PARTITA

Enciclopedia Italiana (1935)

PARTITA

Giulio Cesare Paribeni

. Forma di musica strumentale. La parola ha assunto significati alquanto diversi nel corso dei due secoli in cui sono fiorite le forme ad essa corrispondenti. Essa appare nel libro di Toccate e Partite d'intavolatura per cimbalo di Girolamo Frescobaldi, dedicato al duca di Mantova nel 1614. La partita frescobaldiana è l'elaborazione strumentale di una canzone popolare (la Romanesca, la Monica, l'Aria di Ruggiero, ecc.) in forma di libere variazioni, donde l'etimologia del nome (divisa in parti).

Senza chiamarle partite, la stessa cosa aveva tuttavia già fatta nei suoi Balletti Giovanni Picchi, organista della Casa Grande in Venezia sulla fine del sec. XVI. E qualcosa di analogo si rinviene nelle opere dei virginalisti inglesi dello stesso periodo.

Verso la metà del sec. XVII, con la voga che presero le raccolte di danze unite dal vincolo dell'unica tonalità e trattate in forbiti aspetti d'arte da compositori per clavicembalo e per strumenti d'arco, la parola "partita" assunse lo stesso significato che suite. La provenienza italiana dell'una e francese dell'altra non influì a mantenerne distinto l'uso nei varî popoli, ché esse anzi si adoperarono promiscuamente anche presso i medesimi autori.

Solo J. S. Bach tenne ad un'accurata distinzione, chiamando Suites francesi quelle dove si prediligono le galanti danze della bourrée, del minuetto, della loure, ecc., Suites inglesi quelle iniziate dai difficili e virtuosistici preludî, Partite infine quelle dove si fa posto al capriccio, alla burlesca, all'aria, alla toccata. Del resto il nome "partita" era entrato in Germania, ad opera dei discepoli del Frescobaldi, probabilmente prima che quello di suite. Infatti le Partite per cembalo di J. J. Froberger, se furono stampate solo nel 1692, risalgono almeno ad un trentennio prima, ed hanno talora l'aspetto frescobaldiano di variazioni, talaltra quello del consueto ordine di danze. Lo stesso doppio aspetto presentano le partite di Bernardo Pasquini e quelle di Domenico Zipoli. Quest'ultimo anzi, quando tratta la partita a variazioni, tace del tutto la provenienza dei temi - che saranno forse originali - e segna con numeri progressivi le varianti. Ad ogni modo, pur constatando una tenace sopravvivenza della partita variazione, si può ritenere che l'altra forma, analoga alla suite, era già saldamente fissata alla fine del Seicento. Le danze, che d'ordinario ne fanno parte, sono l'allemanda, la corrente, la sarabanda e la giga; vicino alle quali prendono più posto il minuetto, la gavotta, il passepied, la bourrée, ecc.

Precedenti a queste danze o intercalati ad esse, si trovano spesso pezzi presi in prestito dalla sonata, e cioè un preludio, un'aria, un capriccio, una fuga, ecc. La partita perdette il suo terreno col progredire della sonata, fino a scomparire quasi del tutto verso la metà del Settecento.

Recentemente qualche compositore (A. Casella. G. Petrassi, A. Veretti, L. Dallapiccola, G. F. Ghedini, ecc.) ha tentato di richiamarla in vita, cercando di contemperarne la stilizzazione con la moderna sensibilità musicale.

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