PARTITA DOPPIA

Enciclopedia Italiana (1935)

PARTITA DOPPIA (fr. partie double; sp. partida doble; ted. doppelte Buchführung; ingl. double entry)

Carlo Draghi

Fra la varietà grandissima di metodi di registrazione dei fatti amministrativi, che studiosi e uomini pratici hanno potuto trovare nel corso dei tempi, quello della partita doppia si può dire ormai l'unico che sia applicato in modo costante nella generalità delle aziende. È infatti un metodo che può essere applicato a qualsiasi sistema di scritture, e che, al grande pregio della semplicità, unisce quello ancora maggiore di portare con sé i mezzi per attuare un controllo efficace delle scritture compiute. Il metodo della partita doppia è, come più innanzi verrà esposto, una forma speciale dei metodi di scritture doppie, in antitesi con le scritture semplici, le quali non sono soggette a forme e condizioni prestabilite, né esigono, come le doppie, collegamenti e riepiloghi di scritture. Si hanno le scritture doppie quando un patrimonio o un fondo qualsiasi, oggetto del sistema di scritture, si considera diviso in due serie di elementi tali che la somma algebrica dei valori attribuiti agli elementi stessi dia, come totale per ogni serie, il fondo medesimo.

Premesso che il metodo della partita doppia si distingue dalle altre forme di scritture doppie quando le due serie nelle quali si considera decomposto il fondo oggetto delle rilevazioni contabili sono costituite dalla serie degli elementi reali che lo compongono e dalla serie delle parti ideali (componenti derivati; v. conto) destinate a mettere in evidenza il valore e le variazioni di valore del fondo medesimo considerato nel suo totale; premesso che i movimenti amministrativi da rilevare con le registrazioni in quegli elementi reali e componenti derivati si possono considerare divisi in due categorie, che tutti li comprendono, e cioè in movimenti attivi, che migliorano la condizione dell'azienda, e in movimenti passivi, che la peggiorano, le condizioni necessarie per attuare il metodo della partita doppia sono le seguenti:1) che si istituiscano due serie compiute di conti a sezioni divise (a "dare" e "avere") alle due serie di elementi sopraspecificati; 2) che nei conti stessi il valore attribuito inizialmente all'oggetto loro e alle variazioni successive sia omogeneamente determinato, ossia riferito a una medesima unità (in genere la moneta nazionale di conto), e che il valore del fondo a sé considerato e delle sue parti ideali sia dedotto dal valore attribuito agli elementi reali; 3) che, per convenzione ormai seguita dalla pratica generale, vengano registrati nei conti agli elementi reali i movimenti attivi in "dare" e i passivi in "avere" e che nei conti derivati (conti differenziali, economici, di gestione) vengano scritturati i movimenti amministrativi attivi in "avere" e quelli passivi in "dare".

Una volta osservate tali condizioni, la conseguenza che direttamente ne deriva è che il totale degli addebitamenti, ossia delle scritturazioni compiute in "dare", dei conti sopraconsiderati deve essere costantemente eguale al totale degli accreditamenti, ossia delle scritture compilate all'"avere" dei conti stessi.

Infatti, tenuto presente che i movimenti attivi negli elementi reali sono costituiti, come è ovvio, da aumenti di attività e da diminuzione di passività e che i movimenti attivi nei componenti derivati sono costituiti dagli aumenti rilevati nelle parti ideali del fondo e quelli passivi da diminuzioni, e, se si designano le mutazioni attive nella serie degli elementi reali con: A1a, A2a, A3a ... (aumenti di attivo) e D1p, D2p, D3p,... (diminuzioni di passivo) e le mutazioni passive con: D1a, D2a, D3a (diminuzioni di attivo) e A1p, A2p A3p... (aumenti di passivo) e le mutazioni attive e passive nei conti derivati rispettivamente con: i1, i2, i3... (incrementi), d1, d2, d3... (diminuzioni), si avrà:

dato che, come è stato detto, la somma algebrica dei movimenti rilevati negli elementi reali del fondo deve essere uguale alla somma algebrica di quelli rilevati nelle parti ideali. E poiché la sovraesposta eguaglianza può essere rappresentata come segue:

ne deriva che il totale delle mutazioni da iscriversi nel "dare" dei conti è uguale a quello da iscriversi nell'"avere" dei conti stessi.

