Partito socialdemocratico tedesco

Dizionario di Storia (2011)

Partito socialdemocratico tedesco


(Sozialdemokratische Partei Deutschlands, SPD) Partito politico tedesco. Già nel 1863, sotto l’impulso di F. Lassalle, si era costituita l’Associazione generale degli operai tedeschi, cui si aggiunse nel 1868 un Partito socialdemocratico dei lavoratori fondato sulle concezioni di K. Marx e F. Engels. Le due organizzazioni si fusero al Congresso di Gotha (1875), dando vita al Partito socialista dei lavoratori. Il suo programma, di impianto prevalentemente riformistico, fu oggetto della serrata critica di Marx. Nel 1890 il partito, che aveva tra i suoi maggiori leader A. Bebel e W. Liebknecht, assunse la denominazione di SPD e nelle elezioni dello stesso anno si affermò come il maggiore partito tedesco. Nel 1891, al Congresso di Erfurt, si dotò di un nuovo programma, steso da K. Kautsky e maggiormente ancorato al marxismo. Lo stretto legame coi sindacati e la costruzione del partito come partito di massa, dotato di circoli territoriali, radicamento tra i lavoratori, riti, feste e momenti aggregativi, portarono la SPD a crescere ulteriormente, fino a rappresentare quasi un modello nell’ambito del movimento socialista europeo. Lo scoppio della Prima guerra mondiale e il voto in favore dei crediti di guerra da parte della maggioranza del partito, cui si oppose l’ala sinistra di K. Liebknecht e R. Luxemburg, aprirono un conflitto interno che non si sarebbe più sanato. Al gruppo internazionalista o «spartachista» di Liebknecht e Luxemburg si affiancò un’ala socialista-pacifista, facente capo a H. Haase, la quale ultima, a seguito dell’espulsione di vari suoi membri, si staccò dalla SPD per costituire nell’apr. 1917 il Partito socialdemocratico indipendente (USPD), cui aderirono anche gli spartachisti. La Rivoluzione d’ottobre, intanto, acuiva i contrasti, facendo emergere anche in Germania, tra le macerie dell’impero, un’ala del movimento operaio favorevole alla via rivoluzionaria. I socialdemocratici intanto diventavano egemoni nella Repubblica di Weimar: era stato proprio uno dei leader della SPD, P. Scheidemann, a proclamarne la nascita (9 nov. 1918), mentre F. Ebert, anch’egli dirigente socialdemocratico, assumeva la guida del governo in coalizione con la USPD. Il contrasto con gli spartachisti, che contemporaneamente avevano proclamato la nascita di una repubblica socialista, giunse fino alla repressione armata dei moti rivoluzionari e all’assassinio di Liebknecht e Luxemburg (15 genn. 1919). Le elezioni per l’Assemblea costituente diedero comunque la maggioranza alla SPD, e lo stesso Ebert, primo presidente della Repubblica, promulgò la nuova Costituzione (11 ag. 1919). La SPD, che ebbe la guida del governo nel 1918-20 e nel 1928-30, fu quindi il partito egemone della Repubblica di Weimar, assieme al Partito popolare di G. Stresemann e al Zentrum cattolico. Tuttavia essa dovette gestire una situazione molto difficile a causa delle riparazioni di guerra imposte dal Trattato di Versailles, della pressione francese nella Ruhr e dell’ostilità delle forze estreme di destra e di sinistra. La crisi economica, esplosa nel 1929, fece precipitare le cose, spianando la strada all’avvento del nazismo. Posta fuori legge e sciolta da Hitler (1933), la SPD si ricostituì solo nel 1946. Alle elezioni del 1949 ottenne il 29,2% dei voti, collocandosi quindi all’opposizione dei governi a guida cristiano-democratica. Col Congresso di Bad Godesberg (1958), il partito abbandonò esplicitamente il marxismo. Nel 1964 la leadership fu assunta da W. Brandt, e l’anno seguente la SPD raggiunse il 39,3% dei voti. Nel 1966-69, dunque, essa prese parte al governo di «grande coalizione» (Grosse Koalition) con cristiano-democratici (CDU) e cristiano-sociali (CSU). Vicecancelliere e ministro degli Esteri, Brandt avviò una politica di apertura e di dialogo coi Paesi del blocco sovietico, Repubblica democratica tedesca in primis, la cd. Ostpolitik. Nel 1969 lo stesso Brandt assunse la guida del governo, ora in alleanza con i liberali e con una maggiore accentuazione di sinistra, ampliando i consensi del partito (45,8% nel 1972) e conservando il potere fino al 1974, allorché fu sostituito da H. Schmidt. Quest’ultimo, rigidamente filoatlantico, impresse al partito e al governo una sterzata in senso moderato. Sconfitta alle elezioni del 1983, la SPD passò all’opposizione, tornando al governo solo nel 1998, alla testa di una coalizione con i Verdi e sulla base della politica di Neue Mitte («Nuovo centro»), ispirata dal nuovo cancelliere G. Schroeder. Nel 2005 il partito subì quindi una nuova scissione, a opera dell’ala sinistra guidata da O. Lafontaine, poi tra i fondatori di Die Linke. Da quello stesso anno la SPD ha fatto parte di una nuova Grosse Koalition, ma nel 2009, precipitata al 23,5% dei voti, è tornata all’opposizione.

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