tardi, con i continuatori di Chrestien: l'anonimo (circa 1210), Vauchier de Denain (1220-1230), Manessier (circa 1230), Gerbert de Montreuil (dopo il 1220), presso i quali la materia fiabesco-cavalleresca di Chrestien si venne mescolando con quella leggendaria religiosa del Joseph d'Arimathée (circa 1200) di Robert de Boron; e soprattutto si accentua e prende deciso sopravvento, dal 1230 in poi, nei romanzi in prosa: il Perceval (circa 1230) aggiunto da un ignoto alla trascrizione in prosa del Joseph d'Arimathée e del Merlin di Robert de Boron, il Perlevai (fra il 1230 e il 1250), la Queste dou Graal (circa 1250), nei quali la leggenda, dominata dalla costante immagine delle sante reliquie della passione e morte del Redentore, tende ad acquistare un carattere di religioso mistero, e P., pur continuando e moltiplicando le sue avventure, diventa il simbolico "cavaliere della santa cristiana pietà e divozione": infine, già nella Queste, e più nei varî componimenti ciclici della seconda metà del secolo, la coscienza religiosa venne portata a esigere un'immagine di ancor più esclusiva religiosa purità, e P. dovette cedere il passo, nella ricerca del Gral, ad altri cavalieri, specialmente all'ideale mistica figura di Galahad.

Intanto, indipendentemente da tutti questi sviluppi della leggenda posteriori a Chrestien, la figura di P. aveva già trovato, fra il 1200 e il 1210 (i primi 6 libri erano compiuti già nel 1205), il suo più pieno approfondimento spirituale e la sua più potente rappresentazione poetica, in Germania, col Parsifal di Wolfram von Eschenbach: il quale s'attenne, per la parte della leggenda che v'era contenuta, a Chrestien, ma per il resto, pur indicando come altra sua fonte "più genuina di Chrestien", il poeta Kyot, provenzale, che avrebbe tradotto in francese un antico manoscritto trovato a Dôlet (Toledo), si servì della materia più diverso, e il tutto rifoggiò con spregiudicata libertà di atteggiamenti nella propria immaginazione. Ricco di passione e di pensiero, Wolfram investe la materia cavalleresca con tutta la massiccia potenza della sua personalità: intuisce sotto la fantasiosa avventura il dramma eterno dell'uomo in lotta fra la realtà e l'ideale, accentua nei singoli personaggi ed episodî questo aspetto umano e drammatico; e, affrontando con aperto cuore i più diversi problemi dell'esistenza, trae dalla leggenda del suo eroe il complesso poema dell'"uomo natura", il quale impara nella vita il bene e il male, e, attraverso l'esperienza e gli errori, trova a un tempo la via verso la propria elevazione morale e verso Dio.

La figura di P. è così netta, viva e potente, che il poema di Wolfram non soltanto fu riprodotto in grandissimo numero di manoscritti e stampato già nel 1477, ma determinò il sorgere di numerose altre composizioni: la Krone der Abenteuer di Heinrich von Turlin (circa 1220), il Titurel di Albrecht (circa 1280), il Merlin di Albrecht von Scharfenberg (fine sec. XIII), il Lohengrin inserito nel Sängerkrieg auf der Wartburg (circa 1260), il Lohengrin bavarese (fra il 1283 e il 1290), il Parzifal di C. Wisse e Ph. Colin (1331-36), ecc.; né, d'altra parte, alcuno di questi nuovi poeti s'attentò a rinnovare la figura dell'eroe, la quale venne soltanto circondata di nuovi sviluppi di elementi ora anteriori ora posteriori ora collaterali della leggenda.

Fuori di Germania invece l'influenza di Wolfram fu scarsa. La stessa Parcifalsaga norvegese (principio sec. XIV) si riferisce a testi francesi anziché al testo tedesco. E a testi francesi riconducono anche le rielaborazioni inglesi: non soltanto il Syr Percevelle (circa 1350), che per molto tempo fu ritenuto depositario di una tradizione originaria antica e invece sembra per molti tratti dipendere da Chrestien; ma anche tutti i varî poemi del Gral che si vennero via via succedendo fino a quel riassuntivo Morthe Arthur di Thomas Malory (1470), che doveva dimostrare attraverso i secoli tanta vitalità e diventare ancora, in età recente, ricca fonte di nuova poesia. Come nei romanzi ciclici francesi, anche in Malory la figura di P. resta in secondo piano di fronte a quelle di altri cavalieri; e tale resterà ancora, nella seconda metà del sec. XIX, nei poeti moderni che a Malory s'ispirarono, come in Hawker, in Westwood, in W. Morris, in The Holy Grail di Tennyson.

A vera nuova vita la figura di Parsifal doveva rinascere, nell'epoca moderna, soltanto in Germania, dopo che l'opera di Wolfram fu divenuta uno dei principali oggetti di studio della nascente germanistica. Già nei Geheirmisse (1784) del Goethe la figura di P. sembra vagamente rivivere nella figura di Markus. Ricompare poi nel Merlin (1829) d'Immermann, accanto alle figure di altri cavalieri della leggenda, in una nuova simbolica interpretazione mistico-romantica. Infine venne ripresa da R. Wagner. Il quale vagheggiò l'idea di un dramma musicale su Parsifal dal 1845 in poi, per un trentennio intero, sicché il Parsifal divenne una specie di sintesi finale dell'evoluzione del suo spirito. Pessimismo schopenhaueriano, religiosità cristiana, misticismo buddhistico si fusero insieme in uno stato d'animo unitario di vicinanza a Dio nella rinunzia e nella pietà. Parsifal, il "puro folle", reso veggente dalla pietà redime nella rinunzia e nella religione della pietà la vita intessuta di peccato e di dolore, e la restituisce, disciolta in estatica beatitudine, alla pura luce di Dio.

In un grande numero di poemi (R. v. Kralik, 1907; A. Schaeffer, 1922), racconti in prosa (Willy Vesper, 1911; Hauptmann, 1913, ecc.), drammi (W. Henzen, 1889; K. Schaefer, 1891; R. v. Kralik, 1912; E. Stucken, 1902-1922; H. Rhyn, 1924, ecc.), componimenti lirici (K. G. Vollmöller, 1897-1900; Fr. Lienhard, 1912, ecc.), la figura di P. ha continuato a esercitare il suo incantesimo sulla moderna poesia, ma senza riuscire a una nuova vivente creazione: il dominio delle creazioni di Wolfram e di Wagner era troppo vivo e presente nello spirito degli scrittori, perché non ne venisse intralciato il libero volo dell'immaginazione; non mancano qua e là in singole opere intuizioni e spunti originali, ma la leggenda di Chamberlain (1892-94), tutta nello spirito di Wagner, e il racconto di H. v. Wolzogen (1922), tutto fedele a Wolfram, sono forse i soli componimenti che posseggano una compiuta unità di tono.

Bibl.: Per la sterminata bibliografia cfr. le singole voci: gral, san; chrétien de troyes; wolfram von eschenbach; wagner, ecc. Basti qui citare, per l'orientamento generale, fra la bibl. più recente: W. Bruce, The evolution of Arthurian romance, voll. 2, Londra 1924; W. Golther, Parzifal und der Gral in der Dichtung des Mittelalters und der Neuzeit, Stoccarda 1925; id., P. in der neuren deutschen Literatur, ivi 1929; V. Amoretti, P., Pisa 1931.

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