PESCO

Enciclopedia Italiana (1935)

PESCO (lat. scient. Prunus persica Sieb. et Zucc.; fr. pêcher; sp. melocotón; ted. Pfirsich; ingl. peach)

Fabrizio Cortesi

Pianta da frutta della famiglia Rosacee-Prunoidee, chiamata dai botanici anche con i nomi di Amygdalus persica L. e di Persica vulgaris Mill. Il malum persicum di Columella e di Plinio, il μῆλον περσικόν di Dioscuride si riferiscono certo al nostro pesco, ma anche forse all'albicocco mentre la μηλέα περσική di Teofrasto è la μηλέα μηδική) e quindi il Citrus medica.

Il pesco è un arbusto o un alberetto alto circa 8 m. con i rami glabri, rossi, spesso angolosi. Le foglie sono sparse, con breve picciolo (cm.1-1,5) munito di ghiandole, con lamina più o meno largamente lanceolata (lunga 7-15 cm., larga 2-4 cm.) lungamente acuminata, seghettata sui margini. I fiori, che nascono prima delle foglie, sono quasi sessili, solitarî o riuniti a 2, con calice esternamente peloso, corolla di color roseo caratteristico o biancastro, con petali ovati. Il frutto è una drupa di varia dimensione a seconda delle varietà, generalmente globosa o munita d'una piccola appendice mammillare, con epicarpo vellutato o perfettamente glabro; la polpa è aromatica e succosa e in alcune varietà si distacca facilmente dal nocciolo, che è ovale rigonfio, allungato, spesso terminante in punta spiniforme, col guscio irregolarmente e tortuosamente solcato, e contiene normalmente un seme ovoideo appiattito. Il seme ha l'episperma color bruno cannella e nell'interno è bianco.

Questa pianta vive allo stato spontaneo nella Cina centrale e settentrionale, ma la coltura l'ha diffusa oramai in tutti i paesi a clima temperato e specialmente nell'Europa meridionale e occidentale, nell'America Settentrionale (California, Virginia e Texas) e nell'America Meridionale.

Fiorisce all'inizio della primavera, in marzo-aprile a seconda delle regioni, e matura i frutti da luglio a ottobre a seconda delle varietà e delle forme. Queste sono parecchie centinaia e dal punto di vista botanico si possono così classificare:

Var. lanuginosa (Gand.) Maxim contengono frutti a epicarpo lanuginoso vellutato. A questa varietà appartengono la maggior parte delle forme coltivate, che si possono distinguere in due sottovarietà: a) duracinu, polpa che non si distacca dal nocciolo (pesche duracine), di colore biancastro, verdastro o roseo chiaro, o giallo cupo, rossastro, ecc.; b) aganopersica, polpa che si distacca facilmente dal nocciolo (pesche spiccagnole); anche qui vi sono numerose forme, distinte per la dimensione del frutto e il colore della polpa.

Var. nucipersica (L.) C. K. Schneider (volg. pesche noci, francese nectarine, ted. Nektarine) con frutti a epicarpo glabro e lucente, vivacemente colorato e più piccoli. Questa varietà fu introdotta dall'Asia orientale e descritta da Mattioli e da M. Lobel col nome di nucipersica. Anche qui vi sono le forme spiccagnole che sono le nettarine vere e le forme duracine dette brugnons.

Il pesco è coltivato da tempi assai remoti e già in antico se ne conoscevano diverse forme: forse deriva dal Prunus Davidiana Franch., che si può considerare come il suo stipite selvatico. I Romani ne coltivarono diverse varietà; secondo Plinio le pesche migliori erano le duracine. La grande diffusione colturale di questa pianta avvenne nel Medioevo e nei primi secoli dell'età moderna.

È pianta molto importante per la sua produttività e per la bontà e l'abbondanza dei suoi frutti; abbisogna di molta luce e di molto calore per maturarli, ma la sua coltura si è estesa al Nord con varietà ottenute localmente da seme e ivi bene acclimate. Preferisce, specialmente se coltivata a spalliera, esposizione da sud-est a sudovest e località riparate dai venti di maestrale o quelle in leggiero pendio; vuole terreni leggieri, profondi, freschi, soffici, sabbiosi, siliceocalcarei.

Si moltiplica per seme e per innesto (sul franco, sul mandorlo, sul susino e sull'albicocco); la fioritura comincia a tre anni, ma la pianta si esaurisce abbastanza presto. Le forme migliori per la coltivazione industriale sono: la bassa a vaso, l'U semplice e doppia e la palmetta Verrier a 5 0 7 branche.

È preferibile concimare con concimi chimici e somministrare lo stallatico solo nei primi tempi dell'impianto, perché la somministrazione prolungata di questo nuoce alla produzione.

Si raccolgono le pesche all'inizio della maturazione, quando il fondo verde della buccia comincia a schiarirsi e si accentua il colore e il profumo: per favorire la colorazione è bene sfogliare parzialmente intorno ai frutti, tagliando alcune foglie sul picciolo. È opportuno raccogliere di prima mattina e non col caldo, perché le frutta riscaldate e ammucchiate fermentano facilmente.

Le pesche fresche contengono in media: 82,96 di acqua, 9,28% di zuccheri (saccarosio e fruttosio), 0,72% di acidi líberi (per lo più acido citrico), 0,98% di sostanze azotate, 0,4% di pectina, 0,58% di ceneri. Nei semi è contenuta spessissimo amigdalina insieme con emulsina e quindi questi, mangiati, sono tossici per sviluppo di acido cianidrico; vi è inoltre un olio grasso (44-47%) simile a quello di mandorle.

I fiori sono usati in medicina (flores persicae) per le loro proprietà leggermente purgative e se ne fa uno sciroppo (sciroppo di fiori di pesco).

In Italia la coltura del pesco a scopo industriale si è largamente diffusa in Romagna, Emilia, Toscana, Piemonte, Campania, ecc.

Malattie e cause nemiche. - Il pesco teme le correnti d'aria fredda gli eccessivi sbalzi di temperatura in primavera, le brinate frequenti.

Oltre alla gommosi, recano danni la Taphrina deformans Tul. che attacca le foglie, la Valsa cincta Fries., che uccide rapidamente i rami, e numerosi altri funghi di minore importanza.

Molte larve di coleotteri, ditteri e lepidotteri attaccano fiori e frutti, danneggiandoli fortemente.

Le pesche si mangiano fresche e secche, crude e cotte, se ne fanno marmellate, canditi, e si possono conservare nello sciroppo.

Dopo fermentazione si possono anche distillare, ricavandone una speciale acquavite molto pregiata. Si coltiva a scopo ornamentale una forma: flore pleno. Il Prunus persica si può ibridare facilmente con specie congeneri: il P. amygdalus X P. persica = P. persico-amygdalus era già conosciuto ai tempi di Parkinson, Camerarius e Mattioli.