Merita però di essere particolarmente rilevato che le scritture da compilarsi con il metodo della partita doppia non accolgono solamente movimenti dipendenti da fatti amministrativi, ma riflettono altresì movimenti che soltanto indirettamente promanano da questi fatti, come, ad es., le scritture di rettificazione che generalmente si compiono a fine di esercizio per adeguare i valori di conto delle rimanenze degli elementi reali del patrimonio al criterio di valutazione che i dirigenti intendono seguire (le valutazioni dei fatti amministrativi sono, infatti, del tutto indipendenti dal metodo di registrazione). Le scritture in partita doppia, poi, possono essere altresì del tutto estranee ai fatti amministrativi, come quando esse si propongono di classificare diversamente o di raggruppare i conti agli elementi reali e alle parti ideali del fondo. Sono queste le cosiddette scritture di giro.

Il metodo della partita doppia trova applicazione principalmente: nei sistemi di scritture patrimoniali e nei sistemi di scritture alle previsioni (questi ultimi prevalentemente nelle aziende pubbliche). Vanno accennate altresì le applicazioni di tale metodo nei sistemi di scritture ai beni di terzi, agl'impegni, e nei sistemi patrimoniali incompiuti.

Per l'applicazione della partita doppia ai sistemi di scritture patrimoniali (che hanno la più grande diffusione), tenute presenti le condizioni fondamentali suesposte, occorrerà anzitutto rilevare le mutazioni verificatesi per effetto dei fatti amministrativi e altresì stabilire se le mutazioni medesime siano compensative (permutative), se determinino cioè un'eguale o eguali variazioni sugli elementi reali del fondo considerato, o siano modificative (differenziali) del fondo stesso. Una volta compiuta tale rilevazione, i movimenti compensativi vengono registrati in una sola serie di conti, quelli modificativi in ambedue le serie:

L'impostazione contabile avverrà quindi nel modo seguente:

Esempî: 1. Si supponga di dover registrare l'incasso di un credito di L. 5000. Stabilito per effetto di tale fatto amministrativo un movimento attivo nella cassa che aumenta e passivo nei crediti che diminuiscono per la stessa somma, si deve concludere che si tratta di un fatto compensativo che deve essere registrato in "dare" del conto di cassa e in "avere" del conto "crediti".

2. Si supponga di dover accertare che un credito di lire 20.000, si debba considerare come perduto, per inesistenza di attivo nel patrimonio del debitore fallito. Dovrà allora essere rilevato soltanto un movimento passivo nell'ammontare del patrimonio netto. Si tratta quindi di fatto amministrativo modificativo che verrà registrato in "dare" del conto "sopravvenienze passive" o "perdite su crediti", e in "avere" nel conto "crediti" o "debitori diversi".

3. Si supponga di dover registrare la riscossione di un fitto di L. 10.000. In tal caso verrà rilevata soltanto una mutazione attiva del patrimonio netto per effetto di aumento nella "cassa" non compensato da altra diminuzione di passività. Tale mutazione sarà registrata in "dare" del conto di cassa e in "avere" del conto "affitti" o "rendite".

4. Si supponga di registrare l'operazione di sconto, effettuata da un privato, di una cambiale di L. 50.000 con scadenza a tre mesi, interesse 5%. Colui che sconta l'effetto verserà a colui che lo presenta allo sconto L. 50.000 meno L. 625, rappresentanti l'interesse 5% per il periodo anzidetto. Dovrà cioè rilevare un movimento passivo nella cassa per L. 49.375 e un movimento attivo nei crediti cambiarî per L. 50.000. Il fatto amministrativo è quindi compensativo fino alla concorrenza di L. 49.375, differenziale per L. 625. Esso pertanto dovrà essere registrato in "dare" del conto "cambiali attive" per L. 50.000; in "avere" del conto "cassa" per L. 49.375 e in "avere" del conto "interessi attivi" per L. 625.

In un compiuto sistema patrimoniale le registrazioni in partita doppia che si riferiscono ai fatti amministrativi devono essere precedute dalle registrazioni che segnano le mutazioni iniziali e susseguite da quelle di chiusura. Le mutazioni iniziali stesse, cioè le attività esistenti al principio dell'esercizio, vengono registrate in "dare" del proprio conto, e, per pratica generalmente seguita, in "avere" del conto "bilancio d'apertura"; le mutazioni passive iniziali, cioè le passività esistenti al principio dell'esercizio, vengono registrate in "avere" del proprio conto e in "dare" nel conto "bilancio d'apertura". Il patrimonio netto che risulta dalla differenza fra il totale delle attività e il totale delle passività viene registrato in avere del conto "patrimonio netto" e in dare del conto "bilancio d'apertura". Così il conto "bilancio d'apertura" viene a essere chiuso, dato che esso porta somme uguali iscritte in "dare" e in "avere".

