Partito socialista operaio spagnolo

Dizionario di Storia (2011)

Partito socialista operaio spagnolo


( Partido socialista obrero español, PSOE) Partito politico spagnolo. Il PSOE fu costituito a Madrid nel 1879, su impulso in particolare del tipografo e organizzatore sindacale P. Iglesias, membro della prima Internazionale. Di orientamento marxista, nel 1888 il partito tenne a Barcellona il suo 1° Congresso, e di lì a poco aderì alla seconda Internazionale. Nel 1910, nell’ambito dell’Alleanza repubblicano-socialista, il partito riuscì a ottenere una rappresentanza parlamentare, eleggendo deputato lo stesso Iglesias. Quest’ultimo venne rieletto ancora per tre volte, e nel 1918 a lui si aggiunsero altri dirigenti socialisti. Presente nello sciopero generale e nei moti rivoluzionari del 1917, al congresso del 1919 il PSOE discusse della opportunità di aderire all’Internazionale comunista (➔ Comintern). Non avendo però raggiunto una posizione condivisa, nel 1920 il partito si scisse, a seguito della fuoriuscita della sua organizzazione giovanile, che contribuì a fondare il Partito comunista spagnolo. Il PSOE, dal canto suo, aderì all’Internazionale di Vienna, la cosiddetta Internazionale «due e mezzo» (1921), di orientamento socialista di sinistra. Nel 1923 l’instaurarsi della dittatura di Primo de Rivera aprì una fase di crisi per il partito, il quale non venne sciolto, ma si divise tra un’ala disponibile alla collaborazione col nuovo regime, facente capo a L. Caballero, e un’ala intransigente, guidata da I. Prieto e F. de los Ríos. Caduto de Rivera, il PSOE decise di collaborare con gli altri partiti di orientamento repubblicano, aderendo al Patto di San Sebastiano con radicali, repubblicani e altre forze. Con l’affermarsi della Repubblica (1931) e l’elezione dell’Assemblea costituente, il partito consolidò le sue posizioni, eleggendo 117 deputati e prendendo parte ai governi di coalizione guidati dal repubblicano M. Azaña. Escluso dal governo assieme alle altre forze di sinistra (1933), il PSOE prese parte ai moti del 1934, per poi aderire al Fronte popolare (➔ ) con comunisti, radicali e repubblicani, vittorioso alle elezioni del 1936. Al governo con Caballero (1936-37) e poi con Negrín (1937-39), i socialisti dovettero affrontare, assieme alle altre forze repubblicane, la rivolta dei generali guidata da F. Franco. Dopo la sconfitta della Repubblica, il partito fu messo fuori legge, ma già nel 1942 tornò a organizzarsi, nelle galere e nei campi di concentramento, dando vita a 300 comitati di partito e ricostituendo (1944) il Comitato esecutivo centrale. Sotto il regime, i suoi militanti che non scelsero l’esilio furono perseguitati, e lo stesso presidente del partito, T. Centeno, venne ucciso dalla polizia franchista (1952). Con la morte di Franco e il lento ritorno alla democrazia, il PSOE, nel quale intanto si era affermata una nuova leva di dirigenti capeggiata da F. González, divenne una delle maggiori forze politiche spagnole. Alle elezioni del 1977 ottenne 118 seggi, ma dovette rassegnarsi a restare all’opposizione del governo centrista di A. Suarez. Nel congresso straordinario del sett. 1979 González riuscì a ottenere la maggioranza sulla base di una linea che implicava l’abbandono del marxismo. Alle elezioni del 1982 il PSOE, ormai guardato con favore anche da ampi settori della borghesia spagnola, conquistava il 48,7% dei voti, e González diventava primo ministro. Cominciava così una lunga fase di governo e un sempre maggiore spostamento al centro del partito, che gli costò la rottura coi sindacati e la fuoriuscita di un’intera ala, che assieme ai comunisti andò a costituire la formazione Izquierda unida. La svolta filoatlantica del PSOE, avviata da González nel 1986, giungeva infine alla nomina di un dirigente del partito, J. Solana, a segretario generale della NATO (1996). Il mutamento della sua identità, il procedere della crisi, l’applicazione di politiche economiche sempre più restrittive e infine una serie di scandali e casi di corruzione finirono per minare la credibilità del PSOE, che nel 1996 fu sconfitto dai Popolari e tornò all’opposizione. Nel 2000 il nuovo segretario, J.L. Rodríguez Zapatero, aprì una nuova fase, culminata nel successo elettorale del 2004 e nel ritorno del PSOE al governo della Spagna. Le elezioni del 2008 hanno confermato il partito come prima forza del Paese, col 43,9%, e lo stesso Zapatero alla guida del governo.

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