DUKAS, Paul

Enciclopedia Italiana (1932)

DUKAS, Paul

Guido Maria Gatti

Compositore, nato a Parigi il 1° ottobre 1865. Nel 1882 entrò al conservatorio, dove fu allievo di Mathias, Dubois e Guiraud. Ebbe un secondo Grand Prix de Rome con la cantata Veleda, ma non essendo riuscito nel concorso dell'anno seguente, si ritirò dalla scuola ufficiale, continuando a studiare privatamente. Già durante gli anni di conservatorio aveva scritto le ouvertures Le Roi Lear (1883) e Goetz de Berlichingen (1884); ma il suo nome appare per la prima volta in un concerto pubblico nel 1892 con l'ouverture Polyeucte. Dedicatosi quasi completamente alla composizione (fu professore al conservatorio per brevissimo tempo e solo dal 1926 dirige una classe di composizione in un istituto privato), in breve tempo scrisse molte opere, di cui parecchie tuttavia non stimò degne di pubblicazione. Fra quelle edite ebbero particolare successo la Sinfonia in Do maggiore (1896) e lo scherzo L'Apprenti sorcier (1897) per orchestra, la Sonata in mi-b minore (1899-900), e Variations, interlude et final sur un thème de Rameau (1902) per pianoforte, il poema danzato La Péri (rappresentato per la prima volta a Parigi nel 1912, in seguito eseguito frequentemente come poema sinfonico) e l'opera in tre atti Ariane et Barbe-Bleue, rappresentata all'Opéra Comique nel 1907, e in seguito nei maggiori teatri d'ogni paese.

Il D. è spesso qualificato musicista eclettico, volendosi con ciò fissare la sua posizione subordinata rispetto ad altre personalità musicali accanto alle quali l'autore di Ariane ha vissuto e operato. Non bisogna tuttavia disconoscere che il D., di formazione wagneriano-franckiana (attraverso il filtro di d'Indy), è riuscito a farsi uno stile, non purissimo ma pur distinto, fondendo abilmente o semplicemente tentando di conciliare gli elementi del romanticismo tedesco con la sensibilità propria dei poeti e dei musicisti francesi di cui il saggio più perfetto è costituito dal Pelléas di Debussy. Difetti principali del D. possono essere veduti nell'ibridismo della sostanza musicale e nella frequente freddezza di una forma che è sentita come vincolo culturale e non come necessità spirituale (vedi la Sonata e le Variazioni per pianoforte, che son pure due nobilissime opere, e vedi anche quell'Apprenti sorcier che è, sotto certi riguardi, l'opera più felice del D. e quella che gli ha portato la più larga fama e le più calde simpatie). Nel dramma musicale Ariane et Barbe-Bleue (su testo del Maeterlinck) la cui composizione ha richiesto al D. circa dieci anni, l'impaccio di schemi prefissi è meno sentito e la fantasia del compositore più libera; ma, nonostante l'eleganza o la commozione di questa o di quella pagina, è evidente che al compositore non è riuscito di stringere il nucleo essenziale del dramma e di dare all'opera quell'unità di concezione che Debussy ha dato al Pelléas, donde il D. ha tratto più di un insegnamento. Sempre pregevole tuttavia per l'elaborazione orchestrale, quasi sempre un modello di equilibrio di sonorità (laddove la parte vocale è spesso scialba e inefficace), l'Ariane rimane a testimonianza di un temperamento aristocratico di musicista e di artista, capace d'interessare per la raffinatezza più che di commuovere per la forza del sentimento espresso.

Il D. ha collaborato, come critico musicale, a diverse riviste fra le quali la Revue hebdomadaire e la Gazette des Beaux-Arts, segnalandosi per la serietà e acutezza dei giudizî.

Bibl.: I. Pizzetti, "Ariane et Barbebleu" di P. D., in Rivista musicale italiana, XV, p. 73; G. Samazeuilh, Un musicien français: P. D., Parigi 1913; A. Coeuroy, in La musique française moderne, Parigi 1922, p. 39.

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