Alla fine dell'esercizio vengono effettuate le scritturazioni rettificative di che sopra è cenno e quelle di giro, aventi principalmente per scopo di riassumere, in una sola cifra attraverso giri conto, l'esito della gestione. Tali scritture rettificative sono importantissime agli effetti della rilevazione del reddito totale di esercizio, ed esse costituiscono uno degl'indici più efficaci per stabilire i criterî amministrativi che guidano i dirigenti l'azienda. Tali scritture assumono poi particolare rilievo nelle aziende collettive, specialmente nelle anonime, perché non lieve è l'influenza che esse esercitano sulla misura del reddito da distribuirsi fra i soci sotto forma di dividendo.

Esse hanno principalmente per scopo: a) di adeguare i valori delle consistenze finali alla realtà, sia accertando delle perdite o dei consumi che molto difficilmente si presterebbero a un'esatta rilevazione durante il corso dell'esercizio, sia modificando i valori quali risultano dai saldi dei conti in rapporto al fine anzidetto; b) di stabilire le rate di perdite o di utili già rilevate nel loro totale, che sono di competenza degli esercizî successivi, in modo da determinare la quota delle perdite e degli utili stessi che deve concorrere alla formazione del reddito di esercizio (risconti); oppure di stabilire in via presuntiva quelle quote di reddito o di perdita di competenza dell'esercizio stesso che soltanto nel futuro verranno accertate nel loro complesso (ratei); c) di stabilire la misura delle rettifiche generali da apportare all'insieme dei valori di bilancio per la costituzione di fondi di riserva speciali.

Così, ad es., gli ammortamenti (v. ammortamento) degli stabili e degl'impianti, quando non vengono nelle imprese fatti gravare sul conto "lavorazione" quali elementi di costo, devono essere, alla fine dell'esercizio stesso, portati in diminuzione degli utili o in aumento delle perdite, accertando un movimento passivo nel valore degl'impianti e degli stabili medesimi, mediante addebitamento del conto "perdite e profitti" e accreditamento dei conti agli "immobilizzi" o del conto "fondo ammortamento" da iscriversi nel passivo del bilancio.

L'inopportunità di rilevare durante l'esercizio le mutazioni di valore nei titoli e nelle merci e la necessità pratica di riferire tale valore alla data della chiusura dei conti, devono indurre gli amministratori delle aziende a controllare se, al momento della chiusura stessa, i valori contabili delle rimanenze, quali risultano dai saldi, concordano con quelli effettivi di costo o di presumibile realizzo in caso di vendita. Se il prezzo di costo o il prezzo corrente (a seconda del criterio di valutazione che viene seguito: v. valutazione) di tali merci e titoli risulta inferiore al saldo contabile si dovrà scritturare una mutazione passiva, per la differenza, su tali elementi, che troverà la sua contropartita nell'addebitamento ai conti di "perdite e profitti". Se il prezzo stesso risultasse invece superiore al contabile, l'eccedenza, portata in aumento dei conti patrimoniali dovrà essere compensata con l'iscrizione di pari somma al conto passivo "fondo riserva oscillazione prezzi".

Così pure, alla fine dell'esercizio, si devono accertare contabilmente quelle perdite su crediti, già verificatesi, e quella quota di perdite presumibili che prudenzialmente deve essere addossata all'esercizio. Pertanto le prime dovranno essere direttamente imputate a diminuzione del conto patrimoniale, con scritturazione a credito del conto stesso; la seconda sarà portata a credito di un conto "fondo svalutazione crediti" contro addebitamento in ambedue i casi del conto "perdite e profitti".

La determinazione contabile dei risconti passivi ossia delle quote di rendite o di interessi attivi, già accertati, di competenza degli esercizî futuri, avverrà mediante l'istituzione di un conto passivo "risconti passivi" da accreditare delle quote stesse contro debito del conto "spese e rendite" o "interessi attivi". Inversamente per i "risconti attivi", ossia per le quote di perdite e di spese già accertate che devono essere addossate all'esercizio futuro.

Analogamente ai risconti attivi e passivi, vengono accertati i ratei attivi (quote di rendite di competenza dell'esercizio che verranno a maturare nel successivo) e i ratei passivi (quote di spesa da farsi gravare nell'esercizio e che verranno a maturare nel successivo). I primi, portati a debito del conto "ratei attivi", saranno accreditati ai conti di "rendite"; i secondi, portati a credito del conto "ratei passivi", verranno addebitati ai conti "spese".

