Perseverare

Enciclopedia Dantesca (1970)

perseverare [indic. pres. III singol., in rima, persevra]

Andrea Mariani

Con il senso oggi vulgato, in Pd XVI 11 e, in integrazione proposta dal Fraticelli, in Cv IV VII 9 quelli che dal padre o d'alcuno suo maggiore [di schiatta nobilitato e non persevera in quella]... è... vilissimo, cioè " non continua " a tenere alto l'onore della sua famiglia.

Il verbo efficacemente suggerirebbe la volontà e l'impegno morale con cui l'uomo deve compiere questo dovere. Ma già l'edizione del '21 e Busnelli-Vandelli hanno [buono è disceso ed è malvagio]. Dunque l'uso di p. in D. si riduce all'esempio del Paradiso, in cui si afferma che Roma, dopo aver introdotto per prima il voi di riguardo, rivolgendosi a Cesare vittorioso, men persevra in quest'uso; infatti " Romani... cuilibet, quamquam magno, in singulari loquuntur " (Benvenuto), " tueggiano ogni persona " (Lana). Per il Tommaseo l'affermazione, dal punto di vista simbolico, è ironica; in realtà " Roma persevera nell'adulazione... Ma altri potrebbe intendere che nella riverenza alla maestà imperiale Roma non si è mantenuta ". Si noti la rima (con scevra e Ginevra), unica nella Commedia.

Bibl. -S. Aglianó, Restauro di Paradiso, XVI, 1-15, in " Bibliofilia " LXIX (1967) 1-35.