Pauperismo

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

pauperismo

Tito Menzani

Fenomeno socioeconomico (detto anche depauperamento) per cui, in determinati periodi, larghi strati della popolazione sono colpiti dalla povertà. Le ragioni che spiegano tale evento sono molteplici, sia di carattere strutturale, quali la penuria di risorse o la diseguale distribuzione della ricchezza, sia di carattere eccezionale, come guerre, carestie, o calamità naturali che possono provocare gravi situazioni di depressione economica e di disoccupazione o accentuare squilibri già esistenti.

Benché l’impoverimento come fenomeno collettivo abbia interessato anche l’età antica e medievale, il problema con lo studio analitico del p. si è imposto soltanto agli inizi dell’età moderna, quando lo sviluppo dell’economia di scambio determinò il progressivo distacco dalla terra di numerosi coltivatori, costretti a emigrare in città o a prestare la propria opera come braccianti.

Con gravità assai maggiore la questione del p. si è riaffacciata nell’Europa occidentale alla fine del 19° sec., in seguito al rapido incremento della popolazione, allo sviluppo della grande industria e alla concentrazione nelle città di ingenti masse di salariati. Nel corso del 20° sec., parallelamente all’evoluzione economica, molte nazioni hanno elaborato vaste e complesse legislazioni sociali, per tutelare le fasce meno abbienti della popolazione e garantire determinati servizi di assistenza, riducendo così il problema. Molti sono tuttavia i Paesi in via di sviluppo o del Terzo mondo che ne sono ancora affetti.

Dal punto di vista teorico, il tema del p. è stato affrontato specialmente nel quadro delle analisi sul capitalismo. Se per T.R. Malthus esso andava imputato all’eccedenza della popolazione rispetto alle fonti di nutrimento, per K. Marx e F. Engels l’impoverimento di alcuni ceti sociali era la diretta conseguenza dell’arricchimento di coloro che detenevano i mezzi di produzione. Questa interpretazione fu contestata da E. Bernstein nell’ambito delle correnti del revisionismo socialdemocratico e poi da J.A. Schumpeter, sulla base della constatazione che lo sviluppo capitalistico aveva comportato un maggiore benessere. Gli economisti contemporanei affrontano tuttora tali tematiche e si concentrano maggiormente sugli aspetti riguardanti la distribuzione del reddito tra individui eterogenei e famiglie. L’interesse è nel comprendere come, se e perché varia la distanza nel reddito che si riscontra all’interno di uno Stato o un gruppo sociale tra i più e i meno abbienti. Tra le analisi di maggiore interesse vi sono quelle riguardanti la relazione che intercorre tra distribuzione del reddito e crescita dell’economia. A questo proposito si utilizzano diversi indici statistici per individuare tale diseguaglianza come, per es., la curva di Lorenz (➔ Lorenz, curva di) o il coefficiente di Gini (➔ Gini, indice di). Tra i molti autori che con più continuità hanno dato vita al dibattito moderno sulla povertà si possono citare l’inglese A.B. Atkinson e l’indiano A.K. Sen premio Nobel nel 1998 per il suo interesse verso i problemi degli individui più poveri della società.