Infine le scritture rettificative considerano, come è stato detto, le diminuzioni che per criterio prudenziale si possono apportare all'insieme dei beni iscritti all'attivo. Esse vengono contabilmente rilevate con addebitamento al conto "perdite e profitti generali" e accreditamento del conto "fondo rischi", "fondo cambî", ecc. Una volta compiute le scritture si può procedere alla chiusura dei conti a partita doppia, la quale ha luogo preliminarmente mediante le cosiddette scritture di giro o di epilogo e poi con la chiusura generale dei conti.

Le scritture di giro hanno per fine, oltre a quello anzidetto, di rappresentare anche in conti riassuntivi i valori risultanti da conti analitici, istituiti e tenuti anche a scopo statistico, intestati o alle singole specie di uno stesso elemento patrimoniale o alle varie categorie di rendite o di spese.

Più frequenti sono le scritture di giro relativamente ai conti derivati. Così, ad es., a fine esercizio, i conti delle singole categorie di crediti e di titoli possono essere chiusi riferendo il saldo loro a un conto generale "debitori diversi" e "portafoglio titoli".

Le spese di "mano d'opera" nelle imprese industriali e le spese per altri componenti del costo industriale, possono molto opportunamente essere tenute distinte, durante il corso dell'esercizio, in conti particolari dai iquali sia possibile rilevare in ogni momento dati preziosi di carattere statistico. In tal caso l'imputazione dei saldi di tale conto al conto di "esercizio" (destinato a raccogliere i costi e ricavi industriali e commerciali della produzione) viene effettuata in sede di chiusura mediante un addebitamento unico al conto "esercizio" medesimo e accreditamenti varî ai singoli conti di costi che rimangono chiusi.

Così pure i saldi dei conti alle singole categorie di spese e di rendite ("perdite su titoli", "perdite su cambî", "sopravvenienze passive", "interessi passivi", "spese legali", "spese varie", "interessi attivi", "rendite patrimoniali", "proventi diversi", "utili su cambî", ecc.) vengono chiusi, quando si tratta di componenti di reddito negativi, mediante addebitamento del conto "perdite e profitti generali" e accreditamento ai singoli conti di spese e perdite, e mediante addebitamento dei saldi ai singoli conti e accreditamento al conto "perdite e profitti generali" quando invece si tratta di componenti di reddito positivi. Nel caso molto frequente in cui vi siano conti destinati a raccogliere contemporaneamente componenti positivi e negativi di reddito ("interessi attivi e passivi"; "spese e rendite patrimoniali") il saldo di tali conti viene girato in "dare" o in "avere" del conto "perdite e profitti generali", a seconda che esso sia rispettivamente passivo o attivo.

In tal modo la serie dei conti economici viene ad avere, eseguiti tali giri conto, due soli conti ancora aperti: il conto "perdite e profitti generali" e il conto "capitale netto" (nelle imprese individuali) o i conti al patrimonio netto (nelle collettive: capitale sociale, fondi di riserva).

La scritturazione che dà espressione numerica al risultato ultimo della gestione è quella che chiude il conto "perdite e profitti generali" girando il saldo suo al conto "capitale netto"; a credito del conto "capitale netto", nelle imprese individuali e al conto "utili da ripartire", nelle collettive, in caso di utile; a debito del conto "capitale netto" o "perdite da ammortizzare, in caso di perdita.

La chiusura generale dei conti si effettua scritturando le rimanenze finali attive (risultanti dai varî saldi dei conti) in "avere" del proprio conto e in "dare" d'un conto "bilancio di chiusura", e le passività residue in "dare" del proprio conto e in "avere" del conto "bilancio di chiusura" il quale, analogamente al conto "bilancio d'apertura", rimarrà immediatamente chiuso e starà a rappresentare un riassunto dell'inventario finale come quello di apertura rappresentava il riassunto dell'inventario iniziale.

L'applicazione del metodo della partita doppia al sistema delle previsioni è principalmente in uso presso le aziende pubbliche e ha per base il bilancio di previsione e per scopo quello di rilevare le mutazioni che si verificano nelle entrate e uscite previste per effetto delle previsioni iniziali, delle successive modifiche e degli accertamenti di entrate e uscite. Anche in tale sistema, volendo applicare il metodo della partita doppia, occorre accendere due serie di conti, una delle quali dovrà riferirsi alle entrate e uscite previste, alle entrate e uscite accertate o riscosse, o pagate, l'altra ai conti del "risultato di esercizio".

I registri principali della partita doppia sono due: il giornale e il mastro (v. libro: Libri di commercio; mastro).

Le forme che la partita doppia può assumere nella sua applicazione variano a seconda dei tipi di azienda in relazione all'importanza più o meno prevalente che può avere la rilevazione analitica dei fatti amministrativi o la necessità di ricavare dai conti ogni momento e rapidamente una situazione complessiva dell'azienda. Tuttavia, le forme tipiche della partita doppia si riconducono generalmente a tre: partita doppia descrittiva a conti analitici, nella quale i fatti amministrativi sono rilevati singolarmente a giornale e classificati nel mastro in conto ai particolari elementi del patrimonio e alle particolari classi di componenti derivati; partita doppia descrittiva a conti sintetici, nella quale, a giornale, ogni articolo ricorda una singola operazione e nel mastro i conti riassumono varie specie della stessa categoria di elementi patrimoniali; partita doppia sintetico-riassuntiva, nella quale il mastro è tenuto a conti riassuntivi come nella precedente e il giornale riflette con ogni articolo parecchie operazioni della stessa natura.

Pertanto, ad es. nelle aziende patrimoniali e nelle aziende in liquidazione, in genere, dove è conveniente che le scritture ricordino particolareggiatamente le modalità che accompagnano le singole operazioni e dove i conti non possono essere molto numerosi, si adotta la prima forma di partita doppia; invece, nelle aziende bancarie, in quelle mercantili, dove l'attività economica si svolge prevalentemente con operazioni tipiche, che in prospetti statistici si prestano ad essere convenientemente riassunte, si adotta invece la terza forma di partita doppia.

Il metodo in parola, ormai ovunque diffuso, è di origine antica. A nessun autore si deve in particolare la sua invenzione.

I primi registri tenuti a partita doppia dei quali si abbia notizia risalgono ai primi anni del sec. XIV. Le scritture che figurano su essi, come sugli altri dei secoli successivi, rappresentano in forma eminentemente descrittiva i rapporti di "dare" e di "avere" fra l'azienda e i terzi, determinati dai fatti di gestione. Successivamente tale metodo si perfezionò, estendendosi l'applicazione di tali voci anche ai conti patrimoniali delle cose e ai componenti derivati di guisa che esse assunsero quel significato convenzionale sopra esposto.

Se però il sorgere del metodo non è attribuibile a nessun inventore, né può con sicurezza essere individuato il luogo dove ebbe origine, si può fondatamente affermare, in base alle indagini storiche compiute da Fabio Besta, massimo cultore della materia, che il metodo della partita doppia nei secoli XIV e XV si perfezionò grandemente a Venezia e, nella forma che ivi prese, si diffuse ovunque.

L'origine della partita doppia è quindi prettamente italiana. Il metodo nei primi tempi della sua integrale applicazione, e cioè nei secoli XVI e XVII, veniva qualificato, dai Fiorentini in modo particolare ma anche negli altri paesi dove era applicato, come il metodo alla veneziana. La prima trattazione teorica della partita doppia è attribuita, ma non con certezza, a Benedetto Cotrugli (Della mercatura e del mercante perfetto, opera scritta nel 1458 e pubblicata nel 1573).

Peraltro l'opera antica più conosciuta sulla partita doppia è la Summa de arithmetica, geomeiria, proportioni et proportionalità di frate Luca Pacioli (v.) di Borgo San Sepolcro. L'opera, stampata a Venezia nel 1494 e che costituisce, fra l'altro, una raccolta minuta e completa di tutte le norme che regolano la tenuta dei libri a partita doppia, è stata ritenuta da taluni come lo svolgimento di una teoria del Pacioli, quasi che il metodo fosse di sua invenzione. La profonda critica dell'opera fatta da F. Besta e le decisive conclusioni da lui trattene, hanno portato a stabilire non soltanto che la paternità dell'invenzione del metodo non può essere attribuita, come è stato detto, né al Pacioli né ad altri (ciò che risulta anche dall'esame dello sviluppo del metodo nella pratica all'infuori dell'opera del Pacioli), ma che è da ritenere molto probabile che l'opera stessa sia un rifacimento di altre opere veneziane della seconda metà del Quattrocento.

Bibl.: F. Besta, La ragioneria, 2ª ed., Milano 1909 segg., III; F. De Gobbis, Rag. generale, 19ª ed., Milano 1931; P. Onida, Elementi di ragioneria commerciale, Milano 1927; G. Zappa, La determinazione del reddito nelle imprese commerciali, Roma 1929.